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Papa Francesco: Dio ci attende per fare festa

“Nel Vangelo di oggi Gesù si accorge che i farisei, invece di essere contenti perché i peccatori si avvicinano a Lui, si scandalizzano e mormorano alle sue spalle. Allora Gesù racconta loro di un padre che ha due figli: uno se ne va di casa ma poi, finito in miseria, ritorna e viene accolto con gioia; l’altro, il figlio ‘obbediente’, sdegnato col padre non vuole entrare alla festa. Così Gesù rivela il cuore di Dio: sempre misericordioso verso tutti; guarisce le nostre ferite perché possiamo amarci come fratelli”.

Ancora in convalescenza dopo il ricovero al Policlinico ‘Gemelli’ papa Francesco ha invitato a vivere la Quaresima come un tempo di guarigione: “Carissimi, viviamo questa Quaresima, tanto più nel Giubileo, come tempo di guarigione. Anch’io la sto sperimentando così, nell’animo e nel corpo. Perciò ringrazio di cuore tutti coloro che, ad immagine del Salvatore, sono per il prossimo strumenti di guarigione con la loro parola e con la loro scienza, con l’affetto e con la preghiera. La fragilità e la malattia sono esperienze che ci accomunano tutti; a maggior ragione, però, siamo fratelli nella salvezza che Cristo ci ha donato”.

Inoltre ha chiesto di pregare per la pace: “Confidando nella misericordia di Dio Padre, continuiamo a pregare per la pace: nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Repubblica Democratica del Congo e Myanmar, che soffre tanto anche per il terremoto”.

In particolare per la situazione che sta avvenendo in Sud Sudan: “Rinnovo il mio appello accorato a tutti i Leader, perché pongano il massimo impegno per abbassare la tensione nel Paese. Occorre mettere da parte le divergenze e, con coraggio e responsabilità, sedersi attorno a un tavolo e avviare un dialogo costruttivo. Solo così sarà possibile alleviare le sofferenze dell’amata popolazione sud-sudanese e costruire un futuro di pace e stabilità.

Ed in Sudan la guerra continua a mietere vittime innocenti. Esorto le parti in conflitto a mettere al primo posto la salvaguardia della vita dei loro fratelli civili; e auspico che siano avviati al più presto nuovi negoziati, capaci di assicurare una soluzione duratura alla crisi. La Comunità internazionale aumenti gli sforzi per far fronte alla spaventosa catastrofe umanitaria”.

In precedenza mons. Rino Fisichella, pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, aveva celebrato la messa per il Giubileo dei Missionari della Misericordia, nella chiesa romana di Sant’Andrea della Valle, concentrandosi sulla parabola del figliol prodigo, raccontata dall’evangelista Luca: “Gesù non poteva parlare di Dio in termini umani con tratti più significativi”, per dare voce “all’amore e misericordia del Padre”.

Lo sguardo, poi, si rivolge al popolo di Dio di oggi: “Tutti presto o tardi chiediamo l’eredità” e vogliamo “essere liberi, autonomi, prenderci la nostra esistenza”, con la conseguenza del fallimento. Perché “lontano da Dio e dalla sua casa, la Chiesa”, finiamo per seguire “la strada che ci porta a compiere cose inutili, a utilizzare pensieri futili e toccare con mano la distanza dalla sorgente dell’amore”.

Mentre l’altro figlio, “molto simile a tutti noi”, vive il ritorno del fratello “con rabbia e rancore”. Come lui, per i nostri anni di servizio fedele chiediamo “un capretto per far festa con i miei amici”, di avere in cambio qualcosa, a tal punto “da confondere la gratuità del servizio e farlo diventare un’arma di ribellione contro Dio”. Dalla risposta del Padre, “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”, emerge il nostro peccato. Non comprendiamo “il valore della vicinanza con Dio”.

Quindi il pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione invita a “fare nostri i sentimenti di paternità” del Padre della parabola, e “saper guardare lontano per cogliere subito la presenza di quanti sono lontani e si stanno avvicinando. Dobbiamo lasciare subito la miopia di pensieri e comportamenti per allargare il cuore e la mente a entrare in profondità verso chi si avvicina a noi”.

E rivolgendosi ai sacerdoti mons. Fisichella ha sottolineato la necessità di andare ‘incontro, in quanto il sacerdote non sta seduto nel confessionale, “ma sa andare incontro al figlio quando è ancora lontano perché ha riconosciuto il suo ritorno a casa”. E nell’abbraccio al figlio che ha sbagliato, si fa comprendere “quanto l’amore dimentica il peccato, e il perdono obbliga a guardare direttamente al futuro” da vivere degnamente.

(Foto: Vatican Media)

Giornata dei Malati di Lebbra: chi è malato guarisce solo se qualcuno lo abbraccia

Ogni anno, l’ultima domenica di gennaio, si celebra la Giornata Mondiale dei malati di Lebbra ed, a qualche giorno di distanza, la Giornata Internazionale delle malattie tropicali neglette. Sono occasioni per ricordare l’attualità di queste gravi patologie e per ribadire che il diritto alla salute è reale e concreto solo se ogni persona malata riceve le giuste attenzioni e cure. I malati di lebbra sono ancora oggi l’emblema dell’esclusione sociale, di un isolamento che spesso li condanna alla povertà e alla disabilità. Sono milioni gli uomini e le donne invisibili, che non hanno accesso alla sanità di base e non godono di alcun sostegno.

La Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra GML di quest’anno, sotto l’Altro Patronato del Presidente della Repubblica, giunta alla 72^ edizione, rappresenta per AIFO un momento fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica sul diritto alla salute di miliardi di persone, sulla lebbra e le altre malattie tropicali neglette. Il tema scelto per il 2025 è l’abbraccio come concetto che unisce: ‘Chi è malato guarisce solo se qualcuno lo abbraccia’, pone l’accento sulla centralità della persona e non della malattia e sottolinea l’importanza dell’inclusione, della cura e del sostegno per chi è malato, a partire dalle persone colpite dalla lebbra e per tutti coloro che vivono ai margini della società.

Molti credono che la lebbra e le malattie tropicali neglette siano ormai debellate o sopravvivano solo in pochi e sperduti luoghi. Queste patologie colpiscono ogni anno 1.700.000.000 persone nel mondo, tra cui molti bambini (il 50% delle persone malate ha meno di 14 anni), causando disabilità ed emarginazione. Inoltre, il tema delle malattie tropicali neglette si intreccia con altre grandi questioni del presente, come le migrazioni, i cambiamenti climatici, la globalizzazione, l’intensificarsi dei flussi turistici.

Alla coordinatrice della comunicazione e della raccolta fondi di AIFO, Federica Dona, chiediamo di spiegarci il motivo per cui un malato guarisce solo con un abbraccio: “Con lo slogan ‘Un malato guarisce solo se qualcuno lo abbraccia’ si intende sottolineare che la guarigione non riguarda solo il trattamento medico, ma anche l’impegno collettivo e la solidarietà verso le persone colpite da malattie dimenticate, come la lebbra. Questo abbraccio simbolico rappresenta la volontà di farsi carico delle necessità di chi troppo spesso è emarginato, sensibilizzando la società e garantendo un sostegno che va oltre la cura fisica. Solo così è possibile restituire dignità, speranza e inclusione ai malati”.

Nella malattia quanto è importante l’inclusione?

“L’inclusione sociale è fondamentale nel trattamento della lebbra. L’emarginazione e la discriminazione aggravano le sofferenze dei malati, mentre l’accoglienza ed il supporto della comunità favoriscono la guarigione fisica e mentale. Un semplice gesto come un abbraccio può avere un impatto psicologico positivo, aiutando a combattere l’isolamento e promuovendo il benessere complessivo dell’individuo”.

Perché stare bene è un diritto?

“Il diritto alla salute è un principio fondamentale riconosciuto a livello internazionale. Non si limita alla semplice assenza di malattia, ma comprende una serie di fattori determinanti per il benessere individuale e collettivo. Secondo AIFO, il diritto alla salute include non solo l’accesso ai servizi sanitari, ma anche ad altri elementi essenziali come un’istruzione, una lavoro, una rete sociale di appartenenza. Garantire questi diritti significa promuovere l’inclusione sociale, l’uguaglianza e la dignità per ogni individuo, assicurando che nessuno venga lasciato ai margini della società e quindi della salute nel suo senso più pieno ed olistico”.

Per quale motivo oggi la lebbra ancora esiste?

“Nonostante la diminuzione dei casi dagli anni in cui s è scoperta la cura ad oggi, la lebbra continua a essere presente in oltre 120 paesi, soprattutto in Africa, Asia e America Latina a causa di condizioni socioeconomiche precarie: la povertà estrema limita l’accesso a servizi sanitari adeguati e favorisce la diffusione della malattia. Mancanza di igiene e alimentazione insufficiente: questi fattori indeboliscono il sistema immunitario, aumentando la vulnerabilità all’infezione.

Sistemi sanitari deboli: in molte regioni, le infrastrutture sanitarie sono insufficienti per garantire diagnosi precoci e trattamenti tempestivi. Stigma e discriminazione: il pregiudizio associato alla lebbra porta spesso all’emarginazione dei malati, impedendo loro di cercare e ricevere cure appropriate.

Per eliminare definitivamente la lebbra, è fondamentale affrontare questi problemi attraverso interventi integrati che migliorino le condizioni di vita, rafforzino i sistemi sanitari e promuovano l’inclusione sociale. Questa la strategia che AIFO persegue per arrivare a zero disabilità, zero trasmissione, zero discriminazione”.

‘a carità è la proiezione del volto di Cristo sul viso del povero, del sofferente, del perseguitato’: diceva in un discorso del 1955. In quale modo è possibile rendere concreta la ‘Civiltà dell’Amore’, quest’appello di Raoul Follereau?

“La ‘Civiltà dell’Amore’ auspicata da Raoul Follereau  è possibile solo se scegliamo di vedere nell’amore e nella solidarietà la chiave per trasformare il mondo. È un richiamo a superare l’indifferenza e a mettere in pratica un amore che diventa azione, che cura le ferite, abbatte le barriere e costruisce un futuro più umano per tutti. E’ quindi necessario che ciascun individuo faccia la propria parte per promuovere la solidarietà, l’inclusione e il rispetto dei diritti umani, combattendo le disuguaglianze e garantendo a tutti l’accesso alle cure e a una vita dignitosa”.

Brevemente, chi è Aifo?

“La nostra storia ha inizio nel 1961, a Bologna, quando un gruppo di missionari comboniani e di volontari decide di fondare un’associazione espressamente ispirata ai valori di amore e giustizia diffusi da Raoul Follereau. A muoverli è il desiderio di lavorare al fianco degli ultimi della terra, gli esclusi, i più fragili, per favorire la loro partecipazione alla vita sociale, per riscattare la loro dignità e per difendere i loro diritti. Il primo impegno concreto che AIFO assume, in linea con l’azione di Follereau, è il contrasto alla lebbra. Il malato di lebbra, infatti, era (e molto spesso è ancora) il simbolo stesso dell’emarginazione: privato di cure, di lavoro, di relazioni. Con il tempo, l’impegno contro la lebbra è diventato l’impegno contro tutte le lebbre, cioè le ferite più profonde della società: emarginazione, ingiustizia, povertà, egoismo”.

‘Sono speciale’: nuovo brano della pop rock band Kantiere Kairòs con l’etichetta discografica La Gloria

“La canzone parla del sentirsi amati da Dio. Per Dio ciascuno di noi è speciale, al punto che per Lui è valsa la pena morire per ciascuno di noi in croce. Che ci vuole bene oltre ogni misura, che ci ama personalmente di un amore particolare in una relazione specifica», spiega il gruppo cosentino di musica cristiana”.

Gabriele Di Nardo (batterista), Davide Capitano (basso), Giuseppe Di Nardo (chitarre) e Antonello Armieri (voce e chitarra acustica) hanno iniziato a lanciare i loro #SONOSPECIALE PER LUI… sui profili della band, raccontando in che modo e quando si sono sentiti amati da Dio in maniera speciale.

“Prendere consapevolezza della propria normalità rende felici e fa stare bene. Quando guardo la mia storia da un’altra prospettiva mi rendo conto che forse non è tutto sbagliato. Guardo indietro e vedo le rovine di una vita disordinata, per meglio dire ‘sfiduciata’, dalle nostre parti diremmo un ‘Kantiere sempre aperto’, scrive Gabriele.

Ma basta cambiare prospettiva: un altro punto di vista mi fa cogliere dettagli che fra quelle rovine non vedevo. Oggi Qualcuno mi ha detto che sono ‘il migliore del mondo’ ed è in quell’istante che ho capito che stavo guardando nella direzione sbagliata. La mia vita ‘banalmente normale’ per qualcuno è davvero importante. Vorrei che anche tu provassi solo per un istante a guardare con occhi diversi la tua vita per scoprire quanto importante tu sia per gli altri”.

Riflette Davide: “C’è stato un momento della mia vita in cui mi sentivo invincibile e pieno di forza, ma non mi rendevo conto della pochezza delle mie azioni. Ho preso consapevolezza della mia ‘povertà’ quando un giorno mi sono trovato davanti a Gesù Eucarestia, travolto da un abbraccio di emozioni indescrivibili. A 36 anni, dopo più di 10 passati a lodarLo, mi sento speciale, particolarmente in questi giorni, perché sono stato testimone del miracolo della vita con l’arrivo di mia figlia Chiara”.

Incalza Jo: “A quasi 50 anni, rifletto sui passaggi decisivi della mia vita, belli e dolorosi. Ogni esperienza, apparentemente scollegata dalle altre, è in realtà un tassello di un mosaico più grande. Mi rendo conto che c’è una mano amorevole che guida quest’opera, portandomi a vivere con serenità e fiducia, sicuro che tutto concorra al mio bene. Comprendo così che anche il dolore ha un senso: Dio può anche deludere le nostre aspettative, succede! Ma, per dirla con le parole di Epicoco, lo fa solo per realizzare i nostri sogni! Lui ci conosce più di noi stessi e sa di cosa abbiamo veramente bisogno! Questo mi fa sentire speciale!”

“Per gran parte della mia esistenza mi sono sentito nel posto sbagliato, inadeguato, in ritardo rispetto a ciò che avrei potuto ottenere, fuori posto. Cercavo conferme ed approvazioni in situazioni, luoghi e persone che non potevano dissetare quella sete di vita che solo Dio può dare, testimonia Antonello. Ho capito di essere speciale e che Dio mi ama a prescindere dai miei difetti e limiti, in seguito ad una profonda e sincera confessione a Medjugorje, dopo la quale mi sono sentito finalmente libero, accolto, amato e non giudicato.

Ho preso coscienza che il primo passo per tutte le guarigioni è sapermi voluto da Dio, desiderato da Lui. Certo, ho dovuto sperimentare la fiducia in Lui, perché i Suoi piani non erano i miei, e c’ho messo anni, diversi anni a mollare la presa. Ma Lui era lì, sempre, paziente e fedele. Voleva donarmi molto più di quello che Gli chiedevo. Oggi, se chiudo gli occhi, sento nel cuore la Sua voce che dice: Sei speciale, perché sono morto per te!”

Si può inserire la propria testimonianza, raccontando in quale momento della propria vita ci si è sentiti amati da Dio in modo speciale, con un post sui propri canali usando l’hashtag #sonospeciale e il tag del profilo del Kantiere Kairòs. Il brano ‘Sono speciale’ è disponibile su tutte le piattaforme on line da ieri 10 agosto.

Athletica Vaticana a Gibilterra per i Campionati dei Piccoli Stati d’Europa

Sabato 22 giugno Athletica Vaticana sarà in pista a Gibilterra con i 18 Piccoli Stati d’Europa per i Campionati di atletica leggera. Porterà in segno di fraternità sportiva il testimone della staffetta benedetto e firmato da papa Francesco. La presenza sportiva vaticana a Gibilterra, affacciata sul Mediterraneo, è particolarmente significativa: la ‘squadra del Papa’ rilancerà, con umiltà e semplicità, i contenuti del messaggio di fraternità, inclusione e pace, anche attraverso lo sport, testimoniato da Francesco.

Con i cinque atleti vaticani (Emiliano Morbidelli, Carlo Pellegrini, Rien Schuurhuis, Giuseppe Tetto, Giuseppe Zapparata) scenderanno in pista sportivi in rappresentanza di Albania, Andorra, Armenia, Azerbaigian, Bosnia ed Erzegovina, Cipro, Georgia, Gibilterra, Islanda, Kosovo, Liechtenstein, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Malta, Moldova, Monaco, Montenegro e  San Marino. Tra loro ci sono atleti protagonisti di finali olimpiche e di finali mondiali. Per la terza volta Athletica Vaticana partecipa a questa manifestazione europea, dopo le edizioni organizzate a San Marino e a Malta dove Sara Carnicelli ha ottenuto uno ‘storico’ terzo posto nei 5000 metri.

Athletica Vaticana rilancia il suo servizio di fraternità sul palcoscenico sportivo internazionale insieme a popoli che, non solo sportivamente, non hanno la grande ribalta, per testimoniare concretamente la ‘cultura della fraternità’ e la ‘cultura dell’incontro’. Costruendo ponti di amicizia e di dialogo con tutti. In un contesto internazionale di tensione e di guerra, proprio lo sport può essere  opportunità di conoscenza reciproca che fa cadere pregiudizi e ostilità attraverso il dialogo tra culture e religioni diverse. Un messaggio che papa Francesco ha riproposto nei giorni scorsi, nella prefazione del libro ‘Giochi di pace. L’anima delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi’ (Libreria editrice vaticana) promosso proprio da Athletica Vaticana.

A Gibilterra, nello stile indicato da papa Francesco, la squadra di atletica leggera vaticana (partita da Roma ieri mattina) incontra le realtà sociali: in particolare preparerà una cena italiana per le persone con disabilità intellettiva, ed i loro familiari, che fanno parte dell’associazione ‘Fede e luce’.

Significativo l’abbraccio con la comunità cristiana di Gibilterra che ospiterà fraternamente la squadra. Con gli atleti ci saranno alcuni familiari, la vicepresidente Valentina Giacometti, e Claudio Carmosino che, dopo 40 anni di esperienza nel Gruppo sportivo Fiamme Gialle della Guardia di finanza, coordina gli allenamenti di Athletica Vaticana.

(Foto: Athletica Vaticana)

Sergio Paronetto: dal papa esperienze di riconciliazione

Di fronte a 12.500 persone, il dialogo del Papa con rappresentanti di società civile, movimenti e associazioni impegnati in percorsi di costruzione della pace: l’individualismo è la radice delle dittature, guardare con realismo ai conflitti per disinnescarli: una pace che va promossa, preparata, curata, sperimentata e organizzata. Di questo è convinta la rete di persone, dialogo a conclusione di un percorso, aperto a tutti, realizzato per la costruzione della pace, della giustizia e della cura della casa comune.

Il culmine dell’incontro è stato l’abbraccio di papa Francesco con l’israeliano Maoz Inon, a cui sono stati uccisi i genitori nell’attacco terroristico del 7 ottobre, e con il palestinese Aziz Sarah, a cui il conflitto ha strappato il fratello con l’invito a raccogliersi in silenzio: “Ambedue hanno perso i familiari, la famiglia si è rotta. A che serve la guerra? Per favore facciamo un piccolo spazio di silenzio. Non si può parlare troppo di questo. Ognuno preghi e faccia una riflessione interiore di fare qualcosa per finire con le guerre. In silenzio, un attimo. Pensiamo ai bambini in questa guerra e in tante guerre. Quale futuro avranno. Mi vengono in mente i bambini ucraini che vengono a Roma”.

Ed il centro del dialogo è stato il pensiero cattolico del teologo Romano Guardini, che si oppose al nazismo: “Oggi il Vescovo mi ha fatto vedere l’atto di nascita di un grande, Romano Guardini, che è nato qui a Verona. Lui diceva che sempre i conflitti si risolvono su un piano superiore, perché così i conflitti si trasformano in lievito di nuova cultura, di nuove cose per andare avanti. L’uniformità è un vicolo cieco: invece di andare avanti si va sotto; l’uniformità non serve, serve l’unità, e per raggiungere l’unità bisogna lavorare con i conflitti”.

Papa Francesco ha citato Romano Guardini, con l’invito a risolvere i conflitti su un piano superiore per trasformarli in lievito di nuova cultura: al presidente del Centro Studi di Pax Christi e partecipante al movimento ‘Beati i costruttori di pace’, Sergio Paronetto, chiediamo di spiegare in quale modo vivere con i conflitti: “Durante l’evento ‘Giustizia e pace si baceranno’ (Sal 85) dello scorso 18 maggio in Arena a Verona, papa Francesco, richiamandosi all’esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’ (226-230) ed all’enciclica ‘Fratelli tutti’ (244-245), osserva che ‘il primo passo da fare per vivere in modo sano tensioni e conflitti è riconoscere che fanno parte della nostra vita, sono fisiologici, quando non travalicano la soglia della violenza.

Quindi non averne paura… Ed il dialogo ci aiuta a risolvere i conflitti, sempre’. Dicendo questo, il papa ha in mente tante esperienze di riconciliazione, commissioni di ‘giustizia riparativa’ o ‘scuole di perdono’ diffuse in varie parti del mondo, comprese le zone ad alta conflittualità come Israele e Palestina, l’Africa e il Sud America (e anche in Italia)”.

Per quale motivo papa Francesco invoca sempre la pace?

“La invoca, ma, soprattutto, la testimonia, la promuove, la organizza. Prega e fa pregare per lei. Per lui costituisce la questione fondamentale dell’umanità, l’unico grande messaggio del Vangelo, anzi Gesù stesso ‘nostra pace’ (Ef), il cuore delle religioni, la sostanza di un nuovo umanesimo”.

Lei ha scritto un libro intitolato ‘Papa Francesco, l’uomo più pericoloso al mondo’: per quale motivo?

“Perché è un autentico rivoluzionario e chiede un cambio di rotta ai responsabili dell’economia e della politica. Perché è scomodo per i signori della guerra, per i predatori della finanza speculativa, per i negazionisti climatici, per nazionalisti e imperialisti. Lo definiscono pericoloso non solo i restaurazionisti o reazionari che guardano al passato ma anche i cosiddetti progressisti diventati devoti al dio del denaro e della guerra. Sono diffusi negli Stati Uniti, in Sud America, in Russia, in Europa e hanno tanti soldi con cui finanziano campagne denigratorie contro di lui. In ‘Arena’, sabato 18 maggio, gli ho detto che gli siamo grati per il suo coraggio, che siamo con lui, che vogliamo aiutarlo, che gli vogliamo bene”.

L’abbraccio del papa con un israeliano ed un palestinese è stato un segno evidente: in cosa consiste la ‘geopolitica’ della misericordia del papa?

“Ne ha parlato molto nel 2015, anno della misericordia. La misericordia è la profezia di un mondo nuovo. Cerca un nuovo ordine internazionale basato sul rispetto della dignità della persona e sui pilastri della pace, indicati dall’enciclica ‘Pacem in terris’ (verità, giustizia, libertà, amore). Misericordia è uno dei nomi della nonviolenza attiva. Assieme alla compassione e alla tenerezza, per lui costituisce anzi lo stile di Dio”.

Il primo incontro del 1986 dell’Arena di Pace verteva sull’educazione di pace: dopo 38 anni quanto è necessario educare alla pace?

“E’ decisivo. Tante sono le responsabilità delle violenze  ma la responsabilità educativa coinvolge tutti e tutte. La pace è un bene da cercare, studiare, preparare, diffondere. Un cammino pedagogico verso la nonviolenza deve cominciare tra le mura di casa e di scuola. E’ fondamentale risvegliare la passione educativa e coltivare l’intelligenza emotiva, cioè la capacità di prefigurare un’altra storia possibile. La scuola può organizzare la formazione alla nonviolenza facendo conoscere esperienze di gestione dei conflitti e pratiche di riconciliazione”.

‘In piedi tutti, costruttori di pace!’, ha invitato papa Francesco concludendo l’incontro: come rendere ancora vitale questo invito di mons. Bello?

“In tre modi. In primo luogo, cercando di conoscere bene l’opera di don Tonino, leggendolo in gruppi operativi. In secondo luogo, seguendo il magistero di papa Francesco che è l’erede del suo pensiero cui attinge moltissimo (ho detto, anzi, che Francesco è don Tonino diventato papa). In terzo luogo mettendosi in rete. Sono tante le iniziative in cantiere, comprese quelle indicate nei documenti dei cinque tavoli di Arena (democrazia, economia, ecologia, migrazioni, disarmo) e nel documento finale”.

La presidente di Azione Cattolica di Macerata, Stefania Sagripanti: abbracciare il territorio

A fine maggio Giuseppe Notarstefano è stato confermato presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana per il triennio 2024-27, che ha espresso gratitudine per la riconferma nel ricordo dell’incontro svoltosi il 25 aprile scorso con papa Francesco: “In questo cammino ci sia sempre di sostegno l’insegnamento e l’esempio di papa Francesco. E’ vivissimo nel cuore di tutti i ragazzi, i giovani e gli adulti di Ac il ricordo del bellissimo Incontro nazionale dello scorso 25 aprile in piazza san Pietro, che ha visto decine di migliaia di soci e amici dell’Ac cingere in un unico grande abbraccio il Santo Padre. La nostra casa è una casa aperta a tutti; è la casa dell’Evangelii gaudium e della Fratelli tutti”.

Ed ha richiamato la vocazione dell’associazione nella vita sociale: “Mentre muove i primi passi questo nuovo triennio della vita associativa, nel solco di quanto indicato dai lavori della XVIII Assemblea nazionale dell’Ac, l’Associazione vuole essere ancora di più uno spazio di amicizia e di condivisione della vita di tutti. Per promuovere stili e pratiche di vita di cura e per contribuire nella tessitura di alleanze per il bene di tutti, attraverso l’educazione alla responsabilità personale, all’impegno pubblico, al senso delle istituzioni, alla partecipazione, alla democrazia e, mi piace sottolinearlo nell’anniversario della strage di Capaci, alla legalità.

Come amava dire Vittorio Bachelet, l’Azione cattolica vuole aiutare tutti ad amare Dio e gli uomini, vivendo responsabilmente la vita della Chiesa, delle nostre comunità, ricucendo le ferite del vivere, dentro una complessità che non manca mai di rivelare la Speranza”.

Partendo dalle parole del prof. Notarstefano abbiamo incontrato la neo presidente dell’Azione Cattolica della diocesi di Macerata, Stefania Sagripanti, che racconta le giornate ‘romane’:

“Tutto è cominciato la mattina del 25 aprile, quando, insieme a 120 giovani e adulti della nostra diocesi, siamo partiti per l’incontro nazionale ‘A braccia aperte’, in piazza San Pietro, sostenuti dalla preghiera degli altrettanti che ci seguivano da casa.

Una mattinata densa di racconti, testimonianze, musica, insieme a circa altri ottanta mila aderenti all’AC. Preghiera, ricordo dei tanti studenti e lavoratori, laici e religiosi, di AC e FUCI, caduti nella Resistenza contro il fascismo. Sorrisi e, come ci ha ricordato papa Francesco, tanti abbracci”.

Quale ‘stimolo’ è scaturito dall’assemblea?

“Il presidente Notarstefano ci ha stimolato a ‘scegliere la strada, non facile, del pensare e della sana dialettica argomentativa, per cercare e trovare soluzioni altre ed alte. Come cristiani e come aderenti all’Azione Cattolica siamo chiamati a trovare la capacità di affrontare insieme le difficoltà recuperando uno stile contemplativo delle iniziative e una promozione evangelica dell’altro’.

L’adempimento burocratico è stato quello di modificare e approvare, insieme ai centinaia di delegati da tutta Italia, il nuovo documento assembleare, che traccia la linea per i prossimi tre anni. Come ci ha detto il papa, non un adempimento formale, ma un vero e proprio segno come laici cristiani, e come molte volte è stato sottolineato, una scuola di democrazia e di corresponsabilità”.

In quale modo l’Azione Cattolica può abbracciare il territorio?

“Ci siamo sentiti dire che l’Azione Cattolica è la rete che tesse dialoghi nelle parrocchie, nelle diocesi, come cammino sinodale, in ogni realtà. Forse, il messaggio più importante da non dimenticare mai e poi mai è proprio l’abbraccio che salva di cui ci ha parlato papa Francesco. La Parola scelta per questa assemblea nazionale, tratta dagli Atti degli Apostoli, dice così: ‘Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone. Egli è il Signore di tutti. E noi siamo testimoni di tutte le cose da Lui compiute’.

Torniamo nella nostra diocesi dopo quest’Assemblea con la meraviglia nel cuore per la bellezza di fede testimoniata da tanti laici e sacerdoti incontrati e con il desiderio di poter camminare in questo triennio proprio con questo stile di accoglienza attiva, facendo circolare talenti e competenze e consentendo a tutti di dare il meglio di sé: Coraggio, riprendiamo il largo!”

Pier Giorgio Frassati sarà proclamato santo nel prossimo anno: in quale modo può essere proposto ai giovani?

“Pier Giorgio è stato un giovane ‘come tutti gli altri’, e come tutti i giovani amava la vita; anzi era, come lo definisce un suo amico, ‘una valanga di vita’, di una vitalità prorompente, tanto che era soprannominato ‘Fracassati’, proprio per la sua risata fragorosa che scoppiava all’improvviso nei corridoi del Politecnico, annunciandone l’arrivo, con il suo seguito di goliardia sfrenata.

Pier Giorgio Frassati era un giovane che ‘non voleva vivacchiare ma vivere’! Oggi si direbbe, citando l’espressione di papa Francesco, non voleva essere un ‘giovane-divano’, ma vivere in pienezza la propria esistenza! Vivere in pienezza voleva dire per lui assumersi prima di tutto le proprie responsabilità di cittadino.

Pier Giorgio Frassati ci ricorda che l’amore profondo per Cristo muove verso le altezze, non in un cammino solitario, improvvisato, occasionale, ma comunitario, costante, perseverante con i fratelli, nel rispetto dei diversi passi di ciascuno. Le opere silenziose di Pier Giorgio Frassati sono state semi produttivi in ogni terreno della sua vita e di quella degli altri e la sua testimonianza ha aiutato a moltiplicare azioni volte verso il bene”.

YouTopic 2024: tre giorni disarmanti per ritrovare la fiducia

Liliana Segre, Claudio Bisio e PIF, Michele Serra, Pera Toons, Daniele Mencarelli e Gherardo Colombo sono solo alcuni dei protagonisti che animeranno l’ottava edizione di YouTopic Fest, il Festival internazionale sul conflitto, che si svolgerà a Rondine Cittadella della Pace (Loc Rondine 1, Arezzo) da giovedì 30 maggio a sabato 1° giugno 2024.

Tre giorni disarmanti per ritrovare la fiducia, per andare insieme alle radici della fiducia e capire perché valga la pena correre il rischio di mettersi in gioco e scommetterci ancora. Questo è il tema dell’ottava edizione di YouTopic Fest.

Saranno tre giorni per condividere la ricchezza di Rondine, per praticare la relazione e mettersi in ascolto a partire dalla testimonianza dei giovani coraggiosi di Rondine che imparano a confrontare punti di vista opposti ma senza accanirsi l’uno contro l’altro proprio grazie al legame dell’amicizia”. Ha dichiaratoFranco Vaccari, Presidente di Rondine. “Allora il nostro compito è quello di abbracciarli e sostenere quest’amicizia e camminare con loro anche simbolicamente nella marcia per la pace che apre il festival”.

Cittadini, rappresentanti delle istituzioni, imprenditori, giornalisti, accademici ed artisti si confrontano alla pari con giovani provenienti da tutto il mondo sull’elemento cardine che caratterizza il terzo millennio: il conflitto.

Dalla dimensione interiore e interpersonale ai conflitti interculturali ed interreligiosi, fino ad arrivare alle forme più alte di degenerazione l’odio, la violenza, la guerra.

Incontri, dibattiti, workshop, mostre, spettacoli, attività culturali e sportive in un borgo medievale virtualmente iperconnesso con il mondo. Tra i temi di quest’anno cittadinanza attiva, innovazione sociale, politica, diplomazia popolare, economia, scuola, ambiente, sostenibilità, comunicazione, per affrontare le grandi sfide odierne a partire dai conflitti e da relazioni rinnovate, allo scopo di costruire la pace.

In famiglia, a scuola, in azienda, nella vita sociale e politica, nell’economia e nelle religioni, siamo chiamati tutte e tutti a trasformare positivamente l’energia dei conflitti, prima che essa diventi distruttiva. Per andare insieme alle radici della fiducia e capire perché valga la pena correre il rischio di mettersi in gioco e scommetterci ancora. Questo è YouTopic Fest 2024. Scopri il programma e iscrivi per partecipare gratuitamente https://youtopicfest.rondine.org/.

PROGRAMMA


Giovedì 30 maggio

Il festival si apre, il 30 maggio, con la marcia “Rondine in cammino per la pace”, promossa dalla Cittadella della Pace, l’Ufficio scolastico regionale per la Toscana la Consulta Provinciale degli Studenti, da Arezzo a Rondine, che già da anni coinvolge migliaia di studenti da tutta la Toscana che hanno scelto di fare concretamente il loro passo possibile per la pace. Un’occasione per praticare il dialogo e l’ascolto, rafforzare la coscienza civile delle giovani generazioni, educare alla cultura della pace che rende questo momento a pieno titolo un giorno di scuola. Partenza alle ore 9.00 da Viale G. Amendola 15, Arezzo (Parcheggio Ipercoop) e dopo 10 km l’arrivo a Rondine nell’Arena di Janine dedicata alla Senatrice a Vita, Liliana Segre che qui nel 2020 ha donato la sua ultima testimonianza pubblica e per l’occasione si collegherà con le migliaia di studenti interventi per un saluto e un invito a praticare quotidianamente l’impegno contro l’indifferenza. La plenaria che vedrà anche testimonianze dei giovani di Rondine si terrà alle 12 e a seguire l’inaugurazione delle nuove strutture dell’Arena di Janine rese possibili grazie all’Associazione Nazionale Alpini che ha donato diecimila ore di lavoro per la sua costruzione ma anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, ABOCA, la Provincia Autonoma di Trento / Trentino Marketing, Eusider Group, Regione Toscana, GIACCA Costruzioni Elettriche,  Gruppo ITALCER, Fondazione Giuseppe e Adele Baracchi, Fondazione Vincenzo Casillo, Vigiani, Chryso Italia, Alterini, Chimet,  Roberta Cipriani Artist, AISA Impianti, Domus Petra. Interverranno Franco Vaccari, Presidente di Rondine, insieme con Alberto Belli Paci, figlio della Senatrice a vita Liliana Segre, con il Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, e il Presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti e l’artista Roberta Cipriani che presenterà l’opera “L’Albero della Vita” che sarà esposta nell’Arena.

A seguire numerosi workshop dedicati soprattutto ai ragazzi ma non solo, per imparare a praticare il metodo Rondine attraverso attività artistiche sportive e culturali. Tra questi alle ore 15.00 “GREEN IT UP! Giovani e comunità educanti protagonisti della transizione ecologica”. Promosso da Istituto Oikos, grazie al sostegno di AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Inoltre “La valutazione a scuola: necessità e problemi” che vedrà protagonista la classe quinta della Sezione Rondine del Liceo Scientifico Redi di Arezzo, classe che conclude il suo per percorso scolastico nella sperimentazione della Sezione Rondine.
Per restare in tema alle 17.00 si prosegue con il panel dedicato alla scuola, LE SFIDE DELLA SCUOLA NELL’EPOCA DIGITALE. Tra i protagonisti Alex Corlazzoli, maestro, giornalista e scrittore, Johnny Dotti, pedagogista, scrittore e imprenditore sociale, Daniela Lucangeli, professoressa di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova e presidente di Mind 4 Children, Marco Paschina Imprenditore nel campo dell’educazione, Caterina Grandi, ex studentessa di Rondine, Anna Martini, giornalista.

Nella stessa giornata due momenti dedicati all’Angolo del conflitto, format innovato della Cittadella che vede protagonisti del mondo della cultura e personaggi mettersi a nudo e narrare i propri conflitti personali e professionali intervistati dal giornalista e autore, Sergio Valzania. Alle 15.30, Daniele Mencarelli, premio strega, autore del libro e dell’omonima serie Netflix “Tutto chiede salvezza”. Alle 18.30. “Il testimone” si racconta. Protagonista Pierfrancesco Diliberto al secolo PIF.
La giornata si conclude con la proiezione del film “L’ultima volta che siamo stati bambini” alle 20.30 e a seguire dibattito con Claudio Bisio alle prese con la sua opera prima come regista.

Venerdì 31 maggio

Due i panel principali della giornata. Alle 10.00 focus su economia e impresa, FIDUCIA E RELAZIONI, VOLANO DI CRESCITA PER IMPRESE SOSTENIBILI E DI PACE, per imparare a trasformare il conflitto in alleato anche nel lavoro. Tra i protagonisti: Leonardo Becchetti, Professore ordinario di Economia Politica all’Università di Roma Tor Vergata, Massimo Mercati Amministratore Delegato di Aboca, Graziano Verdi, Amministratore Delegato e Co-founder di Italcer Group, Beatrice Baldaccini,Vicepresidente e Chief People & Brand Officer di UMBRAGROUP e Presidente di Fondazione Baldaccini, Francesco Ferragina Presidente di Fondazione Kon e Francesco Macrì Presidente Estra Spa.

Il secondo panel, alle 17.00, UN MOSAICO DI FIDUCIA: L’IMPATTO DEI GIOVANI DI RONDINE NEL MARE DI MEZZO vedrà protagonisti i giovani partecipanti al progetto “Mediterraneo Frontiera di Pace” provenienti dai Balcani e dal Medio Oriente con Don Stefano Stimamiglio, direttore di Famiglia Cristiana, Danilo Feliciangeli, responsabile MENA di Caritas italiana, Vittoriana Sanitate, del Consiglio dei Giovani del Mediterraneo.

Tra gli ospiti dell’angolo del conflitto di venerdì, alle ore 18.00, Pera Toons, al secolo Alessandro Perugini, fumettista, content creator e influencer, originario di Arezzo molto amato dai bambini. E proprio per dedicare spazio ai piccoli fan, dalle 15.00 alle 18.00 sarà disponibile per il firmacopie in collaborazione con la libreria La casa sull’albero.
Alle 19.30, dialogo con Gherardo Colombo, ex magistrato, giurista, saggista e scrittore italiano su Libertà, legalità e cittadinanza: dal conflitto alla fiducia.

Durante la giornata ancora tanti workshop e percorsi interattivi alla scoperta della trasformazione creativa del conflitto per bambini adulti e professionisti tra cui il laboratorio per docenti e ricercatori sul Metodo Rondine all’interno del progetto di ricerca Studi e ricerche sull’approccio relazionale al conflitto: PROSPETTIVE IN DIALOGO SUL METODO RONDINE sostenuto da Fondazione Cattolica.

In prima serata ancora spazio al cinema dalle ore 21.00 grazie alla collaborazione il Castiglione del Lago. Il panel COME IN UN FILM. IL CINEMA SPECCHIO DEI CONFLITTI DELLA SOCIETÀ vedrà Mamadou Kouassi attivista e mediatore culturale, Andrea Zuliani, regista, Steve Della Casa, critico cinematografico e conservatore della Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di Cinematografia. Modera, Emanuele Rauco giornalista.

Sabato 1 giugno

La giornata inizia alle 9.30 con la piantumazione di tre nuovi alberi nel Giardino dei Giusti-artigiani di pace inaugurato lo scorso anno a Rondine in collaborazione con Gariwo. Il primo in ricordo di Wangari Maathai, attivista e ambientalista keniota, la prima donna africana a ricevere il premio Nobel per la pace. Il secondo in memoria di Iqbal Masih bambino-attivista pakistano che ha sfidato gli schiavisti diventando un simbolo di speranza. Il terzo sarà intitolato a Otello Lorentini, aretino, che con la sua determinazione portò in tribunale i responsabili della strage dell’Heysel.

Il primo panel della giornata dedicato al mondo dei media si terrà alle 10.00 e vedrà un confronto con voci del giornalismo, reporter di guerra a dialogo con i giovani di Rondine per affrontare le sfide odierne dell’informazione in un contesto sempre più frammentato e complesso. L’evento INFORMAZIONE, FIDUCIA E CONFLITTI ARMATI. IL RUOLO DELLE PAROLE, LA FORZA DELLE STORIE, promosso da ODG della Toscana, in collaborazione con la Fondazione dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, UNGP e UCSI è stato accreditato come evento formativo per la formazione continua dei giornalisti. Tra i relatori Alberto Negri editorialista de il Manifesto, Giovanni Porzio reporter di guerra, Giuseppe Sarcina giornalista Corriere della Sera, Nello Scavo giornalista Avvenire, Gabriella Simoni inviata di Mediaset. Modera Andrea De Angelis, Radio Vaticana-Vatican News.

A seguire i due panel internazionali del festival. Ore 11.30 GIOVANI, PACE, SICUREZZA: VERSO NUOVE LEADERSHIP DI PACE, con Amb. Luca Fratini Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, Chip Hauss, Senior Fellow for Innovation, Alliance for Peacebuilding, Alberta Pelino, Chair Y7 Italy, Presidente di Young Ambassadors Society, CEO e Fondatrice di FIBI, Gala Ivkovic President, Rondine International Peace Lab. 
Ore 16.00 RICOSTRUIRE LA FIDUCIA DURANTE LA GUERRA, con Giovanna Zucconi giornalista, Laila Alsheikh Facilitatrice di dialogo, Parents Circle e Families Forum, Hamze Awawde attivista per la pace ed esperto di risoluzione del conflitto; Anita De Stasio Membro del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Amici di Neve Shalom Wahat al Salam; Gabriele Nissim presidente Fondazione Gariwo; Yuval Rahamim Co-CEO, Parents Circle e Families Forum.

Per l’ultimo Angolo del conflitto, alle 14.30, Michele Serra, Giornalista, scrittore e autore televisivo italiano, noto al grande pubblico per rubrica quotidiana “L’amaca la rubrica quotidiana che tiene per “la Repubblica” da ventisei anni.

In chiusura un grande momento di networking dedicato ai progetti di impatto dei giovani di Rondine e via VERSO YOUTOPIC 2025, un momento per condividere le riflessioni e le emozioni dell’edizione del Festival 2024 in chiusura, per salutarci e scoprire insieme il tema e le date del prossimo anno con Franco Vaccari, Presidente di Rondine.

Il festival è realizzato con il patrocinio di: Regione Toscana, Consiglio Regionale della Toscana, Provincia di Arezzo, Comune di Arezzo, Comune di Castiglion Fibocchi e Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Unione dei Comuni del Pratomagno.

Con il contributo di Tutela Legale, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, Istituto per il Credito Sportivo. Con il sostegno di Estra S.p.A., Chimet, Camera di Commercio Arezzo Siena, BDC School.
In collaborazione con Festival dei Cammini di Francesco, Sustainability Award, Solea, BARTLEBYFILM, Medusa Film, Fondazione il Cuore si scioglie, Unicoop Firenze, Coldiretti Arezzo, Anna Lindh Foundation, Sugar, Castiglione del Cinema, Fattoria La Vialla, Fondazione Arezzo InTour, D.O.G. Operatori di strada. Con la media partnership di QN-La Nazione, Famiglia Cristiana, Vatican News, Radio Vaticana.

Azione Cattolica Italiana: gli abbracci cambiano la vita

“La bellezza è con noi, salva il mondo. La bellezza siamo noi, siete voi, sono i nostri ragazzi e i nostri giovani… Ci interessa la politica. Noi non dobbiamo pensare a una teoria della democrazia, ma pensiamo a una prassi della democrazia, perché la democrazia è lo stile e lo stile è la regola a servizio a tutela dei più deboli. Con la vita democratica noi pensiamo di tenere tutti insieme, cioè la comunità. Accettiamo questa dialettica democratica, accogliamola, e condividiamola come costruzione di vita democratica… Tanti grazie. Un grazie al Signore per le cose che sta facendo alla nostra associazione, a cominciare dalla canonizzazione di Pier Giorgio Frassati. Anche il riconoscimento del Presidente della Repubblica, dedicando il palazzo del Csm a Vittorio Bachelet, sono dei segni non scontati, non automatici”.

Questa è stata la conclusione del presidente nazionale, prof. Giuseppe Notarstefano alla XVIII Assemblea nazionale dell’Azione cattolica italiana, conclusasi domenica 28 aprile a Sacrofano, che ha eletto i membri del nuovo Consiglio nazionale dell’Associazione per il triennio 2024/2027 per il settore ‘adulti’: Paola Fratini. Dalila Ardito, Angela Paparella, Donatella Broccoli, Fabio Dovis, Enrico Michetti, Francesco Vedana; per il settore ‘giovani’: Emanuela Gitto, Silvia Orlandini, Sofia Livieri, Martina Sardo, Lorenzo Zardi, Giovanni Boriotti, Marco Pio D’Elia; e per l’ACR: Claudia D’Angelo, Valentina Fanella, Chiara Basei, Giuseppe Telesca, Alberto Macchiavello,  Lorenzo Felici, Michele Romano.

Un’assemblea nazionale con una media di età dei delegati intorno ai 50 anni, che ha vissuto la notizia della canonizzazione del beato Pier Giorgio Frassati nel Giubileo del 2025, dato dal prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, card. Marcello Semeraro: “Questa sera, da ultimo, vorrei ricordare in particolare il beato Piergiorgio Frassati, la cui canonizzazione ormai si profila per il prossimo anno giubilare. Nell’omelia per il rito della sua beatificazione, avvenuta il 20 maggio 1990, san Giovanni Paolo II lo chiamò uomo delle Beatitudini”.

Richiamando il ritratto del beato Frassati, tratteggiato da p. Antonio Maria Sicari, il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi lo ha additato quale ‘meraviglioso modello di vita cristiana’: “Nella sua santità, dice, c’è un valore di continuità con la tradizione della sua terra: egli, infatti, si è innestato nel lavoro di difesa della fede, attraverso la carità profusa nel campo dell’emarginazione, prodotta dall’allora nascente contesto industriale.

C’è pure, tuttavia, un elemento di novità ed è il fatto di avere cercato di confrontare il valore della fede con tutto l’arco dell’esperienza umana, operando caritatevolmente in ogni ambito: negli ambienti dell’università, del lavoro, della stampa (Pier Giorgio raccoglieva abbonamenti non per il quotidiano di suo padre, ma per quello cattolico), dell’impegno politico e partitico, e dovunque era necessario difendere le libertà sociali, cercando sempre di concepire e fomentare l’associazionismo, come amicizia cristiana destinata alla nascita di un cattolicesimo sociale”.

Praticamente un santo con le ‘braccia aperte’, come il presidente della Cei, card. Matteo Maria Zuppi, ha indicato agli associati di Azione Cattolica, che si lasciano al contempo anche abbracciare per diventare ‘lievito’: “L’identità non la troviamo o non la difendiamo ad intra ma sempre ad extra, la perdiamo smettendo di essere lievito, sale della terra, luce del mondo e mettendola sotto il moggio di un’affermazione chiusa, che ha paura di incontrare, di illuminare tutta la stanza e quindi chiunque entra. Cosa non è nostro? Tutto è nostro ma solo se noi siamo di Cristo.

Ecco il senso di ‘braccia aperte’ che si aprono se la mente e il cuore sono aperti. Attenzione: aperti perché li abbiamo e li abbiamo pieni dell’amore di Cristo. Se ci lasciamo abbracciare da Dio, pecore perdute che si devono sempre farsi sollevare dal pastore, o dal figlio che ritrova se stesso proprio perché abbracciato dal padre”.

Un abbraccia a ‘braccia aperte’ che rimanda all’incontro iniziale di giovedì 25 aprile con papa Francesco da parte degli 80.000 tesserati, ha sottolineato l’assistente nazionale, mons. Claudio Giuliodori, nella celebrazione eucaristica conclusiva: “Ma non eravamo soli. Come delegati, abbiamo portato nel cuore il ricordo vivo di tutti i nostri associati, con molti dei quali abbiamo vissuto un indimenticabile incontro con papa Francesco in piazza san Pietro giovedì scorso.

Quel grande abbraccio che abbiamo ricevuto e scambiato resterà impresso nei nostri cuori e nella storia dell’Associazione. Gli abbracci mancati che tanto feriscono la vita degli uomini, l’abbraccio salvifico del Padre misericordioso che ci viene donato in Gesù Cristo e gli abbracci che cambiano la vita sono anche la cifra di questa Assemblea e costituiscono il paradigma del cammino associativo che ci vedrà impegnati con le nostre comunità diocesane e parrocchiali. Abbiamo gli occhi e il cuore pieni di momenti belli e coinvolgenti che non possiamo però considerare solo una toccante esperienza umana ed ecclesiale”.

Un’apertura con papa Francesco avvenuta, non a caso, giovedì 25 aprile (festa della Liberazione), come ha sottolineato, aprendo i lavori congressuali, il presidente Notarstefano, ribadendo la bellezza della vita democratica: “In questo tempo pervaso da pulsioni disgregative ad ogni livello della vita sociale, il messaggio che si leva dalla nostra assiste assembleare è quello di voler immaginare una via concreta e possibile di abitare la pluralità che si presenta oggi nella nostra società complessa, individuando soluzioni comunitarie alternative al potenziale scontro ed alla logica rivendicativa di singoli o di gruppi radicali che sorgono proprio per rafforzare ragioni singolari e particolari”.

La ‘sfida’ che attende i tesserati di Azione Cattolica è quella della responsabilità di custodire la democrazia: “Custodire e praticare nella libertà e nella fraternità la vita democratica costituisce per tutti noi una sfida che abbiamo di fronte e che siamo incoraggiati ad affrontare guardando all’entusiasmo e alla serietà che ci mostrano i bambini, i ragazzi e gli adolescenti (giovanissimi e studenti)”.

Una democrazia, che deve partire da un abbraccio che ‘salva’, che è quello del Padre misericordioso, come ha detto papa Francesco agli aderenti festanti, che conduce alla pace; abbracci fisici testimoniati dai ragazzi, che hanno raccontato di amicizie di fraternità nelle zone di guerra, come in Ucraina ed in Terra Santa, secondo l’invito del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa con un videomessaggio: “La prima cosa da fare è pregare, poi è importante parlare della Terra Santa, non lasciare cadere l’attenzione su questo conflitto che sta lacerando la vita di questi popoli, ma sta anche lacerando la vita della società in tante altre parti del mondo; perché quando il cuore, e noi siamo il cuore della vita del mondo, quando il cuore soffre tutto il corpo soffre”.

E’ stato un invito ad evitare polarizzazioni e semplificazioni, e vedere la realtà, senza dimenticare la ‘potenza’ della preghiera: “La realtà è così complicata e bisogna pregare per questa realtà, essere vicini, parlarne e cercare sempre di costruire relazioni. Quello che è ferito qui è la fiducia nell’altro, le relazioni, c’è invece bisogno di costruire relazioni, non erigere barriere. Ne abbiamo già abbastanza di barriere qui, abbiamo bisogno che ci aiutiate a costruire. E poi non avere paura, ma il coraggio di venire qui, magari dei pellegrinaggi diversi, alternativi, che possono aiutarci a comprendere che c’è una realtà fuori di qui e che abbiamo bisogno anche noi di alzare lo sguardo”.

Ecco come è stata disegnata dai colori della pace la giornata iniziale dell’assemblea di Azione Cattolica, che, attraverso la narrazione di Neri Macorè, ha ricordato l’accoglienza di ebrei e partigiani da parte di famiglie, che mettevano a rischio la propria vita: questa è anche stata la Resistenza cattolica, capace di abbracciare, nascondendoli, chi era braccato e cercava salvezza dai persecutori nazisti e fascisti.

Un abbraccio reso affascinante dalla musica dei ‘Rulli Frulli’, band di 60 elementi con i suoi strumenti riciclati e la sua verve instancabile, che include anche portatori di handicap. E non poteva mancare un abbraccio con il creato con il monologo sulla cura del cantante Giovanni Caccamo che ha presentato il ‘Manifesto del cambiamento’:

“Il mio obiettivo è quello di cercare di direzionare il mio sguardo verso quella minoranza di giovani che hanno ancora una visione di futuro, che hanno ancora una luce nel cuore. Di fatto ce l’hanno tutti. Il problema è che c’è chi riesce ancora a vederla e invece chi non la vede più… Chiunque si trova in un momento di impasse può ritrovare la propria strada”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco all’Azione Cattolica Italiana: siate portatori di abbracci

Questa mattina 80.000 tesserati dell’Azione Cattolica Italiana hanno accolto in piazza san Pietro a ‘braccia aperte’, che per ricambiare l’affetto ha compiuto due giri della piazza, aprendo i lavori della XVIII Assemblea nazionale elettiva dell’Associazione, che si intitola ‘Testimoni di tutte le cose da lui compiute’ e che si svolgerà a Sacrofano fino a domenica 28 aprile: “Poco fa, passando in mezzo a voi, ho incrociato sguardi pieni di gioia , pieni di speranza. Grazie per questo abbraccio così intenso e bello, che da qui vuole allargarsi a tutta l’umanità, specialmente a chi soffre. Mai dobbiamo dimenticare le persone che soffrono”.

Il discorso del papa è stato un invito a ‘coltivare’ la cultura della pace: “L’abbraccio è una delle espressioni più spontanee dell’esperienza umana. La vita dell’uomo si apre con un abbraccio, quello dei genitori, primo gesto di accoglienza, a cui ne seguono tanti altri, che danno senso e valore ai giorni e agli anni, fino all’ultimo, quello del congedo dal cammino terreno”.

L’abbraccio umano può avvenire se si sente l’abbraccio di Dio: “E soprattutto è avvolta dal grande abbraccio di Dio, che ci ama, ci ama per primo e non smette mai di stringerci a sé, specialmente quando ritorniamo dopo esserci perduti, come ci mostra la parabola del Padre misericordioso. Cosa sarebbe la nostra vita, e come potrebbe realizzarsi la missione della Chiesa senza questi abbracci? Perciò vorrei proporvi, come spunti di riflessione, tre tipi di abbraccio: l’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva e l’abbraccio che cambia la vita”.

Se manca l’abbraccio si avvera la violenza: “Lo slancio che oggi esprimete in modo così festoso non è sempre accolto con favore nel nostro mondo: a volte incontra chiusure, a volte incontra resistenze, per cui le braccia si irrigidiscono e le mani si serrano minacciose, divenendo non più veicoli di fraternità, ma di rifiuto, di contrapposizione, anche violenta a volte, un segno di diffidenza nei confronti degli altri, vicini e lontani, fino a portare al conflitto”.

Un abbraccio non dato si trasforma in guerra: “Quando l’abbraccio si trasforma in un pugno è molto pericoloso. All’origine delle guerre ci sono spesso abbracci mancati o abbracci rifiutati, a cui seguono pregiudizi, incomprensioni, sospetti, fino a vedere l’altro un nemico. E tutto ciò purtroppo, in questi giorni, è sotto i nostri occhi, in troppe parti del mondo! Con la vostra presenza e con il vostro lavoro, invece, voi potete testimoniare a tutti che la via dell’abbraccio è la via della vita”.

Quindi per il papa è necessario un abbraccio salvifico: “Già umanamente abbracciarsi significa esprimere valori positivi e fondamentali come l’affetto, la stima, la fiducia, l’incoraggiamento, la riconciliazione. Ma diventa ancora più  vitale quando lo si vive nella dimensione della fede. Al centro della nostra esistenza, infatti, c’è proprio l’abbraccio misericordioso di Dio che salva, l’abbraccio del Padre buono che si è rivelato in Cristo, e il cui volto è riflesso in ogni suo gesto (di perdono, di guarigione, di liberazione, di servizio) ed il cui svelarsi raggiunge il suo culmine nell’Eucaristia e sulla Croce, quando Cristo offre la sua vita per la salvezza del mondo, per il bene di chiunque lo accolga con cuore sincero, perdonando anche ai suoi crocifissori”.

L’abbraccio è il centro dell’azione di Dio: “E tutto questo ci è mostrato perché anche noi impariamo a fare lo stesso. Perciò, non perdiamo mai di vista l’abbraccio del Padre che salva, paradigma della vita e cuore del Vangelo, modello di radicalità dell’amore, che si nutre e si ispira al dono gratuito e sempre sovrabbondante di Dio. Fratelli e sorelle, lasciamoci abbracciare da Lui, come bambini, lasciamoci abbracciare da Lui come bambini. Ognuno di noi ha nel cuore qualcosa di bambino che ha bisogno di un abbraccio. Lasciamoci abbracciare dal Signore. Così, nell’abbraccio del Signore impariamo ad abbracciare gli altri”.

Il terzo movimento sottolineato dal papa consiste in un abbraccio che cambia la vita, come ha fatto san Francesco: “Un abbraccio può cambiare la vita, mostrare strade nuove, strade di speranza. Sono molti i santi nella cui esistenza un abbraccio ha segnato una svolta decisiva, come san Francesco, che lasciò tutto per seguire il Signore dopo aver stretto a sé un lebbroso, come lui stesso ricorda nel suo testamento. E se questo è stato valido per loro, lo è anche per noi”.

Questo movimento può essere compiuto attraverso un gesto di carità: “Ad esempio per la vostra vita associativa, che è multiforme e trova il denominatore comune proprio nell’abbraccio della carità, unico contrassegno essenziale dei discepoli di Cristo, regola, forma e fine di ogni mezzo di santificazione e di apostolato. Lasciate che sia essa a plasmare ogni vostro sforzo e servizio, perché possiate vivere fedeli alla vostra vocazione e alla vostra storia”.

Per questo è necessaria la cultura dell’abbraccio: “Amici, voi sarete tanto più presenza di Cristo quanto più saprete stringere a voi e sorreggere ogni fratello bisognoso con braccia misericordiose e compassionevoli, da laici impegnati nelle vicende del mondo e della storia, ricchi di una grande tradizione, formati e competenti in ciò che riguarda le vostre responsabilità, e al tempo stesso umili e ferventi nella vita dello spirito”.

La cultura dell’abbraccio genera la pace: “Così potrete porre segni concreti di cambiamento secondo il Vangelo a livello sociale, culturale, politico ed economico nei contesti in cui operate. Allora, fratelli e sorelle, la ‘cultura dell’abbraccio’, attraverso i vostri cammini personali e comunitari, crescerà nella Chiesa e nella società,  rinnovando le relazioni familiari ed educative, rinnovando i processi di riconciliazione e di giustizia, rinnovando gli sforzi di comunione e di corresponsabilità, costruendo legami per un futuro di pace”.

Ed infine questa presenza di molte generazioni in piazza san Pietro è una bella manifestazione di sinodalità: “E penso al Sinodo in corso, che giunge alla sua terza tappa, la più impegnativa e importante, quella profetica. Ora si tratta di tradurre il lavoro delle fasi precedenti in scelte che diano slancio e vita nuova alla missione della Chiesa nel nostro tempo. Ma la cosa più importante di questo Sinodo è la sinodalità”.

Insomma è un invito ad essere ‘pellegrini di speranza’: “Per questo c’è bisogno di uomini e donne sinodali, che sappiano dialogare, interloquire, cercare insieme. C’è bisogno di gente forgiata dallo Spirito, di “pellegrini di speranza”, come dice il tema del Giubileo ormai vicino, uomini e donne capaci di tracciare e percorrere sentieri nuovi e impegnativi. Vi invito dunque ad essere ‘atleti e portabandiera di sinodalità’, nelle diocesi e nelle parrocchie di cui fate parte, per una piena attuazione del cammino fatto fino ad oggi”.

(Foto: Santa Sede)

Da piazza san Pietro un appello alla fraternità ed alla pace

Pur ricoverato al Policlinico ‘Gemelli’, sabato scorso papa Francesco ha inviato un messaggio ai partecipanti al meeting mondiale sulla Fraternità Umana dal titolo ‘Not Alone’, promosso e organizzato dalla Fondazione Vaticana ‘Fratelli tutti’, in collaborazione con la Basilica di San Pietro, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e il Dicastero per la Comunicazione, in cui ha chiesto gesti concreti per promuovere la pace: ‘La fraternità non ha bisogno di teorie, ma di gesti concreti e di scelte condivise che la rendano cultura di pace’.

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