Il Dicastero per la Dottrina della Fede e la ricezione della Fiducia supplicans

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.01.2024 – Vik van Brantegem] – Impossibile ignorare, che la Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede del 18 dicembre 2023 è estremamente divisivo, controverso, illogico, sofista, confusionario, ambiguo, equivoco e pericoloso (da diversi punti di vista), come hanno affermato qualificati osservatori, che hanno letto la Dichiarazione con molta attenzione, tra cui cardinali, vescovi, intere conferenze episcopali (soprattutto periferiche), teologi, avvocati, sacerdoti, consacrati e laici, che hanno avuto il coraggio di esprimere delle valutazioni contrari. Insomma, in poche parole, un documento che più inutile e divisivo non si può produrre.

Innanzitutto, ai difensori ad oltranza di Fiducia supplicans, che chiedono unità, va ricordato che l’unità deve risiedere nella Verità. L’unità non è possibile nel voler far convivere la Verità con la Menzogna.

Al tema della Verità, che combatte contro la menzogna totalitaria e della Vita, che è una questione di Scelte, abbiamo dedicato molta e costante attenzione. Non solo in questa rubrica Blog dell’Editore (In equilibrio sopra la follia – Numero Zero. La vita è sempre una questione di scelte, di coraggio, di fede, di paura, di verità – 15 dicembre 2020 [QUI]), ma già dal tempo dell’adolescenza, ogni giorno che il Signore ci concede, di poter aprire gli occhi per vedere, guardare e osservare; di poter aprire la mente per scegliere la strada della nostra Missione su questa terra; di poter aprire il cuore per essere amati e per amare. Perché alla sera della vita saremo giudicati solo sul vero Amore senza menzogna, accolto e donato, nella vera Carità senza inganno. Ricordiamo oggi queste parole, scritte qui due anni fa, il 7 novembre 2021: La scelta della Verità, vera Carità senza inganno, vero Amore senza menzogna [QUI].

Un detto anonimo recita: prima di ingannare qualcuno ricorda che la verità, col suo peso, ha il passo lento ma arriva sempre a destinazione. Inoltre, ricordiamo l’avvertimento: «Le persone oneste non cadono di fronte alla menzogna, ma le persone squallide cadono prima o poi di fronte alla verità» (Silvia Nelli). Poi, c’è da tener presente l’aforisma del filosofo greco Democrito che recita: «In verità nulla sappiamo, giacché la Verità sta in fondo al pozzo», a cui fa riferimento il dipinto La Verità che esce dal pozzo di Jean-Léon Gérôme.

Jean-Léon Gérôme, La Verità che esce dal pozzo armata della sua frusta per punire l’umanità o La Verità che esce dal pozzo, 1896, Museo Anne de Beaujeu, Moulins.

La fonte della parabola La Verità e la Menzogna è la Prefazione del libro Burattinai e Galoppini di Marianna Archetti e Chiaretta Mannari, sul perché la Verità è così difficile da scorgere: «Secondo una leggenda del XIX secolo, la Verità e la Menzogna un giorno s’incontrarono. La Menzogna disse alla Verità: “Oggi è una giornata meravigliosa!” La Verità guardò verso il cielo e sospirò, perché la giornata era davvero bella. Trascorsero molto tempo insieme, arrivando infine accanto a un pozzo. La Menzogna si rivolse allora alla Verità e disse: “L’acqua è molto bella, facciamo un bagno insieme!” La Verità, ancora una volta sospettosa, si accertò riguardo le condizioni dell’acqua e si rese conto che era davvero molto bella. Si spogliarono e iniziarono a fare il bagno. Improvvisamente la Menzogna uscì dall’acqua, indossò i vestiti della Verità e fuggì via. La Verità, furiosa perché le furono sottratti gli abiti, uscì dal pozzo e corse dappertutto per trovare la Menzogna e riprendersi i vestiti. Il mondo, vedendo la Verità nuda, distolse lo sguardo, con disprezzo e rabbia. La povera Verità ritornò quindi al pozzo e scomparve per sempre, nascondendo in esso la sua vergogna. Da allora, la Menzogna vaga in tutto il mondo, vestita come la Verità, soddisfacendo i bisogni della società, perché il Mondo, in ogni caso, non nutre alcun desiderio di incontrare la Verità nuda».

Fatta questa riflessione sull’unita, nell’ottica dell’incompatibilità tra Verità e Menzogna, tornando alla Dichiarazione Fiducia supplicans, redatta dal Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, Cardinale Víctor Manuel Fernández, e dal Segretario per la Sezione Dottrinale, Mons. Armando Matteo, la decisione del Papa di apporci la sua firma non pare improntata a prudenza pastorale, né saggezza, come rilevano gli stessi qualificati osservatori, che – nella stragrande maggioranza – non possono essere accusati di non voler bene al Papa, qualunque Papa, in quanto Papa (mi viene in mente il fatto significativo, che in mezzo secolo di servizio ecclesiastico, ho detto sempre – e ascoltato sempre – di essere al servizio “del Papa”, senza che venisse specificato il nome del Papa regnante al momento dato).

Oggi, in un articolo dal titolo Il passo falso di Papa Francesco, Matteo Matzuzzi oggi su Il Foglio, che «era dai tempi dell’Humanae vitae di Paolo VI che non si registrava un’insurrezione così forte verso un documento approvato dal Papa, stavolta Fiducia supplicans»: «La disinvoltura del Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il Cardinale Víctor Manuel Fernández, ha creato più di un problema in questa fase del pontificato. Non è solo l’Africa a ribellarsi contro il via libera alla benedizione delle coppie omosessuali, ma anche tanti vescovi che chiedono solo più calma e meno caos» [QUI].


La situazione è così grave, che il Dicastero per la Dottrina della Fede si è visto costretto di diffondere oggi (tramite email da parte della Sala Stampa della Santa Sede, ripreso anche da Vatican News) un “Comunicato stampa circa la ricezione di Fiducia supplicans” – che di seguito riportiamo, preceduto dai rilievi di Costanza Miriano e altri tre osservatori – in sostanza un incredibile arrampicata sugli specchi per difendere l’indifendibile. Ovvero, per dirlo con un proverbio veneziano, pezo el tacón del buso (peggio la pezza del buco).

Inoltre, in un articolo successivo [QUI], riprendiamo due contributi pubblicati ieri, 3 gennaio 2024 da Corrispondenza Romana:

  • Benedizioni anonime e anomale su Fiducia supplicans di Padre Serafino M. Lanzetta, che svolge il suo ministero sacerdotale nella Diocesi di Portsmouth (Inghilterra), è libero docente di Teologia dogmatica presso la Facoltà Teologica di Lugano e Direttore editoriale della rivista teologica Fides Catholica.
  • Le “periferie” contro la Fiducia supplicans di Papa Francesco. Il testo integrale dell’intervista effettuata da Martina Pastorelli al Prof. Roberto de Mattei ed apparso, in forma ridotta, sul quotidiano La Verità del 31 dicembre 2023.

Come è evidente la profonda spaccatura nella Chiese, altrettanto certa è che non verrà sanata con un Comunicato stampa, firmato oltretutto da chi ha perso l’autorità e la fiducia da una parte sostanziale. Poi Costanza Miriano ha perfettamente ragione a concludere: «Sono proprio sicura che il documento non può che essere provvisorio, viste le tante questioni aperte in modo approssimativo e lasciate sospese, e viste le reazioni di tanti vescovi, che in nome della sinodalità non potranno essere ignorate».

Fiducia Supplicans, una grande confusione la anima dall’inizio alla fine
di Costanza Miriano
Costanzamiriano.com, 3 gennaio 2024


Ho ascoltato il consiglio dei difensori di Fiducia supplicans e l’ho letta con attenzione, fino in fondo, con la leale intenzione di cogliervi il bene e di cambiare la mia iniziale idea negativa. Poi l’ho riletta e sottolineata, ci ho riflettuto. Ma niente. Non c’è proprio possibilità di salvarla. Mi dispiace. Una grande confusione la anima dall’inizio alla fine. Molte parole che girano e rigirano a vuoto. Soprattutto c’è un vuoto logico che non viene mai colmato, fino all’ultima riga. Un vuoto enorme come un baratro. Un salto che viene spiccato senza nessuna spiegazione.
Come si passa dal benedire le persone singole, a benedire un’azione che fa il loro male? Che bisogno c’è? Che valore ha l’atto di benedire non una persona – cosa sacrosanta – ma la sua decisione di male, cioè di radicarsi in una situazione oggettivamente disordinata? Perché non la benedizione della persona, invece che della azione che oggettivamente la tiene attaccata alla sua ferita? Perché benedire il tumore, e non il malato di tumore? Qual è il significato? Qual è il bene? Non basta a far sentire accolta una persona omosessuale il fatto di essere benedetta, assolta, perdonata, abbracciata, incoraggiata a proseguire il suo cammino alla ricerca di Dio?
Praticamente la Dichiarazione dice e ripete in tutti i modi che la Chiesa ama tutti gli uomini, li ama e li accoglie anche quando sono nel peccato (cioè sempre, cioè tutti). Ripete poi che il matrimonio è solo fra un uomo e una donna, e che solo lì dentro “i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano”.  Infine afferma – senza nessun passaggio che spieghi il senso – che le unioni omosessuali possono essere benedette, cioè si può dire che sono bene. Anche se poco prima si è detto che sono innaturali, inadeguate e non pienamente umane.
Mi sfugge il passaggio logico. Ho riletto alla ricerca delle parole che lo spiegassero, ma non c’è. Tante parole che coprono questo vuoto, e non rispondono all’unica domanda che suscita il documento. Perché non dovrebbe bastare che Gino e Pino vengano benedetti come persone? Perché si dovrebbe benedire il loro avere rapporti “innaturali, inadeguati e non umani”, come dice il documento stesso? Che poi io una benedizione così manco la vorrei: “tienitela pure”, direi al sacerdote che dovesse fare tutti questi distinguo. La verità è che più di così non si poteva dire, al momento, senza cambiare il Catechismo. È ovvio che tutte le persone possono e devono essere benedette, ma non tutte le loro azioni. Non l’azione dello stare insieme (trovo molto temerario e improprio anche il fatto di usare la parola coppia per due persone dello stesso sesso, dal punto di vista della Chiesa). Ma perché non si possono benedire le unioni?
Certo, io non sono teologa e sono solo andata al catechismo, ma una cosa mi è chiara. Il peccato offende Dio non perché Dio sia un legislatore sadico e dispettoso, che ha messo delle regole a suo piacimento. La legge di Dio è come funziona il cuore dell’uomo, andare contro la legge fa soffrire. Dio non benedirà mai ciò che ci fa male. Dio è il Padre più tenero e innamorato, e quello che ci dice di non fare è quello che fa male prima di tutto a noi, esattamente come un buon padre o una buona madre si farebbero ammazzare per i propri figli (e lui lo ha fatto), ma non potranno mai incoraggiarli quando vanno a farsi del male. La mamma benedice e accoglie il figlio drogato, ma non benedice il suo atto di drogarsi; il padre benedice il figlio ladro ma non benedirà l’atto di rubare. Sinceramente mi fa anche ridere scrivere simili banalità da quarta elementare e non mi spiego come si sia potuta creare questa confusione, davvero impresentabile a livello logico prima ancora che teologico. A meno che non ci sia un fine che io nella mia ingenuità non vedo.
Ne consegue che o si cambia il CCC sull’omosessualità, smettendo di dichiarare i rapporti sessuali con persone dello stesso sesso “intrinsecamente disordinati”, oppure si correggerà il tiro della presente dichiarazione, anche ascoltando – in nome della sinodalità – le voci di diverse conferenze episcopali nel mondo, come quella polacca, ungherese, kazaka, diverse africane e altre, più alcune voci di singoli pastori in Italia e in tutto il mondo, e anche l’affermazione della Chiesa ortodossa, che dichiara chiusa in seguito questa posizione della Cattolica ogni possibilità di ricongiunzione.
Ma io prima di tutto vorrei che venisse ascoltato il grido di dolore delle persone che provano attrazione verso lo stesso sesso, e che finora hanno trovato nella Chiesa l’unica voce che indicasse loro la verità. Perché io non so dove vivano quelli che lavorano alla Congregazione per la Dottrina della fede, ma nel mondo, almeno in Europa, Usa, Canada, in tutto il mondo occidentale l’omosessualità è non solo non condannata né stigmatizzata, ma anzi incoraggiata. I colossi dell’entertainment pagano dazio alla lobby mettendo almeno una coppia dello stesso sesso in ogni serie o film, altrimenti neanche ottengono l’imprimatur. Le scuole promuovono le carriere alias anche contro la legge, attivisti del mondo lgbt vengono chiamati a pontificare per insegnare a tutti che quello è l’amore vero, perché bisogna essere inclusivi (che orrore leggere quella parola anche in Fiducia supplicans, ormai l’unica opera che non usi “inclusivo” nel suo vocabolario è il Vangelo, e io due domande me le farei). Quindi, se il motivo di questa dichiarazione fosse che la Chiesa si sente in dovere di non far sentire giudicate le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso, io vorrei dire che la Chiesa non deve farsi mettere all’angolo dal mondo, magari per paura di dispiacere, ma deve essere umilmente fiera di Cristo che sa, solo Lui, cosa è nel cuore dell’uomo, solo Lui lo sa! A giudicare le persone omosessuali è solo il loro personale dolore, è la verità intima che li fa soffrire, non lo stigma sociale. Ma quello che si aspettano dalla Chiesa è la Verità, che ci fa liberi davvero, e un incoraggiamento a proseguire nella ricerca di Dio, perseguendo la castità, come molti omosessuali cattolici fanno. Sono loro le vere vittime di Fiducia supplicans.
Infine, a chi dice che si sta sempre con il Papa, rispondo che sono d’accordo. Sono pronta a morire per la Chiesa, davvero. Ma essere con il Papa significa anche esercitare la corresponsabilità dei fedeli laici e aiutare a far sì che intervenga presto una correzione del tiro che è richiesta da tante autorevoli voci di pastori nel mondo, e che non dubito avverrà presto, essendo questo un pronunciamento evidentemente provvisorio, dal momento che apre e lascia sospese troppe questioni di fondamentale importanza.

«”Se ci sono legislazioni che condannano con il carcere e in alcuni casi con la tortura e perfino con la morte il solo fatto di dichiararsi omosessuale, va da sé che sarebbe imprudente una benedizione. È evidente che i Vescovi non vogliono esporre le persone omosessuali alla violenza”. Sicuramente questi vescovi (africani ma non solo) non vogliono esporre nessuna persona alla violenza ingiustificata. Ma Fernández sa benissimo, ed è ipocrita negarlo, che il motivo principale per cui i vescovi rigettano la “benedizione” (e lo dicono apertamente) è che la “benedizione” è sbagliata in sé. Perché implica benedizione del peccato. Non del peccatore, proprio del peccato. Come può il pastore chiedere al gregge di fidarsi, se poi prova a prenderlo in giro così sfacciatamente?» (Claudio Otto Menghini).

«Anche Caifa era convinto di fare cosa buona e giusta. E arrampicava molto bene sugli specchi. Cosa non è liturgico in una croce tracciata con il dito dal sacerdote sulla fronte di mia figlia? Cosa non è liturgico nel farsi un segno della croce? E nel nome di cosa benedice un cristiano, se non in quello della Santissima Trinità? Tanto più una persona ordinata? Se non è cambiato nulla rispetto a prima, perché c’era bisogno di un nuovo documento? Le benedizioni personali erano già permessissime prima!» (P.A.).

«Leggete, e vedete se queste spiegazioni spiegano qualcosa. Personalmente, mi sembra che sotto un diluvio di parole si chiarisca ben poco. Il fatto è che queste benedizioni sono richieste, e date a coppie di persone, che si trovano in una situazione di coppia; e non a singole persone. A mio parere questo è il nodo centrale, ineludibile, e dalle conseguenze devastanti della Dichiarazione; tutto il resto è manifestazione di buone intenzioni, rassicurazioni verbali, cioè in buona sostanza chiacchiere. E con la benedizione si chiede, e si ottiene una conferma di carattere religiosa alla coppia come coppia, con tutti gli annessi e i connessi. Quindi siamo di fronte, a mio modesto parere a un tentativo, forse originato da una precisa richiesta di Santa Marta, di autodifesa. Sbaglio?» (Marco Tosatti).

«Scusate ma che criterio è la velocità in teologia? Ma si può leggere in un comunicato della CDF: “Si tratta di benedizioni di 10 o 15 secondi. Ha senso negare questo tipo di benedizioni a due persone che la implorano?” Non ci volevo credere quando l’ho letto. Che criterio è il tempo in teologia? Il male si può dire bene se lo si fa velocemente? Ogni persona va benedetta, non ogni coppia, non è difficile e non c’entra niente il tempo. Si benedice ciò che fa bene a una persona, se si benedice ciò che gli fa male si sta facendo del male a quella persona. La spacciano per misericordia ma è cattiveria. Non vorrei essere volgare ma una sveltina fuori dal matrimonio se è veloce va bene? Dio non fa in tempo a girarsi e vedere? Un mio amico professore in una importante università pontificia sostiene che il testo sia talmente strampalato da essere una provocazione. Però CDF dovrebbe stare per Congregazione per la Dottrina della Fede, non della Farsa. E vorrei ricordare che la fede che professiamo l’abbiamo ricevuta da duemila anni di martiri, apostoli, dottori della Chiesa, non è solo nostra. Nessuno si può permettere di inventarla» (Costanza Miriano).

Dicasterium pro Doctrina Fidei
Comunicato stampa circa la ricezione di Fiducia supplicans
4 gennaio 2024


Scriviamo questo Comunicato stampa per aiutare a chiarire la ricezione di Fiducia supplicans, raccomandando al contempo una lettura completa e attenta della Dichiarazione per comprendere meglio il significato della sua proposta.
1. Dottrina
I comprensibili pronunciamenti di alcune Conferenze episcopali sul documento Fiducia supplicans hanno il valore di evidenziare la necessità di un periodo più lungo di riflessione pastorale. Quanto espresso da queste Conferenze episcopali non può essere interpretato come un’opposizione dottrinale, perché il documento è chiaro e classico sul matrimonio e sulla sessualità. Ci sono diverse frasi forti nella Dichiarazione che non lasciano dubbi:
«La presente Dichiarazione resta ferma sulla dottrina tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che possano creare confusione». Si agisce, di fronte a coppie irregolari, «senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio» (Presentazione).
«Sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio, quale “unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli” e ciò che lo contraddice. Questa convinzione è fondata sulla perenne dottrina cattolica del matrimonio. Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano. La dottrina della Chiesa su questo punto resta ferma» (4).
«Tale è anche il senso del Responsum dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede laddove afferma che la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione ad unioni fra persone dello stesso sesso» (5).
«Dato che la Chiesa ha da sempre considerato moralmente leciti soltanto quei rapporti sessuali che sono vissuti all’interno del matrimonio, essa non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale» (11).
Evidentemente, non ci sarebbe lo spazio per prendere le distanze dottrinali da questa Dichiarazione o per considerarla eretica, contraria alla Tradizione della Chiesa o blasfema.
2. Ricezione pratica
Alcuni Vescovi, tuttavia, si esprimono in modo particolare a riguardo di un aspetto pratico: le possibili benedizioni di coppie irregolari. La Dichiarazione contiene la proposta di brevi e semplici benedizioni pastorali (non liturgiche né ritualizzate) di coppie irregolari (non delle unioni), sottolineando che si tratta di benedizioni senza forma liturgica che non approvano né giustificano la situazione in cui si trovano queste persone.
I documenti del Dicastero per la Dottrina della Fede come Fiducia supplicans possono richiedere, nei loro aspetti pratici, più o meno tempo per la loro applicazione a seconda dei contesti locali e del discernimento di ogni Vescovo diocesano con la sua Diocesi. In alcuni luoghi non ci sono difficoltà per un’applicazione immediata, in altri si dà la necessità di non innovare nulla mentre ci si prende tutto il tempo necessario per la lettura e l’interpretazione.
Alcuni Vescovi, ad esempio, hanno stabilito che ogni sacerdote deve compiere un’opera di discernimento e che potrà, tuttavia, eseguire queste benedizioni solo in privato. Nulla di tutto ciò è problematico se viene espresso con il dovuto rispetto per un testo firmato e approvato dallo stesso Sommo Pontefice, cercando in qualche modo di accogliere la riflessione in esso contenuta.
Ogni Vescovo locale, in virtù del suo proprio ministero, ha sempre il potere di discernimento in loco, cioè in quel luogo concreto che conosce più di altri perché è il suo gregge. La prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti.
3. La situazione delicata di alcuni Paesi
Il caso di alcune Conferenze episcopali deve essere compreso nel proprio contesto. In diversi Paesi ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine.
Se ci sono legislazioni che condannano con il carcere e in alcuni casi con la tortura e perfino con la morte il solo fatto di dichiararsi omosessuale, va da sé che sarebbe imprudente una benedizione. È evidente che i Vescovi non vogliono esporre le persone omosessuali alla violenza. Resta importante che queste Conferenze episcopali non sostengano una dottrina differente da quella della Dichiarazione approvata dal Papa, in quanto è la dottrina di sempre, ma piuttosto che propongano la necessità di uno studio e di un discernimento per agire con prudenza pastorale in un tale contesto.
In verità, non sono pochi i Paesi che in varia misura condannano, proibiscono e criminalizzano l’omosessualità. In questi casi, al di là della questione delle benedizioni, vi è un compito pastorale grande e di largo respiro che include formazione, difesa della dignità umana, insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa e diverse strategie che non ammettono fretta.
4. La vera novità del documento
La vera novità di questa Dichiarazione, quella che richiede un generoso sforzo di ricezione e da cui nessuno dovrebbe dichiararsi escluso, non è la possibilità di benedire coppie irregolari. È l’invito a distinguere tra due forme differenti di benedizioni: “liturgiche o ritualizzate” e “spontanee o pastorali”. Nella Presentazione si spiega chiaramente che «il valore di questo documento è […] quello di offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni, che permette di ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata a una prospettiva liturgica». Questa «riflessione teologica, basata sulla visione pastorale di Papa Francesco, implica un vero sviluppo rispetto a quanto è stato detto sulle benedizioni nel Magistero e nei testi ufficiali della Chiesa».
Sullo sfondo si situa la valutazione positiva della “pastorale popolare” che appare in molti testi del Santo Padre. In questo contesto, il Santo Padre ci invita a una valorizzazione della fede semplice del Popolo di Dio, che anche in mezzo ai suoi peccati esce dall’immanenza e apre il suo cuore per chiedere l’aiuto di Dio.
Per questa ragione, più che a riguardo della benedizione di coppie irregolari, il testo del Dicastero ha adottato l’alto profilo di una “Dichiarazione”, che rappresenta molto di più di un responsum o di una lettera. Il tema centrale, che ci invita in modo particolare ad un approfondimento che arricchisca la nostra prassi pastorale, è la comprensione più ampia delle benedizioni e la proposta di accrescere le benedizioni pastorali, che non esigono le medesime condizioni delle benedizioni in un contesto liturgico o rituale. Di conseguenza, al di là della polemica, il testo richiede uno sforzo di riflessione serena, con cuore di pastori, scevro da ogni ideologia.
Sebbene qualche Vescovo consideri prudente per il momento non dare queste benedizioni, resta vero che tutti necessitiamo di crescere nella convinzione che le benedizioni non ritualizzate non sono una consacrazione della persona o della coppia che le riceve, non sono una giustificazione di tutte le sue azioni, non sono una ratifica della vita che conduce. Quando il Papa ci ha chiesto di crescere in una comprensione più ampia delle benedizioni pastorali, ci ha proposto di pensare ad un modo di benedire che non richiede di porre tante condizioni per realizzare questo semplice gesto di vicinanza pastorale, che è un mezzo per promuovere l’apertura a Dio in mezzo alle più diverse circostanze.
5. Come si presentano concretamente queste “benedizioni pastorali”?
Per distinguersi chiaramente dalle benedizioni liturgiche o ritualizzate, le “benedizioni pastorali” debbono essere soprattutto molto brevi (cfr. n. 28). Si tratta di benedizioni di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale. Se si avvicinano insieme due persone per invocarla, semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone che la richiedono. Allo stesso tempo si chiede che possano vivere il Vangelo di Cristo in piena fedeltà e che lo Spirito Santo possa liberare queste due persone da tutto ciò che non corrisponde alla sua volontà divina e di tutto ciò che richiede purificazione.
Questa forma di benedizione non ritualizzata, con la semplicità e la brevità della sua forma, non pretende di giustificare qualcosa che non sia moralmente accettabile. Ovviamente non è un matrimonio, ma non è neanche un’“approvazione” né la ratifica di qualcosa. È unicamente la risposta di un pastore a due persone che chiedono l’aiuto di Dio. Perciò, in questo caso, il pastore non pone condizioni e non vuole conoscere la vita intima di queste persone.
Poiché alcuni hanno manifestato la domanda sul come potrebbero essere queste benedizioni, vediamo un esempio concreto: immaginiamo che in mezzo ad un grande pellegrinaggio una coppia di divorziati in una nuova unione dicano al sacerdote: “Per favore ci dia una benedizione, non riusciamo a trovare lavoro, lui è molto malato, non abbiamo una casa, la vita sta diventando molto pesante: che Dio ci aiuti!”.
In questo caso, il sacerdote può recitare una semplice orazione come questa: «Signore, guarda a questi tuoi figli, concedi loro salute, lavoro, pace e reciproco aiuto. Liberali da tutto ciò che contraddice il tuo Vangelo e concedi loro di vivere secondo la tua volontà. Amen». E conclude con il segno della croce su ciascuno dei due.
Si tratta di 10 o 15 secondi. Ha senso negare questo tipo di benedizioni a queste due persone che la implorano? Non è il caso di sostenere la loro fede, poca o molta che sia, di aiutare le loro debolezza con la benedizione divina, e di dare un canale a questa apertura alla trascendenza che potrebbe condurli a essere più fedeli al Vangelo?
A scanso di equivoci, la Dichiarazione aggiunge che, quando la benedizione è chiesta da una coppia in situazione irregolare, «benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici […] questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso» (39). Resta chiaro, pertanto, che non deve avvenire in un posto importante dell’edificio sacro o di fronte all’altare, perché anche questo creerebbe confusione.
Per questa ragione, ogni Vescovo nella sua Diocesi è autorizzato dalla Dichiarazione Fiducia supplicans ad attivare questo tipo di benedizioni semplici, con tutte le raccomandazioni di prudenza e di attenzione, ma in nessun modo è autorizzato a proporre o ad attivare benedizioni che possano somigliare a un rito liturgico.
6. Catechesi
In alcuni luoghi, forse, sarà necessaria una catechesi che aiuti tutti a intendere che questo tipo di benedizioni non sono una ratifica della vita che conducono coloro che le invocano. Ancora di meno sono una assoluzione, in quanto questi gesti sono lontani dall’essere un sacramento o un rito. Sono semplici espressioni di vicinanza pastorale che non pongono le medesime esigenze di un sacramento né di un rito formale. Dovremo abituarci tutti ad accettare il fatto che, se un sacerdote dà questo tipo di benedizioni semplici, non è un eretico, non ratifica nulla, non sta negando la dottrina cattolica.
Possiamo aiutare il Popolo di Dio a scoprire che questo tipo di benedizioni sono solo semplici canali pastorali che aiutano le persone a manifestare la propria fede, sebbene siano grandi peccatori. Per questo, nel dare queste benedizioni a due persone che insieme si avvicinano per implorarla spontaneamente, non le stiamo consacrando né ci stiamo congratulando con loro né stiamo approvando questo tipo di unione. In realtà lo stesso accade quando si benedicono i singoli individui, in quanto il singolo individuo che chiede una benedizione – non l’assoluzione – potrebbe essere un grande peccatore, ma non per questo gli neghiamo questo gesto paterno nel mezzo della sua lotta per sopravvivere.
Se questo viene chiarito grazie ad una buona catechesi, possiamo liberarci dalla paura che queste nostre benedizioni possano esprimere qualcosa di inadeguato. Possiamo essere ministri più liberi e forse più vicini e fecondi, con un ministero carico di gesti di paternità e di vicinanza, senza paura di essere fraintesi.
Chiediamo al Signore appena nato di riversare su tutti una generosa e gratuita benedizione per poter vivere un santo e felice 2024.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
Mons. Armando Matteo
Segretario per la Sezione Dottrinale


Indice – Fiducia supplicans [QUI]

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