Card. Zuppi: Europa ed Africa per un nuovo umanesimo

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“Non si tratta di retorica: davanti all’ingiustizia, alla diseguaglianza e alla distrazione della coscienza sociale, il grido scandalizzato di chi si oppone alla logica predatoria propone anche un’alternativa di sviluppo realista. Il papa cerca soluzioni che non comportino distruzione consapevole che nella diseguaglianza non c’è futuro. Nella sola crescita economica nemmeno, perché l’innovazione tecnologica distrugge lavoro più di quanto ne crei. E’ necessaria un’economia solidale, basata sulla persona umana. Nell’attuale momento storico l’Africa e l’Europa possono fare di queste parole un disegno per il loro avvenire comune”.

Così il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, ha concluso la ‘lectio magistralis’ nella cerimonia durante la quale, mercoledì 12 ottobre, ha ricevuto all’Università ‘La Sapienza’ di Roma il dottorato ‘honoris causa’ in studi politici sul tema ‘L’Africa e l’Europa insieme di fronte alle sfide del XXI secolo’, partendo da un racconto di Ryszard Kapuscinski:

“Nel discorso pubblico il continente nero rimane sfuggente. Lo si dipinge alternativamente come terra delle opportunità economiche o come mostro demografico pronto a schiacciarci; giacimento a cielo aperto o antro di malattie e pandemie; buco nero che inghiotte gli aiuti internazionali o socio nel commercio internazionale; lions on the move (McKinsey) o bottom billion (come scrive Paul Collier) cioè l’ultimo miliardo…

D’altra parte, se osserviamo come sono aumentate le diseguaglianze in Europa possiamo immaginare l’effetto dall’altra parte del Mediterraneo. C’è una lunga storia di rapporti tra Africa sub-sahariana ed Europa, al centro della quale si colloca la colonizzazione (ma anche la vecchia storia dello schiavismo), che provoca sentimenti controversi”.

Ricordando il trentennale della pace in Mozambico il presidente della Cei ha sottolineato i processi di partenariato tra Europa ed Africa: “Più recentemente l’Europa ha sostenuto i processi di progresso economico e sociale e anche di pace. Quest’anno è il 30° della pace in Mozambico mediata dalla Comunità di Sant’Egidio tra il 1990 e il 1992: una data importante, anche personalmente per me, una pace che è divenuta un modello, una ‘formula italiana’ per dirla con le parole del segretario generale dell’ONU Boutros Ghali.

Con il nuovo millennio l’Africa si è trovata ad affrontare una fase nuova e decisiva della sua storia, caratterizzata da due grandi sfide: il definitivo aggancio all’economia mondiale e la transizione verso la democrazia. In tale presente circostanza storica l’Europa deve essere cosciente delle sue responsabilità per stare al fianco degli africani in maniera nuova”.

Ed ha elencato le sfide alle quali l’Africa è chiamata: “Ci rendiamo conto delle sfide alle quali è oggi sottoposto l’intero continente. La spinta alla liberalizzazione degli scambi commerciali ha provocato una crescita sostenuta ma ha anche allargato le diseguaglianze e cambiato la mentalità, in specie dei giovani, verso un’idea più individualista della vita.

Persistono ampie e sempre inaccettabili zone scure: la povertà, talvolta anche estrema, affligge ancora vasti strati delle popolazioni del continente; fenomeni di violenza diffusa e i conflitti che ostacolano le condizioni necessarie per lo sviluppo. L’epidemia dell’AIDS ha provocato la diminuzione dell’età media di vita, che in alcuni paesi si è abbassata per la prima volta dall’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso”.

E l’Africa è stata protagonista di molte battaglie: “Gli investimenti esteri hanno portato nuove opportunità e la crescita è rimasta sostenuta per 20 anni. Le società civili africane sono diventate protagoniste di molte battaglie per i diritti umani e civili. Numerosi paesi si sono incamminati verso la democrazia, i colpi di stato sembravano quasi finiti e l’Unione africana non accettava più cambi di regime violenti. Insomma circa vent’anni di buone notizie, mentre l’Europa iniziava una lenta (anche se molto confortata) discesa nel sentimento di declino, ad esempio nei confronti di un’Asia alla conquista dei mercati”.

Però la pandemia ha rimesso tutto in ‘gioco’: “La pandemia ha visto l’Europa chiudersi al suo interno con egoismo: poca condivisione dei vaccini e delle altre strumentazioni di prevenzione e presidio sanitario. La solidarietà è stata difficile anche tra europei stessi.

In Africa la percezione è stata di un nuovo abbandono anche se il covid pare essere stato meno virulento sul continente subsahariano. Ciò che non cambia è il divario tra sistemi sanitari: la privatizzazione di quel poco di buona sanità che c’è in Africa, ha finito per distruggere quasi completamente quella pubblica senza che l’Europa difendesse un modello che peraltro è il suo.

Il programma DREAM contro l’aids della Comunità di Sant’Egidio dimostra come sia possibile fare buona sanità gratuita ed aperta a tutti anche in Africa, contro quell’idea di apartheid sanitaria, ancora presente, di chi sostiene (anche nelle organizzazioni internazionali preposte) che gli africani non sanno curarsi”.

In conclusione della ‘lectio magistralis’ il card. Zuppi ha sottolineato il valore del partenariato tra Africa ed Europa: “L’Europa può essere utile per la creazione di un vasto campo della democrazia e dei diritti che vada da Capo Nord al capo di Buona Speranza. Si parla tanto di diritti nel nostro mondo ma limitandoli a sé stessi e al proprio piccolo mondo.

Malgrado tutto e nonostante le forze che vi si oppongono, la democrazia è una profonda aspirazione degli africani, una loro attesa. In questo ci può essere un’avventura comune… C’è spazio per un intervento europeo, non di stampo neo-coloniale ma di partenariato politico e giuridico. Il funzionamento della democrazia necessita di un lungo apprendistato, a cui l’Europa può contribuire con esperienza ed immaginazione”.

Quindi per il card. Zuppi l’Africa è il ‘banco di prova’ per l’Europa: “L’Europa può essere ancora una volta il modello della libertà dalla paura se soltanto non si limita a guardare solo sé stessa. Nella sua storia l’Europa ha elaborato gli anticorpi per combattere nazionalismo e sciovinismo, vecchie malattie europee presenti anche in Africa.

Esiste un umanesimo europeo che ha avuto stagioni felici e può incontrarsi con quell’umanesimo africano come era nei sogni di Senghor: l’incontro ‘del dare e del ricevere’. Con il tempo gli europei hanno appreso la difficile arte del dialogo e del vivere insieme. L’Unione Europea è stata la sola risposta adeguata alle grandi sfide della pace dopo la Seconda guerra mondiale.

Oggi ci occorre qualcosa di più: un’Europa con una missione, che risvegli negli europei il sentimento del loro futuro comune… L’Africa rappresenta il partner ideale di questa sfida per il vincolo culturale e linguistico. Un partner da incontrare con rispetto e senza paternalismo perché ha molto da dare”.

(Foto: Università La Sapienza)

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