La Corte costituzionale non ha ammesso il referendum eutanasico

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Martedì 15 febbraio la Corte costituzionale ha ritenuto inammissibile il referendum sulla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, ‘Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente)’ tramite la raccolta di oltre 1.200.000 firme, proposta dall’Associazione Luca Coscioni, come si può leggere nel comunicato della stessa:

“La Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

Nella conferenza stampa di ieri il presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato, ha spiegato il motivo della non ammissibilità: “Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza ci ha ferito ingiustamente. Il referendum non era sull’eutanasia ma sull’omicidio del consenziente.

L’omicidio del consenziente sarebbe stato lecito in casi ben più numerosi e diversi da quelli dell’eutanasia… Vi dico una cosa che non potrei dire, ma non è detto che se si fosse presentata la questione in termini di legittimità costituzionale dell’omicidio del consenziente la nostra decisione non avrebbe potuto essere la stessa che abbiamo preso sul suicidio assistito”.

Quindi hanno prevalso il ‘principio di indisponibilità della vita’, la cui ‘estromissione dall’ordinamento determinerebbe un insanabile vuoto normativo, e la mancanza di chiarezza del quesito, essendo imprevedibili e incerti gli effetti derivanti dalla parziale abrogazione proposta, in contrasto con la trasparenza che dovrebbe orientare la volontà dell’elettore’, come ha commentato il ‘Comitato per il No all’omicidio del consenziente’, presieduto da Assuntina Morresi e rappresentato nel dibattimento davanti alla Corte costituzionale dai giuristi Mario Esposito e Carmelo Leotta, che ha espresso ‘soddisfazione’ per la decisione della Consulta che “permette ora di affrontare con maggiore equilibrio la discussione parlamentare sul cosiddetto testo Bazoli riguardante l’eutanasia, che sostiene (a nostro avviso erroneamente) di dare attuazione alla sentenza n. 242/2019 della stessa Corte, e di farne emergere le incoerenze e il superamento dei confini da essa stabiliti”.

La presidenza della CEI, in attesa del deposito della sentenza, prende atto di questo pronunciamento: “E’ un invito ben preciso a non marginalizzare mai l’impegno della società, nel suo complesso, a offrire il sostegno necessario per superare o alleviare la situazione di sofferenza o disagio. papa Francesco, durante l’udienza di mercoledì 9 febbraio, ha usato parole chiare: ‘La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti’. Occorre rivolgere maggiormente l’attenzione verso coloro che, in condizioni di fragilità o vulnerabilità, chiedono di essere trattati con dignità e accompagnati con rispetto e amore”.

Anche il Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) è soddisfatto di questa decisione: “Il Meic saluta con soddisfazione il comunicato di ieri della Corte costituzionale relativo alla decisione di dichiarare inammissibile il quesito referendario avente ad oggetto l’omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), in ragione dell’esigenza di preservare la ‘tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili’.

Auspica altresì che il Parlamento approvi una legislazione in tema di fine vita coerente con i valori costituzionali, anche alla luce delle indicazioni del giudice delle leggi, e che l’intera comunità italiana sappia muovere in direzione di una cultura che riconosca quale stella polare la dignità di ogni persona umana e dunque l’esigenza di assicurare ogni cura possibile a tutti, a partire dai più fragili”.

Anche la presidente del Movimento Per la Vita, Marina Casini, ha commentato favorevolmente la notizia: “Abbiamo accolto con soddisfazione la notizia che corrisponde alla saggezza giuridica, che manifesta la giusta e doverosa attenzione nei confronti della vita umana la cui tutela è il cardine degli ordinamenti civili ai quali l’ordinamento italiano vuole appartenere.

Questa decisione ribadisce la fondamentalità del valore della vita umana nel nostro sistema giuridico ovvero la centralità della tutela della dignità della vita umana nella nostra Carta Costituzionale. Attendiamo le motivazioni e nel frattempo non possiamo non ricordare la sentenza n. 35 del 1997 con cui la stessa Corte Costituzionale aveva rigettato la richiesta di referendum radicale (praticamente identica a quella accolta nel 1980) che voleva abrogare la legge sull’aborto, perché la tutela della vita non può essere abbandonata e fa parte dei principi necessari all’esistenza di un ordinamento democratico”.

Inoltre la presidente del Movimento Per la Vita Italiano ha aggiunto una postilla affinchè il Parlamento possa legiferare in maniera opportuna: “A questo punto, sgombrato il campo dal referendum, la speranza è che il Parlamento non insista ad allargare le maglie della sentenza 242/2019 introducendo disposizioni eutanasiche, ma si preoccupi piuttosto di riversare il massimo impegno scientifico, tecnico, organizzativo a implementare e diffondere le cure palliative e una adeguata terapia del dolore. L

a sfida è sempre quella della massima prossimità, della compagnia, della vicinanza affettuosa, dell’accompagnamento nel tratto della vita che tutta la vita riassume, arrivando ad accettare serenamente la morte senza mai cagionarla volontariamente”.

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