Sant’Omobono ai cremonesi: un invito alla preghiera ed alla pace

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“Carissimo Papa Francesco, ti scrivo insieme a tutta la Chiesa di Cremona, di cui da più di otto secoli sono il Patrono, ossia un suo figlio che in cielo continua ad amare tanto la sua gente. Mi chiamo Omobono Tucenghi, laico, sposo e padre, sarto e mercante di stoffe, sono vissuto nel XII secolo, e dicono che abbia illuminato questa terra con la mia fede, accesa da una preghiera incessante e testimoniata nella carità verso i poveri, oltre a spendermi per ricostruire la pace tra le fazioni che dividevano e insanguinavano la nostra comunità”.

Recuperando un altro tratto divenuto ormai tradizione per il solenne Pontificale per la festa del Santo patrono, nell’omelia il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, ha proposto ai fedeli una riflessione raccolta nella forma di una lettera scritta in prima persona dal Santo, ringraziando per quanto il suo magistero incontri i tratti della sua vita terrena, della vicenda storica e della spiritualità del patrono di Cremona, modello di una santità ‘in uscita’:

“Preghiera, poveri e pace: queste erano le passioni maturate giorno dopo giorno nel mio umile cuore di uomo concreto della piccola borghesia cremonese. Mi fa impressione che poi, nei secoli, sia cresciuta dietro di me una comunità che ha imparato ad ideare e attuare tante iniziative di solidarietà, forme di prossimità, che ancora oggi colpiscono e impegnano”.

Ed ha apprezzato il papa per l’impegno verso i poveri, meditando i brani biblici: “Tu, papa Francesco, anche se vieni da un altro continente, conosci l’operosa generosità della gente di Lombardia. E mi colpisce che tu oggi chieda a tutti di fare un passo in più, quello di ‘fare nostra la preghiera dei poveri e pregare insieme a loro… che hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio’…

Io imparai a vivere proprio così: meditavo la legge del Signore giorno e notte, alzandomi nel cuore della notte per lodarlo, pregavo incessantemente… arrivavo in chiesa molto tempo prima della celebrazione delle Ore, a meno che non fossi trattenuto dall’esigenza di riportare la pace in città o di procurare elemosine per i poveri. E a volte trovavo le porte della chiesa spalancate (anche se nessuno era ancora sceso ad aprirle): quella chiesa dalle porte aperte che anche a te piace tanto!”

Inoltre ha ‘elogiato’ il papa per aver ricordato che la povertà è anche spirituale: “Tu ci ricordi che i poveri non hanno bisogno solo di beni materiali essenziali, ma anche di attenzione spirituale, e aggiungi che “tutto questo richiede un cuore umile, che abbia il coraggio di diventare mendicante, un cuore pronto a riconoscersi povero o bisognoso… perché il vero povero è l’umile, che non ha nulla da vantare e nulla pretende, sa di non poter contare su sé stesso, ma crede fermamente di potersi appellare all’amore misericordioso di Dio… il povero, non avendo nulla a cui appoggiarsi, riceve forza da Dio e in Lui pone tutta la sua fiducia. Infatti, l’umiltà genera la fiducia che Dio non ci abbandonerà mai e non ci lascerà senza risposta”.

Questo è un ritratto di un innamorato di Dio: “Senza saperlo, hai fatto il ritratto di un uomo innamorato di Dio, quale sentivo di essere: digiunavo, confessavo ogni settimana le mie colpe, preso da tanta preghiera in chiesa e fuori di chiesa, camminando, vegliando o dormendo! Durante la Messa mi prostravo a terra davanti alla Croce, e sempre durante l’Eucaristia quel 13 novembre spirai, al canto del Gloria, restando a terra in preghiera, come fossi ancora vivo”.

Una sollecitazione particolare è stata posta sul valore della preghiera: “Sono stato felice di vedere quest’anno, nel mese di ottobre, ogni martedì, tanti credenti della nostra città riuniti qui, in cattedrale, per un itinerario di preghiera ‘alla scuola di Maria’, come tu hai proposto loro in preparazione al prossimo Giubileo. E’ stato bello sentirli uniti, nell’adorazione e nella lode, nell’intercessione e nella supplica, cantando le parole e i sentimenti della fede in Cristo Signore. Ed il mio povero corpo era lì, sotto i loro piedi, nella cripta da dove cerco sempre di chiamarli alla mia stessa passione per la preghiera, per i poveri, per la pace”.

E la preghiera non deve essere disgiunta dalla responsabilità: “Guai a noi illuderci di avere ‘imparato a pregare’ solo in base all’emozione di qualche canto o alla cura delle nostre cerimonie! Ieri donne e uomini come me e tanti altri amici del Signore, e oggi come te papa Francesco, ci sentiamo spinti a uscire, ad andare (pregando incessantemente, nel cuore) incontro agli altri, agli emarginati e agli ultimi, alle tante storie di solitudine che si nascondono nelle case e nelle periferie, al disagio di piccoli e grandi che urla, disturba e invoca vero ascolto e concreti gesti di amore”.

Infine un pensiero per la pace: “Ma non basta chiederlo al cielo, tocca a tutti voi, farlo, subito, ovunque… per invertire la drammatica corsa all’odio, alle armi, alle guerre, che entra come un sottile veleno anche nelle vostre anime, vi fa dire parole come pietre, e compiere solo per paura scelte di cui dovrete amaramente pentirvi.

Tu, papa Francesco, indichi un metodo di vita diverso, costruttivo e rigenerante, semplice e praticabile da tutti: ’non dimentichiamo di custodire i piccoli particolari dell’amore: fermarsi, avvicinarsi, dare un po’ di attenzione, un sorriso, una carezza, una parola di conforto’. I miei figli e fratelli della Chiesa di Cremona ti promettono di provarci ancora, ne sono sicuro. Ed io, che benigno proteggo Cremona da secoli, saprò ancora ispirare cristiani e cittadini così, attenti a rammendare le relazioni, a tessere l’armonia delle diversità, a pregare e lavorare per la giustizia e la pace”.

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