Da Milano mons. Delpini invita a vivere la luce del Mistero

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Dopo il discorso alla città di Milano l’arcivescovo ambrosiano, mons. Mario Delpini, ha concelebrato nella chiesa di sant’Ambrogio il pontificale con un riferimento, nell’omelia, alla mostra alla Triennale, dal titolo ‘Unknown unknowns’:

“Non so di non sapere. La mostra aperta in questo tempo nella Triennale di Milano ha preso avvio da questa confessione di ignoranza di fronte a quello che di solito si indica come l’infinitamente grande e all’infinitamente piccolo. La mostra si propone di essere una introduzione ai misteri. Abitiamo un mondo per lo più sconosciuto, viviamo una vita per lo più enigmatica”.

Davanti a tali dubbi mons. Delpini ha presentato le risposte offerte da Gesù di fronte alla conoscenza: “Perciò restiamo sorpresi dalla dichiarazione perentoria di Gesù: ‘Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me’.

La dichiarazione di Gesù introduce in una sublimità vertiginosa, in una rivelazione che di una luce che vince le tenebre. La conoscenza di cui parla Gesù non dipende dall’accumulo dei dati faticosamente raccolti, non è frutto di impegnativa ricerca, non è conquista di strumenti di tecnologia avanzata”.

Prendendo spunto dall’Inno di sant’Ambrogio, ‘Splendor paternae gloriae’, mons. Delpini ha spiegato la differenza tra enigma e mistero: “I discepoli di Gesù avvolti e abitati dalla luce della rivelazione non sono quelli che sanno tutto, non hanno la presunzione di aver capito tutto, continuano a vivere nelle ombre della storia.

Eppure sanno di essere conosciuti e di conoscere. Si potrebbe dire che per grazia passano dal vivere di fronte al mondo, alla vita, a Dio come di fronte a un enigma al vivere ogni cosa abitando nel mistero”.

Nell’enigma si vive lo smarrimento umano, mentre il mistero apre alla comprensione della realtà: “L’enigma significa lo sconosciuto di fronte al quale uno si sente smarrito, la tenebra che fa paura; il mistero significa essere introdotti nell’incontro che invita alla gioia trepida e semplice.

L’enigma significa l’imprevedibile di fronte al quale uno si sente minacciato e si trattiene dal rischio; il mistero significa l’invito immeritato e affidabile, di fronte al quale uno si commuove e si esalta. 

L’enigma significa l’infinito inesplorabile di fronte al quale si percepisce tutta la piccolezza come una insignificanza; il mistero significa la sovrabbondanza incalcolabile del dono che riempie di stupore e diventa chiamata al compimento di ogni speranza”.

Inoltre il mistero di Dio è compreso anche dai ‘piccoli’: “La sapienza dei piccoli, la grazia della rivelazione non contrasta e non sostituisce la ricerca della scienza e i meravigliosi risultati delle discipline scientifiche.

Gli scienziati continuano a cercare oltre il 5% dei risultati acquisiti per calcolare il numero delle stelle, per sapere come funziona il sistema nervoso e ogni parte dell’organismo dei viventi, i piccoli continuano a ricevere la rivelazione del perché esistano le stelle e sanno che ogni cosa esiste per rivelare l’intenzione del Padre, compiuta da Gesù.

Tutto è stato fatto nel Verbo e tutto nel Verbo sussiste perché il Padre vuole che il Figlio doni ai piccoli la vita del Figlio: do la mia vita per le pecore. Non sappiamo il quanto e il come: sappiamo il perché. Il Padre vuole che viviamo della vita stessa del Figlio per essere figli nella sua casa”.

Ed a conclusione della celebrazione eucaristica dall’arcivescovo è arrivata una parola di affidamento della città: “Invoco la benedizione del Signore che si stenda su tutta la città di Milano, per la Lombardia, perché sia regione che ama la vita e la genera, perché, con il lavoro e la solidarietà, costruisca una terra in cui sia desiderabile abitare, Invoco la benedizione del Signore per l’Oriente e l’Occidente, perché ci sia pace”.

Poi l’arcivescovo insieme ai concelebranti è sceso nella Cripta, dove sono custodite le reliquie dei santi Ambrogio, Gervaso e Protaso, per la recita della preghiera tratta dall’opera del santo, ‘De Virginibus’.

(Foto: arcidiocesi di Milano)

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