Papa Francesco invita a sperimentare il perdono come santa Bakhita

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“Continuo a seguire con lacrime e apprensione quanto sta succedendo in Israele e Palestina: tante persone uccise, altre ferite. Prego per quelle famiglie che hanno visto trasformare un giorno di festa in un giorno di lutto e chiedo che gli ostaggi vengano subito rilasciati. E’ diritto di chi è attaccato difendersi, ma sono molto preoccupato per l’assedio totale in cui vivono i palestinesi a Gaza, dove pure ci sono state molte vittime innocenti.

Il terrorismo e gli estremismi non aiutano a raggiungere una soluzione al conflitto tra Israeliani e Palestinesi, ma alimentano l’odio, la violenza, la vendetta, e fanno solo soffrire gli uni e gli altri. Il Medio Oriente non ha bisogno di guerra, ma di pace, di una pace costruita sulla giustizia, sul dialogo e sul coraggio della fraternità”.

Al termine dell’udienza generale papa Francesco ha rivolto un appello per la liberazione degli ostaggi ed ha chiesto che si trovi una soluzione pacifica in Terra Santa, affermando la preoccupazione per gli abitanti di Gaza sotto assedio, però riconoscendo il diritto alla difesa.

Eppoi ha pregato per la popolazione afghana, colpita dal terremoto: “Rivolgo un pensiero speciale alla popolazione dell’Afghanistan, che sta soffrendo a seguito del devastante terremoto che l’ha colpita, provocando migliaia di vittime, tra cui molte donne e bambini, e di sfollati.

Invito tutte le persone di buona volontà ad aiutare questo popolo già così tanto provato, contribuendo, in spirito di fraternità, ad alleviare le sofferenze della gente e a sostenere la necessaria ricostruzione”.

Mentre nella riflessione odierna, riprendendo il ciclo di catechesi ‘La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente’, ha incentrato la meditazione sulla santa sudanese, ‘Santa Giuseppina Bakhita: testimone della forza trasformatrice del perdono di Cristo’:

“Purtroppo da mesi il Sudan è lacerato da un terribile conflitto armato di cui oggi si parla poco; preghiamo per il popolo sudanese, perché possa vivere in pace! Ma la fama di Santa Bakhita ha superato ogni confine e ha raggiunto tutti coloro a cui viene rifiutata identità e dignità.

Nata in Darfur (il martoriato Darfur!) nel 1869, è stata rapita dalla sua famiglia all’età di sette anni e fatta schiava. I suoi rapitori la chiamarono ‘Bakhita’, che significa ‘fortunata’. E’ passata attraverso otto padroni, uno vendeva all’altro …

Le sofferenze fisiche e morali di cui è stata vittima da piccola l’hanno lasciata senza identità. Ha subito cattiverie e violenze: sul suo corpo portava più di cento cicatrici. Ma lei stessa ha testimoniato: Da schiava non mi sono mai disperata, perché sentivo una forza misteriosa che mi sosteneva”.

Ed ha spiegato in cosa consisteva questo ‘segreto’: “Sappiamo che spesso la persona ferita ferisce a sua volta; l’oppresso diventa facilmente un oppressore. Invece, la vocazione degli oppressi è quella di liberare sé stessi e gli oppressori diventando restauratori di umanità. Solo nella debolezza degli oppressi si può rivelare la forza dell’amore di Dio che libera entrambi. Santa Bakhita esprime benissimo questa verità”.

Ed ha raccontato che tale segreto deriva dal crocifisso: “Davvero, com-patire significa sia patire con le vittime di tanta disumanità presente nel mondo, e anche compatire chi commette errori e ingiustizie, non giustificando, ma umanizzando. Questa è la carezza che lei ci insegna: umanizzare.

Quando entriamo nella logica della lotta, della divisione tra noi, dei sentimenti cattivi, uno contro l’altro, perdiamo umanità. E tante volte pensiamo che abbiamo bisogno di umanità, di essere più umani. E questo è il lavoro che ci insegna santa Bakhita: umanizzare, umanizzare noi stessi e umanizzare gli altri”.

Ciò è avvenuto, perché ha sperimentato il perdono: “Il perdono l’ha resa libera. Il perdono prima ricevuto attraverso l’amore misericordioso di Dio, e poi il perdono dato l’ha resa una donna libera, gioiosa, capace di amare.

Bakhita ha potuto vivere il servizio non come una schiavitù, ma come espressione del dono libero di sé. E questo è molto importante: fatta serva volontariamente (è stata venduta come schiava) ha poi scelto liberamente di farsi serva, di portare sulle sue spalle i fardelli degli altri”.

Il perdono è la strada indicata da santa Bakhita: “Santa Giuseppina Bakhita, con il suo esempio, ci indica la via per essere finalmente liberi dalle nostre schiavitù e paure. Ci aiuta a smascherare le nostre ipocrisie e i nostri egoismi, a superare risentimenti e conflittualità. E ci incoraggia sempre.

Cari fratelli e sorelle, il perdono non toglie nulla ma aggiunge (che cosa aggiunge, il perdono?) dignità: il perdono non ti toglie nulla ma aggiunge dignità alla persona, fa levare lo sguardo da se stessi verso gli altri, per vederli sì fragili quanto noi, ma sempre fratelli e sorelle nel Signore. Fratelli e sorelle, il perdono è sorgente di uno zelo che si fa misericordia e chiama a una santità umile e gioiosa, come quella di santa Bakhita”.

(Foto: Santa Sede)

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