I cambiamenti imposti da Covid-19

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Per l’avanzare dei contagi un italiano su cinque (20%%) per un totale di 11.700.000 persone residenti in Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia e Valle d’Aosta si trova in zona arancione. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat in riferimento agli effetti del cambio di colore con appena 1.700.000 persone in Basilicata, Molise e Umbria che restano in zona bianca mentre la maggioranza del 77% degli italiani si trova in zona gialla:

“Sono gli effetti dell’avanzata della variante Omicron che sta mettendo sotto pressione le strutture sanitarie ed alimentando preoccupazioni tra i cittadini. Nonostante il fatto che la differenza tra zona bianca, gialla e arancione sia stata in gran parte annullata dalle ultimi provvedimenti, la presenza di milioni di persone prive di green pass perché contagiate, non vaccinate o in isolamento sta profondamente modificando i comportamenti di consumo degli italiani”.

E’ un cambiamento che avvantaggia alcuni settori e penalizza altri secondo l’analisi della Coldiretti: “Un cambiamento destinato ad accentuarsi con il varo da parte del governo del nuovo decreto per l’accesso agli esercizi commerciali.

Dal punto di vista alimentare si registra un crollo dei consumi fuori casi in bar, ristoranti, trattorie e agriturismi provocato anche dalla preoccupazioni per i contagi, dallo smart working e dal calo del turismo ma al contrario  si segnala un aumento degli acquisti in negozi, supermercati e mercati dove peraltro non sarà necessario il green pass”.

Infine la Coldiretti ha evidenziato l’aumento della consegna a domicilio nello scorso anno: “In ulteriore forte crescita a inizio anno la consegna a domicilio con la food delivery che ha raggiunto in Italia il valore record di 1.500.000.000 nel 2021 con un incremento del 59% rispetto all’anno precedente secondo l’Osservatorio nazionale sul mercato del cibo a domicilio”.

D’altra parte la pandemia da COVID ha prodotto notevoli ricadute sulla salute mentale, come ha evidenziato uno studio del CNR: “In questi lunghi mesi, centinaia di indagini sono state condotte a livello internazionale per quantificare gli effetti negativi che il COVID-19 sta avendo sul benessere psicologico.

Numerosi sono i sintomi comportamentali descritti, sia in chi è stato contagiato dal virus, sia in chi, invece, è stato vittima di fattori indiretti come: lunghi periodi di quarantena, perdita del sostegno sociale e sovraesposizione a fenomeni di infodemia”.

Tutte le ricerche scientifiche svolte nell’ultimo anno sono concordi nell’indicare che la pandemia e le misure di quarantena stanno seriamente impattando la salute mentale. Questo ha sopraffatto i sistemi sanitari di molti paesi e, naturalmente, ha colpito gli operatori sanitari che combattono in prima linea, ha sottolineato il prof. Antonio Cerasa, neuroscienziato del l’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Irib):

“Quando COVID-19 ha colpito per la prima volta, i professionisti della salute come psicologi e psicoterapeuti non erano considerati ‘servizi essenziali’. Questo significava che gli psicologi non erano autorizzati a vedere i clienti faccia a faccia, e tutte le sessioni dovevano essere spostate su piattaforme di telemedicina.

D’altra parte, l’aumento dei problemi di salute mentale durante l’epidemia di COVID-19 ha ulteriormente rafforzato il bisogno generale di assistenza. In questo contesto, si è entrati, forzatamente e velocemente, in una nuova era di telepsicologia, senza però avere dati scientifici e una reale guida metodologica su come traslare gli interventi di persona in interventi online”.

Per rispondere al bisogno di conoscere in dettaglio come la pandemia ha cambiato il lavoro di psicologi e psicoterapeuti, il Cnr-Irib, in collaborazione con l’Università della Calabria e Università Magna Graecia di Catanzaro, ha intervistato, tramite un questionario online, oltre 200 psicologi per comprendere come questa pandemia abbia influito sulla loro attività clinica, pubblicato sul Journal of Affective Disorders Report.

Durante i vari lockdown, gli psicologi italiani hanno ammesso che la pandemia ha fortemente influito sulla loro pratica clinica (60%) e per questo che la maggior parte (85%) ha utilizzato le varie forme di modalità online per continuare il lavoro terapeutico sui pazienti. Il 65% degli intervistati ha rilevato di non aver avuto particolari problemi nella traslazione alla telepsicologia, così come la maggior parte dei loro pazienti ha riportato un feeling positivo con questa nuova modalità di rapporto clinico.

Quasi il 60% degli psicologi ha rilevato un aumento nel numero di nuovi pazienti, i quali, per la maggior parte non erano stati mai infettati dal virus. Questa nuova ondata di pazienti è stata caratterizzata prevalentemente dalla presenza di sintomi specifici quali: ansia, depressione e disturbi del sonno.

Anche nei pazienti già in trattamento si è notata una recrudescenza di sintomatologie pregresse durante la pandemia sempre relativamente a queste tre tipologie di sintomi.

Infine, un altro dato interessante che gli psicologi hanno rilevato durante il sondaggio riguarda la tipologia di pazienti che faceva ricorso a nuove cure post-pandemia. Il profilo più vulnerabile alle nuove forme di disturbi psicologi sono le donne, impiegate, con bassa scolarità, di età tra i 26 e i 45 anni, non sposate.

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