Scuole chiuse: gli adulti ‘massacrano’ i figli

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Qualunque sia il cambio di colore in Italia si ricorre ad una soluzione facilmente attuabile, chiudendo le scuole, con la conseguenza di ‘rovinare’ gli studenti e di non rendere applicabile le garanzie tutelate dalla Costituzione della Repubblica italiana, quasi che scuola e studenti fossero colpevoli di questa pandemia, come nuovi ‘monatti’ di manzoniana memoria, costretti in didattica a distanza attraverso incredibili insulti sui social media, che tradiscono l’egoismo di chi ha avuto tutto nella vita senza un minimo di sacrificio.

Il presidente del Centro Psico Pedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, il pedagogista dott. Daniele Novara, ha sottolineato che bambini e ragazzi stanno subendo una vita di reclusione: “Da più parti ritorna il pregiudizio contro i bambini, l’idea che siano gli untori del nuovo virus e addirittura quelli che colpiranno i nonni portandoli alla tomba.

E’ un’idea che non ha nessuna base scientifica, abbondantemente smentita e ovviamente neanche le varianti rappresentano una possibile conferma di questo drammatico pregiudizio nei confronti dei più piccoli”.

Ed a riprova cita alcuni dati che smascherano questa ‘fake news’, confermati anche da un articolo scientifico pubblicato nel mese scorso su Lancet, affermando che la scuola non è un focolaio: “Ritenere che la chiusura delle scuole porti a un miglioramento dei contagi non ha alcun tipo di riscontro.

Negli ultimi mesi il picco di mortalità è stato il 5 dicembre con 659 morti, mentre tutte le scuole erano chiuse da tredici giorni. La scuola è un ambiente sicuro, sano e rigoroso a differenza degli ambienti casalinghi che si presentano spesso come veri e propri focolai epidemici”.

Per il pedagogista la chiusura della scuola è insensata a livello di prevenzione: “Non ha alcun senso continuare a chiedere la chiusura delle scuole, anzi, questa richiesta, non solo appare eccentrica, ma può produrre un reale effetto boomerang. L’accanimento contro i bambini, i ragazzi e i loro diritti appare uno dei lasciti più gravi che ci troveremo ad affrontare alla fine di questa pandemia”.

Quindi continuare a chiudere le scuole non ha senso: “Un lascito appesantito da errori madornali legati sostanzialmente all’assenza di professionisti dell’infanzia e dell’adolescenza nelle commissioni preposte a decidere.

Una grave lacuna e mancanza che rischia di pagare l’intera società perché i bambini e i ragazzi sono il nostro futuro. Evitare di insistere su questa strada è il minimo che si può richiedere al nuovo Governo”.

Da qui otto specialisti (Daniele Novara, Giancarlo Cerini, Roberto Farné, Ivo Lizzola, Raffaele Mantegazza, Anna Oliverio Ferraris, Bruno Tognolini e Silvia Vegetti Finzi), mesi prima, avevano lanciato un appello-manifesto alle Istituzioni e all’opinione pubblica per sottolineare il ruolo imprescindibile della scuola come comunità di apprendimento, luogo di incontro e crescita per bambini e ragazzi, ribadendo la necessità di mantenere aperte le scuole, riassumibili in 7 punti:

La scuola è presenza fisica: i corpi sono veicolo insostituibile dell’apprendimento, della comunicazione, dello scambio. La scuola è incontro: la relazione per i giovani è l’unico antidoto all’alienazione esistenziale.

La scuola è un luogo controllato: i protocolli anti Covid nelle scuole sono rigidi e seriamente applicati. La scuola è un luogo sicuro: gli indici di contagio nella scuola sono bassissimi.

L’esperienza dei mesi in lockdown ha dimostrato chiaramente che: la Dad non è vera scuola: è un surrogato gravemente riduttivo della didattica in presenza. La Dad non è democratica: fa crescere gli squilibri sociali e impedisce l’accesso alla cultura alle fasce più basse.

L’isolamento e la scuola a distanza sono una condizione pericolosa per la salute mentale degli studenti che sono a serio rischio depressivo e di ritiro sociale.

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