Papa Leone XIV all’Ordine di Malta invita ad essere testimoni di Gesù

“Sono particolarmente lieto d’indirizzarvi questo mio messaggio in occasione della celebrazione della solennità di San Giovanni Battista, protettore del vostro Ordine religioso, che ne porta il nome. La Chiesa vi ringrazia per tutto il bene che fate lì dove c’è bisogno di amore, in situazioni talvolta molto difficili”: ieri, festa di san Giovanni Battista papa Leone XIV ha indirizzato una lettera ai membri del Sovrano Militare Ordine di Malta, in cui ha ricordato l’importanza di discernere i segni dello Spirito per non cadere nella mondanità.
Per questo ha ricordato quale è stata la missione del Battista: “Possiamo dire che san Giovanni Battista fin da prima della sua nascita ha adempiuto la missione ricevuta da Dio di essere annunciatore di Gesù. Lo farà con radicale austerità durante tutta la sua vita. La sua idea di Messia all’inizio era ancora troppo legata a quella di giudice rigoroso”.
Però anche lui è stato chiamato a convertirsi per dare testimonianza: “Gesù lo aiuta a cambiare prospettiva, a convertirsi, innanzitutto quando si presenta a lui chiedendo di essere battezzato, umilmente mischiato tra tanti penitenti. Dopo questa manifestazione, Giovanni indica Gesù come l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Seguendo il suo invito, due dei suoi discepoli si fanno discepoli di Gesù. Ed il Battista, dando la sua vita nell’affermazione della verità, si farà testimone di Gesù, che è la Verità”.
Per tale sua missione è patrono dell’Ordine di Malta: “San Giovanni Battista, vostro celeste Protettore, deve illuminare la vostra vita e la missione che nella Chiesa siete chiamati ad adempiere per azione dello Spirito Santo. Il vostro Ordine ha come finalità la tuitio fidei e l’obsequium pauperum”.
Quindi il papa ha sottolineato questi due particolari ‘doti’: “Due aspetti di un unico carisma: la fede che viene propagata e tutelata nella dedizione amorosa ai poveri, agli emarginati, a tutti coloro che hanno bisogno del sostegno, dell’aiuto altrui. Non limitarsi a soccorrere le necessità dei poveri, ma annunciare loro l’amore di Dio con la parola e la testimonianza. Se venisse a mancare questo, l’Ordine perderebbe il proprio carattere religioso e si ridurrebbe a essere un’organizzazione a scopo filantropico”.
L’amore può essere ricevuto solo se ci si abbassa: “L’amore che ognuno di noi deve offrire agli altri è quello che si pone al livello di chi lo riceve, così come ha fatto Gesù che si è messo al nostro livello, solidale con chi è disprezzato, con coloro ai quali è tolta la vita perché considerata di nessun valore.
Perciò Gesù può ricevere una risposta d’amore da noi, perché in questo suo abbassarsi ci comunica il suo amore, che possiamo restituire a Lui nella gratitudine. Così è con il povero. Se lo amiamo mettendoci al suo livello, l’amore che gli comunichiamo ci ritorna nella sua gratitudine, fatta non di umiliazione, ma di gioia. E’ questa la tuitio fidei, perché così facendo voi trasmettete concretamente la fede in Dio amore, offrendo l’esperienza della sua vicinanza”.
Insomma è una ‘resistenza’: “Anche Gesù è stato tentato in questo, quando il maligno ‘gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria’ e gli promise di darglieli, se lo avesse adorato. Ma allora Gesù non sarebbe più stato il Servo sofferente di Dio, che nell’umiltà si spoglia di ogni potere mondano per conquistare, con l’amore, l’amore dell’uomo. Gesù riafferma, anche in questa tentazione particolarmente subdola, la supremazia di Dio e non si vende alla potenza di questo mondo. Se avesse acconsentito alla tentazione, Gesù avrebbe adottato dei mezzi illeciti e non avrebbe conseguito il fine posto dal Padre alla sua missione”.
Tale missione è chiesta anche all’Ordine di Malta: “L’Ordine di Malta, nel corso della storia, ha assunto a seconda delle contingenze mezzi differenti, che però vanno vagliati nella loro validità attuale per raggiungere il fine di tuitio fidei e obsequium pauperum.
Lungo i secoli, l’Ordine ha assunto una sempre maggiore rilevanza nell’ambito internazionale, un tipo del tutto particolare di sovranità, con prerogative in tale ambito che devono necessariamente essere funzionali alla finalità di tuitio fidei e obsequium pauperum”.
Per tale motivo il papa ha esortato a non tralasciare tali prerogative: “Se tali prerogative venissero da voi usate lasciandovi attrarre nella mondanità, magari senza accorgervene, proprio per l’illusione che la mondanità comporta, correreste il pericolo di agire perdendo di vista il fine. E’ da fare continuamente nostro quanto insegnato da Gesù, che non ha chiesto al Padre di toglierci dal mondo, perché ci manda nel mondo, ma che non siamo del mondo come Lui non è del mondo; e ha chiesto al Padre che ci custodisca dal maligno”.
Mentre a Torino, il card. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, ha evidenziato il valore di una nascita: “Nel riportare la notizia della natività di Giovanni il Battista, l’evangelista Luca non spende molte parole. Gliene bastano pochissime. Liquida la questione in un solo versetto. Sembra decisamente più interessato a rilevare quali siano i sentimenti e le reazioni di chi fa i conti con l’assolutamente inedito di quella nascita: gli astanti, i parenti, i vicini. Quasi a dirci che la natività di Giovanni come quella di ogni cucciolo d’uomo avviene solo laddove si crei uno spazio di attesa, di accoglienza calda, di apertura fattiva alla novità imprevedibile che ogni nuovo nato rappresenta e porta con sé”.
Un’omelia che ha affrontato la responsabilità degli adulti: “Quasi a dire che non ci può essere sopravvivenza di nessun infante se non c’è riconoscimento, cura e presa in carico da parte del mondo degli adulti. Quasi a rimarcare ciò che non avrebbe neppure bisogno di essere rimarcato, tanto è inscritto nelle fibre del nostro essere, ma che può essere oscurato ad ogni generazione dal peccato degli uomini, quello che Bonhoeffer descrive in maniera lucida come il cor in se curvum: che, cioè, la vita umana, perché si dia e ci sia, perché cresca e perché si esprima, domanda che qualcuno vi si chini sopra benevolmente, vi si accosti con meraviglia, la accolga con senso di responsabilità, con attesa indifesa e con la decisione ferma e tenace di mettere a disposizione ad ogni passo tutto ciò che quella vita richiede per essere custodita, protetta, alimentata, fatta crescere, educata”.
Infatti ogni nascita comporta una responsabilità adulta: “Quasi a dire, in definitiva, che solo se ci sono donne e uomini adulti capaci di non avere paura e di accogliere la libertà inedita che ogni nuovo nato rappresenta, solo allora può esserci davvero e fino in fondo la nascita e la presa in carico di un nuovo essere umano.
Forse per questo Luca è così spiccio nell’annotare la natività del Battista, mentre si sofferma più a lungo a rimarcare il senso di gratitudine e di profonda gioia che essa inietta attorno a sé. Una gratitudine e una gioia tanto più intense quanto più esprimono il riconoscimento della straordinarietà di quella nascita: Giovanni è infatti il frutto dell’attenzione e della misericordia di Dio verso il suo popolo”.
Per diventare adulto è necessaria l’educazione: “Non solo. L’evangelista riassume tutta la fanciullezza del Battista con parole altamente simboliche. Il fanciullo cresce e si fortifica nello spirito, abitando regioni desertiche, luoghi cioè che per lungo tempo lo rendono invisibile agli occhi dei più. Ma questo tempo non è infinito. Arriva il giorno in cui si manifesta davanti a Israele. Il verbo, nel testo greco originale, è molto significativo: indica il momento del manifestarsi, ma anche del prendere il proprio compito, dell’assumere la propria funzione pubblica”.