Diego Ciarloni e Simona Paolella: gli acchiappacibo in azione

Condividi su...

‘Recuperiamo tutto ciò che non esce dalla cucina, oppure che torna indietro intonso o che addirittura non viene nemmeno portato a tavola. Succede spesso’: così ci ha spiegato Diego Ciarloni, agente immobiliare e co-fondatore insieme alla moglie Simona Paolella, psicoterapeuta, di ‘Foodbuster-gli acchiappacibo’, un’associazione collegata ad altre sparse in tutta Italia e legata alla rete Food P.r.i.d.e. (partecipazione, recupero, inclusione, distribuzione e educazione), con l’obiettivo di combattere lo spreco alimentare non solo in un’ottica solo solidale ‘ma cercando di capire che ridurre le eccedenze alimentari è un beneficio per tutta la collettività’.

E ha raccontato di cosa si occupa l’associazione, che è composta da circa 15 volontari: “Noi non ci occupiamo di cibo prossimo alla scadenza raccolto nei grandi centri commerciali, ma di cibo fresco. Il nostro principio è connettere i luoghi del potenziale spreco con i luoghi del bisogno nel più breve tempo possibile. E fare rete.

Il fresco in eccedenza infatti finirebbe nella pattumiera, con costi non soltanto etici e culturali, ma anche economici. Perché il paradosso è che il cibo buttato aumenta il volume di rifiuti e anche l’imposta. Così ci siamo chiesti cosa possiamo fare noi nella nostra città, nel nostro piccolo e con pochi mezzi?”

L’idea di Foodbuster è venuta, parlando con alcuni commercianti del loro quartiere di Ancona che, a fine di ogni giornata, recuperavano gli alimenti in eccesso, freschi e di ottima qualità, da donare alle persone in difficoltà. Così si sono legati alla rete ‘Food P.r.i.d.e.’ e dopo alcuni anni sono stati chiamati a circa 2.000 matrimoni in tutta Italia:

“Abbiamo cominciato a proporre la nostra idea agli amici e conoscenti che organizzavano feste e matrimoni, ma la cosa si è allargata in breve tempo. Oggi veniamo chiamati perfino dalle weeding planner, che fino a poco tempo fa, ci vedevano con grande diffidenza. Ora sono nostro sponsor”.

L’onlus, che ha iniziato la sua attività di recupero cibo nel 2017, in soli 3 anni è riuscita a quadruplicare la presenza sul territorio, arrivando anche in Sicilia, in Umbria, in Emilia Romagna e in Abruzzo, mappando e censendo con precisione le mense sociali o gli enti che sono interessati a partecipare al progetto. Aumentando, al contempo, la sensibilità sociale verso il problema dello spreco di cibo, in un circolo virtuoso che, per restare in tema, si autoalimenta.

Allora come è nata l’idea di creare questa associazione?

“L’associazione è sorta nel 2016 da un’intervista ed io collaboravo con un’associazione che si occupava del sostegno ai malati oncologici. Stavo intervistando una signora che mi ha detto che dopo la malattia e la conseguente perdita del lavoro, si era trovata senza reddito e riusciva a vivere grazie all’aiuto dell’associazione e la pensione sociale, che le avrebbero tolta qualche tempo dopo, perché c’era una recessione della malattia.

Le ho chiesto, quindi, come mangiasse. Lei mi ha risposto che il macellaio a fine serata portava all’associazione la carne che era avanzata. In quel momento è scattata la molla che mi ha fatto pensare a qualcosa, anche se non sapevo precisamente cosa, finché è venuta l’idea di creare un’associazione per recuperare le eccedenze di cibo per donarle a chi era in difficoltà finanziaria”.

Perché avete deciso di intraprendere questa ‘lotta’ contro lo spreco di cibo?

“Si tratta di una sfida che non si può più rimandare, perché è una questione di etica, che tocca la questione ambientale ed il buon uso del cibo. Visto che si parla poco delle eccedenze alimentari, abbiamo deciso di fare qualcosa”.

Come funziona l’operazione di recupero del cibo?

“Ci siamo inventati un metodo. Abbiamo iniziato a recuperare cibo nei matrimoni, che erano ‘luoghi’ in cui si sprecava più cibo, proponendo l’iniziativa ai nostri amici che si sposavano. Arriviamo al momento della torta e recuperiamo quelle eccedenze alimentari, che non sono servite a tavola e tutto ciò che entra ‘intonso’ nella cucina o quelli che mantengono la loro integrità.

Noi comunichiamo al ristorante il nostro arrivo, che lascia il cibo conservato secondo le norme igieniche; noi dividiamo il cibo secondo la tipologia, segnalando se in esso è contenuto il glutine, per evitare problemi a chi lo assume, e lo consegniamo alle Caritas od alle mense sociali, che sono in grado di distribuirlo a chi ha necessità.

Il cibo è conservato nei contenitori compostabili termici ed antibatterici. Con i nostri mezzi privati consegniamo il cibo alla mensa più vicina disponibile. Tutte le operazioni sono monitorate e raccontate in tempo reale nei nostri canali social e tracciato nell’app greenfood, che permette di tenere traccia di tutto quello che recuperiamo, che serve anche per rilasciare ai ristoranti un documento per lo sgravio fiscale”.

Quali sono i vantaggi per chi dona il cibo?

“Per il privato, ossia un matrimonio od una comunione oppure un pensionamento, è a ‘spreco zero’, ossia si fa in modo che festeggino senza che il cibo venga sprecato. A loro chiediamo come impegno un’offerta libera per sostenere la nostra azione, perché la gestione delle eccedenze ha un costo di trasporto. Con tale gesto cerchiamo di far capire che bisogna impegnarsi in prima persona.

L’immondizia ha un valore in quanto paghiamo la Tari; con l’offerta cerchiamo di far capire che il cibo dovrebbe essere trattato meglio della spazzatura, ma oggi questo pensiero non è preso in considerazione. Inoltre l’offerta può essere scaricata nella dichiarazione dei redditi. Inoltre l’attività commerciale ha sgravi fiscali su quello che dona o su un eventuale contributo ed un ritorno di immagine come impegno di solidarietà. Inoltre tutto ciò che facciamo è tracciato”.

A chi donate il cibo recuperato?

“Doniamo il cibo alle mense sociali come Caritas, San Vincenzo de’ Paoli o mense del povero; per trovare quelle disponibili abbiamo fatto una mappatura attraverso telefonate alle diocesi. Dapprima nelle Marche ed adesso anche in altre regioni, in modo da far arrivare cibo alla mensa sociale più vicina all’evento”.     

Come si può fare per aiutarvi?

“Per aiutarci ci sono tanti modi, con il passaparola, con il volontariato, fornendoci il materiale per operare, contribuendo alle spese dell’associazione con una semplice donazione (che si può detrarre dalle tasse per il 35% del valore), con il 5 x 1000. Su questo sito alcuni modi per farlo http://www.foodbusters.it/donazioni.php.

Ultimamente abbiamo anche attivato la possibilità di ricevere donazioni anche attraverso raccolte fondi attivabili su facebook in cui nell’apposita funzione; basta cercare ‘Foodbusters Onlus’ e noi compariamo!”

151.11.48.50