Franco Arminio offre la ‘cura dello sguardo’

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“Noi insieme facciamo cinema e letteratura, assistenza al malato terminale che sono, ammirazione alla bestia luccicante che sei. Un amore che coinvolge le nuvole e le vene metallifere, un amore che coinvolge molte discipline: la chimica e la fisica,la storia e la geografia. Il nostro è un amore che studia perché vuole diventare importante, il più importante della tua vita,il primo e l’ultimo della mia”.

Questi versi appartengono a una poesia dal titolo ‘Il rimedio universale’, dentro il nuovo libro di prose di Franco Arminio intitolato ‘La cura dello sguardo’, come ha spiegato l’autore: “non si possono fare grandi imbrogli, almeno con se stessi. Possiamo metterci tanti vestiti, ma la nudità possibile è una sola, una per ognuno”

In questa raccolta Arminio celebra questa fratellanza con la paura, mentre si inginocchia per i morti, mentre cerca sollievo in un albero: “Da bambino ogni tanto mi veniva la febbre e mia madre si allarmava. Ogni mio piccolo malanno per lei era la prova che non stavo bene. Mia madre aveva un problema sicuro: ero io. La mia febbre annunciava ai suoi occhi la disfatta imminente. Io ero colui che poteva avere la febbre, non colui che poteva vivere. Ancora oggi provo a uscire da questa crepa profonda in cui nascendo sono caduto”.

Nel libro offre un consiglio importante: “Resta imperfetto. Non preoccuparti se ti opprimono. Peggio per loro. Resta pronto a cambiare. Fatti a pezzi, ma non troppo piccoli, non ti puoi riattaccare. Tieni conto dei tuoi difetti, non di quelli degli altri. Cerca di conoscere bene il luogo in cui ti trovi. Bada all’attimo e all’impressione. Non trattenerti troppo, non farti il nido”.

Ed offre la poesia come cura: “Sappi che i poeti sono più forti dei politici e anche dei mafiosi, ma non lo sanno, non sanno che può vivere solo chi ha le zanne di un animale nella carne. Noi siamo quello che ci accade mentre veniamo morsi. Sappi che si continuerà ancora per un poco con le solite manfrine ma nel complesso è finita, appartieni a una specie stanca, superata. Puoi essere sicuro che si muore e su quello che accade prima cerca di rimanere incerto. Conduci la tua esistenza al buio e per conto tuo. Cerca le tue parole. Chi cerca le sue parole si ammala assai poco”.

E nell’ultima poesia Franco Arminio offre una visione della vita: “La vita ora è metà orrore e per il resto pagliacciata, ma c’è un filo che resiste, c’è una gioia che segue il ciclo intero della disperazione, c’è un senso di salvezza che ti aspetta nei dolori più grandi, più impietosi.

E poi da morto non puoi prendere sonno, non puoi misurare la distanza tra due stelle. La vita misera e impaurita è sempre un angolo infimo dentro ogni vita, il resto sono occasioni enormi che non vediamo. La morte non serve per morire, ma per insegnarci a stare in mezzo alle cose”.

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