Papa Francesco al Sermig: l’arsenale della pace è un segno di Dio

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Grande festa per i 300 giovani del Sermig (Servizio Missionario Giovanile) di Torino, ricevuti in mattinata da papa Francesco, che ha ringraziato il suo fondatore, Ernesto Olivero, per aver avuto l’intuizione di trasformare un arsenale militare in arsenale di pace:

“Oggi abbiamo l’occasione di ringraziare insieme il Signore per il Sermig, che è una specie di grande albero cresciuto a partire da un piccolo seme. Così sono le realtà del Regno di Dio. Il piccolo seme il Signore l’ha gettato a Torino all’inizio degli anni Sessanta”.

Ed ha ricordato che gli anni del Concilio Vaticano II sono stati fecondi: “Un tempo molto fecondo, basta pensare al Pontificato di San Giovanni XXIII e al Concilio Vaticano II. In quegli anni sono germogliate nella Chiesa diverse esperienze di servizio e di vita comunitaria, a partire dal Vangelo.

E là dove c’è stata una continuità, grazie ad alcune vocazioni che hanno ricevuto risposte generose e fedeli, queste esperienze si sono strutturate e sono cresciute cercando di corrispondere ai segni dei tempi”.

Anche il Sermig è stato un frutto di questo tempo fecondo, che ha portato frutto: “Il Sermig, Servizio Missionario Giovani, è una di queste. E’ nato a Torino da un gruppo di giovani; ma sarebbe meglio dire: da un gruppo di giovani insieme al Signore Gesù. Del resto, Lui lo disse chiaramente ai suoi discepoli: ‘Senza di me non potete fare nulla’.

Dai frutti si vede chiaramente che al Sermig non si è fatto mero attivismo, ma si è lasciato spazio a Lui: a Lui pregato, a Lui adorato, a Lui riconosciuto nei piccoli e nei poveri, a Lui accolto negli emarginati. Sempre Lui, guardando Lui”.

E l’Arsenale della Pace è un segno del ‘sogno’ di Dio: “L’Arsenale della Pace (come le altre realizzazioni del Sermig, e in generale tutte le opere delle comunità cristiane) è un segno del Vangelo non tanto per i numeri che quantificano l’operazione. Non bisogna fermarsi a questo”.

Citando la profezia di Isaia papa Francesco ha ringraziato Ernesto Olivero per aver ‘realizzato’ il sogno di Dio: “L’Arsenale della Pace è frutto del sogno di Dio, potremmo dire della potenza della Parola di Dio…

Ecco il sogno di Dio che lo Spirito Santo porta avanti nella storia attraverso il suo popolo fedele. Così è stato anche per voi: attraverso la fede e la buona volontà di Ernesto, di sua moglie e del primo gruppo del Sermig è diventato il sogno di tanti giovani.

Un sogno che ha mosso braccia e gambe, ha animato i progetti, le azioni e si è concretizzato nella conversione di un arsenale di armi in un arsenale di pace”.

E la pace si costruisce attraverso l’incontro, il dialogo, l’accoglienza: “Attraverso l’esperienza: nell’Arsenale i giovani possono imparare concretamente a incontrare, a dialogare, ad accogliere. Questa è la strada, perché il mondo cambia nella misura in cui noi cambiamo.

Mentre i signori della guerra costringono tanti giovani a combattere i loro fratelli e sorelle, ci vogliono luoghi in cui si possa sperimentare la fraternità. Ecco la parola: fraternità”.

La fraternità è parola che campeggia all’ingresso del Sermig: “Infatti il Sermig si chiama ‘fraternità della speranza’. Ma si può dire anche l’inverso, cioè ‘la speranza della fraternità’. Il sogno che anima i cuori degli amici del Sermig è la speranza di un mondo fraterno. E’ il ‘sogno’ che ho voluto rilanciare nella Chiesa e nel mondo attraverso l’Enciclica ‘Fratelli tutti’.

Voi condividete già questo sogno, anzi, ne fate parte, contribuite a dargli carne, a dargli mani, occhi, gambe, a dargli vita. Di questo voglio rendere grazie a Dio con voi, perché questa è un’opera che non si può fare senza Dio. Perché la guerra si può fare senza Dio, ma la pace si fa solo con Lui”.

Ed infine un invito a non stancarsi mai di costruire la pace: “Cari amici del Sermig, non stancatevi mai di costruire l’Arsenale della Pace! Anche se l’opera può sembrare conclusa, in realtà si tratta di un cantiere sempre aperto.

Questo voi lo sapete bene, e infatti in questi anni avete dato vita all’Arsenale della Speranza a San Paolo del Brasile, all’Arsenale dell’Incontro a Madaba in Giordania, all’Arsenale dell’Armonia a Pecetto Torinese. Ma tutte queste realtà: la pace, la speranza, l’incontro, l’armonia, si costruiscono solo con lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio”.

La pace, però, si costruisce con l’aiuto dello Spirito Santo:  “E’ Lui che crea la pace, la speranza, l’incontro, l’armonia. E i cantieri vanno avanti se chi ci lavora si lascia lavorare dentro dallo Spirito. Voi mi direte: e chi non crede?, e chi non è cristiano?

Questo a noi può sembrare un problema, ma certo non lo è per Dio. Lui, il suo Spirito, parla al cuore di chiunque sappia ascoltare. Ogni uomo e donna di buona volontà può lavorare negli Arsenali della pace, della speranza, dell’incontro e dell’armonia”.

Attraverso la preghiera: “Tuttavia, ci vuole qualcuno che abbia il cuore ben radicato nel Vangelo. Ci vuole una comunità di fede e di preghiera che tiene acceso il fuoco per tutti. Quel fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra e che ormai arde per sempre. E qui si vede anche il senso di una comunità di persone che abbracciano integralmente la vocazione e la missione della fraternità e la portano avanti in maniera stabile”.

E nel saluto Ernesto Olivero ha sottolineato che l’amore ‘spinge’ a ricominciare: “Perché l’amore vero spinge sempre, ci fa sempre ricominciare. L’amore vero non vede l’ora che passi un giorno per ricominciarne un altro. Nella stanchezza, nelle delusioni, l’amore resta amore, come la vela resta vela.

Il nostro viaggio darà frutti, forse li vedremo. Magari sul momento non sapremo chi ringraziare, ma il miracolo delle nostre scelte, del nostro cambiamento, sarà compiuto. E se non dovessimo vederli, non importa. Altri li raccoglieranno”.

Mentre il giorno precedente papa Francesco ha ricevuto in udienza privata il card. Joseph Zen Ze-chiun, prima della ripartenza per Hong Kong.

(Foto: Santa Sede)

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