XVI Domenica Tempo Ordinario: una pastorale che è servizio all’amore

La liturgia oggi evidenzia due temi: una invettiva contro i pastori infedeli e una relazione nuova, stabile e sistematica tra il pastore e il suo gregge. Il primo tema evidenzia la presenza nel gregge di pastori infedeli che disperdono il gregge: pastore infedele è chi dimentica che comandare, guidare significa “servire”, vivere ed adoperarsi per gli altri. Il Profeta si riferisce oggi a chiunque si presenta come pastore (religioso, politico etc. ) e invece di servire il gregge del Signore pensa solo a sé. Gesù è il primo che si autodefinisce ‘buon pastore’ con i relativi attributi di guida ricolma solo di amore e compassione per il gregge. Egli conosce le sue pecore, le chiama per nome e queste ascoltano la sua voce.
Oggi nella Chiesa: vescovi, presbiteri, autorità religiose o politiche sono veri collaboratori se attuano i comandi del Signore dove guidare è ‘servire’: ognuno, conforme ai talenti e ai carismi ricevuti dallo Spirito Santo, è chiamato ad attuare la propria missione di guida credibile in nome di Cristo e non per tornaconto personale. Nel brano del Vangelo i discepoli di Gesù erano ritornati felici per avere incontrato tanta gente; ora Gesù li invita all’incontro con se stessi: ‘Venite in disparte e riposatevi’.
Gesù li invita in disparte, in un luogo solitario per riposarsi; Egli infatti si preoccupa della loro stanchezza fisica ed interiore; non è solo riposo fisico ma anche del cuore. Riposarsi per l’apostolo significa ritemprare lo spirito attingendo alla fonte dell’acqua viva: Cristo, che è Via, Verità e Vita. Come nel Vangelo tante volte Gesù si ritirava in preghiera per ritrovare il Padre e rinnovare le forze fisiche, così l’uomo, l’apostolo solo in Gesù ogni giorno deve trovare la forza che lo rinnova.
Gli Apostoli infatti non sono collaboratori esterni ma veri amici di Gesù; non sono impiegati o mercenari ma chiamati a dare la vita, se è necessario, per le pecore e per il Regno di Dio. Vi ho dato l’esempio, dice Gesù, e come ho fatto io , fate voi. Gesù crea nei suoi discepoli l’anima del buon pastore. Gli Apostoli si dirigono con la barca in un luogo deserto, la folla se ne accorge: li videro, li capirono e li precedettero.
L’amore è servizio ma è anche compassione: Gesù vide ed ebbe compassione della folla perché erano come pecore senza pastore e si mise ad insegnare loro molte cose. Da buon pastore Gesù riserva alla folla il dono migliore: la sua parola che illumina e dà gioia al cuore. La folla infatti non era venuta perché Gesù l’aveva saziata con la moltiplicazione dei pani, ma perché si sentiva amata e non disprezzata o messa da parte.
Gesù non fa discorsi politici o di alta economia; il Regno di cui parla è solo il Regno di Dio, regno di giustizia e di pace. La folla cerca Gesù perché ha fame e sete di giustizia e Gesù appresta l’opportuno rimedio: ‘convertitevi’, collaborate per restaurare il regno dell’amore e si avrà la pace vera. La pace si costruisce solo cercando con coraggio di eliminare le disuguaglianze generate da sistemi ingiusti ed attuando quanto necessita per realizzare una esistenza degna dell’uomo e prospera.
Giustizia e pace non sono possibili senza la purificazione del cuore, senza un rinnovamento di pensiero, senza una reale conversione all’amore verso Dio, verso la famiglia, verso tutti. Tale novità deve coinvolgere anche la dimensione politica. ‘Se il Signore è il mio pastore non manco di nulla’. La pace è il frutto della solidarietà globale finalizzata al bene della grande famiglia umana. La Madonna, la madre di Gesù e nostra, ci aiuti a vivere il grande e nobile mistero dell’amore.