La “mission possible” degli scrittori cattolici

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Scrittori cattolici: un’etichetta, una riduzione o una rivendicazione? La questione non è nuova, ma ora riprende slancio e significato perché finalmente, nel mondo cattolico si torna a interrogarsi seriamente sulle possibilità, le prospettive e il valore di una letteratura ispirata cristianamente. E dunque bisogna smetterla con i complessi d’inferiorità e la sudditanza ideologica alle mode e agli autori del momento. Gli scrittori cattolici, o i cattolici che scrivono, come in molti preferiscono definirsi, sono tanti, hanno pubblico, e possono tranquillamente “sfidare” i colleghi nichilisti e autoreferenziali, che spesso e volentieri sfoggiano linguaggi che farebbero arrossire i peggiori teppisti da strada. Del resto, la letteratura o si apre al metafisico o non è altro che puro intrattenimento, più o meno riuscito. Questo è il messaggio forte lanciato durante la prima giornata del convegno organizzato a Firenze, dal titolo «Quando la letteratura entra nelle pieghe della vita e della storia dell’uomo» e che rappresenta la rinnovata volontà del mondo cattolico di tornare alla ribalta anche letteraria, non solo politica e sociale e che idealmente si ricollega alla tradizione dei grandi convegni sulla letteratura che, proprio a Firenze, avevano come promotori personaggi come Carlo Bo, Giovanni Papani, Piero Bargellini, don Giuseppe De Luca.

Sabato nelle splendide cornici di palazzo Riccardi (sede della Provincia di Firenze) e dell’Opera del Duomo ci si è ritrovati, come nei mitici anni Cinquanta, a discutere sul senso e il valore della letteratura di ispirazione cristiana, Organizzato da don Vincenzo Arnone e dalla diocesi di Firenze in collaborazione con il Progetto culturale della Cei, insieme, tra gli altri, ad Alessandro Zaccuri, Giuseppe Lupo, Davide Rondoni, padre Ferdinando Castelli, Neria De Giovanni, Santino Spartà, Roberto Mussapi, Francesco Diego Tosto. Il tutto organizzato da don Vincenzo Arnone e dalla diocesi di Firenze, in collaborazione con il Progetto culturale della Cei. Ma ci sono scrittori in grado di confrontarsi, e magari anche di “imporsi” a lettori sempre meno invogliati e sempre più distratti da mille altre forme di comunicazione? Se ne dice convinto Zaccuri, giornalista, critico letterario e scrittore, che cita, fra gli altri, Ferruccio Parazzoli, Luca Doninelli e il giovane Alessandro D’Avenia, quest’ultimo in grado di scalare le classifiche dei best sellers. Del resto, si assiste al paradosso secondo il quale sempre più spesso temi e categorie della tradizione teologica sono adoperati da autori non credenti, spiega Zaccuri e questo costringe lo scrittore cristiano a un confronto serrato con le radici della propria fede.

E consiglia a tutti di rileggere sempre Dante, non come un monolite del passato, ma come qualcuno che riesce ad aprire gli occhi anche a noi smaliziati uomini del Duemila. Per il critico Giovanni Lupo, poi, la letteratura contemporanea è percorsa da un profondo senso della fine, della dissoluzione di ogni ordine e di ogni fondamento. A questa cupio dissolvi – sentimento non certo nuovo – però ora sempre più raramente si contrappone l’idea di letteratura come progetto: tutti si affannano a demolire, a denunciare, a distruggere, ma ben pochi si preoccupano di proporre, mostrare altre strade, altre possibilità di vita e di bellezza. Che sia questa la mission possible degli scrittori guidati dal senso religioso?

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