Papa: Francesco: l’avarizia è malattia del cuore
“Sabato prossimo, 27 gennaio, si celebra la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità.
Così al termine dell’udienza generale odierna papa Francesco ha lanciato un invito a non dimenticare lo sterminio della Shoa con un forte appello per la pace, scagliandosi contro i fabbricanti delle armi: “La guerra stessa è una negazione dell’umanità. Non stanchiamoci di pregare per la pace, perché cessino i conflitti, perché si arrestino le armi e si soccorrano le popolazioni stremate.
Penso al Medio Oriente, alla Palestina, a Israele, penso e alle notizie inquietanti che provengono dalla martoriata Ucraina, soprattutto per i bombardamenti che colpiscono luoghi frequentati da civili, seminando morte, distruzione e sofferenza… Non dimentichiamo: la guerra sempre è una sconfitta, sempre. Solo ‘vincono’ i fabbricanti di armi”.
Mentre nell’udienza generale, dopo il tema della gola e della lussuria, il papa ha affrontato quello dell’avarizia, che impedisce la generosità nel prosieguo del ciclo di catechesi su ‘I vizi e le virtù’: “Non è un peccato che riguarda solo le persone che possiedono ingenti patrimoni, ma un vizio trasversale, che spesso non ha nulla a che vedere con il saldo del conto corrente. E’ una malattia del cuore, non del portafogli”.
Lo hanno ribadito anche i Padri del ‘deserto’: “Le analisi che i padri del deserto compirono su questo male misero in luce come l’avarizia potesse impadronirsi anche di monaci i quali, dopo aver rinunciato a enormi eredità, nella solitudine della loro cella si erano attaccati ad oggetti di poco valore: non li prestavano, non li condividevano e men che meno erano disposti a regalarli”.
Tale attaccamento limita la libertà, come avviene nei bambini: “Un attaccamento a piccole cose, che toglie la libertà. Quegli oggetti diventavano per loro una sorta di feticcio da cui era impossibile staccarsi… In questa rivendicazione si annida un rapporto malato con la realtà, che può sfociare in forme di accaparramento compulsivo o di accumulo patologico”.
Per evitare questa ‘malattia’ i monaci proponevano una riflessione sulla morte: “Per guarire da questa malattia i monaci proponevano un metodo drastico, eppure efficacissimo: la meditazione della morte. Per quanto una persona accumuli beni in questo mondo, di una cosa siamo assolutamente certi: che nella bara essi non ci entreranno. I beni non possiamo portarli con noi!
Ecco svelata l’insensatezza di questo vizio. Il legame di possesso che costruiamo con le cose è solo apparente, perché non siamo noi i padroni del mondo: questa terra che amiamo, in verità non è nostra, e noi ci muoviamo su di essa come forestieri e pellegrini”.
L’avarizia è una follia, come raccontato nella parabola evangelica dell’uomo stolto: “Essa è un tentativo di esorcizzare la paura della morte: cerca sicurezze che in realtà si sbriciolano nel momento stesso in cui le impugniamo. Ricordate la parabola di quell’uomo stolto, la cui campagna aveva offerto una mietitura abbondantissima, e allora si culla nei pensieri su come allargare i suoi magazzini per metterci tutto il raccolto. Quell’uomo aveva calcolato tutto, programmato il futuro. Non aveva però considerato la variabile più sicura della vita: la morte”.
Ed il papa ha narrato alcuni episodi dei monaci per aiutare a comprendere l’infelicità dell’avaro, raccontando un episodio capitato: “Noi, fratelli e sorelle, possiamo essere signori dei beni che possediamo, ma spesso accade il contrario: sono loro alla fine a possederci. Alcuni uomini ricchi non sono più liberi, non hanno più nemmeno il tempo di riposare, devono guardarsi alle spalle perché l’accumulo dei beni esige anche la loro custodia.
Sono sempre in ansia perché un patrimonio si costruisce con tanto sudore, ma può sparire in un attimo. E’ ciò che l’avaro non capisce. Poteva essere motivo di benedizione per molti, e invece si è infilato nel vicolo cieco dell’infelicità. E la vita dell’avaro è brutta… Stiamo attenti! E siamo generosi, generosi con tutti e generosi con coloro che hanno più bisogno di noi”.
(Foto: Santa Sede)