“Vita di Pi” : il viaggio alla ricerca della fede candidato a 11 Oscar
Affascinato dalle religioni di tutto il mondo, dotato di una curiosità e di una sete di conoscenza inestinguibile, il giovane si avvicina alle tre principali religioni del Paese (Induismo, Cristianesimo e Islam), abbracciandole tutte, in una sorta di sincretismo new age. E tra i suoi numerosi pensieri si fa largo anche l’idea che gli animali abbiano un’anima. Ma il padre, uomo razionale e scientifico, vuole dimostrargli che non è così, e che gli animali ragionano in modo diverso da noi umani: così, una volta sorpreso il figlio a dare da mangiare Richard Parker, gli dimostra la sua teoria legando una capra viva alle sbarre della cella della tigre, mostrando a Pi con quale violenza essa venga divorata viva dal felino. Pi impara a sue spese che negli occhi dell’animale non vi è lo splendore dell’anima, ma solo l’istinto primordiale del cacciatore. Gli affari non vanno bene per lo zoo e la famiglia al completo decide di trasferirsi in Canada con tutti gli animali su una nave da carico. Ma una terribile tempesta sul Pacifico fa affondare la nave e Pi si ritrova su una barca di salvataggio, unico sopravvissuto. Infatti il ragazzo riesce a salvarsi salendo su una scialuppa, ma qui ha una sorpresa sconvolgente: sull’imbarcazione è presente Richard Parker, l’enorme tigre conosciuta in precedenza. Per riuscire a superare indenne il viaggio verso l’ignoto i due dovranno imparare a convivere, evitando di uccidersi l’un l’altro. Il tema principale del film è quello della fede.
Pi deve fare appello a tutto il suo equilibrio mentale e alla sua fede per fronteggiare le magnifiche ma minacciosamente potenti forze della natura: quelle del mare, del cielo ma anche gli istinti della belva che gli vive accanto. Come lui stesso annota in un diario, è proprio quella minaccia, pescando per l’animale e dandole anche da bere, a tenerlo impegnato e a farlo continuare a vivere. Pi infatti afferma: “forse Richard Parker non può essere addomesticato, ma con la volontà del Signore, può essere ammaestrato.” Il film è stato definito un capolavoro visivo. Il culmine di questa maestria viene senz’altro raggiunto nella fragorosa sequenza della tempesta, sensorialmente una delle cose più potenti mai viste al cinema, come leggiamo dalle varie recensioni sul film. Finalmente, dopo 227 giorni di navigazione, approdano in Messico, dove le strade di Pi e Richard Parker si dividono: Pi viene soccorso da dei pescatori del posto, mentre Richard scompare per sempre nella giungla. Nell’ultima scena si rivede il momento in cui la tigre sta entrando nella giungla e, poco prima di procedere per sparire dalla vista, si ferma un attimo e muove le orecchie, nel modo con cui solo gli animali sembrano avvertire le cose. Questo è l’estremo saluto, l’addio tanto desiderato da Pi.
Pi Patel incarna la sintesi del sincretismo religioso e della curiosità intellettuale di chi non si accontenta della morale comune o di qualcuno che indichi cosa sia giusto e cosa sbagliato, non ha paura di mettere in discussione i dogmi e la predisposizione alla fede, sotto forma di dialogo univoco e personale con Dio, in cerca di risposte destinate ad arrivare percorrendo anche temporali e naufragi, accanto ad una tigre.