In Pakistan violenza contro i cristiani

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“Le parole mi mancano mentre scrivo questo. Noi, vescovi, sacerdoti e laici, siamo profondamente addolorati ed angosciati per l’incidente di Jaranwala nel distretto di Faisalabad in Pakistan”: sono le parole di mons. Azad Marshall, vescovo della diocesi di Raiwind, riportate dal settimanale cattolico spagnolo ‘Alfa & Omega’.

Nei giorni scorsi la chiesa è stata incendiata da una folla di estremisti musulmani come rappresaglia per presunta blasfemia, con una ‘falsa’ accusa ad una famiglia cristiana di aver violato il Corano: “Le Bibbie sono state profanate ei cristiani sono stati torturati e vessati.

Di fronte a questo nuovo episodio di persecuzione religiosa, la Chiesa del Pakistan chiede ‘giustizia’, invitando le forze dell’ordine e coloro che devono garantire la giustizia e la sicurezza di tutti i cittadini ad ‘intervenire immediatamente’. Hanno anche chiesto che sia riconosciuto che ‘le nostre vite hanno valore nella nostra patria’, che ha appena celebrato l’indipendenza e la libertà.

Per questo Amnesty International ha chiesto che le autorità del Pakistan “devono adottare misure urgenti per assicurare la protezione della comunità cristiana di Jaranwala, la città del Punjab dove, a seguito della denuncia per blasfemia contro due residenti cristiani, folle di facinorosi hanno assaltato almeno cinque chiese”.

Le leggi contro la blasfemia, di cui da tempo Amnesty International chiede l’abrogazione, “sono la causa di questi atti di violenza. Queste norme continuano a incoraggiare privati cittadini a minacciare, aggredire, tentare di uccidere e uccidere i ‘blasfemi’ o altre persone a essi legate.

Lo scorso 7 agosto un insegnante accusato di blasfemia è stato ucciso nella città di Turbat; a febbraio 2023, nella città di Narkana, un uomo accusato di aver dissacrato il Corano è stato portato via da una stazione di polizia e picchiato a morte”.

Su Aci Stampa Tyler Arnold e Rody Sher hanno sottolineato: “Dal 1987 all’inizio del 2021, più di 1.800 persone sono state accusate di blasfemia in base alle varie leggi anti-blasfemia del Paese. A marzo di quest’anno, circa 40 persone stavano scontando l’ergastolo o erano nel braccio della morte per condanne di blasfemia. Dal 1990, più di 80 persone sono state uccise per presunta blasfemia.

Asia Bibi è stata condannata per blasfemia nel 2010, ma la sua condanna è stata annullata dalla Corte suprema pakistana nel 2018. La donna ha negato l’accusa di aver violato la legge sulla blasfemia e alla fine ha cercato rifugio in Canada”.

Per gli autori dell’articolo “le leggi anti-blasfemia del Pakistan sono state usate contro cristiani e indù, che rappresentano meno del 5% della popolazione del Paese.

Le leggi relative all’insulto ai compagni di Maometto e alcune altre leggi anti-blasfemia sono state utilizzate anche per colpire le sette minoritarie dell’Islam nel Paese, come i musulmani sciiti, che costituiscono circa il 15% della popolazione, e i musulmani ahmadi, che rappresentano meno del 3% della popolazione”.

Nel frattempo il primo ministro pakistano ad interim Anwaar-ul-Haq Kakar ha promesso provvedimenti nei confronti dei responsabili: “Sono sconvolto dalle immagini, saranno presi provvedimenti severi contro coloro che violano la legge e prendono di mira le minoranze…

A tutte le forze dell’ordine è stato chiesto di arrestare i colpevoli e consegnarli alla giustizia. Siate certi che il governo pakistano è al fianco dei nostri cittadini su base paritaria”.

Il presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, l’arcivescovo di Islamabad-Rawalpindi, mons. Joseph Arsad, ha condannato con forza quanto accaduto a Jaranwala, rivolgendo un appello, riportato da Asianews, al governo del Punjab affinché vengano presi immediati provvedimenti contro gli autori:

“Questi incidenti aprono la strada all’insicurezza per le minoranze che vivono in Pakistan. I nostri luoghi di culto e la nostra gente non sono al sicuro. Vi sia un’indagine trasparente su questo tragico indicente in modo che sia ristabilito il primato della legge e della giustizia e si costruisca – si legge – una società migliore nell’armonia e nel rispetto delle religioni”.

Mentre il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, dall’Angola per l’ordinazione episcopale di mons. Germano Penemote, nuovo nunzio in Pakistan, ha ricordato come il Paese asiatico abbia “notevoli potenzialità, ma deve affrontare difficili sfide; un Paese a maggioranza musulmana dove, al di là delle normative vigenti, non è sempre facile assicurare il pieno rispetto dei diritti delle minoranze religiose”.

Infine il segretario di Stato vaticano ha invitato il nuovo nunzio a testimoniare ai fedeli cattolici in Pakistan “l’attenzione del Papa e della Santa Sede per la loro comunità, affinché, sentendo il forte legame con la Chiesa universale, possano rafforzarsi nella loro fede e cercare vie di dialogo con i fedeli dell’islam e delle altre religioni.

Questo dialogo è molto necessario se vogliamo riconoscerci reciprocamente come fratelli e sorelle, a prescindere dalle nostre differenze, e per eliminare ogni rischio di manipolazione della religione e ogni inaccettabile legittimazione della violenza”.

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