Migranti e rifugiati vittime di tortura: da MSF un progetto per aiutare le vittime

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“La tortura, secondo la definizione della World Medical Association (WMA), consiste nell’infliggere deliberatamente, sistematicamente o in modo indiscriminato, sofferenze fisiche o mentali da parte di una o più persone agendo da sole o per ordine di un’autorità, al fine di estorcere informazioni, ottenere una confessione o per qualsiasi altro motivo. Si tratta, pertanto, di un evento deliberatamente inflitto”.

Il rapporto di MSF, ‘Sopravvivere alla tortura’, presentato nel mese scorso a Palermo in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo e il Policlinico ‘Paolo Giaccone’, racconta le attività svolte dalla fine del 2020: in 3 anni prese in carico 194 persone, di cui 36 donne e 27 minori. Il 20% ha subito torture sessuali; il 61% dei pazienti ha subito torture in Libia ed il 20% dei sopravvissuti sono stati torturati sessualmente.

Da gennaio 2021 al 30 settembre 2023 sono stati presi in carico 194 pazienti, di cui 158 uomini, 36 donne e 27 minori. Il 61% di questi ultimi ha riferito di essere stato torturato in Libia, il 37% nei paesi di origine, mentre il restante 2% nei Paesi di transito durante il percorso migratorio. Sono le strutture detentive il principale luogo dove sono avvenute le torture (58% dei casi).

Il 20% dei pazienti ha inoltre riferito di aver subito torture sessuali., come ha spiegato Carmela Virga, psicologa del progetto di MSF di Palermo: “Pugni, calci, percosse con manganelli e cavi spessi, falaka, bruciature, torture sessuali, sono le violenze subite dalle persone che assistiamo. La tortura è perpetrata per distruggere l’identità stessa dell’individuo e agisce su diversi livelli. I dolori del corpo riattivano i ricordi traumatici e viceversa”.

La maggior parte dei pazienti ammessi nel 2023 (44 su 57) sono uomini, con un’età media di 28 anni e la presenza di 9 minori non accompagnati. I paesi di origine più rappresentati sono Bangladesh, Gambia, Camerun, Tunisia, Somalia e Costa d’Avorio. Quasi la metà delle segnalazioni per la presa in carico sono arrivate dai centri di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale.

Oltre a problematiche mediche (39% all’apparato muscolo-scheletrico, 11% esiti di traumi direttamente correlati alle violenze subite), le persone sopravvissute a tortura hanno mostrato conseguenze sulla loro salute mentale con sintomatologia post-traumatica da stress (incubi, pensieri intrusivi e flashback riguardanti le violenze subite), ansia e depressione. Sette pazienti hanno riferito pensieri suicidari.

Al momento dell’ammissione al progetto, poco meno della metà (41%) era richiedente asilo, mentre il 21% disponeva di altro titolo di soggiorno (status di rifugiato, protezione sussidiaria, protezione speciale tra gli altri). Il 13% risultava privo di titolo di soggiorno e ha avuto accesso alle cure in regime di codice STP: “Come già dimostrato ampiamente dalla letteratura, la salute mentale della popolazione rifugiata e migrante può essere influenzata negativamente da fattori esistenti nel Paese o nella comunità ospitante, come l’assenza di residenza, la condizione di vita incerta, la mancanza di documenti, la lunghezza dell’iter per l’ottenimento dello status di rifugiato. Questa accumulazione di difficoltà genera ulteriore instabilità e ansia.

La maggior parte di pazienti ha presentato la necessità di follow-up psicologico, che rappresenta l’attività più rilevante in termini di numero di visite”.

Tra i pazienti seguiti per problematiche di salute mentale, la maggior parte (57%) ha presentato una sintomatologia post-traumatica da stress (PTSD), mentre una percentuale inferiore ha presentato sintomi ansiosi e/o depressivi.

Nel 2023 sono state effettuate 114 consultazioni mediche: a causa delle violenze subite, quasi il 40% dei pazienti ha presentato problematiche di tipo ortopedico o muscolo-scheletrico, con evidenti esiti cicatriziali o complicanze conseguenti (11%).

Inoltre, una percentuale rilevante di pazienti ha presentato problematiche mediche indipendenti dall’anamnesi di tortura, come malattie di tipo endocrino (11% sono affetti da diabete) o infezioni respiratorie.

Msf accoglie con favore i passi compiuti dal ministero della Salute che garantiscono ai sopravvissuti alla tortura di accedere a cure mediche e psicologiche specialistiche, attraverso la pubblicazione nel 2017 delle Linee guida per la cura, il trattamento dei disturbi mentali e la riabilitazione dei rifugiati sopravvissuti a tortura.

Al tempo stesso Msf chiede al ministero della Salute e alle Regioni di garantire che queste Linee guida siano attuate in modo rigoroso, coerente ed efficace in tutta Italia e che i sopravvissuti possano accedere a un supporto adeguato ai loro bisogni.

Msf chiede, inoltre, che sia garantita l’individuazione precoce delle vulnerabilità causate dalla tortura a partire dalle procedure di sbarco e all’interno dei centri di accoglienza e l’accesso a servizi dedicati, nonché a cure multidisciplinari specializzate e a lungo termine.

Msf chiede, infine, che sia assicurato a tutta la popolazione straniera l’accesso ai servizi sociosanitari secondo le normative vigenti, superando le barriere amministrative, garantendo un approccio interculturale da parte del personale, basato su una presenza strutturata dei servizi di mediazione interculturale.

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