Papa Francesco invita ad essere testimoni pieni di gioia
Nella messa mattutina in streaming da Santa Marta nel giovedì dell’Ottava di Pasqua papa Francesco ha rivolto un ringraziamento ai farmacisti, che lavorano in questo tempo caratterizzato dalla pandemia per aiutare le persone malate e sono a contatto con esse: “In questi giorni mi hanno rimproverato perché ho dimenticato di ringraziare un gruppo di persone che anche lavora … Ho ringraziato i medici, infermieri, i volontari… ‘Ma lei si è dimenticato dei farmacisti’: anche loro lavorano tanto per aiutare gli ammalati ad uscire dalla malattia. Preghiamo anche per loro”.
Nell’omelia papa Francesco ha commentato il Vangelo odierno, in cui Gesù risorto appare ai discepoli, sconvolti e pieni di paura perché credevano di vedere un fantasma, e apre loro la mente per comprendere le Scritture, citando l’esortazione apostolica di san Paolo VI ‘Evangelii nuntiandi’ che parla di evangelizzatori gioiosi:
“In questi giorni, a Gerusalemme, la gente aveva tanti sentimenti: la paura, lo stupore, il dubbio… c’è un ambiente non tranquillo perché accadevano cose che non si capivano. Il Signore è andato dai suoi discepoli. Anche loro sapevano che era già risorto, anche Pietro lo sapeva perché aveva parlato con lui quella mattina. Questi due che erano tornati da Emmaus lo sapevano, ma quando il Signore è apparso si spaventarono”.
Il papa ha sottolineato l’incredulità dei discepoli, sorpresi dalla gioia: “Quel tesoro di Gesù che lo ha portato in Cielo per farlo vedere al Padre e intercedere per noi. ‘Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa’.
E poi viene una frase che a me dà tanta consolazione e per questo, questo passo del Vangelo è uno dei miei preferiti: ‘Ma poiché per la gioia non credevano…’, ancora ed erano pieni di stupore, la gioia gli impediva di credere… E questo gli impediva di credere. La gioia. I momenti di grande gioia. Erano strapieni di gioia ma paralizzati per la gioia”.
La gioia è la caratteristica del cristiano, come ha sottolineato l’apostolo Paolo ai Romani: “Riempire di gioia, essere pieno di gioia. E’ l’esperienza della consolazione più alta, quando il Signore ci fa capire che questa è un’altra cosa dall’essere allegro, positivo, luminoso… No, è un’altra cosa. Essere gioioso ma pieno di gioia, una gioia traboccante che ci prende davvero…
E quella parola, quella espressione, riempire di gioia viene ripetuta, tante, tante volte. Per esempio, quando accade nel carcere e Pietro salva la vita al carceriere che stava per suicidarsi perché si erano aperte le porte con il terremoto e poi gli annuncia il Vangelo, lo battezza, e il carceriere, dice la Bibbia, era ‘pieno di gioia’ per aver creduto”.
La gioia per il cristiano non è semplice emozione, ma è ‘pienezza’: “E’ la pienezza della consolazione, la pienezza della presenza del Signore… Questa gioia, che ci riempie, è il frutto dello Spirito Santo. Senza lo Spirito non si può avere questa gioia. Ricevere la gioia dello Spirito è una grazia”.
Concludendo l’omelia ha citato gli ultimi paragrafi dell’esortazione apostolica di san Paolo VI, in cui il papa santo invitava ad essere ‘evangelizzatori gioiosi’: “Mi vengono in mente gli ultimi numeri, gli ultimi paragrafi dell’Esortazione ‘Evangelii nuntiandi’ di Paolo VI, quando parla dei cristiani gioiosi, degli evangelizzatori gioiosi, e non di quelli che vivono sempre giù. Oggi è un giorno bello per leggerlo.
Pieni di gioia. E’ questo che ci dice la Bibbia: ‘Ma poiché per la gioia non credevano …’, era tanta che non credevano… La grande forza che noi abbiamo per trasformare, per predicare il Vangelo, per andare avanti come testimoni di vita è la gioia del Signore che è frutto dello Spirito Santo, e oggi chiediamo a Lui di concederci questo frutto”.
Il papa ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica, invitando a fare la Comunione spirituale: “Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te”.
Nel frattempo il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, accogliendo l’invito del Papa del 20 marzo scorso, ha istituito una commissione, in collaborazione con altri Dicasteri della Curia Romana per affrontare la pandemia, spiegando che la Commissione prevede cinque gruppi di lavoro, per l’analisi e la riflessione delle sfide socio-economiche e culturali per il futuro e proporre linee guida per affrontare questa prova.
Il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha sottolineato che “a una crisi rischia di seguirne un’altra e altre ancora, in un processo dove saremo costretti a imparare lentamente e dolorosamente a prenderci cura della nostra Casa comune, come Papa Francesco insegna così profeticamente nell’enciclica Laudato sì”.