Congo, le organizzazioni per i diritti umani chiedono una sessione speciale del consiglio Onu

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Di fronte al continuo aumento del numero delle vittime nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), Amnesty International, Human Rights Watch e oltre 40 organizzazioni impegnate in Africa hanno lanciato l’allarme sul rischio di una catastrofe umanitaria nell’est del paese e hanno chiesto la convocazione immediata di una sessione speciale del Consiglio Onu dei diritti umani.

In una lettera al suo presidente, l’ambasciatore Martin Uhomoibi, le organizzazioni hanno sollecitato il Consiglio Onu dei diritti umani a incrementare azioni efficaci per proteggere migliaia di civili le cui vite sono a rischio. In particolare, le organizzazioni hanno chiesto al Consiglio Onu dei diritti umani di nominare un inviato speciale per la regione orientale della Repubblica democratica del Congo, che riferisca sulla situazione dei diritti umani e raccomandi misure concrete per affrontarla. “Le ostilità nell’est della Rdc hanno già provocato un devastante numero di morti. Deve essere fatto tutto il possibile per impedire un ulteriore peggioramento di una situazione già drammatica. Il Consiglio Onu dei diritti umani non deve voltare le spalle alle vittime”, si legge nella lettera all’ambasciatore Uhomoibi. I recenti combattimenti nell’est della Rdc hanno provocato almeno 250.000 profughi (in maggior parte donne e bambini), per un totale di oltre un milione (secondo alcune stime, 1.600.000) di civili che sono stati costretti a lasciare la regione del Nord Kivu.

Gran parte dei profughi si trova in una situazione disperata, senza acqua, cibo, medicine e rifugi a sufficienza. Le operazioni umanitarie internazionali sono appena riprese, ma alcune di esse sono state subito sospese a causa della precaria situazione di sicurezza e molti profughi rimangono in zone non raggiungibili. Amnesty International ha ricevuto notizie di numerose esecuzioni sommarie. Il Consiglio Onu dei diritti umani si riunisce in sessione speciale se 16 dei suoi membri lo richiedono al presidente e al segretariato di questo organismo. Dopo la formalizzazione della richiesta, la sessione speciale deve essere convocata al più presto, in linea di principio non prima di due giorni e non dopo cinque giorni lavorativi. In una lettera aperta, indirizzata al premier congolese Adolphe Muzito, mons. François-Xavier Maroy Rusengo, arcivescovo di Bukavu (capoluogo del Sud Kivu), ha scritto che il “dramma congolese ha implicazioni economiche e politiche a livello internazionale, nazionale e locale”. Come via d’uscita alla balcanizzazione del Kivu, mons. Rusengo ha proposto un vertice “tra gli Usa, l’Unione Europea e alcuni Paesi asiatici, per armonizzare i loro interessi geostrategici, economici e persino fondiari che alimentano le tensioni mortali della nostra regione in generale e del Congo in particolare”.

È necessario porre un freno agli interessi commerciali occidentali anche secondo Medici Senza Frontiere, che l’11 novembre scorso ha chiesto di “ripristinare l’embargo delle armi per i Paesi della regione”. Suor Giovanna Gallicani, Piccola Figlia dei Santissimi Cuori di Gesù e Maria e collaboratrice del progetto Aifo per l’infanzia a Goma (capitale del Nord Kivu), ammette di affidarsi ormai solo alla preghiera. “Abbiamo passato due giorni terribili: l’armata nazionale e i ribelli – ha detto la suora – hanno saccheggiato, ucciso e commesso violazioni di ogni genere. Rimane l’incertezza e la paura”. Identica sfiducia testimoniano le parole di Domenico Maselli – presidente della Fcei (Federazione delle Chiese evangeliche in Italia) – che il 12 novembre scorso ha criticato, a nome dell’agenzia ecumenica Act (Action by Churches Togheter), impegnata da anni nella crisi del Congo, “l’assoluta inadeguatezza della capacità di intervento della comunità internazionale, a sostegno della sicurezza e dei diritti umani di intere popolazioni. Solidarizzare con questi profughi oggi significa necessariamente ripensare alle politiche di intervento umanitario domani”.

Infine, padre Giulio Albanese denuncia il silenzio dell’informazione italiana su questa guerra: “Il giornalismo italiano si dimostra sempre più provinciale. Non mi stancherò mai di scriverlo! E sì cari amici lettori, perché non riesco a capire come si possa continuare ad ignorare la drammatica emergenza che attanaglia il Congo. A parte la stampa cattolica, del Terzo Settore e alcuni notiziari radiofonici (Radio Vaticana, Radio Rai e Radio 24 del Sole 24 ore) questa guerra africana è praticamente ignorata dai media nostrani. Eppure di cose da raccontare sull’ex Zaire ce ne sono a bizzeffe”.

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