Papa Francesco: Dante Alighieri invita a trovare il senso del viaggio

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Ieri papa Francesco ha ricevuto una delegazione dell’arcidiocesi dell’arcidiocesi di Ravenna-Cervia per celebrare l’Anno Dantesco, in cui ha benedetto la croce  donata da Paolo VI nel 1965, per la tomba di Dante in occasione del settimo centenario della sua morte. La croce greca, con quattro ametiste incastonate alle estremità, di cui è stato ultimato recentemente il restauro, è stata ricollocata al di sopra della lastra marmorea di Pietro Lombardo.

Ringraziando il papa l’arcivescovo della diocesi, mons. Lorenzo Ghizzoni, ha chiesto una particolare attenzione all’opera dantesca: “Le chiediamo una attenzione speciale in questo anno dantesco non tanto per arricchire le nostre celebrazioni, ma per rilanciare l’opera dantesca nella scuola, nell’università, nelle sedi dove si fa cultura e educazione, dove si studia la lingua e la letteratura italiana; nelle facoltà teologiche dove si formano i futuri sacerdoti; nei mass media e sui social; tra i giovani e gli adolescenti, terreno così bisognoso oggi di essere seminato con i valori umani, civili e religiosi presenti nella Divina Commedia, che rendono la vita degna e nobile”.

Nell’incontro papa Francesco ha ricordato che la città è stata l’ ‘ultimo rifugio’: “Dunque, a Ravenna egli concluse il suo cammino terreno; e concluse quell’esilio che tanto segnò la sua esistenza e anche ispirò il suo scrivere. Il poeta Mario Luzi ha messo in evidenza il valore dello sconvolgimento e del superiore ritrovamento che l’esperienza dell’esilio ha riservato a Dante.

Questo ci fa pensare subito alla Bibbia, all’esilio del popolo d’Israele in Babilonia, che costituisce, per così dire, una delle ‘matrici’ della rivelazione biblica. In maniera analoga per Dante l’esilio è stato talmente significativo, da diventare una chiave di interpretazione non solo della sua vita, ma del ‘viaggio’ di ogni uomo e donna nella storia e oltre la storia”.

Il papa ha auspicato che il centenario possa contribuire a studiare ancora più Dante Alighieri: “L’auspicio è dunque che le celebrazioni per il VII centenario della morte del sommo Poeta, stimolino a rivisitare la sua Commedia… Dante, infatti, ci invita ancora una volta a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano”.

Un invito speciale è stato rivolto ai giovani: “Gli adolescenti, ad esempio anche quelli di oggi, se hanno la possibilità di accostarsi alla poesia di Dante in una maniera per loro accessibile, riscontrano, da una parte, inevitabilmente, tutta la lontananza dell’autore e del suo mondo; e tuttavia, dall’altra, avvertono una sorprendente risonanza.

Questo avviene specialmente là dove l’allegoria lascia lo spazio al simbolo, dove l’umano traspare più evidente e nudo, dove la passione civile vibra più intensa, dove il fascino del vero, del bello e del bene, ultimamente il fascino di Dio fa sentire la sua potente attrazione”.

Papa Francesco così ha ripetuto ciò che aveva scritto nel messaggio del 750^ anniversario della nascita nel 2015: “Dante è, dunque, profeta di speranza, annunciatore della possibilità del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta  l’umanità.

Egli ci invita ancora una volta a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano e a sperare di rivedere l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la dignità della persona umana”.

E papa san Paolo VI scrisse nell’enciclica ‘Altissimi Cantus’ del 1965 che la ‘Divina Commedia’ è una ‘unità architettonica: “Nella Divina Commedia si trovano tutti i generi poetici: vi sono infatti l’epico, il lirico, il didascalico, il satirico, il drammatico, e di quest’ultimo sia quello di carattere che quello d’azione; e ciò viene ottenuto con un continuo combinare elementi diversi e molteplici, conservando l’armonia di una splendida unità architettonica.

E tutti i sentimenti e i toni vi sono chiamati a risuonare: dolci e bellicosi, tristi e lieti, pieni di sprezzo e di ammirazione, esprimenti ira, terrore, paura, amore, preghiera, adorazione, dolce riso, estasi.

Con il suo stile tutto proprio, il sommo poeta canta le realtà più misteriose e sublimi della vita, i misteri di Dio e i più alti pensieri degli uomini. Quella fonte da cui sgorga un così largo fiume di eloquenza appare cosa grandiosa e straordinaria, sol che si pensi che si serve di quella lingua italiana allora neonata e informe, senza alcuna esperienza di espressione artistica”.  

(Foto: Santa Sede)

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