Dal Sud Italia una Chiesa attenta alle necessità della gente

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“Gioisco pienamente nel Signore, canta il popolo di Cerignola rallegrandosi per la speciale vicinanza di Maria, attraverso questa veneratissima Icona della Madonna di Ripalta. Gioia scaturita da una devozione filiale, sedimentata da secoli tra la nostra gente, popolo che sempre si rigenera in tanti cuori”: lo ha affermato il vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, mons. Fabio Ciollaro, in occasione della festa della Madonna di Ripalta, protettrice della diocesi.

Il Magnificat è il canto della Madre di Dio che gioisce per le meraviglie compiute da Dio, ma è anche il canto della popolazione di Cerignola per tale festa: “Gioisco pienamente nel Signore, canta il popolo di Cerignola rallegrandosi per la speciale vicinanza di Maria, attraverso questa veneratissima Icona della Madonna di Ripalta. Gioia scaturita da una devozione filiale, sedimentata da secoli tra la nostra gente, popolo che sempre si rigenera in tanti cuori”.

Il vescovo gioisce anche per la partecipazione dei giovani alla festa liturgica: “E’ stato così bello l’altra sera, qui in Duomo, durante la Novena-giovani, l’abbraccio pieno di affetto con cui tanti ragazzi hanno circondato questa dolce Immagine. Ed è stata commovente la carezza con cui hanno sfiorato una sua copia i detenuti cerignolani, a cui l’abbiamo recata venerdì mattina nel carcere di Foggia!”

E’ stato un invito a rallegrarsi per le gioie spirituali, ma anche per quelle umane: “Gioisco pienamente nel Signore, afferma la Sacra Scrittura, perché solo in Dio il nostro cuore inquieto può pacificarsi. Gioisco pienamente nel Signore, perché le pure gioie spirituali ci fanno pregustare qualcosa della beatitudine senza fine, che Dio vuole donarci secondo i meriti e ancor più secondo la sua misericordia. Nella vita ci sono anche le gioie umane, grandi o piccole, e tutte vanno accolte con riconoscenza.

Penso alla gioia contagiosa di centinaia di bambini e ragazzi, e dei loro giovani animatori nelle settimane di oratorio estivo in parrocchia, oppure alla gioia degli scout in giro con i loro capi, oppure dei ragazzi più grandi che hanno partecipato ai campi-scuola in varie località, e lodo i nostri sacerdoti che li hanno guidati con dedizione paterna”.

Gioie umane anche nella vita quotidiana di ogni persona: “Allargo però l’orizzonte, e penso anche ad altre gioie che si possono gustare nella vita: ad esempio, le vittorie sportive ottenute con sacrificio e lealtà, i successi nel lavoro o nello studio, la soddisfazione del dovere compiuto, il portare a casa un pane onesto, il tepore della famiglia unita, la gioia del servizio e del vero volontariato, il godimento del silenzio, o della musica che eleva o della natura che incanta, la gioia delle amicizie coltivate e durature, e altre ancora.

Si, nella vita, ci sono anche le semplici gioie che ci danno sollievo nel cammino e ne siamo grati. Eppure, alle gioie umane manca sempre qualcosa. Quell’avverbio pienamente, che abbiamo cantato, resta sempre una meta da raggiungere”.

Nell’omelia mons. Ciollaro ha ricordato anche Hyso Telharai, un ragazzo albanese di 22 anni, arrivato in Italia col sogno di un diploma da geometra e che, per mantenersi, aveva cominciato a lavorare come bracciante nella raccolta dei pomodori nelle campagne foggiane:

“In questi giorni di festa, ad esempio, ci ha accompagnato il ricordo di Hyso Telharai, il ragazzo albanese di ventidue anni, arrivato in Italia col sogno di un diploma da geometra e che, per mantenersi, aveva cominciato a lavorare come bracciante nella raccolta dei pomodori nelle nostre campagne; opponendosi ai soprusi dei caporali, fu massacrato di botte e venticinque anni fa come oggi, 8 settembre, morì in solitudine a Cerignola. E noi ancora non riusciamo ad assicurare dignità e condizioni umane ai lavoratori stagionali di cui abbiamo bisogno, come si sta ripetendo anche quest’anno”.

Ringraziando coloro che hanno preparato il pranzo sociale il vescovo ha espresso un desiderio per il prossimo anno: “E’ un piccolo segno, è vero, ma contiene una speranza. Poiché questo fenomeno è annuale, e dunque prevedibile, come sarebbe bello l’anno prossimo, l’8 settembre, se il cielo ci darà vita, ritrovarci nel giorno della festa patronale e dire in riferimento alle necessità dei braccianti stagionali: ‘Quest’anno è andata molto meglio’.

Si può fare. Unendo le forze e i cuori qui sul posto, e con il concorso degli enti di livello più alto, si può fare! Ed, allora, i titolari delle aziende agricole, la Civica Amministrazione, la Caritas diocesana, le parrocchie, le Forze dell’Ordine, tutti insieme avremo modo di sorridere per i passi in avanti realizzati. E sarà più gioiosa la nostra festa patronale”.

Mentre per la festa patronale dell’arcidiocesi di Brindisi, mons. Giovanni Intini, nel discorso (da molti cittadini giudicato troppo lungo) alla città ha chiesto una maggior partecipazione: “A questo proposito, noi cristiani dobbiamo fare di più, perché alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, si possa lavorare a una corretta relazione tra religione e società, promuovendo un dialogo fecondo con la comunità civile e le istituzioni pubbliche, perché illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie ideologiche, possiamo avviare una riflessione comune sui temi legati al rispetto della vita umana, della dignità della persona e dei legittimi diritti di ciascuno al lavoro, alla cura, all’istruzione, a una vita dignitosa”.

Ed ha ricordato alcuni gesti di solidarietà per una maggior partecipazione dei cristiani nella vita cittadina: “Come cristiani vogliamo accrescere il nostro stile di partecipazione per contribuire alla ricostruzione di una genuina appartenenza, premessa indispensabile per riappropriarci del senso di comunità. Mi piace, in questa circostanza, richiamare quelle piccole luci di partecipazione presenti nella nostra città, nate in seno all’esperienza ecclesiale, che con spirito e passione solidale esercitano l’amore politico, nella cura del prossimo;

mi riferisco alla Mensa delle parrocchie solidali, che ogni giorno accoglie per pranzo chi non può permetterselo, a Casa Betania, che da più di venticinque anni cerca di offrire un tetto sicuro, anche se momentaneo, a tanti senza fissa dimora, alla Casa degli aquiloni, che si prende cura di immigrati che cercano una dignitosa integrazione sul territorio, ed a un Gruppo di volontari coordinato dalla Fraternità parrocchiale ‘San Carlo di Gesù’ che, soprattutto nel periodo freddo dell’anno, cercano di offrire assistenza a chi vive per strada”.

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