Dopo il naufragio di Cutro: mai più morti per i migranti

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alcuni giorni dopo il naufragio a Cutro di un barcone, con il suo viaggio ha interpretato il sentimento della maggioranza degli italiani, che è di fratellanza e di solidarietà e dalle cronache giornalistiche si può comprendere gli impegni che il presidente della Repubblica avrebbe preso  con i profughi afghani e di altri Paesi che ora dovranno affrontare altre mille difficoltà, esprimendo il “dolore per il naufragio avanti alle coste crotonesi, nel quale hanno perso la vita decine di persone e tra queste alcuni bambini.

Molti tra questi migranti provenivano dall’Afghanistan e dall’Iran, fuggendo da condizioni di grande difficoltà. E’ una ennesima tragedia del Mediterraneo che non può lasciare nessuno indifferente. E’ altrettanto indispensabile che l’Unione Europea assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie, nel sostegno alla cooperazione per lo sviluppo dei paesi da cui i giovani sono costretti ad allontanarsi per mancanza di prospettive”.

A tal proposito la Fondazione internazionale Oasis, fondata dal card. Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, con un appello firmato finora da una trentina personalità della società civile e religiosa, ha chiamato cristiani e musulmani a una mobilitazione per l’accoglienza e la fratellanza, affinché il fenomeno migratorio trovi una soluzione:

“Cristiani e musulmani sono chiamati a dare il proprio contributo, impegnandosi contro le ingiustizie e l’oppressione che sono spesso alla base della decisione di partire, contrastando le chiusure nazionalistiche ed egoistiche che impediscono l’accoglienza e condannando l’azione senza scrupoli di trafficanti di uomini e scafisti che si arricchiscono sulla pelle dei migranti”.

E’ una responsabilità a cui tutti sono chiamati: “L’ultimo, tragico, naufragio di una barca di migranti nel Mar Mediterraneo chiama tutti a un’assunzione di responsabilità. Per la sua complessità, il fenomeno migratorio ha bisogno di soluzioni di varia natura, che tengano conto dei fattori politici, sociali, economici e ambientali dei Paesi che vi sono implicati. Ma esso è innanzitutto un fatto umano che interpella la coscienza di ognuno.

Cristiani e musulmani dovrebbero sentirsi particolarmente toccati da questa realtà. Infatti, la maggior parte degli emigranti che cercano di raggiungere l’Europa sono persone di fede cristiana o musulmana, i territori nei quali transitano hanno una significativa presenza cristiana o musulmana e i luoghi da cui s’imbarcano sono perlopiù Paesi a maggioranza musulmana”.

Anche l’immigrazione deve essere inserita nel dialogo islamo-cristiano: “Negli ultimi anni il dialogo tra cristiani e musulmani è stato comprensibilmente incentrato su temi come la convivenza pacifica, la cittadinanza paritaria e la prevenzione della violenza religiosa, con la pubblicazione di documenti condivisi, prese di posizione e organizzazione di conferenze.

Riteniamo che l’emigrazione, con tutte le sofferenze che l’accompagnano, meriti un’attenzione simile. Sono già molte le iniziative messe in campo in questo ambito da singole persone o realtà istituzionali, ma un’azione comune concorrerebbe ad approfondire le ragioni dell’amicizia islamo-cristiana”.

Richiamando al documento sulla fratellanza ed all’enciclica ‘Fratelli tutti’ l’appello della Fondazione ‘Oasis’ suggerisce alcuni percorsi per un impegno costante contro le ingiustizie: “Non è compito immediato delle autorità religiose e dei fedeli cristiani e musulmani suggerire soluzioni tecniche alle sfide che l’emigrazione comporta. Essi possono però intervenire sia a livello umanitario sia a quello culturale, contribuendo al dibattito su questo tema alla luce dei valori custoditi dalle loro tradizioni…

Nel suo dispiegarsi l’emigrazione consiste di diverse fasi e investe una pluralità di soggetti. Per governarla occorre agire a ogni livello, a monte e a valle contemporaneamente: operare per cercare di rimuovere le cause che la generano, limitandone in questo modo la portata, e allo stesso tempo prevedere percorsi sicuri e forme adeguate di accoglienza e integrazione per le persone che decidono di lasciare il proprio Paese”.

E’ un invito a non disperdere il ‘patrimonio’ spirituale e sociale delle fedi: “Cristiani e musulmani sono chiamati a dare il proprio contributo in ognuno di questi ambiti, impegnandosi contro le ingiustizie e l’oppressione che sono spesso alla base della decisione di partire, contrastando le chiusure nazionalistiche ed egoistiche che impediscono l’accoglienza e condannando l’azione senza scrupoli di trafficanti di uomini e scafisti che si arricchiscono sulla pelle dei migranti.

L’invito a una mobilitazione islamo-cristiana intorno a tali questioni non intende in alcun modo escludere o negare l’apporto di persone di altre tradizioni religiose e altre convinzioni, ma punta a fare in modo che un patrimonio spirituale e morale in parte condiviso tra cristiani e musulmani sia messo a servizio della vita buona di tutti”.

Al contempo i promotori di un altro appello al presidente della Repubblica italiana hanno chiesto la difesa dell’onore civile contro chi non ha salvato vite umane: “I fatti: nessuna autorità (nessuna!) di una nazione opulenta del G7 e di nobili tradizioni marinare e di soccorso in mare ha impegnato i moderni mezzi tecnici e organizzativi a disposizione per stendere una mano verso quelle di decine di bambini, donne e uomini che stavano affogando in qualche metro d’acqua a due passi da una spiaggia italiana.

Da quasi un giorno numerose autorità italiane sapevano quanto bastava per lanciare un’urgente operazione di ricerca e soccorso in mare (SAR), che però i governanti si sono rifiutati di lanciare. La Guardia costiera ha dichiarato che mezzi e personale erano pronti a partire in soccorso nelle condizioni di mare date, ben meno impegnative, a detta della Capitaneria di porto di Crotone, di quelle per le quali essa è addestrata e attrezzata. Ma invece di mandare soccorritori a salvare vite umane il governo ha solo mandato militari a caccia di criminali”.

E’ una richiesta dura ed articolata per la salvezza del popolo italiano: “Signor Presidente, le consegniamo la nostra ferita e la nostra indignazione: gli atti e le parole dei governanti intaccano dolorosamente il mito di ‘Italiani brava gente’ e di ‘un popolo di santi, poeti e navigatori’. Ma sia chiaro al mondo: l’onore intaccato dalla strage di Cutro è quello dei governanti, non quello di noi naviganti. Non la gente di mare, ma la gente di terra è responsabile di questa onta”.

Mentre a Tv2000 il presidente della Cei, card. Matteo Maria Zuppi, ha ricordato che “dobbiamo ripartire dal dolore e da questo deve scaturire una determinazione rinnovata capace di vedere le responsabilità e anche le omissioni che possono favorire tragedie come queste”.

Il porporato ha ribadito che dopo 30 anni che si dice che occorre trovare soluzioni al problema migratorio invece di comprendere le causa delle partenze:

“Il Mediterraneo ha sempre rappresentato un grande spazio d’incontro. Dovremmo dire, l’Italia in particolare, che questa è la vocazione per governare il fenomeno migratorio. Tutto questo per affrontarlo e non far finta che non ci sia.

Ci sono state molte polemiche sulle ong. Dobbiamo sempre ricordarci per quale motivo le ong sono andate o vanno verso queste rotte: lo fanno per evitare tutto questo e cercare di soccorrere. Purtroppo queste tragedie accadono se non c’è sicurezza e se si è schiavi degli scafisti”.

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