Papa Francesco in Indonesia: il dialogo interreligioso per superare le guerre
Ieri, dopo l’atterraggio a Giacarta, papa Francesco si è diretto alla Nunziatura apostolica per incontrare un gruppo di 40 uomini, donne, anziani e bambini assistiti e accompagnati da suore domenicane, Jesuit Refugee Service e Comunità di Sant’Egidio, salutando i presenti e ascoltando le loro storie, tra cui anche quella di una famiglia di profughi dello Sri Lanka e di un rifugiato Rohingya, mentre oggi è iniziata la visita apostolica con il discorso alle autorità dell’Indonesia mettendo in evidenza la correlazione tra i valori fondanti del Paese e il motto di questo viaggio apostolico, ‘fede, fraternità, compassione’:
“Si tratta di un lavoro artigianale affidato a tutti, ma in maniera speciale all’azione svolta dalla politica, quando essa si pone come obiettivo l’armonia, l’equità, il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano, uno sviluppo sostenibile, la solidarietà e il perseguimento della pace, sia all’interno della società sia con gli altri popoli e Nazioni”.
Prendendo spunto dal motto nazionale papa Francesco ha sottolineato in quale modo l’armonia è raggiunta: “L’armonia nel rispetto delle diversità si raggiunge quando ogni visione particolare tiene conto delle necessità comuni e quando ogni gruppo etnico e confessione religiosa agiscono in spirito di fraternità, perseguendo il nobile fine di servire il bene di tutti. La consapevolezza di partecipare a una storia condivisa, nella quale ciascuno porta il proprio contributo e dove è fondamentale la solidarietà di ogni parte verso il tutto, aiuta a individuare le giuste soluzioni, a evitare l’esasperazione dei contrasti e a trasformare la contrapposizione in fattiva collaborazione”.
Ma per raggiungere l’armonia è necessario un lavoro ‘artigianale’ a cui tutti possono partecipare: “Questo saggio e delicato equilibrio, tra la molteplicità delle culture e delle differenti visioni ideologiche e le ragioni che cementano l’unità, va continuamente difeso da ogni sbilanciamento. Si tratta di un lavoro artigianale, ripeto, un lavoro artigianale affidato a tutti, ma in maniera speciale all’azione svolta dalla politica, quando essa si pone come obiettivo l’armonia, l’equità, il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano, uno sviluppo sostenibile, la solidarietà e il perseguimento della pace, sia all’interno della società sia con gli altri popoli e Nazioni. E da qui la grandezza della politica. Diceva un saggio che la politica è la forma più alta della carità. E’ bello questo”.
Perciò nel discorso papa Francesco ha messo in guardia dall’uso della fede per fomentare le guerre: “In diverse regioni constatiamo il sorgere di violenti conflitti, che sono spesso il risultato di una mancanza di rispetto reciproco, della volontà intollerante di far prevalere a tutti i costi i propri interessi, la propria posizione, o la propria parziale narrazione storica, anche quando ciò comporta sofferenze senza fine per intere collettività e sfocia in vere e proprie guerre”.
Ed ha sostenuto che il compito della pace è “un lavoro artigianale affidato a tutti, ma in maniera speciale all’azione svolta dalla politica, quando essa si pone come obiettivo l’armonia, l’equità, il rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano, uno sviluppo sostenibile, la solidarietà e il perseguimento della pace, sia all’interno della società sia con gli altri popoli e Nazioni”.
Ma se la responsabilità è prima di tutto della politica, c’è anche sul territorio una Chiesa Cattolica che “desidera incrementare il dialogo interreligioso, perché si potranno eliminare i pregiudizi e far crescere un clima di rispetto e fiducia reciproca, indispensabile per affrontare le sfide comuni”.
Infine ha sottolineato il contributo della Chiesa Cattolica per “rafforzare la collaborazione con le istituzioni pubbliche e altri soggetti della società civile, ma mai proselitismo, per incoraggiare la formazione di un tessuto sociale più equilibrato e per assicurare una distribuzione più efficiente ed equa dell’assistenza sociale”.
Ed ha fatto riferimento al Preambolo della Costituzione Indonesiana che richiama la benedizione di Dio sul popolo: “Eppure ci sono tendenze che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale, sorgono conflitti che sono spesso il risultato di una mancanza di rispetto reciproco, della volontà intollerante di far prevalere a tutti i costi i propri interessi, la propria posizione, o la propria parziale narrazione storica, anche quando ciò comporta sofferenze senza fine per intere collettività e sfocia in vere e proprie guerre sanguinose”.
Ha concluso ribadendo che “la pace è frutto della giustizia, perché l’armonia si ottiene quando ciascuno si impegna non solo per i propri interessi e la propria visione, ma in vista del bene di tutti, per costruire ponti, per favorire accordi e sinergie, per unire le forze allo scopo di sconfiggere ogni forma di miseria morale, economica, sociale, e promuovere pace e concordia”.
A tal proposito la Chiesa italiana dal 1991 ha finanziato 133 progetti per un totale di € 28.119.252, in Indonesia, Papua Nuova Guinea e Timor Est, grazie all’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha potuto realizzare 61 interventi in Indonesia (€ 13.123.707), per lo più nell’ambito dell’istruzione e della promozione umana dei bambini e dei ragazzi, con un’attenzione particolare alle persone con disabilità, puntando sull’alfabetizzazione e sull’educazione dei più piccoli anche a Timor Est dove i fondi si sono trasformati soprattutto in scuole, centri sociali e di formazione per ragazzi: in totale sono 27 gli interventi per € 7.946.062. Quarantacinque, per una somma di € 7.049.483, sono invece i progetti che hanno visto la luce in Papua Nuova Guinea: tra questi, la scuola superiore ‘Holy Trinity’ a Baro, una sala polivalente a Goroka, 30 alloggi a basso costo a Kokopo e un’azione di promozione della salute nella capitale Port Moresby.
(Foto: Santa Sede)