Papa Francesco ai presidenti di Israele e Palestina: venite a pregare a Roma con me

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Dopo l’incontro con le autorità palestinesi in cui ha affermato il valore della pace e la presenza della comunità cristiana: “Occorre dunque incamminarsi risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa. Auguro ai popoli palestinese e israeliano e alle rispettive Autorità di intraprendere questo felice esodo verso la pace con quel coraggio e quella fermezza necessari per ogni esodo… I cristiani intendono continuare a svolgere questo loro ruolo come cittadini a pieno diritto, insieme con gli altri concittadini considerati come fratelli”.

Papa Francesco si è recato con la jeep verso piazza della Mangiatoia (propriamente piazza della Culla), chiedendo di fermare l’automobile per alcuni istanti  davanti al Muro, dove è rimasto raccolto in preghiera di fronte ad un tratto dello stesso che divide i territori palestinesi da Israele, circondato da un gruppo di giovani palestinesi.

Ed all’inizio del Regina Coeli ha ribadito le parole dette nell’incontro con le autorità palestinesi per sollecitare i governanti dei due Stati ad incontrarsi a Roma, ‘nella sua casa’, ad un incontro di preghiera per la pace: “In questo Luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere un invito a Lei, Signor Presidente Mahmoud Abbas, e al Signor Presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace.

Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera. Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla. E tutti,specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli, abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera.

Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di questa Terra e del mondo intero ci chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace”.

Comunque, terminato il breve tragitto ha celebrato la santa messa davanti a circa 12.000 persone. Dopo la proclamazione del Vangelo di Luca della nascita di Gesù in una mangiatoia, papa Francesco ha salutato le Autorità, i Vescovi ed i sacerdoti presenti alla celebrazione eucaristica, rendendo grazie a Dio per questa grande grazia di ‘celebrare l’Eucaristia presso il luogo dove è nato Gesù!’

Dopo i ringraziamenti a ‘quanti si adoperano per tenere viva la fede, la speranza e la carità in questi territori’ ed alle rappresentanze di fedeli provenienti da Gaza, dalla Galilea, i migranti dall’Asia e dall’Africa, il papa ha posto l’accento sul segno del Bambino dato da Dio: “Il Bambino Gesù, nato a Betlemme, è il segno dato da Dio a chi attendeva la salvezza, e rimane per sempre il segno della tenerezza di Dio e della sua presenza nel mondo”.

Il segno della presenza dei bambini nella società è un segno di speranza: “Anche oggi i bambini sono un segno. Segno di speranza, segno di vita, ma anche segno “diagnostico” per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo intero. Quando i bambini sono accolti, amati, custoditi, tutelati, la famiglia è sana, la società migliora, il mondo è più umano”. Ha citato la preziosa opera dell’Istituto ‘Effetà Paolo VI’ in favore dei bambini palestinesi sordo-muti, che come Gesù Bambino hanno bisogno di essere difesi:

“Il Bambino di Betlemme è fragile, come tutti i neonati. Non sa parlare, eppure è la Parola che si è fatta carne, venuta a cambiare il cuore e la vita degli uomini. Quel Bambino, come ogni bambino, è debole e ha bisogno di essere aiutato e protetto. Anche oggi i bambini hanno bisogno di essere accolti e difesi, fin dal grembo materno”. Ed ha ricordato le tragedie in cui i bambini sono coinvolti:

“Purtroppo, in questo nostro mondo che ha sviluppato le tecnologie più sofisticate, ci sono ancora tanti bambini in condizioni disumane, che vivono ai margini della società, nelle periferie delle grandi città o nelle zone rurali. Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo oggi davanti a Dio, a Dio che si è fatto Bambino”.

E noi quale posizione assumiamo davanti al segno di Dio ‘Troverete un bambino’: “Siamo come Maria e Giuseppe, che accolgono Gesù e se ne prendono cura con amore materno e paterno? O siamo come Erode, che vuole eliminarlo? Siamo come i pastori, che vanno in fretta, si inginocchiano per adorarlo e offrono i loro umili doni? Oppure siamo indifferenti? Siamo forse retorici e pietisti, persone che sfruttano le immagini dei bambini poveri a scopo di lucro? Siamo capaci di stare accanto a loro, di ‘perdere tempo’ con loro? Sappiamo ascoltarli, custodirli, pregare per loro e con loro? O li trascuriamo, per occuparci dei nostri interessi?”

Ed ha ricordato che noi adulti dobbiamo prenderci cura dei bambini e consolare il pianto di Rachele, per i troppi bambini morti nelle guerre e nei mari, specialmente nel nostro mar Mediterraneo: “Forse quel bambino piange. Piange perché ha fame, perché ha freddo, perché vuole stare in braccio… Anche oggi piangono i bambini, piangono molto, e il loro pianto ci interpella.

In un mondo che scarta ogni giorno tonnellate di cibo e di farmaci, ci sono bambini che piangono invano per la fame e per malattie facilmente curabili. In un tempo che proclama la tutela dei minori, si commerciano armi che finiscono tra le mani di bambini-soldato; si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il loro pianto è soffocato: devono combattere, devono lavorare, non possono piangere!”

Concludendo l’omelia il papa ribadisce che la nascita del Bambino è per noi un importante segno per un nuovo stile di vita: “Il Bambino Gesù nato a Betlemme, ogni bambino che nasce e cresce in ogni parte del mondo, è segno diagnostico, che ci permette di verificare lo stato di salute della nostra famiglia, della nostra comunità, della nostra nazione. Da questa diagnosi schietta e onesta, può scaturire uno stile nuovo di vita, dove i rapporti non siano più di conflitto, di sopraffazione, di consumismo, ma siano rapporti di fraternità, di perdono e riconciliazione, di condivisione e di amore”.

Ed ha rivolto una preghiera a Maria, Madre di Dio: “O Maria, Madre di Gesù, tu che hai accolto, insegnaci ad accogliere; tu che hai adorato, insegnaci ad adorare; tu che hai seguito, insegnaci a seguire. Amen”. Prima della benedizione conclusiva il patriarca dei latini di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, ha ringraziato il papa per questo incontro: “Tanti sono i bambini che i grandi di questo mondo hanno costretto a vivere senza casa… Non c’è più posto per loro nella politica… Sono stati privati di un pezzo di pane e sono affamati di pace e di giustizia… Insieme a lei chiediamo al Bambino Gesù che allarghi la sua grotta… Noi veniamo con Lei per adorare il bambino”.

Al termine della celebrazione eucaristica il papa ha recitato il ‘Regina Coeli’ nel quale ha affidato i popoli alla Vergine Maria: “La Vergine è colei che più di ogni altro ha contemplato Dio nel volto umano di Gesù. Aiutata da san Giuseppe, lo ha avvolto in fasce e lo ha adagiato nella mangiatoia. A Lei affidiamo questo territorio e tutti coloro che vi abitano, perché possano vivere nella giustizia, nella pace e nella fraternità.

Affidiamo anche i pellegrini che qui giungono per attingere alle sorgenti della fede cristiana, ce ne sono presenti anche a questa Santa Messa. Veglia, o Maria, sulle famiglie, sui giovani, sugli anziani. Veglia su quanti hanno smarrito la fede e la speranza; conforta i malati, i carcerati e tutti i sofferenti; sostieni i Pastori e l’intera Comunità dei credenti, perché siano ‘sale e luce’ in questa terra benedetta; sostieni le opere educative, in particolare la Bethlehem University”.

Dopo la celebrazione eucaristica papa Francesco si è recato nel convento francescano di Casa Nova, dove pranza con cinque famiglie cristiano-palestinesi, come ha sottolineato alle agenzie di stampa locali mons. mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme: “Papa Francesco vuole spendere un po’ di tempo con le famiglie povere di Betlemme e con i loro bambini per ascoltare la loro voce, far sentire la sua vicinanza e la sua tenerezza.

Egli non ha voluto mangiare con i cardinali, con i vescovi, con i politici ma con famiglie povere. C’è voluto tempo per capire le ragioni di questo gesto. Questo rende il papa davvero ammirevole: come Gesù vuole stare vicino ai poveri. Questo gesto è una lezione importante per noi vescovi e sacerdoti, perché dobbiamo essere vicini alla sofferenza del popolo di Dio e non vivere isolati nelle nostre case. Il papa ha detto sempre di uscire, uscire verso gli altri, uscire a cercare le pecore e non aspettare che le pecore cerchino i pastori. E’ un grande esempio per noi”.

Al termine del pranzo si recherà nella Grotta della Natività, per un momento di preghiera; al termine di questo momento di adorazione silenziosa saluterà i bambini dei campi profughi di Dhrisheh, Aida e Beit Jibrin, dove vivono 15.000 persone, congedandosi dallo stato di Palestina, per avviarsi in elicottero a Tel Aviv.

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