Papa Francesco: “Che Gerusalemme sia veramente la città della pace”
“Che Gerusalemme sia veramente la città della pace! Che risplendano pienamente la sua identità e il suo carattere sacro, il suo universale valore religioso e cultura, come tesoro per tutta l’umanità!” Davanti al presidente di Israele Shimon Peres, che è anche uno dei fondatori dello Stato (ha cominciato la sua carriera con Ben Gurion), Papa Francesco rilancia l’appello per la pace. È un discorso che sembra quasi essere lo specchio di quello pronunciato di fronte alle autorità palestinesi. Shimon Peres è forse colui che più di tutti ha raccolto i frutti del suo lavoro diplomatico con la Santa Sede. Quando andò in visita da Papa Francesco, lo scorso 30 aprile, lo invitò in Terrasanta, rendendo possibile l’auspicio che il Patriarca Bartolomeo già aveva comunicato a Francesco il 19 marzo. E, sempre in quell’incontro, maturò l’idea di un incontro ristretto tra i membri delle grandi religioni monoteiste, per lanciare un messaggio di pace.
Di quell’incontro, Papa Francesco si è fatto ufficialmente promotore ieri, al termine del Regina Coeli. E subito sia il presidente ebreo Shimon Peres, sia il palestinese islamico Mahmoud Abbas hanno accolto l’invito. Saranno in Vaticano prima di luglio, giorno in cui scadrà il mandato da presidente di Shimon Peres, il quale poi si ritirerà a gestire la sua fondazione per la diffusione di high-tech nei Paesi in Via di Sviluppo.
Sarà dunque il grande incontro in Vaticano uno degli ultimi eventi della presidenza di Shimon Peres, che anche il Papa celebra come “un uomo di pace e artefice di pace”.
Prima dell’evento pubblico, Papa Francesco arriva nella casa presidenziale. C’è uno scambio di doni: Shimon Peres dona un mosaico fatto da bambini in difficoltà di Nazareth, raffigurante un ulivo che simboleggia la pace; Papa Francesco un bassorilievo in bronzo che ricorda l’incontro tra Paolo VI e Atenagora cinquanta anni fa. Poi, si siedono insieme per un breve momento, davanti ai giornalisti. “Santità siamo riusciti a conseguire la pace tra israeliani e cristiani. La pace interreligiosa è necessaria per arrivare alla pace anche in altri settori. La pace è questione di fantasia e di ispirazione, e tu porti con te questi due elementi e noi abbiamo bisogno di questo. Grazie per questo”, dice Shimon Peres. E il Papa di rimando: “Io ringrazio lei, signor Presidente per la sue parole e la sua accoglienza. Con la mia immaginazione e fantasia vorrei inventare una nuova beatitudine, che applico oggi a me in questo momento: beato quello che entra nella casa di un uomo saggio e buono. Io mi sento beato”.
Poi, ci si sposta fuori. Prima Shimon Peres e il Papa piantano insieme un ulivo. Poi, cominciano i discorsi, alla presenza di una rappresentanza di piccoli studenti di una scuola cattolica in Israele, i cui allievi – spiega il commentatore di Radio Vaticana – sono anche palestinesi nati in Galilea, e quindi con cittadinanza israeliana, che accolgono al Papa. E’ durato a lungo l’incontro privato tra il Papa e Shimon Peres, un incontro molto cordiale.
Shimon Peres esalta il ruolo di Gerusalemme “città della pace”, saluta tutti i presenti, che sonoo – dice – “responsabili di varie chiese, capi di varie comunità, ebrei, musulmani, drusi, adulti e piccoli sono venuti da città e villaggi e sono venuti per ascoltare le sue parole”.
Poi si rivolge al Papa, che ha parlato tanto contro la violenza, e ricorda il grido “del sangue che si sparge di persone innocenti”. Dice Shimon Peres: “Vorremmo che ogni giorno il numero degli orfani diminuisse, il numero di quelli che causano violenza e guerra sia diminuito”. E poi il presidente israeliano che i terroristi “ammazzano senza nessun ragionamento. Noi dobbiamo unirci insieme per portare la pace. Abbiamo la responsabilità di poter salvare questo”.
“Tutti i bambini del mondo senza differenza fra razza e religione devono vivere in dignità e nella pace, in un mondo dove non ci si ammazza”, dice Peres. Poi plaude Papa Francesco per il suo impegno per la pace, afferma la necessità di un rinvigorito processo di pace tra israeliani e palestinesi, perché “il popolo è pronto per la pace”. “Siamo arrivati alla pace con l’Egitto e la Giordania… noi vogliamo andare avanti, dobbiamo rinnovare il vecchio e andare verso il nuovo”.
“Santità – dice Shimon Peres – lei sta lavorando tanto per costruire questo dialogo tra tutti, che ci sia pace in questa regione, che sia pace mondiale. Noi siamo con lei, con tutto il cuore, tutta l’anima, per lottare contro la guerra e vivere per la pace”. E poi riprende l’invito del Papa, dice che davvero vogliono fare questa preghiera comune in Vaticano, dice che “vogliamo lavorare” per il fine della pace, che “è la chiave di questo cambiamento”.
Il Papa ascolta con attenzione le parole di Peres, che spesso si gira a guardarlo, rivolgendosi direttamente a lui. “Io sono invecchiato – dice Peres – ma ho visto che i sogni non invecchiano. E spero che le nuove generazioni avranno una vita più bella”.
Quando il Papa prende la parola, un grande applauso lo accompagna. Nel cuore del Pontefice ci sono i Luoghi Santi “cari alle tre grandi religioni che adorano il Dio che chiamò Abramo”. “I Luoghi Santi – dice il Papa – non sono musei o monumenti per turisti, ma luoghi dove le comunità dei credenti vivono la loro fede, la loro cultura, le loro iniziative caritative. Perciò vanno perpetuamente salvaguardati nella loro sacralità, tutelando così non solo l’eredità del passato ma anche le persone che li frequentano oggi e li frequenteranno in futuro”.
Papa Francesco ricorda che “la costruzione della pace esige anzitutto il rispetto per la libertà e la dignità di ogni persona umana, che Ebrei, Cristiani e Musulmani credono ugualmente essere creata da Dio e destinata alla vita eterna”.
È solo a partire da questo punto fermo in comune che “è possibile perseguire l’impegno per una soluzione pacifica delle controversie e dei conflitti”. Il Papa rinnova dunque “l’auspicio che si evitino da parte di tutti iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di giungere ad un vero accordo e che non ci si stanchi di perseguire la pace con determinazione e coerenza”. Le stesse parole aveva rivolto a Mahmoud Abbas.
E sono parole che cadono in un momento storico particolarissimo. I negoziati sembrano ad una impasse. “I negoziati sono in crisi, ma non sono falliti”, ha detto in una intervista Peres. E non sono falliti, ha spiegato il presidente israeliano, perché “nessuno ha una soluzione migliore dei due Stati, a dispetto delle tante cose che vengono dette”.
Il Papa sottolinea che va “respinto con fermezza tutto ciò che si oppone al perseguimento della pace e di una rispettosa convivenza tra Ebrei, Cristiani e Musulmani”. E cioè “il ricorso alla violenza e al terrorismo, qualsiasi genere di discriminazione per motivi razziali o religiosi, la pretesa di imporre il proprio punto di vista a scapito dei diritti altrui, l’antisemitismo in tutte le sue possibili forme, così come la violenza o le manifestazioni di intolleranza contro persone o luoghi di culto ebrei, cristiani e musulmani”.
Papa Francesco poi sottolinea – come aveva già fatto di fronte alle Autorità Palestinesi – che “nello Stato d’Israele vivono e operano diverse comunità cristiane”, che sono parte integrante della società e “desiderano portare,a partire dalla propria identità, il loro contributo per il bene comune e per la costruzione della pace, come cittadini a pieno diritto che, rigettando ogni estremismo, si impegnano ad essere artefici di riconciliazione e di concordia”.
Afferma il Papa: “La loro presenza e il rispetto dei loro diritti – come del resto dei diritti di ogni altra denominazione religiosa e di ogni minoranza – sono garanzia di un sano pluralismo e prova della vitalità dei valori democratici, del loro reale radicamento nella prassi e nella concretezza della vita dello Stato.”
Il Papa termina il suo discorso con ‘Shalom’. E poi, il coro di bambini di differenti intona un canto in lingua ebraica e araba. E poi, si dichiara conclusa la cerimonia. Il Papa e Shimon Peres si allontanano insieme, e il Papa si reca al Notre Dame of Jerusalem Center. Lì ha un incontro privato con il premier israeliano Benjamin Nethanyahu, che era stato a visitarlo in Vaticano il 2 dicembre scorso. Poi, prima di lasciare il centro, benedirà il tabernacolo destinato alla chiesa che i Legionari di Cristo hanno costruito in Galilea.