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L’Università Cattolica apre alla cooperazione internazionale con i giovani dell’Africa
“Per coloro che mi ascoltano per la prima volta, risulterà forse inconsueto che abbia utilizzato la parola famiglia per identificare l’intera Università Cattolica. E’ un termine che uso abitualmente perché credo che renda in maniera vivida qual è la nostra identità, quella cioè di un organismo che necessita di una cooperazione tra le diverse sensibilità che lo animano. Solo con questa cooperazione creativa e responsabile è possibile sentirsi una famiglia con il compito primario di formare con qualità e rigore le studentesse e gli studenti che ci hanno scelto, e che saluto con particolare affetto”:
si è presentata con queste parole, pronunciate nel primo discorso inaugurale da rettore dell’Università Cattolica, la prof.ssa Elena Beccalli, a cui sono intervenuti l’arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto ‘Giuseppe Toniolo di Studi superiori’, mons. Mario Delpini, il ministro per l’Università e la ricerca, Anna Maria Bernini, il Premio Nobel per la pace 2011 Leymah Gbowee e l’economista ghanese Ernest Aryeetey. Molte le alte cariche dello Stato e le autorità religiose presenti, tra le quali il card. Peter Turkson, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, prefetto emerito del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.
Nel discorso la rettrice dell’Università ha sottolineato il valore della cooperazione internazionale: “La valorizzazione della proiezione internazionale è un tratto che ha caratterizzato in maniera particolare l’anno accademico appena trascorso. In base agli ultimi dati, si è registrato un aumento di circa il 18% nel numero di studenti internazionali provenienti da tutti i continenti che hanno scelto di iscriversi nei nostri percorsi. Virtuosa è anche la circolarità globale della comunità studentesca: secondo l’ultimo QS Europe Ranking, l’Università Cattolica del Sacro Cuore si classifica al primo posto in Italia per outbound students, pari a circa 3.000 studenti in uscita. Altrettanto rilevante è la presenza di inbound students, che colloca l’Ateneo al terzo posto in Italia, con circa 2.000 studenti che scelgono dall’estero di studiare in Cattolica”.
Quindi ha riportato alcuni numeri di tale cooperazione: “Estesa è la rete di partner a livello globale con oltre 600 università in 82 paesi; in particolare sottolineo le collaborazioni consolidate con 36 dei primi 100 atenei del mondo (QS University Ranking 2024). Sono qualificati e numerosi i programmi di doppia laurea (attualmente 112 accordi), come pure gli scambi di docenti e i progetti di ricerca congiunti. Tutte iniziative che consolidano la nostra reputazione globale e potenziano le opportunità per gli studenti”.
Ecco il motivo per cui l’Università Cattolica è un’eccellenza: “Il nostro Ateneo si conferma come un centro di eccellenza nella ricerca scientifica in Italia e in Europa, con un portafoglio di circa 1.400 progetti attivi per un valore complessivo di € 140.000.000 ed un censimento di 4.300 pubblicazioni scientifiche nel 2024. Sono più di 160 i progetti finanziati dall’Unione europea (di cui la metà con Horizon 2020 e Horizon Europe) e che hanno assicurato all’Università finanziamenti per oltre € 44.000.000 dal 2018 al 2023.
Ricerca e terza missione, con un approccio transdisciplinare, si sono spesso intersecate generando benefici per la collettività attraverso le iniziative dei 39 Dipartimenti, delle 8 Alte scuole, dei 4 Centri di Ateneo e dell’alleanza strategica SACRU, all’interno della più ampia rete della FIUC – Federazione Internazionale delle Università Cattoliche”.
In conclusione ha tracciato alcune linee programmatiche affinchè l’Università Cattolica resti una delle migliori nel mondo: “Per riassumere, se l’Università Cattolica del Sacro Cuore vuole essere l’Università migliore per il mondo dovrà convintamente ispirarsi alle tre linee ideali appena tracciate: servire il sapere con uno sguardo lungo e integrale per elaborare nuovi paradigmi, far dialogare le discipline per evitare di cadere nella parcellizzazione, educare donne e uomini di valore per insegnare a riconoscere la verità…
Il primo attiene al loro ruolo: siamo convinti che non siano utenti ai quali offrire un servizio, come una consolidata tendenza ci indurrebbe a fare, quanto piuttosto persone animate dalla speranza di vivere un’esperienza educativa che valorizzi le loro intelligenze multiple, ossia i tre linguaggi della testa, del cuore e delle mani spesso evocati da papa Francesco. Il secondo tema riguarda il loro futuro: riteniamo che le università debbano preparare le classi dirigenti e le generazioni del domani nella consapevolezza che la professionalizzazione non è in alcun modo in sé sufficiente e, soprattutto, che non è il solo fine da indicare come orizzonte del percorso universitario”.
Questi sono i motivi principali per l’attivazione di un ‘Piano Africa’: “Il primo banco di prova dell’efficacia di questa proposta potrà essere il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si tratta di una struttura d’azione, in coerenza con quell’indirizzo di apertura dell’Ateneo che prima ricordavo, che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione.
Secondo uno spirito di reciprocità, l’Ateneo intende ampliare i percorsi per la formazione di giovani africani in loco o nel nostro paese, diventare polo educativo per i giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa, spesso ai margini, pur rappresentando una parte rilevante del nostro futuro, nonché rendere sempre più sistematiche le esperienze curriculari di volontariato per i nostri studenti.
L’aspirazione è diventare l’Università europea con la più rilevante presenza in Africa, attraverso partnership con atenei e istituzioni locali, nell’ottica di un arricchimento vicendevole, per la formazione integrale delle persone e la promozione della fratellanza e, non da ultimo, della pacifica convivenza sociale”.
La cerimonia è proseguita con le prolusioni affidate al Premio Nobel Leymah Gbowee, fondatrice della fondazione ‘Gbowee Peace Foundation Africa’ (GPFA), che ha sede a Monrovia in Liberia: “Sono convinta che l’educazione sia un’assicurazione sulla vita e l’istruzione un investimento a 360 gradi. Perché non si studia solo per arricchirsi, ma per trasformare sé stessi e il mondo, per dare dignità alle persone, per capire che, indipendentemente dal colore della pelle, siamo tutti esseri umani e dobbiamo rispettarci…
L’essenza della pace non è assenza di guerra, ma creazione di condizioni che diano dignità a tutti. Se ciascuno in un paese può dire di vivere in dignità allora in quel paese c’è la pace. Il valore della formazione sta nel riconoscere l’umanità dell’altro. E’ importante, in quest’ottica, lo scambio tra l’Università Cattolica e l’Africa per il confronto intellettuale, la ricerca e il riconoscimento dei doni e dei talenti reciproci”.
Di investimento sulle giovani generazioni africane ha parlato anche il presidente del Consiglio di amministrazione dell’African Economic Research Consortium, già segretario generale dell’African Research Universities Alliance, Ernest Aryeetey, secondo cui “le strutture economiche di molti Paesi dell’Africa subsahariana non si sono trasformate a sufficienza per creare un numero di posti di lavoro adeguato a soddisfare la crescente domanda della popolazione giovanile.
Inoltre, molte iniziative trascurano lo sviluppo di competenze trasversali essenziali. E spesso anche le barriere culturali limitano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La necessità di approcci trasformativi a lungo termine che affrontino queste sfide strutturali sta diventando sempre più urgente. Per affrontare efficacemente la crisi della disoccupazione giovanile in Africa è necessario uno sforzo comune che affronti direttamente le principali sfide strutturali del continente”.
Nel saluto iniziale mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, ha sottolineato il valore di quest’apertura verso l’Africa: “Guidato da questa visione, il cuore grande del nostro Ateneo si apre sempre più al mondo e in questo anno guarda in modo particolare all’Africa, Continente martoriato e ancora segnato da gravi squilibri e difficoltà, ma anche cuore pulsante del pianeta che coltiva le energie più giovani e le speranze più grandi. Con questo sguardo concreto e solidale vogliamo contrastare la sfiducia e la stanchezza che spesso solcano i nostri volti e amareggiano la nostra vita”.
Mentre l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha invitato gli studenti a combattere le banalità: “La banalità è l’esito di un sapere che si riduce a raccolta di una attrezzatura e l’Università Cattolica contrasta la banalità, la riduzione del sapere ad attrezzatura perché propone di intendere il sapere come un fattore della sapienza, che contempla, interpreta, utilizza e criticamente ripensa l’utilizzo e non rinuncia a sognare”.
Tale banalità può essere contrastata perché la conoscenza è relazione: “La banalità è frutto di quel modo di informarsi sul mondo che si riduce a raccogliere e analizzare dati, fotografie, bibliografie. L’Università Cattolica contrasta la banalità perché intende la conoscenza come relazione. E gli interventi di questa inaugurazione sono un segno di questo modo di conoscere situazioni, problematiche, speranza del continente africano non solo accumulando dati, ma piuttosto coltivando relazioni”.
Ugualmente nell’omelia della celebrazione eucaristica, che ha concluso la giornata inaugurale, l’arcivescovo ambrosiano ha riflettuto sulla degenerazione interpretativa del ‘sabato’, prendendo spunto dalla guarigione operata da Gesù nel giorno di riposo: “La degenerazione del comandamento del sabato fa riflettere sulla degenerazione della burocrazia: la burocrazia, strumento irrinunciabile per evitare l’arbitrio e consentire la verifica della correttezza può degenerare in un groviglio di cavilli, in un’ossessione per la procedura, in un’imposizione di adempimenti e di rendicontazioni.
E tutto diventa noia e tutto può diventare arma per sorprendere l’inadempienza e fare lo sgambetto a chi corre avanti. E l’alluvione dei moduli, delle firme, delle certificazioni riduce le persone a raccogliere dati e scarica le responsabilità sull’algoritmo”.
Per questo ha invitato l’Università ad ‘alzarsi’ per essere ‘missionaria’: “Così l’animo umano, così la comunità dell’università cattolica, così la cultura possono raccogliere con prontezza il comando di Gesù. Egli si alzò e lo seguì. E forse anche noi possiamo metterci alla sequela del Signore. Una cultura che si alza in piedi, perché trova noioso, frustrante, insoddisfacente stare seduta…
Una cultura che si alza in piedi e segue Gesù, disponibile a essere impopolare come lo è stato Gesù, perseguitata, come hanno perseguitato Gesù, missionaria, come è stato missionario Gesù. Una cultura che si alza in piedi e segue Gesù e ascolta la cultura del tempo e apprezza ogni singola scintilla di luce e cammina insieme con tutti i fratelli e le sorelle per attraversare il tempo e cercarne il compimento”.
(Foto: Università Cattolica)
Un mondo polarizzato,disuguale e pericoloso
“… Possiamo fare di meglio. Meglio dei cambiamenti climatici e delle pandemie fuori controllo. Meglio di un’ondata di trasferimenti di potere incostituzionali in un contesto di populismo crescente in tutto il mondo. Meglio di una cascata di violazioni dei diritti umani, meglio del massacro sfacciato di persone nelle loro case e nei loro luoghi di vita, negli ospedali, nelle scuole e nei campi dei rifugiati. Dobbiamo fare meglio di un mondo costantemente sull’orlo del collasso, un castello di carte socio-ecologico. Lo dobbiamo a noi stessi e agli altri, ai nostri figli e ai loro figli…” (Dal ‘Rapporto sullo sviluppo umano 2024’, PNUD)
Nel frattempo ci si riarma come non da tempo non accadeva. Senza inibizioni di sorta si torna a far parlare le guerre come unica strategia di risoluzione dei conflitti internazionali e locali . La radice di tutti i mali, la dimenticanza, sembra aver preso il potere nell’immaginario culturale e politico dei popoli. Senza la memoria delle macerie e del deturpamento irreversibile dei volti umani tutto ridiventa possibile.
Le parole, espressione del pensiero e della visione del mondo che l’accompagna, si trasformano in armi di distruzione totale. Hiroshima e Nagasaki hanno gradualmente smarrito, col passar degli anni e dei testimoni, di essere un baluardo simbolico alle efferatezze umane. Forse non si è imparato nulla dalle sofferenze degli innocenti e le forze del male assoluto tornano a sedurre gli spiriti da tempo svuotati e espropriati dalla mercificazione del sistema capitalista. Uscire dal vicolo cieco nel quale è piombato il mondo è il titolo del rapporto.
Lo sviluppo umano, per le sue analisi, prende in considerazione tre aspetti. La speranza di vita, l’educazione e il reddito procapite dei cittadini. Questi fattori, combinati assieme e messi in relazione forniscono elementi di comprensione nell’ambito dello sviluppo umano integrale. Nove dei dieci Paesi nei quali lo sviluppo umano è più debole si trovano nell’Africa sub sahariana. Si tratta della Sierra Leone, il Burkina Faso, il Burundi, il Mali, il Ciad, il Niger, la Repubblica Centrafricana, il Sud Sudan e la Somalia. Unico Paese extra africano è lo Yemen.
Il rapporto del PNUD ricorda che i Paesi a governo populista presentano un tasso del Prodotto Interiore Bruto più debole degli altri Paesi. Il Niger, Paese nel quale ho il privilegio di risiedere da ormai 13 anni, continua, secondo l’indice del rapporto, a conservarsi fedelmente tra gli ultimi posti del pianeta. Ci si è gradualmente abituati a guardare la realtà dal basso che poi è un luogo di verità in quanto rivelatore del tipo di mondo che ci troviamo ad abitare.
Un mondo polarizzato,disuguale e pericoloso recita il sottotitolo del rapporto citato. Polarizzato nel senso che si trova diviso all’interno come all’esterno tra minoranze abbienti e masse escluse,marginalizzate o semplicemente ‘zavorra’ del sistema globale di apartheid. La polarizzazione è frutto e radice della graduale sparizione dei poveri e non della povertà.
Le disuguaglianze si esprimono anche e soprattutto tramite le frontiere che di esse sono forse la metafora più eloquente. Frontiere economiche, politiche, culturali, religiose e simboliche. Un pezzo di carta e un visto possono radicalmente cambiare l’identità e il futuro di una persona. Le detenzioni, le deportazioni e i rimpatri forzati sono una delle espressioni più amare delle disuguaglianze umane.
Un mondo pericoloso, ricorda il rapporto. Pericoloso come, per chi e per quanto … Si vive, non da oggi, in questa continua strategia del ‘terrore’, ostaggi di paure, minacce, epidemie, guerre, carestie e mostri che ogni epoca inventa. Non tarderà dunque ad apparire, come da copione, il don Chisciotte della situazione che, col fedele scudiero che inutilmente cercava di farlo ravvedere, si batteva contro i mulini a vento come i nemici da abbattere. Facciamo invece nostre le parole di Rosa Luxemburg che diceva…’io mi sento a casa mia dappertutto in questo vasto mondo, posto che siano nubi, uccelli e lacrime’.
Il dott. Mavindi racconta l’emigrazione dei giovani africani
Oggi sono 281.000.000 le persone che nel mondo vivono fuori dalla loro terra d’origine; 110.000.000 i migranti forzati, che fuggono da guerre, fame, sete, povertà, desertificazione; mentre in Italia, stando ai report ufficiali, dal 2013 sono arrivati 1.040.938 profughi e 28.000 i migranti che in questi dieci anni risultano morti annegati o dispersi nel Mar Mediterraneo.
Papa Francesco: sull’esempio di san Daniele Comboni non dimentichiamo l’Africa
“Ieri mi sono giunte notizie preoccupanti dal Nagorno Karabakh, nel Caucaso Meridionale, dove la già critica situazione umanitaria è ora aggravata da ulteriori scontri armati. Rivolgo il mio appello accorato a tutte le parti in causa e alla Comunità internazionale, affinché tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana… Restiamo uniti nella vicinanza e nella preghiera per la cara e martoriata Ucraina”:
Papa Francesco incontra i bambini nella giornata dell’Africa
“La Giornata dell’Africa, celebrata nel giorno della commemorazione annuale della fondazione dell’Unione Africana, il 25 maggio 1963, rappresenta il simbolo della lotta dell’intero Continente per la liberazione, lo sviluppo e il progresso economico e sociale, come pure per la valorizzazione e l’approfondimento del patrimonio culturale africano”: lo ha detto papa Francesco, incontrando stamane un gruppo di i bambini provenienti da diverse Nazione africane.
Le ‘guerre nere’ in Africa cosa sono?
Le guerre africane nella contemporaneità, l’epoca della globalizzazione del XXI secolo, sono definite ‘guerre nere’ a causa della loro enigmaticità: conflitti le cui radici sono difficili da capire, che in Europa e sui media occidentali in genere sono rappresentate come brutali e selvagge, dal sapore esclusivamente etnico e perciò stesso arcaiche, quasi incomprensibili per chi non è di quelle parti:
Papa Francesco invita il CUAMM ad aiutare gli africani
Sabato scorso papa Francesco, prima di partire per Asti, ha ricevuto medici e volontari del CUAMM in occasione dell’Annual Meeting, sorto nel 1950 ed è la prima Ong in campo sanitario riconosciuta in Italia e la più grande organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane.
Card. Zuppi: Europa ed Africa per un nuovo umanesimo
“Non si tratta di retorica: davanti all’ingiustizia, alla diseguaglianza e alla distrazione della coscienza sociale, il grido scandalizzato di chi si oppone alla logica predatoria propone anche un’alternativa di sviluppo realista. Il papa cerca soluzioni che non comportino distruzione consapevole che nella diseguaglianza non c’è futuro. Nella sola crescita economica nemmeno, perché l’innovazione tecnologica distrugge lavoro più di quanto ne crei. E’ necessaria un’economia solidale, basata sulla persona umana. Nell’attuale momento storico l’Africa e l’Europa possono fare di queste parole un disegno per il loro avvenire comune”.





























