Papa Francesco ai bambini dell’Antoniano: la pace è armonia delle differenze

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Anche sabato scorso papa Francesco ha messo al centro dei suoi pensieri l’accoglienza, nella festività di san Giuseppe e nell’anniversario dell’inizio del suo pontificato,il Coro dell’Antoniano di Bologna e i Cori della Galassia dell’Antoniano, accompagnati dall’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Zuppi, senza dimenticare i bambini coinvolti nelle guerre:

“Sono contento di festeggiarla con voi, con i vostri canti che danno speranza, anche nei momenti difficili, come questo che stiamo vivendo adesso a causa della guerra. E’ un momento difficile. Voi sapete che sono arrivati già a Roma, al ‘Bambino Gesù’, alcuni bambini che sono feriti dalla guerra. Preghiamo per loro. Noi, qui a Roma li aiutiamo a guarire. Sono ricoverati al ‘Bambino Gesù’. Pregate per loro. Vorrei dedicare questo nostro incontro ai bambini e ai ragazzi dell’Ucraina, d’accordo?”

E rivolgendosi ai componenti del coro Antoniano li ha ringraziati perché uniscono le generazioni: “Significa che le vostre canzoni piacciono ai piccoli e ai grandi, specialmente ai nonni. Le cantano insieme papà e mamma, i nonni e i nipoti. Sì, è così! Alcune canzoni dello ‘Zecchino d’Oro’ uniscono le generazioni. E questo è molto bello e importante!

C’è bisogno di legare le diverse generazioni; in particolare di favorire il dialogo tra gli anziani e i più giovani, tra i nonni e i nipoti. Questo è importante: parlare con i nonni, ascoltare i nonni. E’ tanto bello questo dialogo dei nipoti con i nonni, dei giovani con gli anziani. Scavalcando i genitori, non c’è problema, ma sempre parlare con i nonni. È importante. E voi lo fate, col vostro canto”.

Quindi ha chiesto ai bambini di ascoltare i propri nonni: “E adesso vi chiedo una cosa un po’ più difficile: quando andate dai nonni, voi sapete ascoltare i nonni quando ti raccontano le storie di quel tempo, come si viveva in quel tempo?.. Quando voi andrete dai nonni, non parlate sempre voi; parlare un po’, ma lasciare parlare i nonni per ascoltarli…

Vi do un consiglio: chiedete al nonno o alla nonna di raccontarvi qualcosa della loro vita, di quei tempi. Fate a loro delle domande, ascoltateli. Scoprirete dei tesori! Sì, dei tesori nascosti nella loro memoria, nel loro cuore. Sono dei ricordi, ma non solo, sono anche dei pensieri di saggezza, a volte di fede, che loro hanno maturato nel cammino della vita; e sono preziosi, specialmente per voi, che state crescendo”.

Ascoltare i nonni significa avere ‘radici’: “Cioè, ascoltare i nonni è avere delle buone radici. Voi siete come dei germogli, state buttando fuori le prime foglie, state sbocciando alla vita. Ma, senza radici, la pianta non cresce! Oggi è la festa di san Giuseppe.

Giuseppe di Nazaret, lo sposo della Vergine Maria, è stato l’uomo che ha legato Gesù al suo popolo, il popolo che Dio si era scelto per portare la benedizione a tutta l’umanità. Gesù non è spuntato dal nulla; non è venuto dal cielo come un extraterrestre, Gesù è nato da una donna del popolo di Dio”.

Ed infine ha ricordato che la pace arricchisce, perché è una sinfonia, come il coro: “Non ci sarebbe nessuna armonia, ma solo un unico suono noioso… Invece noi siamo tutti diversi e da questa diversità possiamo formare una sinfonia di voci. Per formare una sinfonia di popoli. Questo è l’importante: che tutti i popoli cantino insieme, che ci sia la pace.

E questa è la pace. Ascoltate bene questo: la pace non appiattisce le differenze, no, la pace è l’armonia delle differenze. Ripetiamo insieme quest’ultima parte: la pace è l’armonia delle differenze. Insieme: la pace è l’armonia delle differenze. Avete capito cosa significa? Diciamolo un’altra volta: la pace è l’armonia delle differenze”.

Ed in questo giorno, in occasione del 150^ anniversario di fondazione, papa Francesco ha inviato una lettera al padre generale della ^ Congregazione di san Giuseppe, p. Tullio Locatelli, ricordando il motto di san Leonardo Murialdo (‘A tempi nuovi occorrono nuove opere’):

“Egli seppe leggere l’epoca in cui viveva, cogliere le problematiche presenti a Torino nella seconda metà dell’Ottocento, offrire rimedi efficaci, al passo con i tempi. Prese a cuore la gioventù povera e abbandonata, aiutando tanti ragazzi non solo a fronteggiare i bisogni immediati, ma a prepararsi un futuro dignitoso attraverso l’istruzione e l’apprendimento di un mestiere. La lungimiranza caratterizzò anche il suo impegno a favore di un’altra emergenza sociale, quella legata al mondo operaio”.

Davanti a situazioni nuove ed impreviste il santo torinese si ispirò alla saggezza di san Giuseppe: “Si aprivano scenari imprevisti a cui seppe rispondere con slancio e opere rinnovate. Lo fece lasciandosi guidare da una sapienza antica e sempre attuale, quella di san Giuseppe.

Ispirandosi a lui, si dette da fare in umiltà e carità, esortando ogni Congregato a essere amico, fratello e padre dei giovani bisognosi, traendo forza dalla convinzione che Dio ama ciascuno con una predilezione tenera, provvidente e misericordiosa”.

(Foto: Santa Sede)

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