Il papa invita i catechisti a seguire il Concilio Vaticano II

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Nella mattinata di oggi papa Francesco ha ricevuto in udienza l’Ufficio catechistico nazionale della Cei a 60 anni dalla nascita, esortando la Chiesa italiana a fare memoria del Concilio Vaticano II, mettendo in risalto tre punti (annuncio, futuro e comunità), partendo dal convegno di Firenze nel 2015:

“Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convegno di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare”.  

Ed il cammino catechetico inizia proprio dall’annuncio, riprendendo il documento ‘Il rinnovamento della catechesi: “La catechesi è dunque l’onda lunga della Parola di Dio per trasmettere nella vita la gioia del Vangelo. Grazie alla narrazione della catechesi, la Sacra Scrittura diventa ‘l’ambiente’ in cui sentirsi parte della medesima storia di salvezza, incontrando i primi testimoni della fede.

La catechesi è prendere per mano e accompagnare in questa storia. Suscita un cammino, in cui ciascuno trova un ritmo proprio, perché la vita cristiana non appiattisce né omologa, ma valorizza l’unicità di ogni figlio di Dio. La catechesi è anche un percorso mistagogico, che avanza in costante dialogo con la liturgia, ambito in cui risplendono simboli che, senza imporsi, parlano alla vita e la segnano con l’impronta della grazia”.

Il cuore è l’annuncio di Gesù: “La catechesi è uno spazio privilegiato per favorire l’incontro personale con Lui. Perciò va intessuta di relazioni personali. Non c’è vera catechesi senza la testimonianza di uomini e donne in carne e ossa. Chi di noi non ricorda almeno uno dei suoi catechisti?

Io lo ricordo: ricordo la suora che mi ha preparato alla prima Comunione e mi ha fatto tanto bene. I primi protagonisti della catechesi sono loro, messaggeri del Vangelo, spesso laici, che si mettono in gioco con generosità per condividere la bellezza di aver incontrato Gesù”.

Per il papa il Vangelo va annunciato in ‘dialetto’: “Un catechista che non sa spiegare nel ‘dialetto’ dei giovani, dei bambini, di coloro che… Ma con il dialetto non mi riferisco a quello linguistico, di cui l’Italia è tanto ricca; al dialetto della vicinanza, al dialetto che possa capire, al dialetto dell’intimità…

E’ importante: la vera fede va trasmessa in dialetto. I catechisti devono imparare a trasmetterla in dialetto, cioè quella lingua che viene dal cuore, che è nata, che è proprio la più familiare, la più vicina a tutti. Se non c’è il dialetto, la fede non è trasmessa totalmente e bene”.

Il secondo punto toccato dal papa riguarda il futuro, seguendo l’ispirazione del Concilio Vaticano II: “Pertanto, la catechesi ispirata dal Concilio è continuamente in ascolto del cuore dell’uomo, sempre con l’orecchio teso, sempre attenta a rinnovarsi. Questo è magistero: il Concilio è magistero della Chiesa”.

Il Concilio Vaticano II è la strada che la Chiesa è chiamata a seguire: “O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato, per avere più di questi…

No, il Concilio è così. E questo problema che noi stiamo vivendo, della selettività rispetto al Concilio, si è ripetuto lungo la storia con altri Concili. A me fa pensare tanto un gruppo di vescovi che, dopo il Vaticano I, sono andati via, un gruppo di laici, dei gruppi, per continuare la ‘vera dottrina’ che non era quella del Vaticano I..

L’atteggiamento più severo, per custodire la fede senza il magistero della Chiesa, ti porta alla rovina. Per favore, nessuna concessione a coloro che cercano di presentare una catechesi che non sia concorde al magistero della Chiesa”.

Il terzo punto della catechesi riguarda la comunità: “Abbiamo capito, infatti, che non possiamo fare da soli e che l’unica via per uscire meglio dalle crisi è uscirne insieme (nessuno si salva da solo, uscirne insieme), riabbracciando con più convinzione la comunità in cui viviamo.

Perché la comunità non è un agglomerato di singoli, ma la famiglia in cui integrarsi, il luogo dove prendersi cura gli uni degli altri, i giovani degli anziani e gli anziani dei giovani, noi di oggi di chi verrà domani. Solo ritrovando il senso di comunità, ciascuno potrà trovare in pienezza la propria dignità”.

Infatti la catechesi è dimensione comunitaria: “Il santo popolo fedele di Dio. Non si può andare avanti fuori del santo popolo fedele di Dio, il quale, come dice il Concilio, è infallibile in credendo. Sempre con il santo popolo di Dio. Invece, cercare appartenenze elitarie ti allontana dal popolo di Dio, forse con formule sofisticate, ma tu perdi quell’appartenenza alla Chiesa che è il santo popolo fedele di Dio”.

Papa Francesco quindi chiama ad essere ‘artigiani di comunità’: “Questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. E’ il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine.

E’ il tempo di comunità che guardino negli occhi i giovani delusi, che accolgano i forestieri e diano speranza agli sfiduciati. E’ il tempo di comunità che dialoghino senza paura con chi ha idee diverse.

E’ il tempo di comunità che, come il Buon Samaritano, sappiano farsi prossime a chi è ferito dalla vita, per fasciarne le piaghe con compassione. Non dimenticatevi questa parola: compassione”.

(Foto: Santa Sede)

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