Papa Francesco: la gente è in attesa di speranza

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“La gente chiede a Giovanni il Battista: ‘Che cosa dobbiamo fare?’ Che cosa dobbiamo fare? E’ una domanda da ascoltare con attenzione, perché esprime il desiderio di rinnovare la vita, di cambiarla in meglio. Giovanni sta annunciando l’arrivo del Messia tanto atteso: chi ascolta la predicazione del Battista vuole prepararsi a questo incontro, all’incontro con il Messia, all’incontro con Gesù”: papa Francesco ha concluso il viaggio apostolico in Corsica con la messa nella Place d’Austerlitz.

In questa domenica di Avvento il papa ha sottolineato il desiderio alla conversione: “Chi si ritiene giusto non si rinnova. Coloro invece che venivano considerati pubblici peccatori vogliono passare da una condotta disonesta e violenta a una vita nuova. E i lontani diventano vicini quando il Cristo si fa vicino a noi”.

La conversione ha bisogno di gesti concreti: “Giovanni, infatti, risponde così ai pubblicani e ai soldati: praticate la giustizia; siate retti e onesti. Coinvolgendo specialmente gli ultimi e gli esclusi, l’annuncio del Signore ridesta le coscienze, perché Egli viene a salvare, non a condannare chi è perduto. E il meglio che noi possiamo fare per essere salvati e cercati da Gesù, è dire la verità su noi stessi: ‘Signore, sono peccatore’. Tutti noi lo siamo, qui, tutti. ‘Signore, sono peccatore’. E così ci avviciniamo a Gesù con la verità, non con il maquillage di una giustizia non vera. Perché viene a salvare proprio i peccatori”.

Il papa propone alcuni segni di speranza a questa attesa: “Colui che viene è l’Emmanuele, il Dio con noi, che dona la pace agli uomini amati dal Signore. E mentre ci prepariamo ad accoglierlo, in questo tempo di Avvento, le nostre comunità crescano nella capacità di accompagnare tutti, specialmente i giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti; e in un modo speciale anche i vecchietti, gli anziani. Gli anziani sono la saggezza di un popolo. Non lo dimentichiamo!”

Inoltre ha rivolto un pensiero ai giovani: “E pensiamo ai giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti. In Corsica, grazie a Dio, ce ne sono tanti! E complimenti! Mai ho visto tanti bambini come qui! È una grazia di Dio! E ho visto solo due cagnolini. Cari fratelli, fate figli, fate figli, che saranno la vostra gioia, la vostra consolazione nel futuro. Questa è la verità: mai ho visto tanti bambini.

Soltanto a Timor-Leste erano tanti così, ma nelle altre città non tanti così. Questa è la vostra gioia e la vostra gloria. Fratelli e sorelle, purtroppo sappiamo bene che non mancano tra le nazioni grandi motivi di dolore: miseria, guerre, corruzione, violenze… Questi bambini non sorridono! Hanno dimenticato il sorriso. Per favore, pensiamo a questi bambini nelle terre di guerre, al dolore di tanti bambini”.

E la Chiesa annuncia questa speranza: “La Parola di Dio, però, ci incoraggia sempre. E davanti alle devastazioni che opprimono i popoli, la Chiesa annuncia una speranza certa, che non delude, perché il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. Ed allora il nostro impegno per la pace e la giustizia trova nella sua venuta una forza inesauribile.

Sorelle e fratelli, in ogni tempo e in qualsiasi tribolazione, Cristo è presente, Cristo è la fonte della nostra gioia. È con noi nella tribolazione per portarci avanti e darci la gioia. Teniamo sempre nel cuore questa gioia, questa sicurezza che Cristo è con noi, cammina con noi. Non dimentichiamolo! E così con questa gioia, con questa sicurezza che Gesù è con noi, saremo felici e faremo felici gli altri. Questa dev’essere la nostra testimonianza”.

In precedenza,  nell’incontro con il clero ed le consacrate, aveva sottolineato la necessità della cura spirituale: “Perché la vita sacerdotale o religiosa non è un “sì” che abbiamo pronunciato una volta per tutte. Non si vive di rendita con il Signore! Al contrario, ogni giorno va rinnovata la gioia dell’incontro con Lui, in ogni momento bisogna nuovamente ascoltare la sua voce e decidersi a seguirlo, anche nei momenti delle cadute. Alzati, uno sguardo al Signore: ‘Scusami, aiutami ad andare avanti’. Questa vicinanza fraterna e filiale”.

E’ un invito a non trascurare la preghiera: “Ricordiamoci questo: la nostra vita si esprime nell’offerta di noi stessi, ma più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi. Un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati.

Per questo ci vuole una piccola ‘regola di vita’ (i religiosi già ce l’hanno), che comprenda l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore, ciascuno secondo la spiritualità propria e il proprio stile. E vorrei anche aggiungere: conservare qualche momento di solitudine; avere un fratello o una sorella con cui condividere liberamente ciò che portiamo nel cuore (un tempo si chiamava il direttore spirituale, la direttrice spirituale); coltivare qualcosa di cui siamo appassionati, e non per passare il tempo libero, ma per riposarci in modo sano dalle stanchezze del ministero”.

Tale cura conduce alla fraternità: “Impariamo a condividere non soltanto le fatiche e le sfide, ma anche la gioia e l’amicizia tra di noi: il vostro Vescovo dice una cosa che mi piace molto, e cioè che è importante passare dal ‘Libro delle lamentazioni’ al ‘Libro del Cantico dei Cantici’. Lo facciamo poco questo. Ci piacciono le lamentazioni!.. Condividiamo la gioia di essere apostoli e discepoli del Signore! Una gioia va condivisa. Altrimenti, il posto che deve prendere la gioia lo prende l’aceto. E’ una cosa brutta trovare un prete con il cuore amareggiato. È brutto… Chiediamo al Signore di mutare il nostro lamento in danza, di darci il senso dell’umorismo, la semplicità evangelica”.

(Foto: Santa Sede)

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