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Papa Francesco: Dio si manifesta nell’umiltà

“E penso a tanti Paesi che sono in guerra. Sorelle, fratelli, preghiamo per la pace. Facciamo di tutto per la pace. Non dimenticatevi che la guerra è una sconfitta. Sempre. Noi non siamo nati per uccidere, ma per far crescere i popoli. Che si trovino cammini di pace. Per favore, nella vostra preghiera quotidiana, chiedete la pace. La martoriata Ucraina … quanto soffre. Poi, pensate alla Palestina, a Israele, al Myanmar, al Nord Kivu, Sud Sudan. Tanti Paesi in guerra. Per favore, preghiamo per la pace. Facciamo penitenza per la pace”: anche oggi al termine dell’udienza generale papa Francesco ha chiesto di pregare per la pace, ribadendo con poca voce, in quanto ancora affetto da bronchite, specificando che occorre ‘ascoltare il grido dei fratelli.
Questo invito riprende le parole scandite ieri nel collegamento con il festival di Sanremo prima del duetto tra la cantante israeliana Noa e la cantante palestinese Mira Awad, in ebraico, arabo e inglese sulle note della canzone ‘Imagine’ di John Lennon: “La musica è bellezza, la musica è strumento di pace. E’ una lingua che tutti i popoli, in diversi modi, parlano e raggiunge il cuore di tutti. La musica può aiutare la convivenza dei popoli… Le guerre distruggono i bambini. Non dimentichiamo mai che la guerra è sempre una sconfitta”.
Ha concluso il messaggio invitando gli spettatore a vivere il festival di Sanremo con uno spirito di pace: “La musica può aprire il cuore all’armonia, alla gioia dello stare insieme, con un linguaggio comune e di comprensione facendoci impegnare per un mondo più giusto e fraterno”.
Ed oggi nell’udienza generale, continuando il ciclo di catechesi per l’Anno Giubilare, ‘Gesù Cristo nostra speranza’, ha affrontato il tema della nascita di Gesù e la visita dei pastori, raccontata dall’evangelista Luca eletta sempre da don Pierluigi Giroli, a causa della bronchite:
“Il Figlio di Dio entra nella storia facendosi nostro compagno di viaggio e inizia a viaggiare quando è ancora nel grembo materno. L’evangelista Luca ci racconta che appena concepito andò da Nazaret fino alla casa di Zaccaria ed Elisabetta; e poi, a gravidanza ormai compiuta, da Nazaret a Betlemme per il censimento. Maria e Giuseppe sono costretti ad andare nella città del re Davide, dove era nato anche Giuseppe. Il Messia tanto atteso, il Figlio del Dio altissimo, si lascia censire, cioè contare e registrare, come un qualunque cittadino. Si sottomette al decreto di un imperatore, Cesare Augusto, che pensa di essere il padrone di tutta la terra”.
Riprendendo il racconto dell’infanzia di Gesù di papa Benedetto XVI, papa Francesco ha sottolineato che Dio si manifesta in un luogo nascosto ma fondamentale: “Dio che viene nella storia non scardina le strutture del mondo, ma vuole illuminarle e ricrearle dal di dentro. Betlemme significa ‘casa del pane’. Lì si compiono per Maria i giorni del parto e lì nasce Gesù, pane disceso dal cielo per saziare la fame del mondo… Tuttavia, Gesù nasce in un modo del tutto inedito per un re… Il Figlio di Dio non nasce in un palazzo reale, ma nel retro di una casa, nello spazio dove stanno gli animali”.
La manifestazione al mondo avviene attraverso i pastori: “Luca ci mostra così che Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà. E chi sono i primi testimoni di questo avvenimento? Sono alcuni pastori: uomini con poca cultura, maleodoranti a causa del contatto costante con gli animali, vivono ai margini della società. Eppure essi praticano il mestiere con cui Dio stesso si fa conoscere al suo popolo”.
Il ‘mondo’ non ha trovato posto per accogliere Gesù: “I pastori apprendono così che in un luogo umilissimo, riservato agli animali, nasce il Messia tanto atteso e nasce per loro, per essere il loro Salvatore, il loro Pastore. Una notizia che apre i loro cuori alla meraviglia, alla lode e all’annuncio gioioso”.
La catechesi è chiusa dall’appello a comprendere il significato della nascita di Gesù: “Fratelli e sorelle, chiediamo anche noi la grazia di essere, come i pastori, capaci di stupore e di lode dinanzi a Dio, e capaci di custodire ciò che Lui ci ha affidato: i talenti, i carismi, la nostra vocazione e le persone che ci mette accanto. Chiediamo al Signore di saper scorgere nella debolezza la forza straordinaria del Dio Bambino, che viene per rinnovare il mondo e trasformare la nostra vita col suo disegno pieno di speranza per l’umanità intera”.
(Foto: Santa Sede)
A Tolentino un convegno su francescani e Marco Polo: appunti di viaggio

“In occasione del convegno di studi sulle figure di fra Tommaso da Tolentino e di padre Matteo Ricci, come pure di Marco Polo nei suoi rapporti con i francescani il Sommo Pontefice è lieto di rivolgere il cordiale saluto, esprimendo apprezzamento per l’iniziativa volta ad approfondire l’opera missionaria e l’attività culturale di così illustri personaggi, amici e benefattori dell’Oriente, Sua Santità auspica che il ricordo di questi protagonisti del loro tempo, attenti ai mutamenti sociali e impegnati nel tessere rapporti tra la civiltà europea e quella asiatica riaffermi l’importanza del dialogo tra popolazioni, tradizioni e religioni diverse nel rispetto reciproco, per costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere e da abbracciare. Con tali sentimenti il Santo Padre augura ogni buon esito ai lavori congressuali ed invia agli organizzatori, ai relatori ed ai presenti tutti la benedizione apostolica”.
Con questo messaggio augurale del segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, a nome di papa Francesco, nei giorni 18 e 19 ottobre, in occasione del Centenario per i 700 anni della morte di Marco Polo, con la partecipazione dell’Università ‘Ca’ Foscari’ di Venezia, della Pontificia Università ‘Antonianum’ di Roma, del ‘Kyrgyz-Russian Slavic University’ della Repubblica del Kyrghyzstan e dell’Università di Macerata, del ‘Comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Marco Polo’, della Provincia Picena ‘San Giacomo della Marca dei Frati Minori’, della Città di Venezia, della Regione Marche, del Comune di Tolentino e della diocesi di Macerata, a Tolentino, nelle Marche si è svolto il convegno di studi internazionali, ‘Appunti di viaggio: Marco Polo ed i Francescani in Oriente’, organizzato dal ‘Comitato per le celebrazioni in memoria del beato Tommaso da Tolentino’ e da ‘BAP – Biblioteca Archivio Pinacoteca’ (Biblioteca storico-francescana e picena ‘S. Giacomo della Marca’), con il sostegno del dal Sermit odv (Servizio missionario Tolentino), che sostiene i missionari in Brasile, in India ed in Burundi, dell’ASSM (Azienda Specializzata Settore Multiservizi) e delle ‘Terme Santa Lucia’ di Tolentino, a cui hanno partecipato i professori Antonio Montefusco, Eugenio Burgio, Raissa de Gruttola, Samuela Simion, Giuseppe Mascherpa, Pier Giorgio Borbone, Maela Carletti, Nadezhda Romanovna Khan, Lorenzo Turchi, Alessio Mecella e Carlo Vurachi.
Al messaggio papale è seguito il video saluto del prefetto apostolico di Ulaanbaatar, in Mongolia, card. Giorgio Marengo, che ha ringraziato gli organizzatori del convegno: “Ho la grazia di trovarmi in queste terre raggiunte in antichità dal grande movimento evangelizzatore degli Ordini mendicanti, soprattutto i francescani. Per me è un onore rappresentare l’ultimo ‘anello’ di una catena di missione, di scambio culturale e di ponte tra culture, che ha visto certamente l’ordine francescano in prima linea,in particolare fra Giovanni di Pian del Carpine, che per noi in Mongolia è una figura molto conosciuta dai nostri fedeli cattolici.
E’ stata provvidenziale la visita del Santo Padre, accogliendo l’invito del presidente: erano trascorsi 777 anni dall’arrivo di fra Giovanni alla corte degli imperatori mongoli; quindi questa storia di contatti con l’Occidente, favorita dai francescani della ‘prima generazione’, ha potuto conoscere un momento di particolare intensità proprio in occasione della visita del Santo Padre. Fra Giovanni del Pian del Carpine e fra Guglielmo di Rubruck hanno contribuito in modo decisivo a far conoscere il mondo il mondo mongolo in Occidente attraverso i loro appunti di viaggio e con la storia vissuta, che hanno potuto testimoniare”.
Ed ha ricordato la presenza della Chiesa oggi in Mongolia, in ricerca delle proprie radici: “La Chiesa è configurata come una prefettura apostolica e conta un esiguo numero di fedeli, tutti locali, che in questi 32 anni, da quando sono state siglate le relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Mongolia, hanno scelto di aderire alla fede cattolica.
Questa piccola comunità è molto interessata a scoprire le proprie radici: il cristianesimo, nella forma nestoriana, era ben conosciuto in questa parte di mondo (i diari di fra Giovanni e di fra Guglielmo lo testimoniano); e ci fu un altro grande francescano, che lasciò un segno della storia della Chiesa in questa parte di mondo: fra Giovanni da Montecorvino, perché fu proprio nella Cina di Kubilai Khan, che il primo vescovo di Pechino prese a cuore la componente mongola dell’Impero, che allora era consistente.
Quindi ricordiamo fra Giovanni da Montecorvino per il suo contributo alla traduzione della Bibbia in lingua mongola. Oggi collaboriamo con la Società biblica mongola, che è un’istituzione evangelica per la traduzione e la diffusione del testo biblico nelle lingue locali. Con la Società biblica mongola stiamo avviando una collaborazione, che ci porterà in pochi anni alla traduzione dei libri deuterocanonici, in modo che potremo avere in breve tempo la pienezza del testo biblico secondo il canone cattolico”.
Il convegno internazionale è stato anticipato, venerdì 18 ottobre, da un incontro con il direttore dell’Agenzia Fides, Gianni Valente, che ha raccontato il Primum Concilium Sinense, svoltosi a Shanghai nel 1924, inframmezzato da brani musicali del tenore fra Alessandro Giacomo Brustenghi, ed i saluti del vescovo della diocesi di Macerata, mons. Nazzareno Marconi, del custode del Sacro Convento di Assisi, fra Marco Moroni, ed il provinciale dei Frati Minori delle Marche, fra Simone Giampieri.
Iniziando l’incontro il direttore dell’Agenzia Fides ha raccontato la storia del Primum Concilium Sinense: “A Shanghai, il 15 maggio 1924: nella cattedrale di sant’Ignazio di Loyola su mandato del Vescovo di Roma si riuniscono vescovi, vicari generali, religiosi e sacerdoti, nati per lo più in Paesi lontani e arrivati in terra cinese come missionari.
Si riuniscono con il mandato di rilanciare la missione della Chiesa in terra cinese, per favorire e accompagnare il fiorire di una Chiesa autoctona, con Vescovi e sacerdoti cinesi a cui affidare la guida delle comunità locali. Questa è la loro missione. Ma tra i 42 vescovi presenti, che guidano le comunità cattoliche in Cina, nessuno è cinese. Sono francesi, italiani, statunitensi, olandesi e di altre nazioni occidentali”.
Però tra la Cina e la Chiesa, nei secoli, è sempre esistito un ‘filo rosso’: “Mi sembra di poter dire che il filo rosso degli incontri positivi tra Cina e cristianesimo, unisce le esperienze dell’Antica Chiesa d’Oriente, dei viaggiatori francescani e poi dei gesuiti. Quel filo rosso più volte interrotto, si è sempre riannodato. Poteva essersi spezzato per sempre dopo il passaggio del colonialismo. Il cristianesimo poteva essere per sempre bollato in Cina come manifestazione religiosa di civiltà ostili. Invece questo filo rosso intermittente, che coinvolge anche i viaggiatori francescani del Trecento, è tornato a riannodarsi anche grazie al Concilio di Shanghai”.
Nel giorno successivo il convegno storico è stato aperto dal prof. Antonio Montefusco, docente all’Università francese della Lorena, che ha raccontato i viaggi di Guglielmo di Rubruk e di Odorico da Pordenone: “Il libro di Marco Polo possiede una componente che permette di porlo accanto alla fascinosa letteratura di viaggio che era un tratto distintivo dell’impegno di scrittura dei missionari francescani.
Pur dando un impatto potente sulla cartografia e sulle programmazioni geografiche, esso ha tratti comuni con gli scritti dei missionari francescani del sec. XIII, quando l’azione missionaria dei Francescani nello spazio mongolico si è dimostrata molto ampia. Hanno avuto notevole diffusione la Historia Mongalorum, redatta negli anni 1245-47, dall’arcivescovo umbro Giovanni da Pian del Carpine (1182-1252) e l’Itinerarium del francescano fiammingo Guglielmo di Rubruck (1220-93). Vanno menzionati i beati francescani Tommaso da Tolentino (1260-1321) e Odorico da Pordenone (1286-1331), Giovanni da Montecorvino (1247-1328), arcivescovo di Pechino dal 1307 alla morte, avvenuta nel 1328, Giovanni de’ Marignolli (ca. 1290-1359).
Il viaggio di Guglielmo di Rubruck ha inizio nel 1253. Per due anni il frate fiammingo percorre i territori dell’Asia Centrale, attraversa la regione del Volga e raggiunge Qara Qorum, la centrale del potere mongolo del khan Sartaq. Sulla via del ritorno il monaco si ferma in Terrasanta dove, nel 1255, scrive l’Itinerarium: un resoconto ufficiale del viaggio in forma di lettera che possiede indubbie qualità narrative”.
Anche la narrazione di Odorico da Pordenone descrive il viaggio in Oriente con molta dovizia di particolari: “Odorico da Pordenone, al ritorno dal suo viaggio in Oriente, iniziato nel 1318 con la compagnia di fra’ Giacomo d’Irlanda, e completato con la permanenza a Pechino, avvenuta attorno agli anni 1323-26, ebbe modo di dettare a Padova, nel 1330, al confratello Guglielmo da Solagna, la ‘Relatio de mirabilibus orientalium Tatarorum’. Questo racconto, pur restato a lungo in forma manoscritta, fu tradotto in varie lingue vernacolari e divenne una delle più importanti fonti medievali per la conoscenza dell’Estremo Oriente”.
Un punto di vista interessante, emerso nel convegno, riguardante il dialogo interreligioso è stato offerto dalla prof.ssa Nadezhda Romanovna Khan, docente al ‘Kyrgyz-Russian Slavic University’ della Repubblica del Kyrghyzstan, che ha spiegato la sua presenza nel convegno sui francescani in Oriente: “Sono stata invitata come ospite speciale per questo convegno di studi, presentando la mia relazione su un progetto del dialogo interreligioso. In precedenza p. Lorenzo Turchi ed il prof. Piergiorgio Borbone sono stati ospitati dalla mia Università ed ora sono venuta io in questa bel teatro ‘Vaccaj’ per una conferenza. Il Kyrghyzstan è uno Stato dell’Asia centrale, che è stato anche una tappa del viaggio di Marco Polo”.
In quale modo la conoscenza può trasformarsi in un dialogo interculturale?
“Il primo passo di un dialogo è la conoscenza, che si basa sullo studio e sull’educazione. Senza la conoscenza non può esserci alcun dialogo. Io studio il fattore degli estremismi ed è lampante la corrispondenza tra conoscenza e dialogo: senza conoscenza non esiste dialogo”.
Al termine a tutti i relatori è stata donata dal dott. Antonio Mercuri un’incisione raffigurante frate Tommaso da Tolentino, realizzata dall’artista Ferdinando Piras.
(Tratto da Aci Stampa)
Papà Francesco si apre alle donne: la prima suora al comando per i pellegrinaggi

Don Piero Chiavarini tornerà parroco e suor Rebecca Nazzaro sarà a capo dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Ecco la rivoluzione di papa Francesco. Il papa, spesso criticato ed accusato di essere un po’ chiuso ai cambiamenti, spiazza i detrattori e rallegra chi crede nelle sue scelte con questa novità.
Suor Rebecca Nazzaro, 67 anni, superiora delle Missionarie della Divina Rivelazione, un mezzosoprano diplomata in canto lirico al conservatorio di Santa Cecilia è, ora, diventata la prima donna chiamata a gestire la struttura in primo piano per l’accoglienza di milioni di pellegrini previsti per l’Anno Santo. Don Remo Chiavarini, suo predecessore, tornerà a fare il parroco.
Suor Rebecca, alla presentazione del programma viaggi 2025, usa parole umili e positive, anche riguardo al Papa: “Quando ho saputo che la scelta si stava orientando su di me non ci ho dormito due notti, per me è stata una autentica sorpresa (…) Penso sia un bellissimo segnale di apertura da parte del Pontefice. La donna, del resto, ha sempre avuto una grande rilevanza nella vita della Chiesa benché spesso nascosta.(…) Non sono un Ceo e nemmeno ci tengo. Dovrò però coordinare ogni settore, dare indirizzi di pastorale. E per quanto riguarda la parte amministrativa vi sarà un responsabile. Conterà tanto il gioco di squadra”.
“Ora si tratta di confermare o cambiare qualcosa, ma non so ancora di preciso, in ogni caso il lavoro che è stato fatto è straordinario”, spiega circa il Giubileo. Nonostante le domandine pepate dei giornalisti, la suora non crolla: tranquilla anche sulla parte dei conti che sono in attivo ma, giustamente, non dice alla stampa di quanto si stia parlando, la religiosa spiega loro tutto.
Nonostante la battuta d’arresto prima con il Covid e poi con la guerra in Medio Oriente che ha bloccato di nuovo i pellegrinaggi in Israele e Palestina le cose vanno bene, anzi: “Noi siamo pronti a riprenderli (i Pellegrinaggi n.d.r.) anche domani mattina, speriamo solo che questo quadro bellico finisca. Lo dico con il cuore gonfio di dolore per quanto sta accadendo, pensando alle comunità cristiane che stanno soffrendo in modo indicibile”.
La suora ricorda, mentre le località che saranno visitate nel 2025 scorrono sullo schermo, che in questa realtà diversa, a metà tra un’agenzia di viaggi e una esistenza spirituale, il centro del business resta l’evangelizzazione, la pastorale: “Dobbiamo trasmettere prima di tutto dei contenuti, dobbiamo evangelizzare. Il nostro obiettivo non è di certo il business”.
Quali saranno le mete dei viaggi? I media ci svelano quanto segue. Città italiane: Orvieto, Subiaco, L’Aquila, Anagni, Assisi, la Roma cristiana, dalle basiliche patriarcali alle catacombe. Santuari mariani: Lourdes, Fatima e Medjugorie. Mete estere più lontane: Cappadocia, alla scoperta di San Paolo, Marocco, Africa, alla scoperta di sant’Agostino (Tunisia e Algeria), Armenia, Arabia Saudita, (terra di radici abramitiche) ed Etiopia. Per altre conferme e novità si dovrà seguire ogni notizia sul Giubileo e i viaggi.
Chapeau a Papa Francesco per aver dato una ventata di aria fresca scegliendo una donna (ovviamente religiosa) per guidare un’organizzazione così importante. Potremmo aspettarci altri cambiamenti di questo tipo perché quando si incomincia una strada che funziona si può solo continuare.
Fonte: Il Messaggero
Marco Polo ed i Francescani in missione in Oriente

Nei giorni 18 e 19 ottobre, in occasione del Centenario per i 700 anni della morte di Marco Polo, con la partecipazione dell’Università ‘Ca’ Foscari’ di Venezia, della Pontificia Università ‘Antonianum’ di Roma, del ‘Kyrgyz-Russian Slavic University’ della Repubblica del Kyrghyzstan e dell’Università di Macerata, del ‘Comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Marco Polo’, della Provincia Picena ‘San Giacomo della Marca dei Frati Minori’, della Città di Venezia, della Regione Marche, del Comune di Tolentino e della diocesi di Macerata, a Tolentino, nelle Marche si svolgerà il convegno di studi internazionali, ‘Appunti di viaggio: Marco Polo ed i Francescani in Oriente’, organizzato dal ‘Comitato per le celebrazioni in memoria del beato Tommaso da Tolentino’ e da ‘BAP – Biblioteca Archivio Pinacoteca’ (Biblioteca storico-francescana e picena ‘S. Giacomo della Marca’), con il sostegno del dal Sermit odv (Servizio missionario Tolentino), che sostiene i missionari in Brasile, in India ed in Burundi, dell’ASSM (Azienda Specializzata Settore Multiservizi) e delle ‘Terme Santa Lucia’ di Tolentino, a cui parteciperanno i professori Antonio Montefusco, Eugenio Burgio, Raissa de Gruttola, Samuela Simion, Giuseppe Mascherpa, Pier Giorgio Borbone, Maela Carletti, Nadezhda Romanovna Khan, Lorenzo Turchi, Alessio Mecella e Carlo Vurachi.
Il convegno internazionale sarà anticipato, venerdì 18 ottobre, da un incontro con il direttore dell’Agenzia Fides, Gianni Valente, che racconta il Primum Concilium Sinense, svoltosi a Shanghai nel 1924, inframmezzato da brani musicali del tenore fra Alessandro Giacomo Brustenghi, ed i saluti del vescovo della diocesi di Macerata, mons. Nazzareno Marconi, dal ministro provinciale dei Frati Minori della Provincia Picena e dal prefetto apostolico di Ulan Bator (Mongolia), card. Giorgio Marengo. Le finalità del convegno internazionale sono state spiegate dal presidente del ‘Comitato per le Celebrazioni in memoria del Beato Tommaso da Tolentino’, architetto Franco Casadidio:
“L’obiettivo del Convegno è di valorizzare il Centenario approfondendo la figura del personaggio storico di Marco Polo sotto l’aspetto dei viaggi da lui intrapresi che lo collegano ai percorsi di alcune eminenti figure francescane che hanno attraversato l’Asia sino-mongola e le Indie per motivi legati all’evangelizzazione sia per ragioni più strettamente diplomatiche. Questi itinerari rappresentano una inesauribile fonte di notizie a livello religioso, antropologico, geopolitico e storico-culturale e la scelta del titolo vuole evidenziare lo studio della tipologia delle fonti del diario-cronaca, di cui il ‘Milione’ ne è un illustre esempio. Ci sarà una parte dedicata anche ai viaggi di altre figure non francescane, come ad esempio monaci e viaggiatori, o a cronache locali di viaggi e itinerari in quel particolare periodo storico”.
Invece al prof. P. Lorenzo Turchi,docente alla Pontificia Università Antonianum ed all’Istituto Teologico di Assisi, vicepreside dell’Istituto Francescano di Spiritualità, direttore delle ‘Edizioni Antonianum’ e direttore della ‘Biblioteca storico francescana e picena’ di Falconara Marittima e della Pinacoteca internazionale francescana, chiediamo di illustrare il motivo di un convegno su Marco Polo ed i francescani: “Il convegno di studi dal titolo ‘Appunti di viaggio: Marco Polo e i Francescani in Oriente (secc. XIII e XIV)’, che si svolgerà a Tolentino nelle Marche, nei prossimi 18 e 19 ottobre, è stato pensato in occasione del Centenario per i 700 anni della morte di Marco Polo, e vedrà la partecipazione di diverse Università italiane e poli culturali. L’obiettivo del convegno è di valorizzare il Centenario, approfondendo la figura del personaggio storico di Marco Polo sotto l’aspetto dei viaggi da lui intrapresi, che lo collegano ai percorsi di alcune eminenti figure francescane che hanno attraversato l’Asia sino-mongola e le Indie per motivi legati all’evangelizzazione sia per ragioni più strettamente diplomatiche”.
Esiste una connessione tra Marco Polo ed i francescani?
“Un aspetto che sicuramente accomuna Marco Polo ed i francescani è il tema del viaggio. Sono viaggiatori che annotano le loro esperienze. Gli itinerari descritti rappresentano un’inesauribile fonte di notizie a livello religioso, antropologico e storico-culturale e la scelta del titolo vuole evidenziare lo studio della tipologia delle fonti del diario-cronaca, di cui il ‘Milione’ ne è un illustre esempio. Difatti i francescani che si recarono in Asia ci hanno lasciato, in alcuni casi, resoconti preziosi di terre lontane, percepite come luoghi pieni di meraviglie e novità, proprio come il mercante di Venezia.
Per quanto riguarda il testo del viaggio di Marco Polo, saranno i domenicani di san Giovanni e Paolo a Venezia a curare alcune delle riscritture che il ‘Milione’ ha avuto nel corso del tempo. Inoltre, al convegno ci sarà una parte dedicata anche ai viaggi di altre figure non francescane, come ad esempio monaci e viaggiatori”.
Per quale motivo i francescani scelsero la strada dell’Oriente verso la Cina?
“I francescani, nel corso del tempo, scelsero la via dell’Asia sino-mongola e le Indie per vari motivi, legati sia all’evangelizzazione, che in alcuni casi portò anche al martirio, sia a ragioni più strettamente diplomatiche: ad esempio, Giovanni da Pian del Carpine partirà da Lione il 16 aprile del 1245 e incontrerà il Gran Khan nel luglio del 1246, consegnando la Bolla papale ‘Cum non solum homines’, che esortava alla pace e a stipulare un’alleanza con i Mongoli, inviato da papa Innocenzo IV con l’intento di far cessare le devastazioni e le aggressioni in Europa.
Allo stesso tempo frate Giovanni doveva raccogliere il maggior numero di notizie sui costumi, la cultura, la struttura di governo dei Tartari. Sappiamo tutto questo grazie all’Historia Mongalorum, un prezioso resoconto, giunto fino a noi, di questo impressionante ad avventuroso viaggio di Giovanni da Pian del Carpine, se pensiamo che questi dura un anno e 4 mesi, con circa 10.000 Km complessivi percorsi. Mentre Il francescano fiammingo Guglielmo di Rubruk, che aveva accompagnato Luigi IX alla crociata, non fu inviato da un papa ma dal Re francese all’imperatore Mongke, quarto Gran Khan dell’Impero Mongolo (1251-1259), nel 1253.
Frate Guglielmo, che era animato da uno spirito missionario e dal desiderio di aiutare i cristiani caduti come prigionieri in mano ai Mongoli, ritornerà da Karakorum due anni dopo, nel 1255, portando con sé una lettera del Gran Khan per il re Luigi IX. Guglielmo fu un ottimo osservatore e un attento narratore: gli appunti del suo taccuino di viaggio su notizie etnografiche, insieme ad annotazioni di carattere scientifico, saranno utilizzate perfino da Ruggero Bacone! Al suo ritorno Guglielmo fece una relazione scritta, in forma di lettera, da inviare al sovrano, ed è così che nasce l’Itinerarium, oggi tradotto e curato da Paolo Chiesa, per i tipi Lorenzo Valla, dal titolo Viaggio in Mongolia.
Molto interessante un passo del suo racconto, in cui il Frate fiammingo dice che avrebbe avuto molte occasioni di ‘spargere buono seme’ se il suo traduttore fosse stato più preparato. Non va dimenticato che il beato Gabriele Allegra nel 1928 all’Antonianum a Roma, ascoltò una conferenza su Giovanni da Montecorvino, francescano, missionario in Cina e primo arcivescovo di Pechino, in occasione del Sesto centenario della sua morte. Nelle sue ‘Memorie’ racconterà che quella conferenza fu ‘come una miccia accesa contro una polveriera’, e lo convinse di essere chiamato a fare il missionario in Cina. Quando seppe che in Cina non esisteva una traduzione cattolica dell’intera Bibbia, decise di recarsi lì per tradurre le Sacre Scritture nella lingua di Confucio.
Inoltre come scrive il prof. p. Pietro Messa anche Matteo Ricci fu influenzato nella sua scelta di recarsi in Cina dalle vicende dei beati francescani e proprio da Tommaso da Tolentino. Uno dei migliori amici d’infanzia di padre Matteo Ricci fu il suo concittadino nonché confratello gesuita Gerolamo Costa. Questo permise che nell’epistolario tra i due appaiano anche notizie circa le rispettive famiglie. Così nella lettera scritta dalla Cina il 14 agosto 1599 al padre Gerolamo, rettore del noviziato dei gesuiti a Roma afferma:
‘Mio carissimo Livio, permettimi di chiamarti con il nome di nascita che ti fu dato dai tuoi genitori che ricordo sempre come i miei. Ho ricevuto ieri via mare la tua graditissima lettera, con le notizie sullo stato di salute di mia madre Giovanna e sulle attività di mio padre Giambattista, che forse con i suoi tanti impegni professionali e pubblici cerca di non pensare alla mia scelta di vita che, probabilmente, non ha mai condiviso. Mio padre non ha mai creduto che io fin da bambino sognavo di venire qua in Cina, il misterioso Katai di cui avevo letto nella nostra biblioteca scolastica su quel famoso libro ‘Il Milione’ di Marco Polo e poi anche nelle ‘Memorie di viaggio’ del francescano Odorico da Pordenone, memoria nelle quali avevo trovato il racconto, tra l’altro, del ritrovamento nel 1326 vicino a Bombay, del corpo incorrotto del beato Tommaso da Tolentino, martirizzato… l’11 aprile 1321’.
La notizia dell’influsso nella scelta missionaria di padre Matteo Ricci della vicenda dei beati francescani Tommaso da Tolentino e Odorico da Pordenone è significativa in quanto collega la presenza dei frati Minori in terra di Cina tra XIII e XIV secolo con quella successiva del venerabile maceratese. E tra quei pionieri francescani una particolare menzione merita il minorita Giovanni da Montecorvino, arcivescovo dell’attuale Pechino dal 1307 al 1328. Il settimo centenario della morte di Marco Polo nel 2024 sarà un’occasione propizia per conoscere meglio frati e mercanti che si incamminarono verso la Cina e alla cui posterità attinse anche il gesuita p. Matteo Ricci”.
Perché è stata costituita una biblioteca francescana nelle Marche?
“La biblioteca storico-francescana e picena ‘San Giacomo della Marca’ è un’istituzione ecclesiastica di Falconara Marittima, comprendente anche l’Archivio storico della provincia picena e la Pinacoteca Internazionale ‘In nome di San Francesco’. Sorta sull’eredità di un’altra biblioteca, allestita a Matelica, per volere e impegno di padre Candido Mariotti, sul finire del XIX secolo, essa ha continuato costantemente ad accrescere il proprio patrimonio librario, diventando nel tempo un punto di riferimento per gli studi sul francescanesimo e sulla storia marchigiana.
Il 4 ottobre 1897, la Costituzione Apostolica di papa Leone XIII, ‘Felicitate quadam’, decretò l’unione di quattro famiglie minoritiche francescane in un unico Ordine, da una parte ricomponendo una divisione percepita ormai come anacronistica, dall’altra, però, ignorando le specificità che ogni compagine aveva maturato nel corso dei secoli. Per la regione Marche, questo significò l’aggregazione della provincia Lauretana degli Osservanti a quella di San Pacifico dei Riformati, con l’acquisizione del nome che tutt’oggi le è affidato, e cioè quello di provincia Picena.
In tale contesto, Candido Mariotti ricevette l’incarico di padre provinciale della nuova circoscrizione e maturò l’idea di costituire una Biblioteca francescana che potesse attestarsi come organo bibliografico di riferimento per tutti i confratelli della provincia e per gli studiosi dell’ordine. Il progetto cominciò a delinearsi più chiaramente all’inizio del XX secolo, con l’allestimento di un fondo librario presso il convento di San Francesco di Matelica; tale nucleo fu creato su una selezione dei volumi precedentemente conservati dai frati di Marciano, Montefiorentino e Montemaggio e sfuggiti, per vari motivi, all’attenzione del giovane Stato Italiano che, all’indomani dell’unità, aveva provveduto alla requisizione dei beni ecclesiastici.
Nel tempo essa accrebbe la propria importanza sul territorio, riuscendo non soltanto a qualificarsi come organo centrale della Provincia, ma anche ad assumere l’incarico di conservare l’Archivio provinciale, ad organizzare importanti convegni su San Giacomo della Marca e a patrocinare l’edizione della rivista ‘Picenum Seraphicum’. Fu questo il momento in cui, considerando l’orizzonte che la Biblioteca stava conquistando anche in termini di utenti ‘esterni’, si decise di ampliare l’offerta documentale prevedendo un fondo dedicato allo studio della storia marchigiana; una scelta che, per tappe, comportò anche il progressivo raffinamento del nome della Biblioteca, che nel 1995 venne mutato in quello che ancora oggi la contraddistingue”.
Quale è l’importanza di una biblioteca francescana per la diffusione della conoscenza?
“L’aggettivo ‘francescana’, che si applica alla biblioteca, si caratterizza non solo come un ente, ma soprattutto per lo stile con cui viene vissuto il servizio. La presenza di religiosi insieme ai laici, che costituiscono lo staff della biblioteca, non fa che arricchire l’ambiente culturale con un clima che si contraddistingue per accoglienza e familiarità, aspetti tipici della spiritualità francescana; uniti a quello della professionalità e alle capacità organizzative, specifiche fondamentali per una proposta seria che sta riscuotendo un’attenzione non solo regionale, ma anche internazionale in questi ultimi anni. Uno studioso, un ricercatore, o un semplice appassionato, che ha sperimentato la fatica della ricerca di testi e fonti, spesso disseminati in ambienti lontani e non facilmente accessibili, può trovare nella biblioteca francescana un gruppo pronto ad accoglierlo con piena disponibilità e ‘semplicità’. Forse anche questi aspetti sarebbero descritti come meraviglie da Marco Polo se fosse qui oggi”.
(Tratto da Aci Stampa)
Otello Cenci: anche gli spettacoli al Meeting cercano l’essenziale

“In un mondo dinamico e tecnologicamente avanzato come il nostro, in cui le distrazioni pervadono le nostre vite, sentiamo forte l’urgenza di scoprire ciò che conta veramente nella vita. I conflitti e le guerre che seminano violenza e morte ci pongono in modo inequivocabile di fronte a domande che la cultura contemporanea tende a rimuovere, le domande sul nostro destino e sul senso del dolore. La ricerca di una felicità vera e duratura non può accontentarsi di illusioni ed utopie: le costruzioni artificiose di apparenze inconsistenti, infatti, non reggono alla radicalità di questa ricerca e di tali domande”.
E’ la proposta di fondo che guida il tema del Meeting dell’Amicizia fra i Popoli, giunto alla 45^ edizione, che si svolge alla Fiera di Rimini dal 20 al 25 agosto con il titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’, caratterizzata da tavole rotonde, mostre, spettacoli, iniziative culturali, sportive e per ragazzi e trasmessa in diretta su più canali digitali e in più lingue e si apre con lo spettacolo ‘Chi sei tu? La sfida di Gerusalemme”, tratto dal libro ‘La sfida di Gerusalemme. Un viaggio in Terra Santa’ del drammaturgo Eric-Emmanuel Schmitt, che ha accettato la proposta di fare un viaggio di un mese in Terra Santa per raccontare la sua esperienza in un diario.
L’idea di portare in scena il testo nasce da Lorenzo Fazzini, direttore editoriale di Libreria Editrice Vaticana, adattato per la scena da Emanuele Fant e Otello Cenci che ne cura la regia. A dare voce al viaggio di Schmitt è l’attore Ettore Bassi, con le musiche eseguite dal vivo da Mirna Kassis, Matteo Damele, Filippo Dionigi, Tomas Milner, con la partecipazione in video dello stesso Éric-Emmanuel Schmitt, presentato nello scorso luglio al ‘Teatro del Dramma Popolare’ di San Miniato in una cooperazione della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS, Fondazione Istituto Dramma Popolare San Miniato, Centro Teatrale Bresciano.
Partendo dal tema generale chiediamo al regista e direttore artistico degli spettacoli del Meeting per l’amicizia fra i popoli, Otello Cenci, di raccontarci per quale motivo il Meeting pone questa domanda: “In un momento storico segnato da guerre, crisi economiche e sociali, crollo dei valori esistenziali, politici e religiosi che hanno sorretto le generazioni precedenti, diffusa insicurezza, e grande timore verso il futuro, credo che porre a tema cosa sia essenziale all’uomo per vivere sia una scelta decisiva, radicale e coraggiosa. Il Meeting da sempre ha questo desiderio di mettersi in dialogo con il mondo intero ponendo a tema l’esistenza dell’uomo e il suo significato”.
Il Meeting dell’Amicizia fra i Popoli apre con lo spettacolo teatrale tratto dal libro di Schmitt con la sua regia: quale sfida ci attende?
“Lo spettacolo coinvolge il pubblico in un viaggio emozionante, fatto di parole, musica, proiezioni, balli e canti che ci permettono di condividere almeno in parte, l’esperienza vissuta dall’autore nel suo viaggio in Terra Santa. I preconcetti, la ritrosia e il distacco con cui l’autore si approccia alle persone che incontra e ai luoghi che visita, sono quelli propri di tante persone del nostro tempo. Risulta quindi facile immedesimarsi con il protagonista e condividere con lui, prima i dubbi, poi lo stupore per alcune scoperte e, infine, un cambiamento inaspettato.
La sfida per Eric Emmanuel Schmitt è stata prima, quella di accettare di compiere il viaggio, poi arrendersi a quello che gli stava accadendo e infine avere il coraggio di condividerlo con tutti noi: attraverso il libro e anche con lo spettacolo. La sfida per il pubblico è quella di abbandonarsi per sessanta minuti e farsi trasportare in quella terra da anni martoriata dalla guerra e accettare una nuova ipotesi con cui guardarla”.
Come è possibile trasformare un testo di ‘viaggio’ in drammaturgia?
“Per noi che abbiamo collaborato alla realizzazione dell’opera scenica, la sfida è stata quella di adattare il testo in modo da salvare le parti fondamentali del tragitto sia geografico che personale presenti nel testo, valorizzando quelle sfumature che rendono pienamente umana l’avventura. L’altro aspetto a cui abbiamo tenuto molto è stato quello di rendere emozionante la messa in scena per comunicare allo spettatore non solo gli eventi cronologici del racconto, ma gli stati d’animo che l’autore ha provato nel suo viaggio.
A questo scopo sono stati essenziali il lungo lavoro svolto sul testo con Emmanuele Fant e, successivamente quello sulla musica, sulle proiezioni e sulla scenografia. Il coinvolgimento di Mirna Kassis, cantante siriana con cui collaboro da anni e di professionisti giovani appassionati e di talento è stato essenziale, così come la presenza di Ettore Bassi che credo che in questo spettacolo abbia dato veramente il meglio di sé”.
Oltre a questo spettacolo inaugurale quali sono gli altri appuntamenti da non perdere in questa settimana?
“La settimana è veramente ricca di tante proposte diverse e interessanti. Oltre allo spettacolo inaugurale, presenteremo al Teatro Galli due spettacoli teatrali: ‘Acqua’ che affronta il tema della verità contrapposta agli interessi personali e ‘Fra’, San Francesco, la superstar del Medioevo’ di e con Giovanni Scifoni. Il noto pianista iraniano Ramin Bahrami presenterà brani di Johann Sebastian Bach, in una serata che vede la sinergia con la Sagra Musicale Malatestiana.
Oltre agli spettacoli al Teatro Galli, insieme alla Cineteca di Rimini, ci sarà l’occasione di assistere alla proiezioni di alcuni film presso la Corte degli Agostiniani; i tre film in visione sono ‘Tatami’, ‘The Old Oak’ e ‘I bambini di Gaza’, opere che vogliono stigmatizzare l’ideologia politica e culturale attraverso storie di amicizia, ribellione e nuovi orizzonti.
L’avventura continua con alcuni appuntamenti imperdibili ad ingresso libero che avranno luogo presso la Fiera di Rimini; tra i più significativi sottolineo lo spettacolo di poesia e musica a cura dell’Associazione Amici di Nicco Palco ‘Voglio la pace che nessun uomo può dare’ e la finale della quarta edizione del ‘Meeting Music Contest’ che presenterà alla giuria, presieduta da Filippo Graziani, i cinque giovani artisti selezionati tra gli oltre 200 iscritti”.
Eppoi i 40 anni del teatro ‘Gli Incamminati’: perché il Meeting sentì l’esigenza di dare spazio al teatro?
“L’arte scenica è fin dall’origine nel DNA del Meeting di Rimini. I primi anni si sono realizzati degli eventi itineranti lungo i luoghi più significativi della città, coinvolgendo migliaia di persone che rimanevano esterrefatte dall’imponenza delle installazioni e dalle centinaia di figuranti che partecipavano a questa sorta di sacra rappresentazione popolare. Il teatro serve per riflettere nel vero senso del termine, ossia guardarsi allo specchio e osservandosi dall’esterno fare i conti con le proprie paure, i propri vizi e le proprie virtù. Il teatro, insomma, ma direi l’arte in generale, serve per scoprire sé stessi ed esorcizzare paure e malesseri.
Desideriamo tutti sapere chi siamo veramente, come siamo fatti e confrontarci con il pensiero e le esperienze di altri, che vivono lontano nel tempo e nello spazio, ma anche con quelli vicino a noi, quelli che condividono il numero di posto subito dopo il nostro. E’ evidente allora, come sia importante per il Meeting per l’amicizia fra i popoli, offrire occasioni di confronto con testi significativi, con autori classici e contemporanei, con interpreti di grande talento e giovanissimi.
E’ un’occasione unica poi fare questo tipo di proposte così ambiziose, a Rimini, capitale del turismo spensierato. Una provocazione solare come la stagione estiva in cui si colloca. il cartellone sembra dire: ‘venite a vedere questi spettacoli e commentiamoli insieme davanti ad un caffè od uno spaghetto…’. L’invito è aperto a tutti!”
(Tratto da Aci Stampa)
Olga di Kiev: la diffusione del cristianesimo nella Rus’

Nacque tra l’890 e il 925 d.C. Quando aveva circa 15 anni il principe Igor la vide e se ne innamorò, prendendola in moglie. Igor era figlio di Rurik, una figura leggendaria, fondatore della federazione tribale Rus’ di Kyiv, un territorio che comprendeva parte dell’attuale Russia, Ucraina e Bielorussia e che aveva la sua capitale a Kiev. Il termine ‘Rus’, da cui derivano i termini di Russia e Bielorussia, è probabilmente di origine finnica e significa ‘uomo venuto dal mare’. Igor intraprese due campagne militari contro Costantinopoli, entrambe fallimentari.
Marco Polo e i francescani in terra di Cina

Nella realtà odierna sono molto importanti i mediatori culturali, ossia coloro che riescono a far incontrare popoli e culture così da costruire strutture di pace che contrastino gli scontri d’ignoranza di cui si vedono gli esiti nefasti.
Tra questi personaggi dall’alto valore storico e simbolico certamente c’è Marco Polo, il mercante veneziano che giunse in terra di Cina e di cui ricorrono settecento anni dalla morte avvenuta a Venezia l’8 gennaio 1324.
Le iniziative in programma sono molteplici e tra esse si evidenzia il convegno ‘Appunti di viaggio: Marco Polo e i Francescani in Oriente nei secoli XIII-XIV’ in programma a Tolentino sabato 19 ottobre 2024 già annunciato nel sito ufficiale del centenario Homepage | Le vie di Marco Polo.
Certamente un ruolo importante ha avuto frate Giovanni da Montecorvino primo vescovo in terra di Cina proprio negli anni in cui era presente anche Marco Polo assieme ad altri mercanti, come spiega Pacifico Sella in Giovanni da Montecorvino, l’anti Marco Polo del Cristianesimo – La Nuova Bussola Quotidiana (lanuovabq.it).
Questo si può leggere nel blog ‘Il Cattolico’ di p. Pietro Messa; mentre il sito dell’Università Antonianum di Roma rilancia, tra le molte iniziative in programma per il centenario della morte di Marco Polo, il convegno ‘Appunti di viaggio: Marco Polo e i Francescani in Oriente nei secoli XIII-XIV’ che si terrà a Tolentino sabato 19 ottobre, come già annunciato nel sito ufficiale del centenario del comune di Venezia, www.leviedimarcopolo.it;
“Nella realtà odierna sono molto importanti i mediatori culturali, ossia coloro che riescono a far incontrare popoli e culture così da costruire strutture di pace che contrastino gli scontri d’ignoranza di cui si vedono gli esiti nefasti. Tra questi personaggi dall’alto valore storico e simbolico certamente c’è Marco Polo, il mercante veneziano che giunse in terra di Cina e di cui ricorrono settecento anni dalla morte avvenuta a Venezia l’8 gennaio 1324”.
La regione e le città delle Marche hanno da molti secoli rapporti con Venezia; tramite il mare Adriatico, i commercianti e i frati degli ordini mendicanti come il francescano Tommaso da Tolentino partirono nel 1290 per raggiungere prima l’Armenia, poi la Persia, l’India e la Cina, quasi sempre viaggiando su navi mercantili veneziane. Il legame tra Tolentino e Venezia è rafforzato anche da tre personaggi: Francesco Filelfo letterato, Niccolò Mauruzi condottiero e san Nicola da Tolentino.
Il convegno affronta il tema di questi avventurosi viaggi che trovano la loro massima espressione nel libro ‘Il Milione’, dettato da Marco Polo a Rustichello da Pisa, e nell’ ‘Itinerarium de mirabilibus orientalium Tartarorum’ del francescano Odorico da Pordenone, che nel 1324 circa compì l’impresa di prelevare i resti dei martiri a Thane (India) e condurli via mare sino a Zayton (Quanzhou:
“I relatori di diverse università italiane ed estere parleranno dell’intenso scambio di saperi e di commerci dell’epoca, oltre che dell’incontro tra diverse culture che dialogano rispettosamente e senza rinunciare alla propria identità”, ha concluso la nota dell’università Antonianum di Roma.
(Foto: Il Cattolico)
La diocesi di Padova riparte da Cana

Domenica 25 febbraio il vescovo della diocesi di Padova, mons. Claudio Cipolla, ha presieduto la celebrazione eucaristica conclusiva del Sinodo diocesano, in cui ha consegnato la lettera pastorale, in cui sono stati messi in evidenza i tre segni liturgici sottolineati e utilizzati durante gli anni del Sinodo: il libro dei Vangeli, la colletta per le necessità della Chiesa e dei poveri e la comunione agli infermi.
‘Ripartiamo da Cana’ è il titolo della Lettera post sinodale, che traccia le piste operative per il cammino della Chiesa di Padova, definito ‘un nuovo viaggio entusiasmante’, a cui si aggiungono 6 allegati: lo Strumento di lavoro 2, frutto dei Gruppi di discernimento sinodale in cui venivano rappresentati i cinque stili generativi e le 28 proposte frutto delle fasi di ascolto e discernimento;
le tre proposte ‘leve di cambiamento’ votate dall’Assemblea sinodale (relative a: ministeri battesimali, piccoli gruppi della Parola, collaborazioni tra parrocchie); altri tre testi di indirizzo che riprendono delle sperimentazioni già avviate negli scorsi anni (Famiglie in collaborazione pastorale, Percorso Simbolo, Fraternità presbiterale), che ora trovano una loro espressione identificativa di un indirizzo preciso della Chiesa padovana; una bozza di lavoro che propone un’ipotesi di riorganizzazione della Diocesi nella prospettiva delle Collaborazioni pastorali.
Il Sinodo, ha sottolineato nella lettera post-sinodale mons. Cipolla o Claudio è il contributo della Chiesa locale a questa particolare stagione storica che si sta vivendo, come Chiesa e come società: “Ci aiuta a coltivare insieme un sogno e una speranza, ci rinforza nello sforzo di dare spazio alla diversità e di trovare unità in ciò che è prioritario, ci apre al confronto libero e schietto in ascolto non di noi stessi ma del Signore, ci indica la strada del servizio agli altri”.
Nel testo mons. Cipolla ha riconosciuto nelle tre proposte votate dall’assemblea sinodale altrettante ‘leve di cambiamento’ per rinnovare la Chiesa, sottolineando ulteriori aspetti, che hanno contraddistinto i 9 anni del suo episcopato, di cui il primo è il ‘valore di ogni singola comunità parrocchiale’, nell’originalità, ma anche nella presenza capillare della Chiesa nel territorio: “lì dove ci sono le persone lì è presente Gesù, attraverso le comunità di battezzati che umilmente lo testimoniano”.
In merito alla seconda proposta votata dall’Assemblea sinodale (i piccoli ‘Gruppi della Parola’) il vescovo ha sollecitato la sperimentazione di ‘autentici laboratori di relazioni fraterne illuminate dal Vangelo’, dove in particolare possono essere una grande risorsa ‘i facilitatori e i moderatori del Sinodo: persone già formate nell’accompagnare con delicatezza i gruppi’.
Infine, rispetto alla terza proposta di una riorganizzazione della collaborazione tra parrocchie vicine, mons. Cipolla ha introdotto una nuova espressione: le ‘Collaborazioni pastorali’, che evidenziano l’unicità di ogni parrocchia e promuovono il “valore della comunione e collaborazione tra parrocchie vicine. Tutte con gradualità, entreranno in una forma di sinergia organica; nessuna parrocchia si penserà da sola, staccata dalle altre come se potesse bastare a se stessa”.
Nell’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva del cammino sinodale mons. Cipolla ha indicato le prospettive per i prossimi anni: “Siamo oggi arrivati ad un momento che risponde alle attese di tanti cristiani e di tante comunità della nostra Chiesa e che vogliamo mettere nelle mani del Signore. Lo vivo con emozione anche perché sento il peso della responsabilità per le indicazioni che al termine della celebrazione vi consegnerò.
E’ mio desiderio indicare prospettive e orizzonti comunitari, con quell’atteggiamento mariano che rende docili all’opera dello Spirito del Padre e di Gesù. Oggi, in questa chiesa dell’Opera della Provvidenza, che intendo rendere Santuario mariano della Diocesi guardiamo a Colei che per prima ha accolto Gesù, lo ha accompagnato e con la sua presenza silenziosa lo ha annunciato. Maria Vergine madre della Provvidenza, ci aiuti a vivere la missione che lo Spirito, nel battesimo ci ha affidato! Sono certo infatti che questi sono anche gli atteggiamenti interiori che lo Spirito ha messo nei nostri cuori”.
E’ stato un invito a non perdere la speranza della Trasfigurazione: “Dopo essere stati a Cana, alla festa di nozze, dove abbiamo assaporato il vino nuovo e più buono donato da Gesù, in questa seconda domenica di Quaresima siamo invitati a salire con lui, come Pietro, Giacomo e Giovanni, sul Tabor. Il trasfigurarsi di Gesù di fronte ai suoi discepoli è incoraggiamento a proseguire il cammino quaresimale verso la Pasqua”.
Al contempo la Trasfigurazione invita ad ascoltare Dio: “Insegna però anche a guardare l’invisibile, a vedere lo splendore bianchissimo, e ad ascoltare la voce che viene dal cielo. Insegna a guardare avanti, in alto, in profondità. Insegna a credere nel futuro preparato da Gesù e a non lasciarsi spaventare dalla sofferenza che caratterizza la sua croce, come anche le croci degli altri uomini e donne.
Visione ed ascolto riservati per poco tempo soltanto ai tre discepoli, nei quali potremmo riconoscerci: come loro anche noi sappiamo che scesi dal monte, dovremo passare dalla visione alla realtà della Pasqua che affida a discepoli e discepole la missione di annunciare a tutti quello che avevano sperimentato turbati ed attoniti: il Signore è risorto. Anche noi viviamo di speranza, di quella stessa speranza che è stata accesa nel cuore dei tre i discepoli”.
Ed ha ‘acceso’ tre luci: “La prima luce riguarda l’esperienza di comunità. Siamo la Chiesa unica ed universale che vive in questi territori e in questa storia, formata da tante e diverse comunità, ognuna delle quali ha una sua identità, ma soprattutto crede con fermezza che il Signore è il suo custode e da lui ha tutto origine e trova il suo compimento: ogni comunità è unica ed è irripetibile come lo sono le persone che la compongono. Oggi si manifesta il bisogno che le comunità, in particolare quelle che definiamo parrocchia, diventino luoghi di fraternità e di invio in missione: comunità fraterne e missionarie”.
La seconda luce è l’evangelizzazione: “A partire dagli adulti e dai giovani le nostre comunità sono nella necessità di rivedere i propri stili di vita perché siano ispirati al Vangelo e siano Vangelo. L’annuncio del Vangelo e la sua accoglienza nelle famiglie, nei piccoli gruppi, nelle comunità sono richiesti non per costruire élite ma per essere ricchi di quel tesoro di cui tanti nostri amici sentono il bisogno, interpretati molto bene dal salmo che dice “Come una cerva anela ai corsi d’acqua così l’anima mia anela a te o Dio”.
La terza è il discepolato, cioè l’organizzazione di una diocesi: “…i discepoli costituiscono una comunità concreta, anzi molte comunità che tra loro si riconoscono sorelle e che si trovano nella condizione di aiutarsi e sostenersi reciprocamente, condividendo, quando necessario, anche carismi e doni ministeriali. Poiché siamo molti e viviamo su territori diversi occorre che ci diamo una organizzazione per poterci aiutare reciprocamente.
Parlare di vicariati, di collaborazioni pastorali e di parrocchie, di presbiteri e diaconi, di ministeri istituiti e battesimali, di carismi presenti grazie alla vita consacrata e ai movimenti significa anche andare sul concreto, porre indicatori, stabilire tempi, darsi appuntamenti, indicare sedi di incontro. Occorre però sempre ricordarci che si tratta di strumenti, non di fini”.
Queste tre ‘luci’ sono invito ad ‘uscire’: “Dobbiamo cercare le nuove forme di sofferenza, di discriminazione, di violenza ed essere braccia pronte all’abbraccio, porta aperta all’accoglienza, fratelli e sorelle, compagni di strada. Senza pietismi o assistenzialismi, ma per giustizia e per carità. Nessuno escluso (direbbe papa Francesco) riproponendoci gli atteggiamenti evangelici di Gesù.
Ripartiamo dunque da Cana; scendiamo dal monte e con Gesù, Maestro e Signore, camminiamo senza indugio verso Gerusalemme”.
(Foto: diocesi di Padova)
Educatius lancia il concorso Community Impact Fund

Il Gruppo Educatius e Astudy International Education, per celebrare il potere dell’educazione trasformativa, annunciano il lancio del concorso Educatius Community Impact Fund, sfidando le menti dei giovani studenti a ispirarsi a livello globale e ad agire a livello locale. Il concorso è un invito aperto agli studenti delle scuole superiori e agli exchange student di Astudy e del Gruppo Educatius a sfruttare la loro formazione internazionale per proporre progetti innovativi che possano fare una differenza tangibile nelle loro comunità.
Il concorso Educatius Community Impact Fund non è solo un concorso, ma una piattaforma per l’azione. E’ un invito per i giovani partecipanti a sognare in grande e a presentare proposte che possano fare la differenza, ispirate dall’esperienza vissuta durante il loro anno scolastico all’estero. Che si tratti di rivitalizzare un parco locale, avviare un programma educativo per bambini più fragili o guidare un’iniziativa di riutilizzo all’interno della propria comunità, l’obiettivo è quello di accendere una scintilla che illumini la strada per gli altri, trasformando i sogni in piani attuabili e da realizzare in breve tempo.
Dal 1° marzo al 31 marzo 2024, Educatius invita gli studenti e gli ex exchange student a presentare le loro proposte online. Il concorso cerca idee che non solo siano ispirate dall’esperienza di scambio culturale dei partecipanti ma che dimostrino anche un piano concreto per l’utilizzo del contributo di 5000 dollari.
Una giuria internazionale esaminerà le candidature selezionando tre finalisti che parteciperanno a un Global Skills Prep Camp online. Alla fine verrà scelto un vincitore che riceverà il contributo e il tutoraggio.
La missione di Educatius e di Astudy si estende ben oltre le aule scolastiche. Le due organizzazioni si dedicano alla formazione di cittadini globali in grado di affrontare le sfide del mondo. I partecipanti ai programmi di Educatius e Astudy raggiungono prospettive globali, vantaggi accademici, opportunità di scambio culturale ed esperienze di crescita personale che preparano a essere gli artefici del cambiamento di domani.
Il concorso Educatius Community Impact Fund è un’opportunità non solo per avere un impatto ma anche per intraprendere un viaggio di trasformazione personale e sociale. Il mondo è in attesa di idee nuove e di azioni appassionate e questo inizia con i nostri giovani.
Per maggiori informazioni su come candidarsi, visitate la pagina ufficiale del concorso Educatius.
Papa Francesco: mettiamo a frutto i talenti

“Il Vangelo di oggi ci presenta la parabola dei talenti. Un padrone parte per un viaggio e affida ai servi i suoi talenti, ovvero i suoi beni: capitali, i talenti erano un’unità monetaria. Li distribuisce in base alle capacità di ciascuno. Al ritorno chiede conto di ciò che hanno fatto. Due di loro hanno raddoppiato quanto ricevuto e il signore li loda, mentre il terzo, per paura, ha seppellito il suo talento e può solo restituirlo, ragione per cui riceve un severo rimprovero”.