Don Maurizio Chiodi: la vita riguarda tutti
Nel mese di agosto il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia, ha consegnato a papa Francesco il ‘Piccolo lessico del fine-vita’, in cui si conferma la contrarietà al suicidio assistito ed all’eutanasia, ribadendo la difesa del diritto alla vita, soprattutto per i più deboli per una necessaria valutazione dei trattamenti non proporzionati; maggior cura dei malati; collaborazione tra Chiesa e politica sui temi del fine vita, chiarendo alcuni punti sulle tematiche etiche relative al dibattito sul fine vita: dall’eutanasia e il suicidio assistito, alle cure palliative e la cremazione.
Nell’introduzione al volume mons. Paglia ha scritto che questi temi riguardano tutti: “Quando sono in gioco la vita, la sofferenza e la morte non possono essere solo i singoli individui che se la debbono sbrigare privatamente, per conto proprio. E’ perciò un fatto positivo che tutta la comunità si senta coinvolta e chiamata a elaborare in modo condiviso il senso degli eventi più delicati dell’esistenza.
Non deve esserci dubbio che essi hanno profonda rilevanza per la comunità intera. Ma proprio per questa diffusione non è raro che i termini del dibattito risultino equivoci. Le stesse parole talora vengono utilizzate con significati diversi, anche perché non sono facili da maneggiare, con il risultato di rendere difficile intendersi non solo per la differenza delle posizioni ma anche per la complessità dei termini”.
Ed ha ribadito l’importanza della presenza testimoniale dei cattolici nella società: “Proprio nella cultura si apre il tema della presenza e della testimonianza dei credenti, in quanto anch’essi partecipano al dibattito pubblico, intellettuale, politico e giuridico. Il contributo dei cristiani si realizza all’interno delle differenti culture: non sopra (come se essi possedessero una verità data a priori) né sotto (come se fossero portatori di un’opinione senza impegno di testimonianza della giustizia condivisibile): soggettivamente rispettabile, ma pregiudizialmente parziale e dogmatica, dunque oggettivamente inaccettabile. Tra credenti e non credenti si stabilisce così una relazione di apprendimento reciproco”.
Al teologo morale, don Maurizio Chiodi, accademico della Pontificia Accademia per la Vita (PAV), chiediamo di spiegare l’importanza di questo libro: “La sua importanza, mi pare, risiede anzitutto nel contesto: pur non essendo un testo magisteriale, è promosso dalla PAV e fa parte di una collana dell’editrice Vaticana; in quest’ottica va letta la densa introduzione di mons. Paglia, presidente della PAV. La ragione maggiore della sua importanza, però, è quella per la quale si raccomanda ogni libro: è un’opera pregevole per la qualità della riflessione, per le parole che dice e che non dice, per la lettura istruttiva anche per gli addetti ai lavori e accessibile a tutti”.
Per quale motivo le decisioni sulla vita riguardano tutti?
“La domanda dice bene il motivo per cui è stato scritto il ‘Piccolo lessico del fine-vita’. Il dibattito in Italia e talvolta anche nella Chiesa rischia di ridursi a polarizzazioni semplificatrici. Quanto più si grida e si attacca, tanto più si pretende di aver ragione. Così, però, ignoriamo le ragioni del dialogo e il dialogo delle ragioni. Il dialogo appartiene all’umano e va nel profondo, per accedere alla verità, nelle sue diverse articolazioni. In tal senso esso fa parte del cammino della Chiesa, che per la sua struttura è sinodale, secondo lo specifico di ciascuna componente, dal ministero dei pastori con il magistero corrispondente, al ‘sensus fidei fidelium’, al servizio della teologia. Dialogare non è rinunciare alle proprie idee e scelte, ma testimoniarle, parlando in modo che l’altro possa comprenderle e continuando ad ascoltare le sue ragioni”.
Perché la Chiesa ribadisce il proprio no ad eutanasia, suicidio assistito ed accanimento terapeutico?
“Il ‘Piccolo Lessico’ ha selezionato 22 voci, con 19 commenti effettivi. Pur essendo un ‘Lessico’, necessariamente frammentato, ogni articolo rimanda agli altri, componendo un mosaico di concetti e formulazioni legate tra loro, in un profilo unitario. Ad esempio, la voce eutanasia non si comprende senza riferirsi all’accanimento terapeutico (o ostinazione irragionevole), la medicina intensiva, la proporzionalità, l’autonomia, l’accompagnamento, la morte. Quest’ultimo tema è il cuore di tutto: gli è dedicata una voce che, con approccio multidisciplinare (comune a tutto il ‘Piccolo Lessico), non si limita al suo accertamento, ma suggerisce questioni teologiche, filosofiche, etiche e antropologiche di ampio respiro.
Su di essa, che è l’esperienza radicale di ‘essere sottratti a se stessi’, si innestano l’accanimento e il suicidio assistito. Il rifiuto dell’accanimento, insieme al no all’eutanasia (ed al suicidio assistito), sono la chiave per porsi dinanzi alla morte, con quella saggezza che per il cristiano è forma della fede e per chi non lo è rappresenta la virtù della vita buona. Il fare della tecnica appartiene all’agire responsabile che nella medicina diventa forma della cura della vita ‘fragile e mortale’, propria e altrui. Sotto tale profilo ritorna il tema della proporzionalità, che il ‘Piccolo Lessico’ mette bene in rilievo, come anche la proposta di DAT, che lo conclude”.
Quanto è importante sviluppare le cure palliative?
“Accompagnare, comunicare, custodire le relazioni, prendersi cura anche quando non si può guarire, senza provocare la morte e senza allontanarla indefinitamente: le cure palliative sono una forma esemplare della medicina scientifica e tecnologica che, guardandosi dal tecnicismo, custodisce il senso fondamentale della pratica medica”.
Con questo vademecum cambia qualcosa nella dottrina della Chiesa nei confronti della vita e della morte?
“La dottrina della Chiesa, nel suo insieme, non è un monolite fuori della storia. La verità della fede e la pratica che la custodisce esigono un ritorno continuo al vangelo e agli interlocutori ai quali si rivolge. Si tratta dunque di una verità storica, com’è evidente anche in etica. A volte sottolineature o sfumature possono aiutare a reinterpretare, prospettando vie nuove. A tal proposito, vorrei ricordare due temi del Piccolo Lessico, che han fatto molto discutere. Come rileva la voce ‘nutrizione ed idratazione artificiale’ (NIA), i testi del magistero, mentre considerano tali cure ‘dovute’ in senso generale, prevedono condizioni in cui ne sia possibile la sospensione.
Il Piccolo Lessico trae le conseguenze di tale valutazione, riconducendo la NIA al decisivo criterio della proporzionalità. L’altra questione riguarda il ‘suicidio assistito’. Già la Dichiarazione ‘Iura et bona’ (1980), condannando l’eutanasia come omicidio, prevedeva situazioni in cui potesse non darsi responsabilità morale. Rimanendo in tale quadro etico, il Piccolo Lessico dice che si può pensare ad una mediazione giuridica che tenga conto del pluralismo della società democratica, certo riferendosi al dibattito italiano, locale, ma rilanciando la possibilità di ‘tradurlo’ in altri contesti culturali. A tal riguardo, l’Introduzione, senza sottodeterminare la legge giuridica, mette in guardia dalla sua sovradeterminazione e rilancia la questione radicale della cultura, umanistica e relazionale”.
Su questi temi quale contributo possono fornire i cattolici?
I credenti non stanno né fuori né sotto né sopra, ma dentro la società e la cultura, chiamati a entrare nell’arena pubblica, anche nei suoi aspetti etici e antropologici, spesso dimenticati nei dibattiti giuridici e politici. Accogliendo pienamente la (buona) ‘laicità’ dello Stato, il ‘particolare’ dei credenti testimonia un bene che è di tutti e a tutti è destinato, sia offrendo ‘risorse di senso’ specifiche sia entrando nella logica dell’ ‘apprendimento reciproco’ che ci chiede di praticare l’ascolto ed il confronto con tutto ‘ciò che è virtù e merita lode’, come scrive san Paolo ai Filippesi”.