‘Un Padre, una famiglia’: un libro racconta l’impegno dei Salesiani contro il covid-19

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Nella festa di don Bosco, era stato pubblicato in inglese ‘Un padre, una famiglia’ (a breve anche in italiano) dal Rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime, libro che raccoglie fotografie e testi che raccontano il grande lavoro svolto dalla Famiglia Salesiana di tutto il mondo, in risposta alla pandemia di coronavirus:

“Questo non è il momento di stare con le mani in mano e aspettare che la crisi passi; è il momento di rimboccarsi le maniche, uscire e fare tutto il possibile per aiutare chi ha bisogno. Dobbiamo prenderci cura di noi stessi, ma non chiuderci in noi stessi”.

Continuiamo l’intervista con  don MC George Menamparampil, coordinatore dell’Emergency Response dei Salesiani, chiedendogli di spiegarci come si comportò don Bosco ai tempi del colera del 1854:

“Il 25 luglio, all’annunzio dei primi casi in Torino, il Ministro dava norme di precauzione al Vicario Generale, perché il clero venisse in aiuto alle autorità civili nell’esecuzione degli ordini emanati. I parroci obbedirono, il clero si disse pronto, ed i religiosi di san Camillo, i Cappuccini, i Domenicani, gli Oblati di Maria si offrirono per l’assistenza dei colerosi.

Il Municipio stesso, appena comparve imminente lo scoppio del flagello, diede uno splendido esempio di pietà. Dopo avere adottato le dovute misure sanitarie, volle far ricorso alla Regina del Cielo, ed ordinò una funzione religiosa nel Santuario di Maria SS. Consolatrice pel mattino del 3 agosto; e ad essa, insieme con un’immensa folla di fedeli, prese parte un’apposita rappresentanza del Consiglio municipale.

Sabato 5 agosto, festa della Madonna della Neve, raccolse i ricoverati attorno a sé, ed annunziando la comparsa del flagello raccomandava a tutti sobrietà, temperanza, tranquillità di spirito e coraggio, e insieme confidenza in Maria Santissima, e una buona confessione e una santa comunione: ‘Causa della morte è senza dubbio il peccato.

Se voi vi metterete tutti in grazia di Dio e non commetterete alcun peccato mortale, io vi assicuro che niuno di voi sarà tocco dal colèra; ma se mai qualcuno rimanesse ostinato nemico di Dio, e, quel che è peggio, osasse offenderlo gravemente, da quel momento io non potrei più essere garante né di lui, né per qualunque altro della Casa’.

Quando si seppe che i giovani dell’Oratorio si erano consacrati a questa nobile impresa, le domande per averli si moltiplicarono talmente che loro non fu più possibile attenersi a nessun orario. Giorno e notte, al pari di don Bosco, essi pure furono in moto.

Qualche giorno avevano appena tempo di scendere a Valdocco per prendere un boccone di pane e talvolta furono costretti a cibarsene nelle case stesse dei colerosi; poiché, se da principio non avevano mancato di usarsi ogni doveroso riguardo, in seguito non pensarono più che ai loro infermi, lasciando la cura di se stessi alla Divina Provvidenza.

Né l’opera di Don Bosco e degli alunni dell’Oratorio fu soltanto personale; ma, quantunque poveri, poterono provvedere anche materialmente a molti malati. Quando avveniva di trovare un infermo che mancasse di lenzuola, di coperte o di camicia, correvano a mamma Margherita e la caritatevole donna somministrava prontamente gli oggetti secondo il bisogno”.

Per quale motivo, specialmente in questo tempo, occorre essere mossi dalla speranza?

“La speranza è, forse, tutto ciò che è rimasto a gran parte dell’umanità oggi. Il mondo ha affrontato molte sfide durante i suoi milioni di anni di evoluzione. Ci sono stati eruzioni vulcaniche, terremoti, inondazioni, tsunami, siccità, incendi selvaggi e le cosiddette ‘guerre mondiali’ (non tutti i Paesi hanno combattuto in queste guerre, ma è vero, le economie e le società di tutte le nazioni ne sono state colpite).

Ci sono state pandemie in passato; la peste, per esempio, che ha ucciso un terzo della popolazione; tuttavia, questo si riferisce solo alla popolazione europea, non a quella mondiale. Il Covid, invece, ha colpito l’intera razza umana: 219 Paesi e territori hanno avuto persone infettate. E’ vero che il tasso di mortalità è ‘solo’ il 2% di coloro che hanno contratto la malattia. E’ vero che finora sono morti ‘solo’ 2.000.000 persone (l’influenza spagnola ne ha uccise 50.000.000).

Ma il danno fatto alle persone è immenso e, in alcuni casi, forse totalmente irrecuperabile. Pensate ai milioni di studenti che hanno perso un intero anno di scuola perché non hanno accesso alla tecnologia per le lezioni online.

Pensate agli adolescenti e ai giovani, nei loro anni di socializzazione e costruzione di relazioni che sono dovuti rimanere chiusi nelle loro case per mesi senza alcuna possibilità di incontrare i loro amici, se non online. Uno studio di Oxfam ha dimostrato che il divario tra i ricchi e i poveri è aumentato bruscamente nell’ultimo anno. Nel frattempo, i ricchi hanno visto la loro ricchezza crescere del 35%.

Cosa resta a questa grande fetta dell’umanità, se non la speranza? E questa speranza è ciò che la Famiglia Salesiana cerca di dare alle persone con cui siamo in contatto. Dio è un Padre, un Padre amorevole. Non ci ha dimenticato e non ha rinunciato a noi. C’è speranza. C’è un futuro. Noi non pieghiamo le mani e lo aspettiamo. Ci rimbocchiamo le maniche e lavoriamo per ottenerlo; tutti i suoi figli insieme”.

​(Fine. Foto:  Ans)

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