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Dall’Azione Cattolica Italiana un invito ad essere ‘pellegrini di speranza’
“I punti di riferimento essenziali per l’Azione Cattolica si riscontrano nel magistero della Chiesa, nella storia e nell’oggi associativo, nella rinnovata capacità di ‘leggere i segni dei tempi’. Consapevoli che il momento storico presente mostra elementi di forte complessità. Quando pensiamo alla pace, alla democrazia, allo sviluppo integrale della persona e alla cura della casa comune, ai diritti umani e alle disuguaglianze: abbiamo però innanzi, allo stesso tempo, un periodo favorevole a costruire nuovi cammini di fede e nuovi percorsi di santità popolare”.
Con queste parole il presidente nazionale dell’A.C.I, prof. Giuseppe Notarstefano, ha chiuso a Sacrofano i lavori del Convegno nazionale dei presidenti e assistenti unitari diocesani e delle Delegazioni regionali di Azione cattolica, invitando i presidenti diocesani a guardare a questo inizio di triennio associativo come ‘Pellegrini di Speranza’:
“Il che vuol dire essere donne e uomini che sanno accogliere con speranza questo tempo attraversato da guerre, contrapposizioni violente e insopportabili disuguaglianze economiche e sociali. Impegnandosi a dare spazio a una credibile e generativa ‘cultura dell’abbraccio’, che si rigenera nella fraternità e nella condivisione. E pone in atto gesti e segni di autentica e credibile vita comunitaria.
Persone dunque capaci di animare in profondità la vita. Suscitando e accompagnando i fratelli e le sorelle con uno stile evangelico, di testimonianza e di impegno, che si mette in gioco in modo ordinario e quotidiano, nei diversi ambienti e condizioni di vita”.
Quella presente a Sacrofano è anche un’Ac che ricorda a sé stessa ciò che è, attraverso le voci dei presidenti diocesani e i delegati regionali: un’associazione di persone che sanno misurarsi con le grandi questioni del tempo sì, ma che sanno fare tesoro anche delle piccole relazioni tessute dal basso. Insomma, un’associazione che costudisce la democrazia ad ogni livello della sua struttura organizzativa, come ha sottolineato il presidente nazionale:
“L’Azione cattolica, il suo essere, il suo cammino, è paradigma perfetto del Cammino sinodale. Il cammino di una Chiesa che si interroga sul suo stare nel mondo… Le ‘traiettorie sinodali’ di cui si discute in questi giorni, sono le traiettorie di impegno dell’Ac da sempre, dalla sua nascita. Non lo diciamo per vanto, ma per dire ancora una volta che noi siamo nella Chiesa e per la Chiesa. Consapevoli che la strada intrapresa dal Sinodo è solo all’inizio. L’inizio di una scala in salita. Che noi intendiamo percorre tutta con fiducia e speranza”.
E all’apertura dei lavori l’assistente generale Ac, mons. Claudio Giuliodori, aveva richiamato nell’omelia le parole di Francesco, pronunciate nello scorso aprile con la citazione di san Giovanni della Croce a non inorgoglirsi: “Anche gli apostoli hanno pensato che il regno di cui parlava il Signore aprisse le porte a ruoli di comando e di potere per cui cercavano di accaparrarsi quelli migliori e di maggiore prestigio, alla destra e alla sinistra del Re. Ma la regalità a cui il Signore fa riferimento è radicalmente diversa da quella che gli apostoli potevano immaginare. L’insegnamento di Gesù e i suoi gesti non lasciano margini per interpretazioni diverse o addomesticate”.
Ed è stato molto evidente il collegamento del tema triennale con il messaggio della Giornata missionaria: “Uniti a lui, tutto diventa possibile, anche affrontare i momenti più di difficili e le prove più grandi… Confidando nel Signore e nella sua grazia potremo certamente rispondere in modo efficace al suo invito che abbiamo scelto come prospettiva sfidante per il triennio: ‘Voi stessi date loro da magiare’.
Non l’avevamo previsto, ma è una concomitanza provvidenziale che oggi si celebri la Giornata Missionaria Mondiale, il cui tema è: ‘Andate e invitate al banchetto tutti’. Evidente e significativo il collegamento tra il tema del triennio, oggetto di questo Convegno, e quello della Giornata. I due temi si illuminano e si chiariscono reciprocamente. Concludo pertanto con l’invito a leggere il Messaggio come parte integrante delle riflessioni di questi giorni”.
Per questo mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa e presidente della Commissione Cei per il laicato, ha richiamato agli associati la necessità di vivere da laici: “La vocazione genera e propone, chiama ad un legame vivo, alla comunione che si genera e cresce per la vocazione, per la continua e sempre nuova apertura alla presenza dell’altro… La consapevolezza di essere dei chiamati ci libererà da ogni paura, e ci suggerirà al momento, in ogni occasione ed in ogni situazione del tempo degli uomini ‘ciò che bisogna dire’ e cosa o come poter fare per annunziare il Cristo, per condividere con i fratelli la carità, la grazia della vocazione.
Perciò, non abbiamo timore. Viviamo intensamente la consapevolezza di essere chiamati dal Signore a conoscere e vivere la sua misericordia e, come spezziamo e condividiamo il pane della vita, così il nostro vero apostolato sia il testimoniare e donare al mondo, ad ogni uomo e donna di questo tempo, la fiducia nella presenza del Dio che chiama a vivere con Lui”.
(Foto: Azione Cattolica Italiana)
Giornata dei poveri: la preghiera dei poveri sale a Dio
Domenica 17 novembre è in programma l’ottava giornata mondiale dei poveri sul tema ‘La preghiera dei poveri sale fino a Dio’, affermazione tratta dal libro del Siracide con l’invito a riflettere sul valore della preghiera in questi mesi che separano dall’apertura della Porta Santa:
“La speranza cristiana abbraccia anche la certezza che la nostra preghiera giunge fino al cospetto di Dio; ma non qualsiasi preghiera: la preghiera del povero! Riflettiamo su questa Parola e ‘leggiamola’ sui volti e nelle storie dei poveri che incontriamo nelle nostre giornate, perché la preghiera diventi via di comunione con loro e di condivisione della loro sofferenza”.
Nel messaggio c’è un solerte invito a meditare su questo libro biblico: “Il libro del Siracide, a cui facciamo riferimento, non è molto conosciuto, e merita di essere scoperto per la ricchezza di temi che affronta soprattutto quando tocca la relazione dell’uomo con Dio e il mondo. Il suo autore, Ben Sira, è un maestro, uno scriba di Gerusalemme, che scrive probabilmente nel II secolo a.C.
E’ un uomo saggio, radicato nella tradizione d’Israele, che insegna su vari campi della vita umana: dal lavoro alla famiglia, dalla vita in società all’educazione dei giovani; pone attenzione ai temi legati alla fede in Dio e all’osservanza della Legge. Affronta i problemi non facili della libertà, del male e della giustizia divina, che sono di grande attualità anche per noi oggi. Ben Sira, ispirato dallo Spirito Santo, intende trasmettere a tutti la via da seguire per una vita saggia e degna di essere vissuta davanti a Dio e ai fratelli”.
In questo libro l’autore dà molto spazio alla preghiera di chi si rivolge a Dio: “In questo suo percorso, egli scopre una delle realtà fondamentali della rivelazione, cioè il fatto che i poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio, a tal punto che, davanti alla loro sofferenza, Dio è ‘impaziente’ fino a quando non ha reso loro giustizia…
Dio conosce le sofferenze dei suoi figli, perché è un Padre attento e premuroso verso tutti. Come Padre, si prende cura di quelli che ne hanno più bisogno: i poveri, gli emarginati, i sofferenti, i dimenticati… Ma nessuno è escluso dal suo cuore, dal momento che, davanti a Lui, tutti siamo poveri e bisognosi”.
Ed è un’esortazione a rivolgersi a Dio attraverso la preghiera: “Tutti siamo mendicanti, perché senza Dio saremmo nulla. Non avremmo neppure la vita se Dio non ce l’avesse donata. E, tuttavia, quante volte viviamo come se fossimo noi i padroni della vita o come se dovessimo conquistarla! La mentalità mondana chiede di diventare qualcuno, di farsi un nome a dispetto di tutto e di tutti, infrangendo regole sociali pur di giungere a conquistare ricchezza. Che triste illusione! La felicità non si acquista calpestando il diritto e la dignità degli altri”.
Il messaggio è una esplicita denuncia contro la guerra, che provoca povertà: “La violenza provocata dalle guerre mostra con evidenza quanta arroganza muove chi si ritiene potente davanti agli uomini, mentre è miserabile agli occhi di Dio. Quanti nuovi poveri produce questa cattiva politica fatta con le armi, quante vittime innocenti! Eppure, non possiamo indietreggiare. I discepoli del Signore sanno che ognuno di questi ‘piccoli’ porta impresso il volto del Figlio di Dio, e ad ognuno deve giungere la nostra solidarietà e il segno della carità cristiana”.
Riprendendo l’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ papa Francesco ha evidenziato l’esigenza di alimentare la preghiera: “In questo anno dedicato alla preghiera, abbiamo bisogno di fare nostra la preghiera dei poveri e pregare insieme a loro. E’ una sfida che dobbiamo accogliere e un’azione pastorale che ha bisogno di essere alimentata…
Tutto questo richiede un cuore umile, che abbia il coraggio di diventare mendicante. Un cuore pronto a riconoscersi povero e bisognoso. Esiste, infatti, una corrispondenza tra povertà, umiltà e fiducia… Il povero, non avendo nulla a cui appoggiarsi, riceve forza da Dio e in Lui pone tutta la sua fiducia. Infatti, l’umiltà genera la fiducia che Dio non ci abbandonerà mai e non ci lascerà senza risposta”.
Tale Giornata è un’opportunità da non sottovalutare: “E’ un’opportunità pastorale da non sottovalutare, perché provoca ogni credente ad ascoltare la preghiera dei poveri, prendendo coscienza della loro presenza e necessità. E’ un’occasione propizia per realizzare iniziative che aiutano concretamente i poveri, e anche per riconoscere e dare sostegno ai tanti volontari che si dedicano con passione ai più bisognosi. Dobbiamo ringraziare il Signore per le persone che si mettono a disposizione per ascoltare e sostenere i più poveri”.
La preghiera trova validità nella carità, come ha affermato nella sua lettera l’apostolo Giacomo: “La preghiera, quindi, trova nella carità che si fa incontro e vicinanza la verifica della propria autenticità. Se la preghiera non si traduce in agire concreto è vana… Tuttavia, la carità senza preghiera rischia di diventare filantropia che presto si esaurisce… Dobbiamo evitare questa tentazione ed essere sempre vigili con la forza e la perseveranza che proviene dallo Spirito Santo che è datore di vita”.
In questo senso papa Francesco sottolinea l’esempio di santa Madre Teresa di Calcutta e di san Benedetto Giuseppe Labre: “In questo contesto è bello ricordare la testimonianza che ci ha lasciato Madre Teresa di Calcutta, una donna che ha dato la vita per i poveri. La Santa ripeteva continuamente che era la preghiera il luogo da cui attingeva forza e fede per la sua missione di servizio agli ultimi…
E come non ricordare qui, nella città di Roma, San Benedetto Giuseppe Labre, il cui corpo riposa ed è venerato nella chiesa parrocchiale di Santa Maria ai Monti. Pellegrino dalla Francia a Roma, rifiutato da tanti monasteri, egli trascorse gli ultimi anni della sua vita povero tra i poveri, sostando ore e ore in preghiera davanti al Santissimo Sacramento, con la corona del rosario, recitando il breviario, leggendo il Nuovo Testamento e l’Imitazione di Cristo. Non avendo nemmeno una piccola stanza dove alloggiare, dormiva abitualmente in un angolo delle rovine del Colosseo, come ‘vagabondo di Dio’, facendo della sua esistenza una preghiera incessante che saliva fino a Lui”.
Il messaggio si chiude con l’invito a farsi ‘pellegrino di speranza’, come è scritto nell’esortazione apostolica ‘Gaudete et exsultate’, in un mondo che ha abbandonato la parola ‘speranza’: “Non dimentichiamo di custodire ‘i piccoli particolari dell’amore’: fermarsi, avvicinarsi, dare un po’ di attenzione, un sorriso, una carezza, una parola di conforto… Questi gesti non si improvvisano; richiedono, piuttosto, una fedeltà quotidiana, spesso nascosta e silenziosa, ma resa forte dalla preghiera.
In questo tempo, in cui il canto di speranza sembra cedere il posto al frastuono delle armi, al grido di tanti innocenti feriti e al silenzio delle innumerevoli vittime delle guerre, rivolgiamo a Dio la nostra invocazione di pace. Siamo poveri di pace e tendiamo le mani per accoglierla come dono prezioso e nello stesso tempo ci impegniamo a ricucirla nel quotidiano”.
Fabio Rocchi: Roma è pronta ad ospitare i pellegrini
Tra i tanti primati l’Italia conserva saldamente anche quello della ricettività religiosa e no-profit, in un settore dell’accoglienza dedicato a spiritualità, turismo, lavoro e studio: una potenzialità unica al mondo che, secondo il ‘Rapporto 2024’ dell’Associazione ‘Ospitalità Religiosa Italiana’, è rappresentato da quasi tremila strutture ricettive che mettono a disposizione ogni giorno 200.000 posti letto. Il 45% è gestito direttamente da religiosi/e, mentre il 38%, pur di proprietà religiosa, è di fatto gestito da laici impegnati.
Infatti con 6.000.000 di ospiti e 25.000.000 di presenze, il 2023 si era chiuso in maniera molto positiva; ed il trend di quest’anno continua con una moderata crescita, anche in vista del Giubileo; in numeri assoluti Roma e il Lazio rappresentano da soli circa un sesto di tutta l’offerta ricettiva, con oltre 30.000 posti letto. Seguono ben distanziati, ma appaiati, Emilia Romagna e Veneto. Ma è la Liguria che si distingue in rapporto al numero dei residenti, con 31 posti letto ogni 1.000 abitanti. Seguono il Lazio, l’Umbria, la Valle d’Aosta e le Marche. Un terzo delle strutture si trova in centro città, mentre il 40% fa della montagna la sua peculiarità.
Per questo, secondo il presidente dell’Associazione Ospitalità Religiosa Italiana, Fabio Rocchi, “queste strutture ricettive, gestite in modalità no-profit e che alimentano con i loro introiti le attività benefiche in Italia e nel mondo, avrebbero bisogno di quei sostegni dai quali sono invece spesso tagliate fuori, non rispondendo ai canoni economici d’impresa richiesti quasi sempre per usufruirne”.
A lui abbiamo chiesto di raccontarci l’accoglienza durante il Giubileo: “Le strutture religiose già abitualmente dedite all’ospitalità, non faranno nulla di diverso da come già operano tutti i giorni: aprire le porte all’accoglienza è la loro missione. Quello che probabilmente rappresenterà la singolarità sarà il tipo di pellegrino che si troveranno ad ospitare. Normalmente si tratta di un ospite che coniuga fede e lavoro o fede e turismo, già edotto nel viaggiare, abituato ad adattarsi ad ogni situazione. Per il Giubileo prevediamo che gran parte degli arrivi riguarderà fedeli che non sarebbero mai giunti da noi se non vi fosse stato questo evento a stimolare la loro presenza. Quindi sarà necessario un reciproco spirito di adattamento, nella comprensione e nelle difficoltà che potrà incontrare chi non è avvezzo a viaggiare”.
Per quale motivo l’ospitalità religiosa è sempre più diffusa?
“Ferma restando l’importanza di hotel e B&B, abbiamo notato una crescente esigenza delle persone di trovarsi in una struttura che sia accogliente come casa propria. Questo non solo per la semplicità delle camere o dei servizi, spesso improntati alla sobrietà, ma anche per il clima familiare di accoglienza che le comunità religiose, aiutate dai laici, permettono di far respirare a chi varca la loro soglia. Non si tratta quindi (o quanto meno non solo) di un risparmio economico. L’accoglienza viene vista ormai come un sentimento da esprimere e con cui confrontarsi reciprocamente, in una conoscenza che va al di là del semplice soggiorno”.
Quale esperienza può offrire il turismo religioso?
“Gli obiettivi del turismo religioso sono sicuramente marcati dalla fede che spinge il pellegrino a mettersi in viaggio. Sono motivi che risalgono, pur ora modernizzati, al Medioevo, con i pellegrini che si mettevano in marcia per raggiungere Roma, la Terra Santa o quei luoghi che rappresentavano punti focali per ogni fedele. Forse non sono cambiati gli obiettivi, ma il cuore di ognuno conserva le diverse aspettative che animano il desiderio di mettersi in viaggio. Ecco quindi che lasciare a ciascuno la possibilità di vivere intensi momenti di Fede, diventa un obiettivo primario, nel rispetto delle esigenze di tutti”.
Il banco di prova è stato con il giubileo dei bambini: quale è stato l’impegno per affrontare questa prima ‘sfida’?
“La Giornata Mondiale dei Bambini, voluta da papa Francesco, ha permesso di ‘rodare’ le necessità organizzative in vista del Giubileo. In questa occasione il nostro settore dell’accoglienza religiosa è stato messo sotto pressione da migliaia di richieste, tant’è che abbiamo fatto ricorso a soluzioni di alloggio alternative, sia con gli alberghi che con poli creati ad hoc sulle basi di strutture pre-esistenti. Un mix di proposte, quindi, in cui ognuno ha potuto trovare la soluzione migliore, mettendo in conto comunque che non tutti possono dormire a pochi metri da piazza San Pietro”.
Cosa è il portale ‘Dormire in cammino’, realizzato in collaborazione dall’associazione ‘Vita in cammino’?
“Con il portale www.dormireincammino.it abbiamo voluto accendere un faro sulle tante ospitalità che si trovano lungo i Cammini d’Italia. Non per fare loro pubblicità, ma per offrire un servizio gratuito ai camminatori e pellegrini, in modo che possano partire da casa con la certezza di trovare il loro posto letto a fine tappa. Il successo e l’ ‘esplosione’ dei Cammini, infatti, tende a creare problemi nelle ospitalità, spesso non preparate ad accogliere un gran numero di ospiti, a differenza di ciò che accade sul Cammino di Santiago.
Senza nessun costo supplementare, chi vuol fare questa esperienza su e giù per la penisola, trova la possibilità in pochi click di organizzarsi in sicurezza, evitando il rischio di dover dormire… sotto le stelle. Cosa che di per sé potrebbe avere anche il suo fascino, ma solo con un meteo clemente.
Quindi, aldilà dell’ immersività del Cammino, è divenuta nel tempo sempre più significativa l’esigenza di semplificare e velocizzare il processo di comunicazione e di prenotazione delle strutture ricettive lungo i percorsi. Questo per allargare sempre più la platea dei possibili fruitori dei tanti Cammini italiani che meritano una costante promozione”.
Presentato il Giubileo del 2025
Papa Francesco agli Oblati: non dimenticate i poveri
Lunedì scorso papa Francesco ha incontrato i partecipanti al Capitolo Generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che hanno riflettuto su tre temi: comunione, formazione e missione. Il papa ha incentrato il discorso sul tema della speranza, centro delle riflessioni del Capitolo:
“Voi siete una Famiglia religiosa dedita all’evangelizzazione, e siete riuniti per discernere insieme il futuro della vostra missione nella Chiesa e nel mondo.
Avete scelto, per questo Capitolo, un tema impegnativo, molto simile a quello che è stato scelto per il prossimo Giubileo della Chiesa: ‘Pellegrini di speranza in comunione’.
E’ un tema che riassume la vostra identità sulle strade del mondo, al quale, come discepoli di Gesù e seguaci del vostro fondatore sant’Eugenio de Mazenod, siete chiamati a portare il Vangelo della speranza, della gioia e della pace…
Il grido della terra e quello dei poveri, le guerre e i conflitti che versano sangue sulla storia umana, la situazione angosciante di milioni di migranti e rifugiati, un’economia che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, sono alcuni aspetti di uno scenario dove soltanto il Vangelo può mantenere accesa la luce della speranza”.
Ed ha ricordato che il fondatore è stato un viandante: “Anche il vostro Fondatore è stato viandante, alle origini della vostra Famiglia religiosa, quando andava camminando con i suoi primi compagni nei villaggi della nativa Provenza, predicando le missioni popolari e riportando alla fede i poveri che se n’erano allontanati e che anche i ministri della Chiesa avevano abbandonato. E’ un dramma questo, quando i ministri della Chiesa abbandonano i poveri”.
Da qui nasce lo slancio missionario: “Pellegrini e viandanti, sempre pronti a partire, come Gesù con i suoi discepoli nel Vangelo. Come Congregazione missionaria, siete al servizio della Chiesa in 70 Paesi del mondo.
A questa Chiesa, che il Fondatore vi ha insegnato ad amare come una madre, offrite il vostro slancio missionario e la vostra vita, partecipando al suo esodo verso le periferie del mondo amato da Dio, e vivendo un carisma che vi porta verso i più lontani, i più poveri, coloro che nessuno raggiunge.
Camminando su questa strada con amore e fedeltà, voi, cari fratelli, rendete alla Chiesa un grande servizio”.
Alla missione è collegata la speranza: “Al tema della speranza avete già dedicato uno dei vostri precedenti Capitoli generali, quando avete sentito una particolare chiamata ad essere testimoni di questa virtù in un mondo che sembra averla persa e che cerca altrove la sorgente della sua felicità.
Essere missionari della speranza significa saper leggere i segni della sua presenza nascosta nella vita quotidiana della gente.
Imparare a riconoscere la speranza tra i poveri a cui siete mandati, i quali spesso riescono a trovarla in mezzo alle situazioni più difficili.
Lasciarsi evangelizzare dai poveri che evangelizzate: loro vi insegnano la via della speranza, per la Chiesa e per il mondo”.
E’ un invito ad essere testimoni di speranza in comunione: “La comunione oggi è una sfida da cui può dipendere il futuro del mondo, della Chiesa e della vita consacrata.
Per essere missionari di comunione bisogna viverla prima di tutto tra noi, nelle nostre comunità e nei rapporti reciproci, e coltivarla poi con tutti senza eccezioni…
Vi esorto ad essere promotori di comunione attraverso espressioni di solidarietà, di vicinanza, di sinodalità e di fraternità con tutti.
Il buon samaritano del Vangelo vi sia esempio e stimolo a farvi prossimi di ogni persona, con l’amore e la tenerezza che l’hanno spinto a prendersi cura dell’uomo derubato e ferito.
Farsi prossimi è un lavoro di tutti i giorni, perché l’egoismo ti tira dentro, ti tira giù, farsi prossimo è uscire”.
Ed infine l’appello a rimanere fedeli al carisma del fondatore: “Il vostro Fondatore, il carisma che vi ha trasmesso e la sua visione missionaria siano e rimangano punti di riferimento per la vostra vita e il vostro lavoro; per rimanere radicati nella vostra vocazione missionaria, soprattutto vivendo il testamento del Fondatore, nell’amore reciproco tra di voi e nello zelo per la salvezza delle anime.
E’ il cuore della vostra missione e il segreto della vostra vita, e per questo la Chiesa ha ancora bisogno di voi”.
E’ un invito a seguire la Madonna come ‘compagna di viaggio’: “Quest’anno avete celebrato la memoria di una grazia speciale che sant’Eugenio ricevette due secoli fa davanti alla statua della Madonna Immacolata nella chiesa della missione, a Aix-en-Provence.
Questo rinnova a voi l’invito a prendere Maria come compagna di viaggio, perché vi accompagni sempre nel vostro pellegrinaggio. Maria pellegrina, Maria in viaggio, Maria che si alzò in fretta per andare a servire.
Dopo aver detto il suo ‘sì’ a Dio mediante l’arcangelo Gabriele, partì in fretta per andare dalla cugina Elisabetta, per condividere il dono e mettersi al suo servizio.
Anche in questo Maria vi sia di esempio, per la vostra vita e per la vostra missione”.
(Foto: Santa Sede)
Da Betlemme mons. Pizzaballa invita ad udire la voce di Dio
Nella benedizione ‘Urbi et Orbi’ natalizio papa Francesco ha chiesto pace nel Medio Oriente e soprattutto per la Terra Santa: “Non dimentichiamoci di Betlemme, il luogo in cui Gesù ha visto la luce e che vive tempi difficili anche per le difficoltà economiche dovute alla pandemia, che impedisce ai pellegrini di raggiungere la Terra Santa, con effetti negativi sulla vita della popolazione. Pensiamo al Libano, che soffre una crisi senza precedenti con condizioni economiche e sociali molto preoccupanti”.
San Francesco: da Assisi una benedizione all’Italia e al mondo
Il card. Sandri invita a non dimenticare Dio
Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa maronita ha confermato pieno sostegno alla proposta, avanzata da tempo dal Patriarca Béchara Boutros Raï, di un atto formale che ufficializzi la posizione di neutralità del Libano sugli scenari politici mediorientali, nel quadro di una conferenza internazionale sponsorizzata dall’Onu e dedicata al presente e al futuro del Paese dei Cedri.
Cammini francescani: lo scorso anno oltre 2000 pellegrini
Nonostante la pandemia, è ancora successo per i cammini francescani; infatti sono 2.072 i camminatori che in pochi mesi hanno raggiunto, nonostante le chiusure dovute al covid-19, la basilica di san Francesco da soli, in gruppo o in compagnia degli amici a quattro zampe. I dati rilevati dalla Statio Peregrinorum, ufficio della basilica di san Francesco (aperto nel 2020 per circa 7 mesi) mostrano come i pellegrini, arrivati ad Assisi lo scorso anno, siano in maggioranza italiani (85%): Milano (4,58%), Roma (3,964%) e Torino (3,75%). Tra gli stranieri al primo posto i tedeschi (24,44%), seguiti dai francesi con il 12,22% e gli svizzeri (7,72%).