Lettura

Sannt’Albina di Cesarea, la sua storia in un libro

“S. Albina da Cesarea a Scauri, Storia Notizie Curiosità” è il libro a cura di Anna Maria Lepone, che viene presentato stasera sabato 15 giugno nell’ambito del programma in onore della Santa, a ricordo della traslazione delle Sacre Reliquie dalla Cattedrale di Gaeta nella chiesa di Scauri a Lei dedicata. “Per secoli il dono di quella giovane è stato accolto, custodito e narrato affinché la memoria della sua testimonianza di fede potesse sostenere ed alimentare la scelta di tanti altri credenti” – così si esprime, nella prefazione, S.E. D’Onorio Arcivescovo di Gaeta precisando che “Questo lavoro ben si colloca all’interno del nostro cammino di Chiesa gaetana in occasione dell’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI per “suscitare in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza […] Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo anno” (Benedetto XVI, Porta Fidei, 9). Interverrà e presenterà il testo, Mons. Lorenzo Cappelletti ordinario di Storia della Chiesa all’Istituto Teologico Leoniano. Concluderà la serata Mons. Arcivescovo.

I Sinodi continentali, la profezia di Giovanni Paolo II

Il cardinale nigeriano Francis Arinze ha parlato del lavoro dei Consigli Speciali come di “un impegno ecclesiale generalmente nascosto agli occhi del pubblico”. Nel suo intervento il cardinale Arinze si è concentrato sulla realtà africana. “Dal lato positivo si nota la dinamica attività missionaria in Africa, sia per la parte dei missionari esteri che si sacrificano per la propagazione della Buona Novella di salvezza in Gesù Cristo tra gli africani, sia per l’impegno missionario degli africani stessi dentro l’Africa ed anche in altri continenti”. ” Si notano – ha aggiunto il porporato – anche la nascita del nuovo Stato di Sud Sudan dopo anni di violenza e sofferenza, la pace in Angola e Mozambico, l’Unione Africana che funziona meglio che nel passato, la promozione della donna africana e il fatto che la Santa Sede ora mantiene relazioni diplomatiche con 49 Stati africani”.  “Dal lato negativo – ha proseguito Arinze – non si possono non notare la denutrizione, il deterioramento generalizzato della qualità della vita in molti paesi, il montare del debito internazionale, le guerre fratricide alimentate da un traffico d’armi senza scrupoli, e la sofferenza dei profughi e dei rifugiati. In Darfur si continua a soffrire. Si parla di tre milioni di persone uccise nell’Est Congo. E l’Aids, la malaria e la tubercolosi mietono amati frutti”. Tuttavia, “in mezzo a tante cattive notizie che provengono dall’Africa, il Vangelo di Gesù Cristo deve essere la sorgente della speranza e dell’ottimismo”, rilevando poi come “gli esperti ci dicono che l’Africa è il continente con la più elevata percentuale di crescita annuale nel mondo intero per il cristianesimo”.

Il vescovo salesiano Monsignor Savio HON Tai-Fai ha notato che “i temi riportati nel volume sono interessanti, le riflessioni illuminanti, e la maniera con cui è stato composto il volume intelligente”.  Ha presentato l’opera con riferimento all’Asia, continente in cui la Chiesa è un “piccolo gregge”. E ha parlato di due sfide: custodire e condividere il Vangelo di Cristo, che nell’esortazione apostolica Ecclesia in Asia è definito “dono che contiene ogni altro dono”, che indica “la superiorità del Vangelo rispetto alle altre proposte”. Da una parte “la Chiesa in Asia, essendo un ‘piccolo gregge’, è in costante pericolo di essere offuscata dalle altre culture o religioni tradizionali, e quindi deve mettere più impegno nel custodire la purezza e l’integrità della fede cristiana”. Dall’altra, riguardo al condividere, “entrano in gioco tutte le tematiche quali l’inter-culturazione, il dialogo interreligioso, il volto asiatico di Gesù e via dicendo”.

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio ha riletto la vicenda dei sinodi per l’ Europa alla luce della caduta del Muro di Berlino e della riunificazione sociale e culturale del continente,  Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina da parte sua ha ricordato come i vescovi latini americani abbiano iniziato le loro Assemblee continentali già alla fine degli anni ’50 e le Conferenze siano ancora uno dei riferimenti per tutto il continente.

Nel suo saluto introduttivo, il direttore della Lev, don Giuseppe Costa, ha sottolineato la “collaborazione piena” tra LEV e Sinodo e “l’amicizia cresciuta nella collaborazione”. “Noi ben volentieri promulghiamo tutto ciò che fa il Sinodo” ha affermato don Costa, e ciò “permette la circolazione delle idee e favorisce la riflessione”.

Ad oggi sono dieci le Assemblee Speciali che si sono tenute, in larga parte riferite agli episcopati dei singoli continenti e perciò dette continentali, generalmente concluse con un’Esortazione apostolica postsinodale. Questa pubblicazione aiuta a comprendere meglio il ruolo dei Consigli speciali continentali, nominati per portare avanti i lavori di ciascuna Assemblea Speciale. Il loro lavoro si esplica in tre fasi: la preparazione dell’Assise sinodale, con la redazione dei lineamenta (documento di riflessione) e dell’Instrumentum laboris (ordine del giorno dell’Assemblea); la raccolta e messa in ordine del materiale dei lavori sinodali, in vista della pubblicazione dell’Esortazione firmata dal Papa; la promozione dell’applicazione dell’Esortazione nei vari Paesi, e la raccolta di informazioni su iniziative pastorali, teologiche ed ecclesiali. Questo corposo volume, suddiviso a seconda dei diversi continenti, riporta gli interventi tenuti da monsignor Eterović nel corso delle riunioni dei Consigli speciali dei cinque continenti e del Medio Oriente, che sono serviti da introduzione ai lavori; i discorsi dei Sommi Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI durante gli incontri con i Consigli; gli elenchi dei componenti di ciascun Consiglio.

“Voglio proprio te!” La pastorale giovanile in preparazione della GMG di Rio 2013

Ancora oggi Gesù chiama per nome giovani apostoli, affidando loro una precisa missione: «Voglio proprio te!», «I want you!». È questo il motto ispiratore della nuova pubblicazione firmata da Maria Rosa Poggio per la Libreria Editrice Vaticana, dal titolo: “I WANT YOU Chiamata e missione l’avventura dei dodici continua” (136 pagine, 9 euro), che presenta alcuni dei brani più noti del Vangelo e del Nuovo Testamento riguardanti la chiamata e l’affidamento della missione. È un volume particolarmente curato nell’impaginazione e volto a favorire l’apprendimento: attraverso la scelta di colori diversi, il lettore potrà memorizzare i personaggi e i luoghi citati, approfondire gli argomenti e riflettere sui temi in questione.

Il volume è rivolto a tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di pastorale giovanile, e principalmente ai destinatari della pastorale stessa: i giovani. Sacerdoti, animatori pastorali, educatori e genitori vi potranno tuttavia trovare un aiuto efficace per il cammino spirituale dei giovani. L’opera assume una particolare attualità nell’imminenza della Giornata mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Rio de Janeiro nel luglio prossimo, intendendo favorire una preparazione e partecipazione piena ad essa.

Grossman, il “sovietico” mai distrutto dal regime

Lo è per qualità della scrittura, per quella stessa scrittura che getta, come uno scandaglio, negli abissi della Storia e in quelli delle tante storie individuali, lo è per la capacità e il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi temi eterni:  per quale motivo l’uomo vive, il mistero del male e del dolore, la forza dell’amore, la tragedia della morte. Il suo grandioso romanzo “Vita e destino” ne è la testimonianza più completa,  che lo accomunano alla tradizione del grande romanzo russo, da Dostoevskij a Tolstoj a Pasternak. Ma i riverberi di questa grandezza brillano anche nei racconti minimi, nelle pagine sparse, nei frammenti, appunto. Ora sono stati pubblicati tre brevi racconti in un volumetto della casa editrice Adelphi, una smilza raccolta intitolata “La cagnetta”. Nella presentazione di questi racconti si legge che essi siano da ascrivere “tutti e tre ai vertici della sua prosa”:  agli anni Trenta risalgono “La giovane e la vecchia” e “L’alce”, mentre “La cagnetta” appartiene al biennio ’60-’61. Anche in queste pagine vibra la corda del “bene illogico”, ossia quella capacità impossibile da distruggere, presente anche contro ogni possibilità e ogni realtà, di amare, di sacrificarsi, di opporsi alla malvagità e alla crudeltà.  Grossman osserva questa forza in azione negli animali, esseri innocenti votati al macello e alla violenza, e  poi nei bambini, negli anziani, negli emarginati. Che poi, alla fine, si rivelano il reale motore del mondo, la sua speranza, la forza indistruttibile che fa superare la follia della guerra, della dittatura, dell’ingiustizia, della malattia. La cagnetta racconta la storia di una piccola bastardina, abituata alla vita randagia e alla dura legge della strada, che viene catturata e usata per esperimenti che la porteranno ad essere il primo essere vivente mandato in orbita nello spazio. L’animale sviluppa una fedeltà e un amore profondo per il suo “aguzzino”, lo scienziato Aleksej Georgievic, un amore appunto illogico ma tenace, che poco a poco conduce lo scienziato a ricambiare questo affetto e a considerare la possibilità di comprendere l’universo proprio a partire dallo sguardo mite della bestiola. Grossman descrive la vita nella sua molteplicità, nella sua irriducibilità a formule, a gabbie  e a diktat, nella sua bellezza misteriosa e improvvisa. Anche se lo scrittore non lo dichiara, e non osa sperarlo, probabilmente, dietro questa bellezza si disegna il profilo di Dio.

Con gli occhi della Sposa: un libro per conoscere il Rosario

Ci sono tanti modi per parlare della preghiera del Santo Rosario. Don Gianluca Attanasio, sacerdote della Fraternità San Carlo in missione a Napoli, ne sceglie uno del tutto originale: quello del romanzo storico. I misteri del Rosario sono raccontati attraverso la vita di Maria, nella sua quotidianità di madre e sposa. Le pagine di “Con gli occhi della sposa” accompagnano il lettore alla scoperta del Vangelo, delle figure di Gesù e della Madonna. Sottolineando la continua e stretta attualità che hanno anche oggi con la vita di milioni di uomini. Il rosario è una preghiera potente, una preghiera di domanda e di contemplazione: è una grande compagnia. Lo si può recitare in macchina, in treno e in aereo, in ginocchio, in poltrona e camminando per strada, di giorno e di notte.

Il Concilio restituito alla Chiesa

E’ in libreria il libro  ‘Il Concilio restituito alla Chiesa. Dieci domande sul Vaticano II’ di Stefano Fontana,  direttore dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa e del settimanale diocesano di Trieste, ‘Vita Nuova’. Nella prefazione al libro l’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste, presidente dell’Osservatorio ‘Van Thuan’ per la Dottrina Sociale della Chiesa e Presidente della Commissione ‘Caritas in veritate’della CCEE, ha scritto: “Sul Vaticano II si sentono molte voci, fin troppe forse, ed alcune sono anche fuori riga. Eppure occuparsi del Vaticano II è di fondamentale importanza. Per questo sono utili i libri che aiutano a capire e a maturare una visione pienamente ecclesiale del Concilio. Questo libro appartiene a questa categoria.

I Martiri di Roma

In realtà per molti secoli i cristiani desideravano venire a Roma per venerare i martiri, non per vedere il papa. Gli Anni Santi, celebrati a partire dal 1300, non erano altro che una versione più strutturata dei pellegrinaggi alle tombe e alle reliquie dei martiri che andavano avanti da secoli. Le visite alle chiese, organizzate poi da S. Filippo Neri nella “visita alle Sette Chiese”, non erano motivate da una passione per l’arte e l’architettura sacra, ma dal desiderio di venerare le reliquie e i luoghi santi. Il desiderio di vedere la persona del Papa è molto più recente, anche se oggi ha completamente sostituito i martiri come motivazione dei viaggi a Roma dei cristiani. Di questi martiri di Roma, che quindi per secoli hanno attirato pellegrinaggi da tutto il mondo cristiano, però, spesso si conosce solo il nome e la data e il luogo di sepoltura. Di alcuni di loro non si può neanche essere certi che siano mai esistiti. L’esempio più famoso è appunto S. Valentino. Padre Amore dubitava, come molti altri, che si trattasse di un martire romano e pensava fosse semplicemente il costruttore di una chiesa sulla Via Flaminia.

Il caso di S. Valentino è il primo che il lettore incontra nel libro, perché Padre Amore ha scelto di seguire l’ordine degli antichi cimiteri e catacombe lungo le antiche strade consolari romane, partendo proprio dalla Via Flaminia. Alessandro Bonfiglio ha ora curato una edizione aggiornata di questo libro fondamentale (Tau Editrice 2012). La ricerche vanno avanti, e Bonfiglio ha non solo aggiornato le note bibliografiche, ma ha aggiunto al capitolo su ogni martire un paragrafo, in corpo minore, in cui discute i progressi degli studi negli ultimi quarant’anni. Il libro viene presentato da una prefazione di Fabrizio Bisconti, Magister della Pontificia Accademia Cultorum Martyrum, che si occupa del culto e dello studio degli antichi martiri di Roma. E S. Valentino? Alessandro Bonfiglio spiega che gli studiosi ormai hanno superato il dubbio di Padre Amore e credono che il martire romano Valentino sia veramente esistito.

Ecco alcuni passaggi della introduzione dell’ Autore.

La storia dei martiri è la gloria più fulgida e la testimonianza più eloquente della validità del Cristianesimo. Perciò, fin dai tempi remoti, gerarchia e fedeli si sono preoccupati, non solo di annotare con diligenza i nomi di coloro che hanno consacrato col sangue la loro fede, ma di celebrarne anche la memoria anniversaria nello svol gimento del culto liturgico. Per diverse circostanze, però, questa venerazione non ebbe inizio e sviluppo uguale ed uniforme: mentre in Oriente le più antiche testimonianze ci riportano al secolo II, in Occidente, e particolar mente per la Chiesa romana, della quale siamo meglio informati, sembra poter risalire soltanto al secolo III. Questo ritardo condusse fatalmente, pur prescindendo da qualsiasi valutazione di merito, al mancato ricordo, nei libri liturgici, di quasi tutti i martiri dei primi due secoli. Il culto infatti era generalmente localizzato attorno al sepol cro che raccoglieva le gloriose spoglie e celebrato nel dies natalis del martire, cioè nell’anniversario della sua morte, ma, essendo ormai trascorso tanto tempo dagli eventi, era inevitabile che per molti dei più antichi si fosse perduta l’esatta conoscenza dell’uno o dello altro elemento, quando non fossero ignoti fin dall’inizio. Si pensi, per esempio, alle stragi in massa della persecuzione neroniana, ai confessori periti nelle carceri o banditi all’esilio, a quelli sacrificati negli spettacoli circensi, dati in pasto alle fiere, annegati o consumati dalle fiamme, e si comprende facilmente come per molti di essi fosse stata impossibile e la pietosa sepoltura e l’annotazione della data della morte. Non si deve poi trascurare il fatto per cui, una volta decisa l’organizzazione del culto, era impossibile compilare una lista completa delle feste di tutti i martiri di cui la Chiesa romana poteva vantarsi, ed indubbiamente essi ascendono ad un numero cospicuo: una sele zione si imponeva anche per non creare troppe celebrazioni ufficiali e non costringere i fedeli a recarsi quasi ogni giorno ai cimiteri.

Tutte queste considerazioni permettono di spiegare come il più antico documento liturgico romano, la Depositio martyrum, risalente agli inizi del secolo IV, da una parte contenga poche commemorazioni festive e dall’altra la lista riguardi esclusivamente i martiri dei se coli III-IV. Sarebbe perciò assolutamente errato limitarsi allo studio di quel calendario volendo conoscere quanti e quali furono i martiri romani dei primi secoli, poiché esso è soltanto l’espressione di alcune celebrazioni ufficialmente stabilite ed accolte dalla comunità ecclesiale, in quella determinata epoca, e non il repertorio completo o l’elenco di tutti i martiri. Certamente nello sviluppo ed espansione successiva del culto si andarono recuperando molte altre memorie di martiri, ma allora intervenne un altro fattore, purtroppo non sempre ottimale, che con dusse ad un’indiscriminata e talvolta semplicistica raccolta, basata su documentazione non sempre genuina ed esente da ogni sospetto storico: alludiamo alla fioritura delle leggende agiografiche, causa e conseguenza insieme dello stesso sviluppo del culto dei martiri. I loro autori infatti, nell’intento di illustrare la personalità di qualche antico autentico martire di cui si allargava la venerazione ma del quale non si avevano ormai notizie sicure e dettagliate, non si peritarono solo di inventare quei dettagli, ma circondarono l’eroe principale di una congerie di altri personaggi a lui completamente estranei e spesso inventati. Il fenomeno non sarebbe stato in sé troppo pericoloso se fosse rimasto ristretto nell’ambito letterario, ma lo di venne e purtroppo negativamente, perché anche codesti nuovi personaggi entrarono, a pari merito con gli altri, nella venerazione e nel culto, essendo stati anch’essi annoverati tra gli autentici martiri. Da ciò ne consegue come sia sommamente pericoloso e storicamente infido basarsi unicamente sul criterio del culto quando si vogliono conoscere i martiri di una determinata Chiesa locale, poiché le fonti liturgiche spesso dipendono da quelle agiografiche.

Per questo motivo non possono considerarsi completamente soddisfacenti gli antichi lavori di Urbain e Kirsch, anche se ambe due condotti con l’ausilio di altre fonti sussidiarie. Il criterio del culto può soltanto registrare il dato di fatto, ma per essere valido bisogna che prima se ne giudichi l’origine. L’Urbain, infatti, ha completamente trascurato la critica delle fonti utilizzate, per cui oggi è facile e necessario espungere dalla sua lista molti presunti martiri: per il semplice fatto che un santo è ricordato in un documento liturgico, non ne consegue che la sua storicità sia ipso facto dimostrata! Il Kirsch poi, come già prima anche Urbain, servendosi di una sola fonte per la sua inchiesta, cioè il Martirologio Geronimiano, ha tra scurato tutti quei martiri che, pur storicamente autentici, non sono ricordati in quel documento. Seguendo la via tracciata dal Kirsch, ma con criteri più strettamente critici e principalmente utilizzando la topografia cimiteriale, il Delehaye ha cercato di ricomporre una lista dei martiri romani e delle località circonvicine “dont le culte est serieusement attesté […] et, dont l’identification n’offre aucune doute”,ma anche il lavoro dell’illustre Bollandista non può dirsi storicamente esauriente e completo. Volendo perciò evitare le lacune e le deficienze notate nei precedenti lavori, abbiamo preso a fondamento del nostro il criterio storico e, utilizzando tutte le altre fonti sussidiarie e complementari dell’Agiografia (archeologiche, liturgiche, storiche), abbiamo cercato di raccogliere tutti i dati attendibili sui martiri romani, la cui esistenza può essere provata ed accettata, non trascurando insieme, e conseguentemente, di esaminare e notare se quei dati si fondino su valide fonti, sia per accertarne l’esistenza storica, sia la personalità, quale ci è stata tramandata dalla tradizione agiografica. In altre parole si tratta di uno studio eminentemente storico-agiografico sui martiri romani. Non presumiamo di avere condotto un’inchiesta esaustiva, ma confidiamo di aver raccolto tutto ciò che si può dire di criticamente e storicamente sicuro di tutti quei martiri dei quali è possibile dare una giustificazione allo stato delle nostre conoscenze attuali.

Ciò ci ha condotto, talvolta ad un esame particolareggiato di qualche problema sotto l’aspetto liturgico, archeologico o agiografico, special mente quando le comuni opinioni degli studiosi non ci sembravano sicuramente fondate e validamente assodate. Nella nostra ricerca storica, abbiamo seguito il metodo topografico-archeologico, ben consapevoli che il primo elemento oggettivo per stabilire l’esistenza di un martire dell’antichità sia la conoscenza del suo sepolcro; anche i martiri infatti, come tutti gli altri fedeli, furono sepolti nei cimiteri extraurbani, e quindi di là deve partire ogni inchiesta storica. A tale scopo abbiamo preso come guida gli Itinerari del secolo VII, specie di guide dei pellegrini e composti quando ancora i sepolcri dei martiri erano quasi tutti intatti ed il loro sito ben conosciuto, anche se in qualche caso c’erano state già delle manomissioni a causa di eventi bellici che avevano coin volto Roma durante le scorrerie e le invasioni barbariche. Gli Itinerari ci sono serviti come guida, ma naturalmente abbiamo ogni volta controllato la validità delle loro asserzioni. Dall’esistenza del sepolcro è stato poi facile e naturale passare all’esame della documentazione storica e liturgica di ciascun martire, per vagliarne l’attendibilità e stabilirne quindi il valore storico. Sappiamo poi che, secondo certe tradizioni agiografiche, non tutti i martiri sarebbero stati originariamente sepolti e venerati nei cimiteri extraurbani, ma alcuni di essi, per ragioni diverse, sarebbero legati ad edifici di culto urbani: abbiamo perciò a parte esaminato anche quelle tradizioni per verificarne la consistenza storica. Infine, poiché non tutti i martiri e specialmente quelli dei primi due secoli ebbero venerazione e perciò i loro nomi non furono regi strati in documenti liturgici o similari proprio perché non si conosceva il loro sepolcro o il loro dies natalis, sebbene la memoria del loro olocausto sia stata tramandata da fonti storiche di ineccepibile valore, abbiamo ad essi dedicato l’ultimo capitolo del nostro studio con una sintetica rassegna fondata sulle fonti letterarie, onde restituire loro la gloria e l’onore di essere annoverati tra i martiri romani autentici.

L’editrice del Papa al Salone del Libro di Torino

Tra le motivazioni per le quali la giuria del premio ha deciso di attribuire il riconoscimento a padre Castelli – che ha pubblicato con l’Editrice Vaticana il suo ultimo volume, “El gran teatro del mundo” – v’è la sua lunghissima militanza critica, sempre alla ricerca del legame che unisce letteratura, inquietudine spirituale ed esperienza dell’Assoluto.  Una presenza visibile, quella della LEV, e particolarmente ricca. Nello spazio espositivo dell’Associazione Sant’Anselmo – la cui finalità è la valorizzazione del patrimonio di ricerca, di formazione e di approfondimento culturale costituito dalle riviste, dalle pubblicazioni, dai libri che l’editoria italiana produce nel settore della storia e della cultura teologica e religiosa, e che opera anche in collaborazione il Servizio nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per il Progetto culturale – la LEV è presente con numerosi titoli, a iniziare dai quattro recentissimi volumetti di Jorge Mario Bergoglio – Papa Francesco (“Noi come cittadini, noi come popolo” in coedizione con Jaca Book; “Vi chiedo di pregare per me”; “Varcare la soglia della fede”; “Solo l’amore ci può salvare”), come pure con diverse opere di e su Benedetto XVI, dalle catechesi artistiche a “l’ABC di Joseph Ratzinger”, curato da di monsignor Robert Zollitsch, da “Benedetto XVI – Il Papa visto da personaggi famosi”, a cura di monsignor Georg Gänswein a “Sull’aereo di Papa Benedetto”, a firma della giornalista vaticanista Angela Ambrogetti. Tra gli scaffali figurano inoltre i volumi artistici di Mario Dal Bello, dedicati a Raffaello, Lorenzo Lotto e Tintoretto, il “Diario di santa Faustina Kowalska”, opere della collana Testi Mistici e recenti pubblicazioni di cui sono autori diversi cardinali, quali Angelo Amato, Paul Josef Cordes e Kurt Koch.

Presenti anche opere pubblicate in coedizione, come quelle con Jaca Book. Oltre il recentissimo “Noi come cittadini, noi come popolo”, testo dell’allora cardinale Bergoglio, vi sono ad esempio le pregevoli edizioni artistiche della collana Monumenta Vaticana Selecta.  Altra presenza dell’Editrice si può riscontrare presso Mondadori, Dehoniana, San Paolo e altri, ai quali sono stati concessi i diritti.

In un volume dell’Opera Omnia tutto il pensiero di Ratzinger sul sacerdozio

È in libreria per i tipi della LEV il volume 12 dell’Opera Omnia di Joseph Ratzinger, intitolato “Annunciatori della Parola e Servitori della vostra gioia”, che raccoglie oltre 80 testi incentrati sul ministero ecclesiastico (990 pagine, 55 euro). L’opera, il cui sottotitolo è “Teologia e spiritualità del Sacramento dell’Ordine”, contiene studi scientifici, meditazioni e omelie sul servizio episcopale, sacerdotale e diaconale frutto dell’attività del teologo, vescovo e prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, che coprono un lasso di tempo di quasi mezzo secolo, dal 1954 al 2002. L’Opera Omnia è concepita “come ultima edizione riveduta e corretta delle opere del teologo Joseph Ratzinger”, si legge nelle indicazioni editoriali in appendice al volume, mentre ricordiamo che la LEV ha già pubblicato, nel 2010, l’XI volume, intitolato “Teologia della liturgia”. “All’ordine numerico dei volumi – è specificato ancora nelle indicazioni editoriali – non corrisponde necessariamente la stessa sequenza per quel che riguarda l’ordine della loro pubblicazione”. Il volume 12 presenta una traduzione ex novo di tutti i testi riportati.

Elogio del missionario

E’ vero, il cristianesimo in se stesso non è europeo o di altra nazione, appartiene all’essere umano tout court. Questo è un bel principio “in principio”, ma non si deve dimenticare che la religione cristiana, soprattutto in senso culturale, si è diffusa in determinate aree geografiche facendone la storia per secoli, si è intrisa di questa storia fino ad incarnarla in se in un modo profondo. Si dice: “ il cristianesimo si deve inculturare completamente nelle culture anche lontane dalla sensibilità europea”. Non bisogna dimenticare che molte di queste genti che ricevevano le attenzioni dei missionari ne ricevevano, oltre che la fede, anche istruzione e cio’ che di buono l’ occidente poteva offrire. Era questa una perdita per queste genti? E’ vero che la storia la fanno i vincitori e certamente alcuni sono stati costretti ad abbracciare lingue e culture che non erano proprie. Ma, in alcuni casi, questo significava un miglioramento delle condizioni sociali di alcuni popoli che erano certamente miserabili al tempo dell’arrivo dei missionari. Ora questi popoli ricercano una via a loro propria di avvicinare il cristianesimo; è giusto farlo, specialmente in un tempo come il nostro in cui di missionari ce ne sono sempre meno. Ma non bisogna dimenticare che in alcune di queste culture esistono ancora oggi valori che sono antitetici al messaggio cristiano e che pur fanno parte integrante della vita di quei popoli: saranno capaci a rinunciare ad essi? Non dimentichiamo che parte integrante di molte di queste culture erano in passato riti magici, stregoni, sacrifici umani e altro ancora.

Un bel libro di Henry Kissinger dedicato alla Cina, straordinario paese, ci ricorda come la situazione disastrosa in cui si era trovato nel secolo XIX, non fosse solo colpa della sete di denaro e di spazi commerciali di Inglesi e Portoghesi (tra gli altri), ma anche della incapacità di uscire fuori dai propri confini della corte imperiale, soprattutto da un punto di vista mentale. Molte terre di missione ancora rimpiangono i missionari, alcuni di essi santi vescovi che hanno forgiato generazioni di cristiani. Se un cinese vuole donare qualcosa di prezioso sceglie un libro di uno dei loro grandi filosofi, primo fra tutti Confucio o altre preziosi segni di questa grande cultura. I missionari cercavano di condividere anche le grandezze presenti nella cultura cristiana (sviluppatasi per molti secoli in Europa): arte, musica, scienza, filosofia, teologia. Parlando con alcuni vecchi cinesi che hanno studiato da giovani nei seminari istituiti nei loro luoghi di origine, si vede la nostalgia per i missionari che hanno dedicato la loro vita a Cristo attraverso il servizio nelle missioni e, magari riemerge un ricordo di qualche brano di canto gregoriano o qualche bel brano musica sacra. Anche questo è un dono dei missionari dell’ Occidente.

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