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La Facoltà Teologica del Triveneto offre approfondimenti sui temi della vita

Cinque corsi del piano di studi del ciclo di licenza nell’anno accademico 2024/2025 della Facoltà Teologica del Triveneto approfondiscono alcuni temi di stretta attualità: l’educazione affettiva e la prevenzione della violenza di genere; il fine vita e implicazioni bioetiche; la sessualità e l’identità di genere; l’abuso spirituale; la meditazione spirituale.
Il corso ‘Educazione affettiva e prevenzione della violenza di genere’, tenuto dalle professoresse Marzia Ceschia e Michela Simonetto, offre un quadro generale sulle principali teorie dello sviluppo psico-affettivo, con alcuni percorsi di lettura sull’educazione di genere e sulle dinamiche che innescano la violenza. Mentre il corso ‘Incontro con il limite. Il ‘fine vita e le sue implicazioni bioetiche’ con il prof. Leopoldo Sandonà propone un approfondimento di carattere etico-spirituale sull’accompagnamento nei confronti delle persone assistite.
In un altro corso, ‘Giovani: sessualità e identità di genere’, il prof. Giovanni Del Missier offre un approccio al tema del gender per valorizzare il pensiero della differenza sessuale e individuare le questioni che tale teoria presenta alla chiesa e alla società contemporanea, con particolare attenzione alla realtà giovanile. Il quarto corso di approfondimento, ‘L’abuso spirituale’, condotto dal prof. Giorgio Ronzoni, analizza il tema dell’abuso spirituale e/o di coscienza.
Il quinto corso, condotto dal prof. Antonio Bertazzo, esplora ‘La pratica della meditazione. La tradizione cristiana e nuovi orientamenti’, in quanto la meditazione spirituale è una pratica che si sta diffondendo in differenti ambiti, dalle scuole ai luoghi di lavoro, nel tempo dello svago e delle attività ludiche, come una ricerca soprattutto di benessere psichico e fisico.
Per capire meglio le finalità che una facoltà teologica dedica a questi temi, abbiamo chiesto alla prof.ssa Assunta Steccanella, direttrice del secondo ciclo di studi teologici della Facoltà Teologica del Triveneto, di spiegare i motivi per cui una facoltà teologica dedica gli approfondimenti a temi quali violenza, sessualità e fine vita: “Ci sono due ragioni fondamentali per questa scelta, la prima di carattere strutturale, la seconda squisitamente teologica. La ragione strutturale: i corsi di cui qui parliamo fanno parte del piano di studi del ciclo di specializzazione (licenza) in teologia pastorale.
La teologia pastorale è una disciplina che non si limita ad ‘applicare’ le norme dottrinali all’agire della Chiesa: essa si struttura piuttosto intorno al dialogo nativo tra teoria e prassi o, per dirlo con le parole di Christoph Theobald, vive di un duplice ascolto, di Dio e dell’umano. In questa prospettiva sviluppiamo la nostra ricerca in relazione continua con le provocazioni del reale, per valutare i modi nei quali, come Chiesa, possiamo svolgere al meglio il nostro compito di servizio all’evangelizzazione e al bene comune nella realtà in cui siamo immersi oggi.
La ragione teologica: l’inculturazione del Vangelo è compito inesauribile di noi-Chiesa. Il termine indica l’incarnazione e la riespressione del Vangelo nelle varie culture. Il principio di incarnazione appartiene integralmente alla logica della salvezza: noi cristiani non possiamo esimerci dall’assumerlo come paradigma di quanto pensiamo e di quanto proponiamo come via all’evangelizzazione nel contesto storico in cui ci è dato di vivere”.
Tali temi pongono un confronto con le scienze: quale dialogo è disponibile ad aprire la Chiesa?
“Non si tratta di una disponibilità da offrire o meno, ma di una norma per tutta la riflessione teologica. Al n. 4 della Costituzione apostolica ‘Veritatis Gaudium’ sono illustrati ‘i criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria’ e si richiama al dialogo tra tutti i saperi e a una teologia che si sviluppi in prospettiva inter- e trans-disciplinare. Si tratta di un approccio epistemologico tipico della teologia pratica o pastorale che don Mario Midali, già professore emerito di teologia pastorale all’Università Pontificia Salesiana. descriveva già alcuni decenni fa come ‘disciplina-cerniera’, chiamata a porre in dialogo teologia, scienze umane, sacra scrittura, per individuare coordinate adeguate all’agire pastorale”.
Quale è la proposta della Chiesa su questi temi sensibili?
“La proposta della Chiesa non consiste prima di tutto in una serie di indicazioni concrete, ma nello sforzo continuo per promuovere la realizzazione dell’umano nella pienezza della sua vocazione. La ricerca muove quindi da uno sguardo antropologico fondato sulla Rivelazione e in dialogo con le scienze umane, per individuare alcune coordinate fondamentali in grado di orientare l’agire”.
Con quale linguaggio la Chiesa può affrontare l’emergenza educativa?
“Il problema del linguaggio è oggi centrale, ma non lo si affronta semplicemente adottando nuove tecniche comunicative: la risposta abita in un cambio di atteggiamento. Diceva il sociologo David Le Breton che ‘se l’altro non è apprezzato, la sua lingua è un rumore’. Uno sguardo positivo sul mondo e sull’umano, ascolto e accoglienza, sono gli elementi fondamentali che consentono ogni comunicazione”.
Quali indicazioni può offrire la meditazione cristiana?
“Riscoprire questa pratica antica aiuta prima di tutto noi-Chiesa a uscire dalla frenesia del fare, dall’ansia di ‘concludere’ qualcosa. Apre lo sguardo sulla nostra interiorità e ci dispone in ascolto di Colui che è il Bello, il Vero, il Buono. In relazione profonda con Lui, tutto diventa poi più sensato, e possibile”.
A chi sono rivolti tali approfondimenti?
“Oltre agli studenti ordinari, i corsi sono aperti agli uditori, operatori pastorali in genere, preti, diaconi, ministri e ministre istituiti e di fatto, insegnanti di religione, qualsiasi persona magari impegnata nel sociale, nella sanità… non ci sono preclusioni. Per chi sceglie la modalità di frequenza in formazione permanente c’è anche la possibilità di seguire i corsi online”.
(Tratto da Aci Stampa)
Il papa in Belgio per l’Università Cattolica: in dialogo con Isabelle Decoster

Dopo il viaggio apostolico in Asia ed in Oceania, dal 26 settembre al 29 settembre papa Francesco si recherà in Lussemburgo ed in Belgio, accogliendo l’invito dei rispettivi Capi di Stato e delle autorità ecclesiastiche; un viaggio apostolico scandito da molti incontri. La prima tappa sarà in Lussemburgo, dove il papa incontrerà il Granduca del Lussemburgo e le autorità civili. Prima di partire per il Belgio incontrerà la comunità religiosa.
In Belgio incontrerà il re, le autorità civili, i giovani ed i sacerdoti, ma soprattutto i docenti universitari della ‘Katholieke Universiteit Leuven’, l’università cattolica di Lovanio, una delle più antiche d’Europa, che nel 2025 celebra il 600^ anniversario di fondazione. Il motto della prima tappa in Lussemburgo del viaggio apostolico papale è ‘Pour servir’, che si riferisce a Cristo, che è venuto ‘non per essere servito ma per servire’; mentre il motto di quello in Belgio si intitola ‘En route, avec Espérance’, che, come spiega la nota della Conferenza episcopale belga “risuona come una chiamata a camminare insieme, sulla strada che è la storia del Paese, ma è anche il Vangelo, la via di Gesù Cristo, nostra Speranza”.
Nei mesi scorsi l’arcivescovo di Bruxelles, mons. Luc Terlinden, ex allievo dell’Università Cattolica di Lovanio, aveva espresso gratitudine al papa per questa visita apostolica: “La Chiesa cattolica del Belgio è molto grata a papa Francesco per questa visita eccezionale… In effetti, il papa conobbe diversi belgi nei suoi anni giovanili in Argentina. Penso che sia stato soprattutto il suo cuore a parlare. Ma soprattutto, non dimentichiamo che questa visita rientra nella celebrazione del 600° anniversario delle nostre due università di Lovanio. Si tratta quindi di un’occasione molto speciale, poiché il papa viene ad incontrare anche il mondo intellettuale e scientifico del nostro Paese e, per estensione, la società belga e le sue diverse componenti”.
Quindi l’occasione della visita del papa è il 600° anniversario della KU Leuven e dell’UC Louvain che si celebrerà nel 2025. In origine l’Università Cattolica di Lovanio era un’università belga fondata nel 1834 a Mechelen dai vescovi del Belgio con il nome di Università Cattolica di Mechelen, che l’anno successivo fu trasferita a Lovanio, prendendo il nome di Università Cattolica di Lovanio (1835), città in cui già esistevano la Vecchia Università (1425-1797) e l’Università statale di Lovanio (1817-1835). Nel 1968 l’ateneo è stato diviso in due diverse istituzioni, dando vita alla Katholieke Universiteit Leuven, di lingua olandese (situata a Lovanio) ed all’Université catholique de Louvain, di lingua francese (situata a Louvain-la-Neuve e Bruxelles).
Oggi, l’università propone formazioni universitarie in oltre sei città: a Louvain-la-Neuve e a Wolluwe-Saint-Lambert, le due principali, ma anche a Mons, Tournai, Charleroi e Saint-Gilles. Con 40 000 studenti ed è la prima università francofona del Paese, classificata tra le migliori università al mondo e vanta tra i suoi ex-alunni Christian de Duve e Albert Claude, entrambi premi Nobel di medicina nel 1974.
Alla responsabile dell’Ufficio stampa dell’Università, Isabelle Decoster, abbiamo chiesto di raccontarci la missione di un’università cattolica: “ Ogni secolo di storia, ogni decennio, beneficia dell’impatto sociale delle università. L’Università di Lovanio (UCLouvain) ha, come prima ragione d’essere dell’Università, quello di sostenere i giovani, che presto avranno la responsabilità del futuro; cura e salute; sicurezza alimentare; giustizia sociale e solidarietà; lo sviluppo delle conoscenze e lo sviluppo di nuove tecniche e terapie; infine, i mille mattoni della transizione da costruire per preservare e riparare il sistema ‘Terra’ e la convivenza dell’umanità.
Oggi l’UCLouvain conta 40.000 studenti, 8.000 dei quali provengono da contesti internazionali. Università globale, l’UCLouvain organizza le sue attività didattiche in 20 facoltà. L’Università può contare anche su 3.600 ricercatori e 2.500 dottorandi per ampliare le frontiere della conoscenza nelle discipline delle scienze umane e sociali, delle scienze sanitarie e delle scienze e tecnologie. Oltre agli istituti, l’UCLouvain ha creato 10 consorzi multidisciplinari, i ‘Louvain4’, che riuniscono ricercatori di tutti i settori dell’Università attorno a temi di interesse sociale (acqua, migrazione, istruzione, energia….)”.
Quindi è anche un contributo al ‘progresso’ della società?
“Centro di eccellenza scientifica, l’UCLouvain contribuisce allo sviluppo della società attraverso le sue radici regionali, i suoi due ospedali universitari, l’impatto della sua ricerca e insegnamento, la creazione di spin-off e lo sviluppo di parchi scientifici e incubatori. L’università è la forza trainante del parco scientifico più grande d’Europa, contribuendo a rendere la regione meridionale di Bruxelles una delle aree più innovative d’Europa, un motore economico per la regione”.
600 anni dell’Università Cattolica: qual è il peso della cultura cattolica?
“600 anni fa, una bolla di papa Martino V fondava l’Università di Lovanio. La visione di questa nuova università del 1425 era quella di essere responsabili delle proprie radici locali e della propria vocazione universale. 600 anni dopo, nel 2025, l’obiettivo rimane lo stesso, perché l’UCLouvain conferma il suo desiderio di essere un’università aperta. Fin dai primi corsi, suddivisi in cinque facoltà (lettere, diritto civile, diritto canonico, medicina e, dal 1432, teologia), l’Università di Lovanio fu una delle rare università medievali complete.
Orgogliosa del suo passato, l’UCLouvain è ancorata al presente e rivolta al futuro. Il desiderio dell’UCLouvain è quello di amplificare il proprio ruolo di attore sociale impegnato, con l’obiettivo di ascoltare i bisogni ed in costante dialogo con la società, al fine di fornire risposte concrete, frutto della ricerca e del dibattito accademico e scientifico. Il futuro coinvolge anche le nuove generazioni di studenti che fanno sentire la propria voce e spingono le università ad essere maggiormente coinvolte. L’Istituzione sta aumentando il numero di luoghi di scambio al fine di ampliare le loro voci e rendere l’UCLouvain un’università del dialogo”.
Questo viaggio può essere considerato anche attenzione particolare del papa verso l’Europa: in quale modo l’Università contribuisce alla costruzione dell’Europa?
“Consapevole della ricchezza dell’incontro tra culture, sin dalla sua creazione ha riunito professori e studenti provenienti da tutta Europa, con diplomi riconosciuti ovunque. 600 anni dopo, l’UCLouvain continua le sue missioni in Europa, in particolare attraverso il suo coinvolgimento nell’alleanza europea ‘Circle U (Alleanza Universitaria Europea)’. Quest’alleanza di 9 prestigiose università europee mira a creare opportunità di mobilità per i suoi studenti, scienziati e personale in tutta Europa”.
(Tratto da Aci Stampa)
Papa Francesco: Gesù è il cuore dell’ecumenismo

‘Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo’: citando la lettera ai Romani di san Paolo apostolo, papa Francesco ha incontrato la delegazione della federazione Luterana Mondiale con il nuovo presidente, il vescovo Henrik Stubkjær, e la segretaria generale, ormai da molti anni, la Reverenda Anne Burghardt, presente anche nel precedente incontro.
Durante l’incontro il papa ha ricordato il cammino intrapreso per celebrare insieme il Concilio di Nicea: “Già tre anni fa, quando un’altra delegazione della Federazione Luterana Mondiale è venuta a Roma, abbiamo riflettuto insieme sull’imminente anniversario del Primo Concilio di Nicea quale evento ecumenico. E l’anno scorso, in occasione dell’Assemblea generale della vostra Federazione a Cracovia, Lei, reverenda Burghardt, insieme al mio caro fratello il cardinale Koch, in una Dichiarazione comune ha sottolineato che ‘l’antico credo cristiano di Nicea, di cui celebreremo il 1700° anniversario nel 2025, crea un legame ecumenico che ha il suo centro in Cristo’. In tale contesto, Lei ha giustamente ricordato un bellissimo segno di speranza, che ha un posto speciale nella storia della riconciliazione tra cattolici e luterani”.
Ha ribadito, ancora una volta, che senza Cristo non può esistere l’ecumenismo, come ricordato dalla ‘Dichiarazione di Augusta’ avvenuta nel 1999: “Gesù Cristo è il cuore dell’ecumenismo. Egli è la misericordia divina incarnata, e la nostra missione ecumenica è quella di testimoniarlo. Nella ‘Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione’, luterani e cattolici hanno formulato come obiettivo comune quello di ‘confessare in ogni cosa Cristo, il solo nel quale riporre ogni fiducia, poiché egli è l’unico mediatore attraverso il quale Dio nello Spirito Santo fa dono di sé ed effonde i suoi doni che tutto rinnovano’.
Care sorelle e cari fratelli, sono passati 25 anni dalla firma di quella Dichiarazione ufficiale comune. Ciò che è accaduto il 31 ottobre 1999 ad Augusta è un altro segno di speranza nella nostra storia di riconciliazione. Conserviamolo nella memoria come qualcosa di sempre vivo. Che il 25° anniversario sia celebrato nelle nostre comunità come una festa della speranza”.
Ed ha concluso l’incontro con una riflessione sull’ecumenismo, che nasce dal Concilio di Nicea: “Ricordiamo che la nostra comune origine spirituale è ‘un solo battesimo per il perdono dei peccati’ (Credo di Nicea-Costantinopoli) e proseguiamo con fiducia come ‘pellegrini della speranza’. Che il Dio della speranza sia con noi e continui ad accompagnare con la sua benedizione il nostro dialogo della verità e della carità.
In questo cammino dell’ecumenismo mi viene in mente una bella cosa del caro Vescovo Zizioulas. Questo Vescovo ortodosso, pioniere dell’ecumenismo, diceva che lui conosceva la data dell’unione dei cristiani: il giorno del giudizio finale! Ma nel frattempo, diceva, dobbiamo camminare insieme: camminare insieme, pregare insieme e fare la carità insieme, in cammino verso quel giorno ‘iperecumenico’ che sarà il giudizio finale. Così diceva lui. Zizioulas aveva un bel senso dell’umorismo!”
Di seguito il papa ha ricevuto i partecipanti al secondo convegno della Specola Vaticana in memoria dello scienziato George Lemaître sul tema ‘Buchi neri, onde gravitazionali e singolarità dello spazio-tempo’, affermando che la Chiesa presta molta attenzione alla ricerca scientifica: “La Chiesa è attenta a tali ricerche e le promuove, perché esse scuotono la sensibilità e l’intelligenza degli uomini e delle donne del nostro tempo. L’inizio dell’universo, la sua evoluzione ultima, la struttura profonda dello spazio e del tempo pongono gli esseri umani di fronte a una ricerca affannosa di senso, in uno scenario vastissimo dove essi rischiano di perdersi…
E’ quindi chiaro come questi temi abbiano una particolare rilevanza per la teologia, la filosofia, la scienza e anche per la vita spirituale”.
Ed ha tracciato un breve ritratto del sacerdote e dello scienziato: “Il suo cammino umano e spirituale rappresenta un modello di vita da cui tutti noi possiamo imparare. Per assecondare la volontà paterna egli studiò ingegneria; fu arruolato nella prima guerra mondiale e ne conobbe gli orrori. Segue da adulto la sua vocazione sacerdotale e scientifica. Inizialmente è ‘concordista’, cioè crede che nella Sacra Scrittura siano depositate, in maniera velata, verità scientifiche.
Le sue esperienze umane e le conseguenti elaborazioni spirituali lo portano poi a comprendere che la scienza e la fede seguono due cammini diversi e paralleli, tra i quali non vi è conflitto. Anzi, tali cammini si possono armonizzare vicendevolmente, perché sia la scienza sia la fede, per un credente, hanno la stessa matrice nella Verità assoluta di Dio. Il suo cammino di fede lo conduce alla consapevolezza che creazione e big-bang sono due realtà distinte, e che il Dio in cui crede non può essere un oggetto facilmente categorizzabile dalla ragione umana, ma è il ‘Dio nascosto’, che rimane sempre in una dimensione di mistero, non totalmente comprensibile”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: l’amore cristiano abbraccia tutti

“Lo Spirito Santo ci solleva sempre a un grande amore disinteressato verso i poveri, i malati e gli indifesi, come i bambini non ancora nati. Oggi è con noi una campana portata dalla Polonia, chiamata ‘La voce dei non nati’, che sarà portata in Kazakistan. Essa ricorderà la necessità di proteggere la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Saluto gli ideatori di questa iniziativa: la Fondazione polacca ‘Sì alla vita’, che porta il nome dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria”:
con queste parole papa Francesco ha benedetto la campana della Fondazione polacca ‘Sì alla vita’, destinata alla popolazione del Kazakistan e pregato per le popolazioni dell’Afghanistan, colpite dalle inondazioni, causando “numerose perdite di vite umane, tra cui bambini, e continuano a causare distruzione di molte case. Prego per le vittime, in particolare per i bambini e le loro famiglie, e faccio appello alla Comunità internazionale affinché fornisca subito gli aiuti e il sostegno necessari a proteggere i più vulnerabili”, oltreché per i popoli martoriati dalla guerra in Ucraina, in Terra Santa e nel Myanmar”.
Ed all’inizio dell’udienza generale papa Francesco ha incentrato la catechesi sulla terza virtù cardinale, che è la carità: “Essa è il culmine di tutto l’itinerario che abbiamo compiuto con le catechesi sulle virtù. Pensare alla carità allarga subito il cuore, allarga la mente, corre alle parole ispirate di san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi”
Nella conclusione di questo inno chiaramente l’apostolo Paolo ha evidenziato che la carità è ‘più grande’ anche della fede e della speranza: “Paolo indirizza queste parole a una comunità tutt’altro che perfetta nell’amore fraterno: i cristiani di Corinto erano piuttosto litigiosi, c’erano divisioni interne, c’è chi pretende di avere sempre ragione e non ascolta gli altri, ritenendoli inferiori. A questi tali Paolo ricorda che la scienza gonfia, mentre la carità edifica. L’Apostolo poi registra uno scandalo che tocca perfino il momento di massima unione di una comunità cristiana, vale a dire la ‘cena del Signore’, la celebrazione eucaristica: anche lì ci sono divisioni, e c’è chi se ne approfitta per mangiare e bere escludendo chi non ha niente”.
Per il papa l’apostolo delle genti ha spiegato bene il significato dell’amore: “Non l’amore che sale, ma quello che scende; non quello che prende, ma quello che dona; non quello che appare, ma quello che si nasconde. Paolo è preoccupato che a Corinto (come anche oggi tra noi) si faccia confusione e che della virtù teologale dell’amore, quella che viene solo da Dio, in realtà non ci sia alcuna traccia. E se anche a parole tutti assicurano di essere brave persone, di voler bene alla propria famiglia e ai propri amici, in realtà dell’amore di Dio sanno ben poco”.
Anche ai tempi dell’apostolo i cristiani avevano molte parole per la definizione di amore, ma hanno definito ‘agape’ l’amore verso Dio, che spinge ai fratelli: “Ma c’è un amore più grande, un amore che proviene da Dio e si indirizza verso Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi amici, ci abilita ad amare il prossimo come lo ama Dio, col desiderio di condividere l’amicizia con Dio.
Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge là dove umanamente non andremmo: è l’amore per il povero, per ciò che non è amabile, per chi non ci vuole bene e non è riconoscente. E’ l’amore per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemico. Anche per il nemico. Questo è ‘teologale’, questo viene da Dio, è opera dello Spirito Santo in noi”.
Infatti nel ‘discorso della montagna’ Gesù amplia il concetto di amore in carità, che si concretizza nel perdono: “L’amore cristiano abbraccia ciò che non è amabile, offre il perdono (quanto è difficile perdonare! quanto amore ci vuole per perdonare!), l’amore cristiano benedice quelli che maledicono, mentre noi siamo abituati, davanti a un insulto o a una maledizione, a rispondere con un altro insulto, con un’altra maledizione… L’amore è la ‘porta stretta’ attraverso cui passare per entrare nel Regno di Dio. Perché alla sera della vita non saremo giudicati sull’amore generico, saremo giudicati proprio sulla carità, sull’amore che noi abbiamo avuto in concreto”.
Inoltre in un messaggio inviato ai partecipanti all’Arena di Pace, in programma sabato prossimo a Verona papa Francesco ha evidenziato che la pace è ‘artigianale’: “… la pace la costruiamo noi, nelle nostre case, in famiglia, tra vicini di casa, nei luoghi dove lavoriamo, nei quartieri dove abitiamo… In queste scelte di pace e di giustizia quotidiane e a portata di mano possiamo seminare l’inizio di un mondo nuovo, dove la morte non avrà l’ultima parola e la vita fiorirà per tutti”.
(Foto Santa Sede)
Papa Francesco: la diversità è una ricchezza per la pace

Pur se ancora afono, papa Francesco ha ricevuto in udienza i partecipanti all’incontro promosso dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali sul tema ‘Indigenous Peoples Knowledge and the Sciences. Combining knowledge and science on vulnerabilities and solutions for resilience’ con particolare attenzione alle popolazioni indigene dell’America Latina, lanciando la proposta del dialogo con le conoscenze dei popoli indigeni come una via per una risoluzione non violenta dei conflitti, ma anche come contrasto alle nuove forme di schiavitù e alla povertà:
“Ricordo che anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (la FAO), tre anni fa, ha organizzato giornate di studio sui sistemi alimentari indigeni. Ne è nata una Piattaforma che riunisce scienziati indigeni e non indigeni, studiosi ed esperti, per stabilire un dialogo volto a garantire la salvaguardia dei sistemi alimentari delle popolazioni originarie.
Anche in continuità con quell’esperienza, accolgo con apprezzamento la vostra iniziativa che porta avanti tale ricerca. Direi anzitutto che questa è un’opportunità per crescere nell’ascolto reciproco: ascoltare le popolazioni indigene, per imparare dalla loro sapienza e dal loro stile di vita, e nello stesso tempo ascoltare gli scienziati, per imparare dai loro studi”.
E’ un’occasione per riconoscere che le ‘diversità’ sono una ricchezza: “Inoltre, questo seminario di studio lancia un messaggio ai governi e alle organizzazioni internazionali, perché riconoscano e rispettino la ricchezza della diversità all’interno della grande famiglia umana. Nel tessuto dell’umanità ci sono culture, tradizioni, spiritualità, lingue differenti che hanno bisogno di essere protette, perché la loro perdita costituirebbe per tutti noi un impoverimento della conoscenza, dell’identità, della memoria.
Per questo è necessario che i progetti di ricerca scientifica, e dunque gli investimenti, siano orientati sempre più decisamente alla promozione della fratellanza umana, della giustizia e della pace, così che le risorse possano essere destinate in modo coordinato a rispondere alle sfide urgenti che interessano la casa comune e la famiglia dei popoli”.
Però occorre una visione ‘alternativa’: “Ci rendiamo conto che, per realizzare tale obiettivo, si richiede una conversione, una visione alternativa a quella che oggi spinge il mondo sulla via di una crescente conflittualità. Incontri come il vostro vanno in questa direzione: infatti, il dialogo aperto tra i saperi originari e le scienze, tra le comunità di saggezza nativa e quelle scientifiche può contribuire ad affrontare in modo nuovo, più integrale e anche più efficace questioni cruciali come, ad esempio, quelle dell’acqua, del cambiamento climatico, della fame, della biodiversità. Questioni che, come ben sappiamo, sono tutte tra loro connesse”.
Questa visione di fraternità, proposta dal papa, è un antidoto alla guerra: “Grazie a Dio non mancano segnali positivi in tal senso, come l’inclusione da parte delle Nazioni Unite dei saperi indigeni quale componente centrale del Decennio Internazionale delle Scienze per lo Sviluppo Sostenibile. Un segno da promuovere e da sostenere, unendo insieme le forze.
Per questo, nel dialogo tra saperi indigeni e scienza, dobbiamo avere ben chiaro e tenere sempre presente che tutto questo patrimonio di conoscenze va utilizzato per imparare a superare i conflitti in modo non violento e a contrastare la povertà e le nuove forme di schiavitù. Dio, Creatore e Padre di tutti gli esseri umani e di tutto ciò che esiste, ci chiama oggi a vivere e a testimoniare la nostra vocazione alla fraternità universale, alla libertà, alla giustizia, al dialogo, all’incontro reciproco, all’amore e alla pace, evitando di alimentare l’odio, i rancori, le divisioni, la violenza e la guerra”.
In questo senso papa Francesco ha ribadito che l’umanità è custode e non padrona del creato, attraverso una conversione ecologica: “Dio ci ha fatto custodi e non padroni del pianeta: siamo chiamati tutti a una conversione ecologica, impegnati a salvare la nostra casa comune e a vivere una solidarietà intergenerazionale per salvaguardare la vita delle generazioni future, invece che dissipare le risorse e aumentare le disuguaglianze, lo sfruttamento e la distruzione… La Chiesa è con voi, alleata dei popoli indigeni e del loro sapere, e alleata della scienza per far crescere nel mondo la fraternità e l’amicizia sociale”.
Mentre ieri i vescovi italiani hanno ringraziato papa Francesco per gli 11 anni di pontificato: “Riforma è la conversione missionaria cui siamo tutti chiamati. Chiesa è la comunità dei discepoli missionari che vivono il Vangelo. Beatissimo Padre, ogni anniversario è occasione preziosa per testimoniare l’affetto verso le persone care, ma anche il momento in cui esprimere la propria gratitudine per i doni ricevuti nel tempo. Nel fare memoria di quel 13 marzo 2013 rinnoviamo dunque l’impegno ad annunciare il Vangelo in questa nostra storia. Siamo convinti che questo sia il regalo più bello che possiamo donarLe: ‘Evangelii gaudium’, la gioia del Vangelo”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco invita a lodare Dio

“Lodate Dio per tutte le sue creature. Questo è stato l’invito che San Francesco d’Assisi ha fatto con la sua vita, i suoi canti, i suoi gesti. In tal modo ha ripreso la proposta dei salmi della Bibbia e ha ripresentato la sensibilità di Gesù verso le creature del Padre suo: ‘Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro’. ‘Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio’. Come non ammirare questa tenerezza di Gesù per tutti coloro che ci accompagnano nel nostro cammino?”
Ad Amelia ‘Madre Terra, Sorelle Stelle’
Don Luca Peyron: la scienza spiegata con la fede e la fede spiegata con la scienza

‘Cieli sereni’ di don Luca Peyron è un percorso che incrocia la luce che viene dal passato remoto della formazione cosmica e la luce che viene dal futuro, inaugurato dalla resurrezione di Cristo. Nell’intreccio di queste luci avviene un incontro di brillante bellezza, di fulgore naturale e soprannaturale.
Il robot SanTo: un aiuto a pregare guardando al futuro

“L’umanità ha sempre sognato i robot, sin dai tempi antichi. Storicamente, i robot, originariamente chiamati automi, sono stati concepiti come prodotti della tecnologia insieme alla fede. Il connubio tra robot e religione si è consumato negli ultimi due secoli, quando scienza e religione si sono separate, e da allora in genere sono state viste in opposizione. Oggi, mentre i robot e l’IA iniziano a diffondersi nella società, nuove possibilità e nuove sfide etiche sono all’orizzonte”.
Papa Francesco agli Ortodossi: l’unità è dono dello Spirito Santo

Nel giorno successivo alla festa dei santi Pietro e Paolo papa Francesco ha incontrato una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, guidata dal metropolita di Pisidia Job, copresidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, accompagnato dal vescovo di Nazianzus, Athenagoras e dal diacono patriarcale Kallinikos Chasapis.