Riflessioni sull’Origine sacramentale del matrimonio e sulle cause giustificative del divorzio: Vangelo secondo Mt 19,9 Amoris Laetitia di Papa Francesco n. 241

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Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile (cfr. art. 131 della Cost. Apost. del 19/3/2022), di qui la necessità di una pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto specializzati da s tabilire nelle diocesi’.[259] Queste situazioni ‘esigono un attento, preliminare discernimento ed un accompagnamento (specifico e solo per loro, come dice il Papa) di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promuovendo successivamente la loro partecipazione alla vita della comunità’ (principio basilare sottolineato anche da Padre Salonia).

Dobbiamo renderci conto che la rottura di un matrimonio dipende ( vi sembrerà strano) dall’inidoneo approccio di mo lti fidanzati ( che abbiamo anche seguito durante i corsi prematrimoniali organizzati da Padre Cesare) quando incontrano per la prima volta (redazione del c.d. ‘pocessicolo’) il sacerdote che consacrerà le loro nozze. Pertanto, dobbiamo evidenziare prelim inarmente i seguenti chiarimenti condivisi anche dai massimi studiosi di Teologia e di Diritto canonico (con cui sono costantemente in contatto anche sul piano sinodale, in particolare con gli operatori pastorali di Milano dove abbiamo il domicilio, frequentando la parrocchia vicina ed il nostro amico v. parroco Mons. Alessandro Repossi ed i responsabili del gruppo diocesano ACOR ( Alessandra, Valentina ecc. citati in un mio articolo qui in corso di pubblicazione), che abbiamo incontrato il 4/5/2023.

A questo punto mi/vi chiedo “Il divorzio è un peccato veniale/ In tale ottica, perché un peccato sia mortale si richiede, come sto per spiegare, che concorrano tre condizioni (simili ai 3 elementi essenziali d el reato, oggettivo e psicologico, cioè condotta penalmente rilevante, dolo/colpa e nesso di causalità, previsti anche dal Codice di Diritto penale canonico e da quello dello Stato italiano perché sussista il reato che in linea di massima si identifica con il peccato come qui delineato. Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: la materia grave, la piena consapevolezza, il deliberato consenso».(CCC, 1857).

La materia grave è precisata dai dieci comandamenti, secondo la risposta di Gesù al giovane ricco «Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma (soltanto, esclusivamente) la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata » (Mt 12,31). Gli altri 2 elementi si fondano sui fattori di natura psicosociale presi in considerazione dal CCC per confermare il mio assunto riguardante la domanda ‘de qua’.

Infatti, il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC nn. 1735, 2352 ) ), l’ “Amoris ( 301,302,303) ed il Codice di Diritto canonico specificano le cause di giustificazione e le circostanze attenuanti del peccato. La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti (simili a quelli sanciti per i reati previsti dall’art. 1323 del Codice di Diritto canonico e dall’art. 62 e ss. del Codice penale italiano).

Riguardo a questi condizionamenti (attinenti ai comportamenti immorali) il Catechismo della Chiesa Cattolica ( art. 3 n. 1735 CCC) si esprime in maniera decisiva: ‘L’imputabilità e la responsabilità di un’ azione possono essere diminuite o annullate ( cfr. similmente artt. 51 e ss., 85 C.P. italiano ) dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali’[343]. In un altro paragrafo (cfr. art.6. n. 2352 comma 2 CCC ) fa riferimento nuovamente a circostanze che attenuano la responsabilità morale, e menziona, con grande ampiezza, l’immaturità affettiva, la forza delle abitudini contratte, lo stato di angoscia o altri fatt ori psichici o sociali.[344] Per questa ragione, un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza (Cap. 8, nn. 301, 302) della persona coinvolta.

A questo punto possiamo chiederci:“Il reato è un peccato mortale”?? Entrando nel merito evidenzio che la dottrina afferma che è inoppugnabile che la maggior parte dei peccati (mortali e veniali) si identificano con i reati (delitti e contravvenzioni, di cui si occupa mio figlio Riccardo, Magistra to dal 2007, attualmente alla Sezione penale della Corte d’Appello di Palermo) previsti dal Codice penale, come l’ omicidio (delitto istantaneo), il furto , la truffa, l’associazione a delinquere (reato permanente) ed a volte con gli illeciti civili (art. 2043 Cod. civ.) ed erariali ( di cui mi occupai quando ero dirigente presso la Procura della Magistratura di controllo).

Tuttavia, si può confermare in generale che tutti i delitti sono peccati, ma non tutti i peccati sono reati. Il reato (delitto e contravvenzione) in senso formale è quel fatto giuridico, infrattivo della legge penale (principio di legalità), espressamente previsto dal legislatore e al quale l’ordinamento giuridico ricollega come conseguenza, una sanzione (pena). In relazione alla struttura, il reato è quel fatto umano attribuibile al soggetto (principio di materialità) offensivo di un bene giuridicamente tutelato (da una lesione o, in alcuni casi, anche da una intimidazione) sanzionato con una pena ritenuta proporzionale alla rilevanza del bene tutelato, in cui la sanzione svolge la funzione di rieducazione del condannato.

Il reato, previsto, disciplinato e sanzionato dall’ordinamento giuridico penale si distingue dall’illecito erariale (la cui cognizione spetta alla Corte dei conti), da q uello amministrativo ( di norma di natura disciplinare) e da quello civile ( art. 2043 CC) per il differente status dell’autore e per la diversa natura della sanzione prevista. Gli elementi essenziali del reato (in assenza dei quali lo stesso non esiste od è giustificato da alcune circostanze scriminanti come per esempio la legittima difesa, ovvero la responsabilità penale è diminuita o la sanzione comminata è ridotta in presenza di circostanze attenuanti, per esempio l’aver agito per ragioni morali o um anitarie, ovvero non sussistono gli estremi della piena imputabilità, ecc.) sono ( da confrontare con le condizioni richieste perché sussista il peccato, qui indicate).

Il fatto tipico (condotta umana, evento e nesso di causalità che lega la condotta Imputazione soggettiva del fatto che si risolve in un giudizio sul dolo (intenzionalità) e sulla colpa (in generale si basa sulla valutazione dell’ imprudenza, negligenza ed imperizia). Resta confermato ed è inoppugnabile che la maggior parte dei peccati (mortali e veniali) si identificano con i reati (delitti e contravvenzioni) previsti dal Codice penale, come l’omicidio (delitto istantaneo), il furto, la truffa, l’associazione a delinquere (reato permanente) ed a volte con gli illeciti civili (art. 2043 Cod. civ.) e con quelli erariali, di cui mi occupai come Dirigente unico della Corte dei conti della Sicilia, in tanti convegni e nelle lezioni alla Facoltà di Giurispruden za di Palermo (cfr. https://gloria.tv/post/ppr8b9RjaRCz1QqF69cKVEvE9.

Il Catechismo della Chiesa cattolica chiarisce (CCC 1849), a tal proposito che il peccato (condotta/comportamento) è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uo mo e attenta alla solidarietà umana. E’ stato definito “una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna” [Sant’Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22: PL 42, 418; San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I II, 71, 6].

Il peccato è un’offesa a Dio (CCC 1850): “Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” ( Sal 51,6 ). Il peccato si erge contro l’amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà (elemento soggettivo/psicologico che si riscontra nel reato) di diventare ‘come Dio’ (Gen 3,5), conoscendo e determinando (nesso di causalità) il bene e il male. Il peccato pertanto è “amore di sé fino al disp rezzo di Dio” [Sant’Agostino, De civitate Dei, 14, 28].

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