Perché un altro colpo al rito antico?

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.02.2023 – Andrea Gagliarducci] – Il Praedicate Evangelium, la Costituzione apostolica che regola le funzioni e i doveri degli Uffici della Curia, attribuisce al Dicastero per il Culto Divino il preciso compito di promuovere «la sacra liturgia secondo il rinnovamento intrapreso dal Concilio Vaticano II». La menzione del Concilio poteva essere letta come un indizio delle misure che Papa Francesco avrebbe preso sul rito antico della Messa. E dopo il primo giro di vite con il Motu proprio Traditionis custodes [QUI] Papa Francesco ha ulteriormente specificato due norme particolari con un rescritto pubblicato il 21 febbraio 2023 [QUI].

L’ulteriore stretta di Papa Francesco segue una serie di speculazioni del mondo tradizionalista, che parlavano addirittura di una Costituzione apostolica del Papa o di una Lettera apostolica da pubblicare il Lunedì santo, anniversario della promulgazione del nuovo rito da parte di Paolo VI ( fu promulgato il 3 aprile 1969 [QUI]), così da stabilire una volta per tutte che l’unico rito valido nella Chiesa è quello secondo il Messale promulgato dopo il Concilio Vaticano II, e tutti gli altri sono eccezioni.

La pubblicazione del rescritto, però, non esclude la pubblicazione di una Lettera apostolica il Lunedì santo per ricordare un anniversario ma anche per ristabilire un principio. Papa Francesco ha preso in mano la situazione e ha deciso di dare un orientamento preciso alla questione, annullando di fatto le aperture di Benedetto XVI in materia.

La linea guida è quella del Concilio Vaticano II. Ma, purtroppo, Papa Francesco non ha mancato, sempre più spesso, di lamentarsi di un “arretratezza”, che porta a guardare indietro per restare nella tradizione senza capire che i tempi sono cambiati, dando così alla pratica un’interpretazione rigida e dannosa.

In questo modo, il Papa è entrato in un dibattito che si credeva superato. È vero che, dopo il Concilio Vaticano II, le interpretazioni del Concilio come rottura avevano portato l’attenzione sulla tradizione nella Chiesa. I movimenti tradizionali erano sempre esistiti, dopotutto. Eppure, con il Concilio Vaticano II, il dibattito, un po’ acceso dai media [QUI], ne ha subito fatto una sorta di bersaglio.

C’è stato un durissimo dibattito mediatico e poi un lavoro dietro le quinte di sintesi, svolto prima da Paolo VI e poi da Giovanni Paolo II. Ad esempio, la scomunica dei vescovi lefebvriani è arrivata solo quando l’Arcivescovo Marcel Lefebvre ha compiuto un visibile gesto di rottura, ovvero l’ordinazione di quattro nuovi vescovi senza il consenso di Roma. Ma, fino a quel momento, il lavoro dietro le quinte era di cercare una soluzione, creare unità. Tanto che la Santa Sede ha creato la Fraternità Sacerdotale San Pietro, che ha accolto i cattolici che volevano continuare a celebrare con il rito di San Pio V [1].

La linea di Benedetto XVI è stata quella di cercare l’unità. Di fronte a un dibattito che si faceva sempre più acceso e che era arrivato a mettere in discussione la validità del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI decise di liberalizzare l’uso del rito antico. E allo stesso tempo, ha detto ai lefebvriani che avrebbero potuto ricongiungersi a Roma, sciogliendo lo scisma, se solo avessero firmato un preambolo dottrinale che riconoscesse il Concilio Vaticano II. In fondo, il minimo indispensabile per poter essere in comunione.

Questo preambolo non è mai stato firmato e il dialogo si è bloccato. Ma, allo stesso tempo, i gruppi di fedeli che hanno voluto celebrare nel rito tradizionale hanno trovato una casa e un modo per sentirsi in comunione. Nessuno nega che, a volte, ci possano essere problemi organizzativi a livello locale. In generale, però, la questione era stata superata optando proprio per l’unità della Chiesa.

E qui sta il punto: era stato superato semplicemente seguendo il Concilio Vaticano II. Il numero 4 della Costituzione apostolica Sacrosanctum Concilium sulla liturgia era evidente.

Si legge [QUI]: «Infine, in fedele obbedienza alla tradizione, il sacro Concilio dichiara che la santa Madre Chiesa ritiene tutti i riti legittimamente riconosciuti di uguale diritto e dignità; che desidera conservarli in futuro e promuoverli in ogni modo. Il Concilio desidera inoltre che, ove necessario, i riti siano attentamente rivisti alla luce della sana tradizione, e che sia dato loro nuovo vigore per soddisfare le circostanze e le esigenze dei tempi moderni».

Tutti i riti sono validi, quindi, e dovrebbero essere rivisti solo quando necessario. Tra l’altro, il Messale di San Pio V era già stato riformato da Giovanni XXIII [2], ed è a quest’ultimo che ci riferiamo il più delle volte.

Se questo è l’approccio del Concilio Vaticano II, perché Papa Francesco ha preso una strada diversa? Le due precisazioni del Motu proprio ribadiscono inoltre che la Sede Apostolica è competente su tutto e che i vescovi devono sempre riferire ad essa. Anche sull’assegnazione delle parrocchie la normativa prevedeva una segnalazione alla Sede Apostolica, che ora diventa obbligatoria.

Insomma, il vescovo non può decidere senza approvazione. È sorprendente che il ruolo del vescovo diventa sempre meno centrale. Il suo ruolo non è centrale sotto la Praedicate Evangelium, dove il suo potere non è diverso da quello di chiunque altro perché il potere viene solo dalla missione. Non è centrale in questa decisione perché non può decidere da sé.

Paradossalmente, il vescovo ha piena responsabilità solo in caso di abusi, dove può essere accusato di negligenza, o in caso di annullamenti matrimoniali, dove il Papa vuole che sia lui il decisore ultimo, come ha più volte chiarito.

Ma era questa la direzione voluta dal Concilio Vaticano II? È una domanda legittima quando ci troviamo di fronte a tensioni sempre maggiori e ad un continuo accentramento del potere del Papa. Tale situazione favorisce i delatori – bisogna immaginare vescovi che denunciano i confratelli che hanno preso provvedimenti senza chiedere il parere della Sede Apostolica – e toglie autorità agli uomini di Chiesa e la restituisce all’organo centrale.

Ancora una volta è il Papa che decide. Ma questo processo decisionale potrebbe portare a ulteriori divisioni. E dallo scisma pratico sperimentato in tante occasioni, si potrebbe arrivare a una vera e propria scissione.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

[1] L’edizione riformato del Messale Romano promulgato da San Pio V il 14 luglio 1570 con Costituzione apostolica in forma di bolla pontificia Quo primum tempore [QUI], che trasmette la liturgia in uso a Roma, il cui nucleo risale al III-IV secolo, in esecuzione dei decreti del Concilio di Trento e ne estese l’uso all’intera Chiesa cattolica latina.

[2] La sesta ed ultima edizione tipica del Messale Romano “riveduto per decreto del Concilio di Trento” è quella pubblicata da San Giovanni XXIII nel 1962.

Traditionis custodes – Indice [QUI]

Foto di copertina: Illustrazione di Philipp Schumacher Katholisches Religionsbüchlein für die unteren Klassen der Volksschule (Libretto della religione cattolica per le classi inferiori della scuola elementare) di Wilhelm Pichler edito de Österreichischer Schulbücherverlag (editore austriaco di libri scolastici). È stato l’opera standard per l’educazione religiosa dei bambini per oltre mezzo secolo, ha avuto più di 30 edizioni fino agli anni ’60 ed è stato tradotto in numerose lingue. Fino ad oggi viene ristampato ed è ancora ideale per introdurre i bambini alla religione cattolica. Da sottolineare la densità del materiale e la sua eccellente lavorazione. Il libro è progettato per insegnare le basi della fede cristiana nel corso di tre anni scolastici e preparare i bambini alla Prima Confessione e Comunione. Oltre ad una selezione di storie bibliche, utilizzate per trasmettere gli insegnamenti della Chiesa in modo comprensibile ai bambini, ci sono anche numerose preghiere per i bambini da usare nella vita pratica della fede. Un piccolo catechismo e un rosario per i bambini completano il tutto Il titolo “Libretto della religione cattolica” è un po’ ingannevole: si tratta infatti di un libro di più di 200 pagine.

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