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L’esarca p. Nin invita a vivere Natale

“…Tu che sei saggio, vieni a vedere il neonato avvolto nei panni, rifletti come tutta la creazione è sottomessa ai suoi ordini, meravigliati di vederlo in una mangiatoia… lui che col suo Padre regge cielo e terra. Guarda Colui che siede sul carro nei cieli, e la Vergine lo porta nel suo grembo, Lui davanti a cui si prostrano le schiere di Gabriele, e quelli della casa di Giuseppe lo portano nelle loro braccia…. Il cielo è troppo stretto se lui vi si poggia, ma il grembo di Maria è assai vasto per contenerlo… Che i figli di Adamo facciano salire con tutto il cuore il ringraziamento; che il cielo e la terra ed il mare innalzino la lode al giorno della tua nascita che ha loro ringiovanito”.

Dalla diocesi di Sora un cammino sinodale con la famiglia

Il cammino sinodale della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo inizia dalla frontiera della famiglia con la lettera pastorale, ‘Famiglia, frontiera dell’essere Chiesa’, che il vescovo, mons. Gerardo Antonazzo, ha scritto e che farà da guida ai lavori sinodali della diocesi laziale, inseriti in quelli della Chiesa italiana e universale: una ‘frontiera’ che la famiglia sta conoscendo ma che può e deve superare grazie anche ad una spiritualità intensa, capace di non far esaurire la celebrazione eucaristica, come è scritto nella lettera:

La Santissima Trinità è Dio Amore

Oggi siamo chiamati a celebrare la grande festa della Santissima Trinità. La tradizione ha insegnato a relazionarci con un Dio che, essendo Amore, non può risolversi in uno sterile solipsismo, ma necessita di essere relazione. Relazione interpersonale: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il mistero dell’Ascensione

«Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose (Ef 4,10)».

Alessandro Zaccuri: la letteratura sollievo nel tempo del coronavirus

“Era in quel giorno morta di peste, tra gli altri, un’intera famiglia. Nell’ora del maggior concorso, in mezzo alle carrozze, i cadaveri di quella famiglia furono, d’ordine della Sanità, condotti al cimitero suddetto, sur un carro, ignudi, affinché la folla potesse vedere in essi il marchio manifesto della pestilenza. Un grido di ribrezzo, di terrore, s’alzava per tutto dove passava il carro; un lungo mormorìo regnava dove era passato; un altro mormorìo lo precorreva. La peste fu più creduta: ma del resto andava acquistandosi fede da sé, ogni giorno di più; e quella riunione medesima non dové servir poco a propagarla…”.

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