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Papa Francesco: lo sfruttamento minorile è un crimine

“Vorrei ringraziare il circo. Il lavoro del circo è un lavoro umano, un lavoro d’arte, un lavoro che comporta tanto sforzo. Quando tornerà vi chiamo all’applauso”: al termine dell’udienza generale papa Francesco ha ringraziato il circo ‘Rony Roller’, che ha allietato la mattinata, come nella scorsa settimana aveva fatto il ‘Circo Africa’, chiedendo di pregare per le popolazioni colpite dalle alluvioni e dalle guerre:

“L’altro ieri una frana ha travolto abitazioni in Myanmar provocando vittime, dispersi e ingenti danni. Sono vicino alla popolazione colpita da questa sciagura a prego per quanti hanno perso la vita e i loro famigliari. Non manchi il sostegno e la solidarietà della comunità internazionale… Non dimentichiamo l’Ucraina, la Palestina, Israele e tutti i Paesi che sono in guerra; la guerra una sconfitta. Preghiamo anche per la conversione del cuore dei fabbricanti delle armi, perché con il loro prodotto aiutano ad uccidere”.

Mentre nella catechesi si è soffermato sulla piaga del lavoro minorile: “Eppure, ancora oggi nel mondo, centinaia di milioni di minori, pur non avendo l’età minima per sottostare agli obblighi dell’età adulta, sono costretti a lavorare e molti di loro sono esposti a lavori particolarmente pericolosi. Per non parlare dei bambini e delle bambine che sono schiavi della tratta per prostituzione o pornografia, e dei matrimoni forzati. E questo è un po’ amaro. Nelle nostre società, purtroppo, sono molti i modi in cui i bambini subiscono abusi e maltrattamenti”.

Ha affermato che l’abuso sui minori è un crimine: “L’abuso sui minori, di qualunque natura esso sia, è un atto spregevole, è un atto atroce. Non è semplicemente una piaga della società, no, è un crimine! È una gravissima violazione dei comandamenti di Dio. Nessun minore dovrebbe subire abusi. Anche un solo caso è già troppo.

Occorre, dunque, risvegliare le nostre coscienze, praticare vicinanza e concreta solidarietà con i bambini e i ragazzi abusati, e nello stesso tempo costruire fiducia e sinergie tra coloro che si impegnano per offrire ad essi opportunità e luoghi sicuri in cui crescere sereni. Conosco un Paese in America Latina, dove cresce un frutto speciale, molto speciale, che si chiama arandano (una specie di mirtillo). Per fare la raccolta dell’arandano ci vogliono mani tenere e la fanno fare ai bambini, li schiavizzano da bambini per la raccolta”.

E’ una situazione tragica: “Le povertà diffuse, la carenza di strumenti sociali di supporto alle famiglie, la marginalità aumentata negli ultimi anni insieme con la disoccupazione e la precarietà del lavoro sono fattori che scaricano sui più piccoli il prezzo maggiore da pagare. Nelle metropoli, dove ‘mordono’ il divario sociale e il degrado morale, ci sono ragazzini impiegati nello spaccio di droga e nelle più disparate attività illecite.

Bambini ‘sacrificati’, perché non si ha il coraggio della denuncia, come è stato per Loan: “Quanti di questi ragazzini abbiamo visto cadere come vittime sacrificali! A volte tragicamente essi sono indotti a farsi “carnefici” di altri coetanei, oltre che a danneggiare sé stessi, la propria dignità e umanità. E tuttavia, quando in strada, nel quartiere della parrocchia, queste vite smarrite si offrono al nostro sguardo, spesso guardiamo dall’altra parte.

C’è un caso anche nel mio Paese, un ragazzo chiamato Loan è stato rapito e non si sa dov’è. E una delle ipotesi è che sia stato mandato per togliere gli organi, per fare trapianti. E questo si fa, lo sapete bene. Questo si fa! Alcuni tornano con la cicatrice, altri muoiono. Per questo io vorrei oggi ricordare questo ragazzo Loan”.

Ecco l’appello a combattere lo sfruttamento minorile: “Ci costa riconoscere l’ingiustizia sociale che spinge due bambini, magari abitanti dello stesso rione o condominio, a imboccare strade e destini diametralmente opposti, perché uno dei due è nato in una famiglia svantaggiata. Una frattura umana e sociale inaccettabile: tra chi può sognare e chi deve soccombere. Ma Gesù ci vuole tutti liberi, felici; e se ama ogni uomo e ogni donna come suo figlio e figlia, ama i più piccoli con tutta la tenerezza del suo cuore.

Perciò ci chiede di fermarci e di prestare ascolto alla sofferenza di chi non ha voce, di chi non ha istruzione. Combattere lo sfruttamento, in particolare quello minorile, è la strada maestra per costruire un futuro migliore per tutta la società. Alcuni Paesi hanno avuto la saggezza di scrivere i diritti dei bambini. I bambini hanno diritti. Cercate voi stessi su internet quali sono i diritti del bambino”.

E’ stato un invito ad acquisire consapevolezza sulla realtà dello sfruttamento: “La consapevolezza su quello che acquistiamo è un primo atto per non essere complici. Vedere da dove vengono quei prodotti. Qualcuno dirà che, come singoli, non possiamo fare molto. E’ vero, ma ciascuno può essere una goccia che, insieme a tante altre gocce, può diventare un mare.

Occorre però richiamare anche le istituzioni, comprese quelle ecclesiali, e le imprese alla loro responsabilità: possono fare la differenza spostando i loro investimenti verso compagnie che non usano e non permettono il lavoro minorile… Non abbiate paura, denunciate, denunciate queste cose”.

Ha concluso l’udienza generale con una preghiera di santa Teresa di Calcutta: “Santa Teresa di Calcutta, gioiosa operaia nella vigna del Signore, è stata madre delle bambine e dei bambini tra i più disagiati e dimenticati. Con la tenerezza e l’attenzione del suo sguardo, lei può accompagnarci a vedere i piccoli invisibili, i troppi schiavi di un mondo che non possiamo lasciare alle sue ingiustizie. Perché la felicità dei più deboli costruisce la pace di tutti.

E con Madre Teresa diamo voce ai bambini: Chiedo un luogo sicuro dove posso giocare. Chiedo un sorriso di chi sa amare. Chiedo il diritto di essere un bambino, di essere speranza di un mondo migliore. Chiedo di poter crescere come persona. Posso contare su di te?”

In precedenza aveva ricevuto i presidenti ed i direttori nazionali delle Caritas dell’America Latina e dei Caraibi: “E’ per me un grande piacere ricevervi qui oggi, in quello che è il secondo corso di formazione promosso dalla Caritas America Latina e Caraibi. Lo è perché rappresenta il consolidamento di processi volti a creare quella cultura della cura che abbiamo scelto di chiamare salvaguardia”.

Salvaguardia significa anche custodia e protezione: “Il Signore chiede a noi, suoi inviati, suoi angeli nel senso della missione, anche se non della purezza, di porre il segno della sua croce benedetta sulla fronte di tutti coloro che si rivolgono alla nostra Caritas, gemendo e lamentandosi per tante ingiustizie, perfino abominazioni perpetrate contro di loro”.

Il segno è un riconoscimento della propria dignità: “Porre ‘virtualmente’ questo segno su ogni assistito, su ogni professionista, su ogni essere umano che incontriamo, è riconoscere in lui la sua dignità di fratello in Cristo, di redento dal sangue del Salvatore, vedere in Lui la ferita aperta del Redentore che Egli offre la sua mano tesa perché possiamo riconoscere il mistero della sua incarnazione”.

Tale segno di ‘custodia’ è anche un ‘comando’ di Dio: “E’ anche assumere l’imperativo ineludibile del Signore che ci comanda: ‘non toccare il mio consacrato’. In questo senso, custodia è un nome divino, è Cristo stesso scritto sulla fronte di ogni uomo e di ogni donna e, come in uno specchio, nel cuore di ciascuno di noi che, nella nostra fragilità, vogliamo essere portatori del suo amore. in piccoli gesti di carità e di cura”.

(Foto: Santa Sede)

Mons. Sigalini: giocare è sempre un inno alla vita

“Chiarito che sport è gioco e non business, professione e non avventura, gara e non guerra, divertimento e non violenza… e tanti altri elementi che ne conseguono; chiarito che educazione non è operazione idraulica di travasi, imbuti e contenitori, ma offerta di ragioni di vita… è interessante collegare lo sport a tutta quella urgenza che i giovani di oggi hanno di sentirsi offrire ragioni, di vita, cercarle, approfondirle entro una esperienza che le permette, le affina, le fa esaltare, le scrive con determinazione nelle coscienze, le fa trovare nella concretezza dei rapporti, degli sforzi, del superamento di sé”: lo ha scritto mons. Domenico Sigalini, presidente del Centro Orientamento Pastorale (COP), in una riflessione pubblicata sulla newsletter del sito, in cui spiega il significato di sportivo:


“Essere sportivi è avere una meta, è godere di una compagnia, è sentirsi di una squadra. Essere sportivi è allenarsi a vivere la partita della vita, in cui ci vuole tutta la grinta possibile, perché in quella non si può perdere mai. Giocare è sempre un inno alla vita, che arriva dritto al suo Signore”.


Mons. Sigalini offre una riflessione sul valore del gioco: “Chi gioca non si monta la testa, ma la usa. I piedi sono solo per calciare il pallone, o per dare stabilità e slancio al corpo; le gambe solo per scattare e correre, il cuore per pompare sangue e non dimenticare mai che anche lo sport sta in piedi per amore. Le gare misurano le forze; le partite mettono in gioco le relazioni.

Lì nel campo ci stanno giovani con i loro corpi scattanti, ci sono gli altri. Gli altri sono sempre e solo amici, non sono mai solo concorrenti, altrettanto ben allenati, intelligenti e vivaci. Vincere o perdere conta molto, ma non è tutto. Ogni partita è una partita della vita non di un torneo. Ci si mette corpo e anima, personalità e sogni, se stessi e si cresce come uomini e donne. Lo sport inoltre immette ideali laddove c’è la noia, offre compagnia dove vince la solitudine, amicizia dove prevale lo sfruttamento reciproco”.

Però l’obiettivo più importante è far ‘combaciare’ gli obiettivi dello sport con quelli della vita: “Il punto più delicato è far incontrare domande e obiettivi, non ridurre lo sport ad assoluto, per cui comanda l’obiettivo della riuscita della prestazione, della vittoria ad ogni costo, isolandolo dall’obiettivo fondamentale che è quello del vivere aperti e solidali, felici e generosi, entusiasti e sereni”.

Per ‘creare’ un campione occorre considerare importanti anche le ‘esigenze’ del giovane: “Nello stesso tempo è assolutamente oggi necessario che il giovane sia tenuto in conto per quello che è e non per la prestazione che dà. Ha delle domande, dei sogni, delle attese, dei bisogni che devono essere fatti emergere e armonizzati nel corso della preparazione e della prestazione sportiva. Se questo è vero ogni dimensione della vita deve essere tenuta sotto traccia: l’affettività, il progetto del futuro, la religiosità, il lavoro, lo studio, la professione, le amicizie, la salute”.

Per questo lo sport non può essere autosufficiente per formare la personalità di un giovane: “In una società globalizzata anche nel modo di interagire delle risorse e dei problemi non si possono creare isole specialistiche che ignorano il resto e creare mostri o fenomeni che sanno tutto del pallone o dei campi e niente della vita, e del suo Signore.

E’ pure dimostrato che uno sportivo che ha una personalità armonica è più capace di resistere e di qualificarsi. Per questo anche lo sport non è autosufficiente nell’educare alla vita, ha bisogno di entrare in circolo con una sorta di costituente educativa fatta da tutti gli inter-attori della vita”.

E sempre sullo stesso sito il prof. Antonio Mastantuono, direttore di ‘Orientamenti Pastorali’, esamina il valore sociale del gioco: “Indispensabile come l’aria che respiriamo, il gioco è però qualcosa di più di un bisogno. E’ ciò che la tradizione cristiana chiama eutrapelia, la virtù del buon umore, quella forma di distacco e di eleganza spirituale che consente di cogliere e di apprezzare i lati giocosi della vita: virtù di santi, di mistici e di tutti coloro che non esitano a lanciarsi nella danza in risposta all’invito di Cristo. Allora la festa sarà di nuovo comunione, la liturgia un mosaico di canti, di luci e di danze, e la politica sarà restituita all’immaginazione…

Ed una Chiesa che confidi nell’azione dello Spirito, più che nell’ordine delle cerimonie o nel rigore formale e nei paramenti inamidati dei suoi ministri, non può non aprirsi alla dimensione ludica. Anche perché il diavolo (come diceva Friedrich Nietzsche) è lo spirito di pesantezza. Cioè il contrario dell’aerea leggerezza del gioco”.

(Foto:Cop)

Papa Francesco ai comici: l’umorismo è antidoto all’egoismo

“Con piacere do il benvenuto a tutti voi, e ringrazio quanti nel Dicastero per la Cultura e l’Educazione hanno preparato questo incontro. Mi diceva il Prefetto che in Italia si dice che ‘il sorriso fa buon sangue’. Si dice così?”: così papa Francesco questa mattina ha salutato un centinaio artisti del mondo dell’umorismo provenienti da diversi Paesi in un incontro promosso dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione e dal Dicastero per la Comunicazione.

Il papa ha sottolineato la saggezza dell’umorismo, che è necessario anche nelle situazioni di emergenza: “Guardo con stima a voi artisti che vi esprimete con il linguaggio della comicità, dell’umorismo, dell’ironia. Quanta saggezza c’è lì! Tra tutti i professionisti che lavorano in televisione, nel cinema, in teatro, nella carta stampata, con le canzoni, sui social, voi siete tra i più amati, cercati, applauditi. Sicuramente, perché siete bravi, ma c’è anche un altro motivo: voi avete e coltivate il dono di far ridere.

In mezzo a tante notizie cupe, immersi come siamo in tante emergenze sociali e anche personali, voi avete il potere di diffondere la serenità e il sorriso. Siete tra i pochi ad avere la capacità di parlare a persone molto differenti tra loro, di generazioni e provenienze culturali diverse”.

Eppoi si ride insieme: “A modo vostro voi unite la gente, perché il riso è contagioso. E’ più facile ridere insieme che da soli: la gioia apre alla condivisione ed è il miglior antidoto all’egoismo e all’individualismo. Ridere aiuta anche a rompere le barriere sociali, a creare connessioni tra le persone. Ci permette di esprimere emozioni e pensieri, contribuendo a costruire una cultura condivisa e a creare spazi di libertà. Voi ci ricordate che l’homo sapiens è anche homo ludens; che il divertimento giocoso e il riso sono centrali nella vita umana, per esprimersi, per imparare, per dare significato alle situazioni”.

Ed un grande umorista è stato san Tommaso Moro, che ha consigliato di leggerlo: “Il vostro talento è un dono, un dono prezioso. Insieme al sorriso diffonde pace, nei cuori, tra le persone, aiutandoci a superare le difficoltà e a sopportare lo stress quotidiano. Ci aiuta a trovare sollievo nell’ironia e a prendere la vita con umorismo. A me piace pregare ogni giorno (da più di quarant’anni lo faccio) con le parole di San Tommaso Moro: ‘Dammi, Signore, il senso dell’umorismo’. Conoscete quella preghiera? Voi dovete conoscerla!”

Un altro pregio degli umoristi e dei comici è quello di ‘risvegliare’ nelle persone il ‘senso critico’: “Ma voi riuscite pure in un altro miracolo: riuscite a far sorridere anche trattando problemi, fatti piccoli e grandi della storia. Denunciate gli eccessi di potere; date voce a situazioni dimenticate; evidenziate abusi; segnalate comportamenti inadeguati…Ma senza spargere allarme o terrore, ansia o paura, come fa molta comunicazione; voi svegliate il senso critico facendo ridere e sorridere”.

Anche nella Bibbia si narra che Dio giocava: “Secondo la Bibbia, all’origine del mondo, mentre tutto veniva creato, la Sapienza divina praticava la vostra arte a beneficio nientemeno che di Dio stesso, primo spettatore della storia. Dice così: ‘Io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo’ (Proverbi 8,30-31). Ricordatelo: quando riuscite a far sgorgare sorrisi intelligenti dalle labbra anche di un solo spettatore (questo che dirò adesso non è eresia!) fate sorridere anche Dio”.

Quindi il papa ha tratteggiato le caratteristiche del senso umoristico: “L’umorismo non offende, non umilia, non inchioda le persone ai loro difetti. Mentre oggi la comunicazione genera spesso contrapposizioni, voi sapete mettere insieme realtà differenti e a volte anche contrarie. Quanto abbiamo bisogno di imparare da voi! La risata dell’umorismo non è mai ‘contro’ qualcuno, ma è sempre inclusiva, propositiva, suscita apertura, simpatia, empatia”.

Il papa ha concluso l’incontro, affermando che si può ridere anche di Dio, come fece Sara, la moglie di Abramo: “Mi viene in mente quel racconto, nel libro della Genesi, quando Dio promette ad Abramo che di lì a un anno avrebbe avuto un figlio. Lui e sua moglie Sara erano ormai vecchi e senza discendenza. Sara ascoltò e rise dentro di sé. Perché, come le donne, era curiosa e ascoltava dietro la tenda cosa faceva il marito, di cosa parlava il marito, forse per rimproverarlo… Ascoltò che avrebbe avuto un figlio in un anno, e rise dentro di sé. E lo stesso avrà fatto anche Abramo, con un po’ di amarezza…

Si può ridere anche di Dio? Certo, e non è bestemmia questo, si può ridere, come si gioca e si scherza con le persone che amiamo. La tradizione sapienziale e letteraria ebraica è maestra in questo! Si può fare ma senza offendere i sentimenti religiosi dei credenti, soprattutto dei poveri”.

Al termine il papa ha salutato gli artisti, tra cui ci sono Lino Banfi e Christian De Sica, Elio e Giorgio Panariello, Enrico Brignano e Nino Frassica, Massimo Boldi e Jerry Calà, Pif ed Enrico Beruschi, Giacomo Poretti e Giovanni Storti, Geppi Cucciari, Silvio Orlando, Whoopi Goldberg, Jimmy Fallon, Chris Rock. E poi tanti altri. Al termine Luciana Littizzetto recitare la preghiera ‘Del buon umore’ di san Tommaso Moro.

(Foto: Santa Sede)

Dai vescovi un invito ai giovani a vivere la realtà con Cristo

“Infine, la via della pace passa per l’educazione, che è il principale investimento sul futuro e sulle giovani generazioni. Ho ancora vivo il ricordo della Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi in Portogallo nell’agosto scorso. Mentre ringrazio nuovamente le Autorità portoghesi, civili e religiose, per l’impegno profuso nell’organizzazione, conservo nel cuore l’incontro con più di un milione di giovani, provenienti da ogni parte del mondo, pieni di entusiasmo e voglia di vivere… Nei tempi moderni, parte della sfida educativa riguarda un uso etico delle nuove tecnologie. Esse possono facilmente diventare strumenti di divisione o di diffusione di menzogna, le cosiddette fake news, ma sono anche mezzo di incontro, di scambi reciproci e un importante veicolo di pace”.

La Festa degli Oratori Romani a Zoomarine: torna l’appuntamento romano per gli oratori estivi

Oggi torna l’appuntamento tanto atteso per gli oratori estivi: la Festa Ores 2023, giunta alla sua Decima Edizione e che, anche quest’anno, si svolge nel parco acquatico di Zoomarine:

Aldo Pallotti racconta la scuola di Mario Lodi

“Vorrei la scuola senza pagelle e con tante cordiali chiacchierate coi genitori, perché, alla fine, invece di una bella pagella, si abbia un bel ragazzo, cioè un ragazzo libero, sincero, migliore comunque”: questo è uno dei molti aforismi del maestro Mario Lodi, di cui nello scorso mese si sono chiuse le celebrazioni della nascita, avvenuta il 17 febbraio 1922, con una mostra a Roma intitolata ‘La scuola di Mario Lodi’.

Papa Francesco alle famiglie: abbiamo bisogno di figli

Venerdì 2 dicembre papa Francesco ha ricevuto il Forum delle Associazioni familiari, guidati da Gianluigi De Palo, ringraziandolo per l’impegno a favore della famiglia e perché testimoniano la gioia della famiglia: “Prima ancora, però, vorrei dirvi che vedo in voi una testimonianza della gioia di essere famiglia, cioè del messaggio centrale che ho voluto dare con l’Esortazione ‘Amoris Laetitia’. Gioia di essere famiglia non vuol dire che tutto va bene, che non ci sono problemi… No, non è questo”.

Laura Degan: vivere la gioia di Cristo

Laura Degan, nasce a Padova il 13 dicembre 1987. Viene ricordata come una bambina appena nata,  dai folti capelli neri e gli occhi pieni di vita. Laura, infatti, è una bambina vivace: le piace correre, saltare ed arrampicarsi. Una volta, parte di corsa dentro un campo di granoturco, facendo perdere completamente le sue tracce e seminando panico tra i familiari.

Kerygma, l’educazione religiosa con il ‘Gioco degli Apostoli’

Si chiama ‘Kerygma!’ ed è il prototipo di un gioco, non ancora in produzione, presentato al ‘Lucca Comics& Games’, il festival del fumetto e del gioco, che si  ispira alla narrazione degli Atti degli Apostoli ed è stato creato in collaborazione con l’arcidiocesi di Lucca, Lucca Crea e dV Giochi, da un’idea di Mauro Granducci:

Fabio Cittadini e la ‘Teologia del gioco’

“Nel Novecento l’interesse per il tema del simbolo, tanto in filosofia quanto in teologia, si è abbastanza diffuso. Tuttavia esso appare abbastanza confuso e fatto valere in termini che potremmo dire apologetici; è, infatti, interesse per molta parte alimentato dalla crisi dell’ideale scientifico e oggettivante del pensiero, ma non sorretto da un’adeguata indagine sul simbolo. In teologia, in particolar modo, sembra mancare un’appropriata metodologia che faccia emergere la qualità simbolica corrispondente a quella libera e, quindi, pratica del rapporto tra coscienza e verità”.

Così inizia il nuovo libro, ‘Teologia del gioco’, del teologo Fabio Cittadini, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a cui abbiamo chiesto di spiegarci il motivo del titolo: “Beh ad un libro bisogna dare un titolo, anche se è sempre difficile. ‘Teologia del gioco’ perché lo sguardo, il taglio è principalmente teologico. Principalmente … in quanto è un libro dal forte carattere interdisciplinare. Si va dall’antropologia alla sociologia, dalla psicologia alla filosofia. Insomma si cerca di dimostrare come i confini tra discipline si possano abbattere e la teologia consente un dialogo superando l’autoreferenzialità di ciascun ambito. Pertanto è un’opera che può essere letta da tutti”.

Quale funzione ha il gioco nella Bibbia?

“Andando oltre la ricorrenza del termine gioco o del verbo giocare (se un termine non ricorre non vuol dire che di quel fenomeno non se ne parla) e facendo riferimento ai diversi giochi che sono descritti nella Bibbia, documento nella mia opera come il fenomeno ludico compaia in luoghi strategici, propiziando un’esegesi del testo biblico inedita. Un esempio, che purtroppo non trova ancora del tutto concordi gli esegeti: accanto a Dio che crea c’è la sapienza che gioca. Questo fatto impone di rileggere il testo biblico in un’altra ottica tanto più che in quella sapienza i primi cristiani ci vedranno Cristo”.

Come la teologia ha affrontato il tema del gioco?

“La teologia ha affrontato il fenomeno ludico o alludendovi esplicitamente o implicitamente perché in duemila anni di storia c’è chi ha pensato che il gioco fosse qualcosa di non serio. Oggi come duemila anni fa si fa fatica a comprendere che il fenomeno ludico è un fenomeno articolato e presenta diverse forme. Ma, al di là di questo, è nel Novecento che si impone il tema ed essi sono Moltmann, Rahner e Hemmerle. Ognuno, secondo la propria concezione del gioco, ha elaborato una teologia ludica che presenta aspetti positivi e aspetti critici che nel libro cerco di documentare”.

Ma quale è il gioco di Dio in Gesù?

“Ho cercato nell’opera di dimostrare la tonalità ludica dell’evento cristologico facendo riferimento alla diverse forme del fenomeno ludico che conosciamo. In particolar modo Gesù ha attuato un gioco mimetico, cioè ha mostrato il volto del Padre. Come un bimbo quando è piccolo imita i gesti e le parole del padre o della madre, così Gesù ha imitato in tutto e per tutto nella sua vita il Padre mostrando il suo volto misericordioso. Inoltre nella sua Pasqua, Gesù, stando al testo evangelico, ha partecipato a tutti gli effetti ad un gioco agonistico e ne è uscito vincitore: è il Risorto!”

In quale modo nella Chiesa il gioco è simbolo di speranza?

“Penso che la Chiesa sia simbolo di speranza perché in essa, come dico più volte nel mio libro, ogni battezzato può giocare: ognuno a suo modo e ognuno secondo le sue capacità. Se tutti giocano nella Chiesa allo stesso gioco ognuno per la sua parte, essa realizza la sua natura di essere sacramento del genere umano. E questo è motivo di speranza perché, a differenza del gioco del mondo che mette fuori gioco tante uomini e donne, nella Chiesa a nessuno può capitare una cosa simile: essa per essere seme del Regno che viene ha bisogno del gioco di tutti, tanto del papa regnante quanto dell’ultimo battezzato che c’è sulla faccia della terra”.

(Tratto da Aci Stampa)

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