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L’Ordine di Malta in 100 click. A Roma una mostra fotografica per i nove secoli di vita dei Cavalieri dalla croce bianca

L’esposizione, che si inserisce nelle iniziative legate al nono centenario, intende celebrare altresì i nove secoli di amicizia e cooperazione tra l’Ordine di Malta e la Spagna. Ospitata fino a domenica 30 giugno al centro di Roma, nei centralissimi spazi dell’Istituto Cervantes di Piazza Navona 91 e visitabile tutti i giorni dalle 16 alle 21, la rassegna documenta la plurisecolare storia dell’Ordine e il raggio amplissimo delle sue attività nel mondo a favore degli ultimi e dei sofferenti. Attraverso quattro aree tematiche, l’occhio della macchina fotografica coglie in una rapida visione d’insieme le vicende storiche dell’Ordine, l’assistenza ai bisognosi prestata in tutti i continenti, l’azione diplomatica presso governi e istituzioni internazionali, l’impegno dei volontari in 120 paesi. Fondato nell’XI secolo a Gerusalemme, l’Ordine di Malta è un ordine religioso laicale con una lunga storia al servizio degli ammalati e dei pellegrini, a cominciare dai suoi ospedali in Terrasanta, a Cipro, a Rodi e a Malta.

In queste due ultime isole l’Ordine governò per circa 500 anni, prima di trasferirsi a Roma, dove dal 1834 è ospitata la sede di governo nel Palazzo Magistrale di via Condotti. Oggi l’Ordine è una realtà composita, presente in 120 paesi, in cui una fitta rete di ospedali, poliambulatori, centri di assistenza sociale è lo spazio quotidiano di intervento di oltre 10 mila membri, 80 mila volontari, 25 mila tra medici e paramedici. Dalle foto presenti in mostra appare evidente l’attività dei dell’Ordine in tanti scenari di guerra e di sofferenza, dal Darfur martoriato dalla lotte civili alle regioni del Myanmar devastate dallo tsunami, fino ai terremoti che hanno colpito Haiti e le cittadine italiane dell’Abruzzo e dell’Emilia Romagna. Ma anche la vicinanza agli ammalati e ai disabili, trasportati e assistiti dai numerosi volontari nei grandi santuari della fede cattolica, a cominciare da Lourdes; il soccorso alle popolazioni preda di gravi malattie ed epidemie in Africa, Sud est asiatico e Sud America; l’assistenza umanitaria a profughi e rifugiati, sulle coste del Mediterraneo come nelle periferie urbane delle grandi metropoli; l’aiuto agli anziani e agli indigenti in tante latitudini, vittime della povertà causate da speculazioni internazionali e dalle crisi economiche mondiali.

Speculare a questi interventi umanitari, è il vastissimo raggio della diplomazia umanitaria esercitata dai cavalieri melitensi attraverso le regolari e stabili relazioni diplomatiche intrattenute con più di 100 Stati nel mondo. Grazie agli strumenti tradizionali di governo, vale a dire accordi, convenzioni e protocolli internazionali, l’Ordine è presente in tante Nazioni e vede così riconosciuta e garantita la sua libertà d’azione e di impegno assistenziale. L’ultima sezione della mostra è dedicata alla presenza dell’Ordine in Spagna. Presenti nella Penisola Iberica fin dal 1111, i cavalieri riuscirono ad accumulare importanti possedimenti nei regni di Aragona e di Castiglia e fu grazie al re Carlo I di Spagna che l’Ordine poté stabilirsi sull’isola di Malta, governandola per 268 anni. Il legame con questo Paese, che si arricchì anche con l’azione militare congiunta con le armate spagnole e pontificie nella battaglia di Lepanto contro l’invasione turca, è dato anche dal fatto che ben 12 dei 79 Gran Maestri dell’Ordine sono stati spagnoli.

Oggi l’Ordine di Malta in Spagna svolge programmi di assistenza per anziani, bambini, disabili e senza fissa dimora. Per questi ultimi sono attive mense sociali a Madrid e a Siviglia, che nel 2012 hanno distribuito oltre 180 mila pasti anche a persone senza lavoro a causa della crisi economica.“Non posso non ricordare qui – ha affermato il Gran Commendatore dell’Ordine Fra’ Carlo d’Ippolito di Sant’Ippolito intervenuto all’inaugurazione insieme all’Ambasciatore di Spagna presso il Sovrano Ordine di Malta e la Santa Sede, Eduardo Gutierrez de Buruaga – gli antichi e profondi legami che intercorrono tra lo Stato Iberico ed il Sovrano Ordine di Malta a cui è stata dedicata una parte di questa mostra. Stiamo parlando anche in questo caso di ben nove secoli di rapporti fecondi a cui l’Ambasciata di Spagna ha dedicato anche un ciclo di interessanti conferenze”. Per il direttore dell’Ufficio Comunicazione Eugenio Ajroldi, infine, “il 2013 è un anno importante per la storia dell’Ordine. Questa mostra è uno dei tanti eventi organizzati in tutto il mondo durante questi 12 mesi per celebrare l’attività e la vitalità di un’istituzione che ha un legame molto forte con la Chiesa Cattolica nell’impegno a favore degli ultimi e dei più bisognosi”.

“Basta troppo silenzio”. A Rieti in mostra Marcela Medvedikova

Buona la prima per l’artista Marcela Medvedikova che dal 18 maggio ha presentato le sue opere nella mostra dal titolo: “Basta troppo silenzio” ospitata nella Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Internazionale Machina, alle Officine Fondazione Varrone di Rieti. L’artista slovacca, alla sua prima mostra personale, ha accolto gli appassionati di arte illustrando loro le varie tele dipinte a olio. Dalle più piccole formato 30 x 40 che mettono in bella mostra accessori tipicamente femminili, alle doppie tele che arrivano anche a 160 cm. 

La fotografia e il sacro. Salgado e Biasiucci

In questi giorni si possono vedere, tra Napoli e Roma, due importanti e interessanti mostre fotografiche: Sebastião Salgado (Minas Gerais, Brasile 1941) con Genesi al Museo dell’Ara Pacis a Roma – fino al 15 settembre 2013 – ed Antonio Biasiucci (Caserta, Italia 1961) con Sacrificio, tumulto, costellazioni alla Casa della Fotografia a Villa Pignatelli a Napoli. Due mostre di successo: la fotografia trova nei musei uno spazio espositivo che le dona aura e attrattività, esaltandone i contenuti profondi. Qui la fotografia si propone come arte e non più come informazione poiché diventa veicolo di cultura e di riflessione. D’altra parte, due caratteristiche rendono la pittura e la fotografia arti visive antitetiche: in pittura è la realtà che viene risucchiata verso il pittore che la rielabora all’interno del quadro; in fotografia è invece il fotografo che si deve muovere verso il reale per poi lasciare che esso si disponga all’interno dell’immagine fotografica, come fa il cacciatore con la sua preda. E – come nel mito di Diana ed Atteone – l’arte capovolge i ruoli e il cacciatore diventa lui stesso preda.

Il treno dei bambini arriva in Vaticano

E’ un treno particolare quello che arriverà domenica 23 giugno in Vaticano. E’ il “Treno dei Bambini”, un “Viaggio attraverso la bellezza” promosso dal Cortile dei Gentili, la struttura vaticana per il dialogo culturale, in collaborazione con le Ferrovie dello Stato e dedicato a bambini segnati da esperienze di difficile inserimento nella società o con problematiche psico-sociali. La bellezza passa attraverso l’arte, la conoscenza e il viaggio. Il treno arriverà domenica poco prima delle 12, all’interno della Citta’ del Vaticano, nella stazione di San Pietro. E si spera – ma pare molto possibile – che Papa Francesco andrà personalmente a salutare i bambini, appena finito l’Angelus, fermandosi nel tragitto che lo porta a Santa Marta.

L’arte: un’opportunità per crescere insieme

Fino al 21 giugno 2013 sarà possibile visitare all’Università Europea di Roma (via degli Aldobrandeschi 190) una mostra, con ingresso libero, di dipinti e disegni, frutto dell’incontro tra giovani in difficoltà e studenti dell’Università Europea di Roma.

Il progetto formativo dell’Università Europea di Roma (www.unier.it) prevede l’inserimento di attività di responsabilità sociale nel curriculum degli studi, con l’obiettivo di sensibilizzare lo studente all’esercizio attivo della solidarietà e alla coscienza del valore sociale dell’impegno professionale. A tal fine vengono stipulate convenzioni con enti, associazioni e organizzazioni “no profit”.

L’arte a Roma dal 1960 al 2001: Una mostra problematica

Il MACRO (nella bellissima struttura di via Nizza 138) presenta, dal 16 maggio al 15 settembre 2013, il secondo appuntamento della mostra d’arte contemporanea Ritratto di una città #2. Arte a Roma 1960–2001. Il progetto espositivo, dopo la prima mostra del novembre 2012 – aprile 2013, si propone di approfondire, ulteriormente e con il pubblico di oggi, le vicende dell’arte contemporanea che hanno attraversato Roma dal 1960 al 2001: 40 anni di intensa trasformazione della pittura e delle arti visive a livello internazionale, in cui Roma ha ricoperto – con i suoi artisti, con le sue gallerie e gli spazi per la creatività – un ruolo rilevante. Roma è da sempre crocevia di culture e di flussi artistici. Se gli anni ’60 e ’70 segnalano il rimbalzare della pop-art e dei linguaggi dell’informale e della body-art fin dentro i codici culturali italiani ed europei, gli anni Ottanta e Novanta hanno visto a Roma l’intensificarsi dei rapporti con l’Europa dell’Est e con l’Estremo Oriente: con artisti stranieri che sono venuti qui a concepire e realizzare progetti specifici per la città e ad instaurare con essa un rapporto non effimero. La mostra è complessa e problematica per varie ragioni.

Ísland: a Roma la mostra fotografica di Maroesjka Lavigne

Per chi vuole conoscere l’Islanda ma non se la sente di affrontare il viaggio Roma offre una importante opportunità artistica: “Ísland”, un lavoro fotografico della giovane belga Maroesjka Lavigne, alla sua prima esposizione in Italia. Ad ospitarla sono gli spazi di Laboratori visivi.
“Un viaggio tra volti e paesaggi di un’Islanda sospesa tra due stagioni: primavera e inverno”, la mostra è il frutto di quattro mesi trascorsi nell’isola dell’Atlantico. Un “viaggio iniziatico”, il primo da sola, al volante della sua auto mentre fuori il paesaggio scorre come “una scena molto lenta di un film con una piacevole musica di sottofondo”. Nebbia, vapore, neve, interni e persone silenziosi, un pullman imbiancato da una tormenta: le forme e i colori degli spazi isolati della terra dei geyser diventano immagini di due stagioni molto diverse della vita dell’isola e dei suoi abitanti.

Il Cura gaucho Brochero beato a settembre, la sua vita in mostra in Vaticano

Nato a Santa Rosa de Rio Primero vicino Córdoba nel 1840, per metà sevigliano e per metà prtoghese, José Gabriel del Rosario entra in seminario a 16 anni. Era un allievo diligente nello studio, di una profonda pietà e amore verso il prossimo che commuoveva, essendo questo, la pietra angolare della sua esistenza come raccontano i suoi compagni. Il 13 marzo 1858, il giovane José Gabriel del Rosario entra all’Università “Universidad de San Carlos” per iscriversi al primo anno di Filosofia. A quei tempi, i sacerdoti gesuiti, dopo il ritorno dell’espulsione, riavviano a Córdoba la pratica degli Esercizi Spirituali di San Ignazio di Loyola e nei diversi gruppi di esercitanti, si inizia a notare l’importanza del metodo nel cammino di approfondimento spirituale. Brochero è un giovane seminarista che sa utilizzare un linguaggio semplice che va dritto al cuore di chi lo ascolta. Nel 1866 viene consacrato sacerdote nella Cattedrale di Córdoba e il 10 dicembre dello stesso anno celebra la sua prima messa. La svolta avviene con l’arrivo al Distretto di San Alberto, una “parrocchia” di 4.300 chilometri quadrati.

Di lui iniziano a parlare i giornali quando con un gruppo di parrocchiani arriva a Córdoba, dopo un viaggio di tre giorni, a cavallo percorrendo i “caminos de herradura” [cammini di ferro da cavallo] che a volte raggiungono i 2000 metri di altezza. Di fronte alle difficoltà del viaggio e il gran numero di giorni che gli esercitanti devono lasciare le loro case e mestieri, Brochero decide di costruire una Casa di Esercizi Spirituali nel villaggio di transito “Villa del Tránsito” (attuale “Villa Cura Brochero”). Lo fa disposto ad ottenere una maggiore partecipazione e inizia così la sua grande opera, dimostrando una fervida carità pastorale, preludio della santità della sua vita. Tutte le opere materiali che esegue non tolgono mai il momento di intensa preghiera; non manca mai alla lettura spirituale, la Santa Messa quotidiana e l’ascolto delle confessioni. Veramente posso dire come San Paolo: “Non so predicare altro che Cristo Crocifisso”… Il 15 agosto 1875 colloca la pietra angolare della sua opera maggiore, la “Casa de Ejercicios”. Mossi dalla sua parola, i vicini cominciano ad aiutare nel cantiere, trascinano il materiale, cuociono mattoni e piastrelle, portano pietra calcare, aprono fosse e trascinano tronchi.

Nel 1877 viene inaugurata la Casa di Esercizi. Diverse centinaia di uomini arrivano da luoghi diversi e lontani. Nel 1880 nasce il Collegio per le Bambine. Brochero lo affida alle “Hermanas Esclavas del Corazón de Jesús”. In quegli anni c’erano pochissime opportunità educative per i bambini, in particolare per le donne, con una mancanza di formazione cristiana. Prendersi cura dei malati è una priorità nella sua vita e non esita un solo istante a venire in aiuto dei bisognosi, tra cui molti lebbrosi. Brochero contrae questa terribile malattia; per cui lascia la Parrocchia e si ritira nella sua casa, dove viene curato da sua sorella Aurora. Celebra la messa quotidianamente già anziano in onore alla Vergine —“La mia Immacolata”—, come la chiamava lui, perché rimasto cieco è l’unica che ricorda a memoria. In una lettera al Monsignore Yaníz, Vescovo di Santiago del Estero, e suo compagno di studio, racconta: “Guarda in che stato è rimasto il Chesche ( un tipo di cavallo), l’energico, il brioso. Ma è una grande grazia che Dio mi ha fatto nell’allontanarmi completamente della vita attiva, e lasciarmi nella vita passiva, voglio dire, che Dio mi dà il compito di cercare la mia fine e di pregare per gli uomini passati, presenti e quelli che verranno fino alla fine del mondo”. Brochero si spegne il 26 gennaio 1914.

Nel 2009, l’arcivescovo di Cordoba, monsignor Carlos José Ñáñez, ha avviato il processo di beatificazione. Una commissione di medici ha dichiarato inspiegabile scientificamente la guarigione di un bambino, nato gravemente prematuro: in poche parole un miracolo. E questo miracolo è avvenuto per intercessione di padre Brochero. Non è escluso che padre Brochero possa diventare il patrono di tutti i sacerdoti argentini. Oggi la città che si chiamava Traffico Villa porta il suo nome e si chiama Villa Cura Brochero.

La mostra allestita nel Braccio Carlo Magno fino a giugno“Argentina- il gaucho tradizione, arte e fede” è una occasione unica per conoscere la vita e le tradizioni di questo personaggio simbolo delle pampas di Rio de la Plata. Cavallerizzo e mandriano, figura centrale, fortemente evocativa e parte integrante della storia del paese, accresce la propria storia attraverso il rapido sviluppo dell’allevamento del bestiame bovino ed equino portato dai conquistadores. All’origine, nelle estancias dei Gesuiti che fornivano il bestiame alle missioni che la Compagnia di Gesù amministrava in Paraguay, Brasile, Argentinas e Uruguay, i gauchos erano indigeni evangelizzati, creoli di radice ispano-indigena e schiavi neri. Il gaucho, nato in queste circostanze, adotta una personalità ribelle ma molto rispettosa di un codice proprio di giustizia e carico di fede. Da guardiano delle grandi praterie, con la caduta nel 1810 del governo monarchico spagnolo, il gaucho viene inserito nelle file dell’esercito patriota. Nel nord argentino, i gauchos de Güemes  capitanati da Martín Miguel de Güemes, scrissero un capitolo importante della storia del paese. Consolidato il proprio ruolo, non solo economico, all’interno della nuova struttura del paese, il gaucho si caratterizza per il forte gusto di lussuosi finimenti in argento che esibisce con orgoglio nelle feste domenicali, nelle celebrazioni nazionali, durante le battaglie. Con l’avvento della ferrovia il suo ruolo è ridimensionato ma acquista la valenza del mito.

La mostra al Braccio di Carlo Magno presenta un nucleo unico e significativo di argenteria di uso “gauchesco”, una intera sezione della mostra è dedicata ai “poncho”, realizzati con  vari materiali, e ai finimenti da cavallo. Una sezione è interamente dedicata poi al “cura gauchos” il beato Brochero.

Michelangelo e la Sistina, l’arte e l’esegesi biblica

Il 27 maggio 2013, dalle 9,30 alle 17,30, l’Ambito di Storia dell’Università Europea di Roma (via degli Aldobrandeschi 190) organizza una Giornata di Studio dal titolo Michelangelo e la Sistina, l’arte e l’esegesi biblica, che ricade all’interno delle “Settimane della Cultura” (nello specifico, la “Settimana delle Arti”) a cura dell’Ufficio per la Pastorale Universitaria della Diocesi di Roma. Cinquecento anni fa, il 31 ottobre 1512, la Volta Sistina veniva scoperta dopo quattro anni di lavoro ed inaugurata con Vespri solenni celebrati dal Pontefice Giulio II. L’evento segnava una svolta epocale nell’arte dei secoli a venire, decretando la grandezza di Michelangelo e forgiando nell’immaginario collettivo l’esegesi figurativa del libro della Genesi.

La prima volta della Santa Sede alla Biennale di Venezia

Il Vaticano a Venezia. Arte e fede, arte e religione, arte e sacro. La Biennale di Venezia: un modo per la Santa Sede di avvicinarsi al mondo moderno attraverso l’arte, l’arte contemporanea. Per la prima volta, la partecipazione della Santa Sede alla 55° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Il progetto rappresenta non solo una straordinaria volontà, ma risponde a uno degli scopi del Dicastero, ovvero instaurare e incentivare le occasioni di dialogo con un contesto sempre più ampio e diversificato. Il Padiglione preparato per la Santa Sede sarà ispirato al racconto biblico della Genesi. “In Principio” è il titolo scelto dal Card. Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che ha presentato la grande novità ai giornalisti con una conferenza stampa nella Sala Stampa Vaticana. Sono stati scelti gli undici capitoli della Genesi , dedicati al mistero delle origini, all’ingresso del male nella storia ,alla speranza e ai progetti degli uomini dopo la devastazione rappresentata dal diluvio e rappresentati da tre nuclei tematici:la Creazione, la De-Creazione, La Nuova Umanità.

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