Messa crismale per una Chiesa giubilare

Questa mattina nelle chiese cattoliche di tutto il mondo la Messa crismale, in cui il clero rinnova le promesse fatte nel giorno dell’ordinazione e durante la quale vengono benedetti gli oli santi del crisma; a Milano mons. Mario Delpini ha proposto una riflessione sul ministero ordinato, facendo un chiaro riferimento ad alcuni recenti fatti di cronaca:
“La nostra Chiesa è ferita, il nostro presbiterio è ferito. Il comportamento scandaloso di alcuni di noi preti diventa una ferita per tutto il presbiterio, e tutti ne siamo umiliati e in qualche modo avvertiamo che è incrinata la fiducia verso tutti noi. Anche se non ogni comportamento scandaloso, che riguardi il potere, il sesso, l’uso del denaro, è un delitto perseguito dall’ordinamento canonico o civile, è però sempre una ferita per la gente che si aspetta una parola e una vita di vangelo”.
Nell’omelia l’arcivescovo ha sottolineato il desiderio di Dio nel mandare il Figlio a salvare il mondo: “L’ostinato desiderio di Dio di salvare il mondo e di seminare consolazione, libertà e sollievo si compie con la presenza di Gesù che associa a sé i discepoli perché siano come lui consacrati con l’unzione e mandati”.
Quindi la ‘grazia’ consiste nella proclamazione della salvezza da parte di Dio: “La consacrazione nel battesimo e la grazia e la missione di proclamare questo ‘oggi’ del compimento incompiuto sono il dono che ogni battezzato riceve. Il ministero ordinato, la nostra condizione di vescovi, preti, diaconi, ha una missione irrinunciabile. Non da soli, non come fossimo una casta privilegiata, ma come dei servi che insieme con tutto il popolo cristiano compie la missione di proclamare questo ‘oggi’ della salvezza”.
E di fronte ai molti abusi compiuti dai sacerdoti mons. Delpini ha ringraziato quelli che di fronte agli scandali continuano ad essere onestamente tra la gente: “I motivi di speranza per la nostra Chiesa siete voi, preti e diaconi consacrati per la missione. Non siamo perfetti e nessuno mai è sottratto alle tentazioni. Ma voi siete un motivo per avere fiducia perché vi sdegnate per gli scandali, vi arrabbiate per il discredito che ci ferisce, ma avete una riserva inesauribile di generosità, di compassione, di creatività…
Voi siete motivo di fiducia e la gente sa che può fidarsi di voi, che ha bisogno di voi, che senza i preti la nostra Chiesa non può continuare la sua missione secondo quell’inconfondibile tratto ambrosiano di cui sono così fiero e grato”.
Mentre a Catania mons. Luigi Renna ha celebrato il giubileo del presbiterio: “Guardiamo alla ricchezza dei carismi e dei ministeri che sono presenti tra noi: nel cammino sinodale la voce di ciascuno ha espresso sé stessa non per creare una ‘nuova Babele’, una costruzione che vuole sfidare il Signore e la comunione, ma un edificio spirituale, in cui le pietre vive delle nostre esistenze siano bene connesse e cementate dal perdono e dall’amore fraterno, per testimoniare la luce di Cristo”.
Ed il giubileo si concretizza attraverso le azioni: “Il giubileo annunciato dal Messia si concretizza anche in un gesto, quello di ‘fasciare le piaghe dei cuori spezzati’, che per noi diventa un felice richiamo ad uno degli oli che tra poco andremo a benedire, quello degli infermi. Forse è quel sacramentale di cui parliamo meno, così come anche del sacramento in cui viene utilizzato, l’Unzione degli infermi, spesso ancora relegata al ruolo di unzione ‘estrema’, della quale si ha persino timore e si dilaziona il più possibile, perdendone il senso di grazia e di speranza che dona agli ammalati gravi. Sarà il primo olio che benedirò, invocando lo Spirito Santo sul frutto dell’olivo, che già di per sé nutre e dà sollievo: quanti medicinali sono a base di olio, e servono per lenire le ferite!”
Dalla diocesi di Macerata mons. Nazzareno Marconi ha invitato a non ragionare in maniera ‘mondana’: “Se come ministri del Signore, consacrati e mandati per il bene del Suo Popolo, vogliamo capire chi siamo non possiamo conformaci alla mentalità di questo secolo in cui ogni diversità è pensata secondo una logica di potere, come se fondasse una superiorità ed una sopraffazione. Mentre agli occhi di Dio la consacrazione dovrebbe piuttosto fondare una chiamata, ad immagine di Cristo il consacrato dal Padre, a farci minori e servitori generosi dei fratelli”.
E’ stato un invito a non ‘desacralizzare’ il sacerdozio: “Dio è amore, per questo il suo primo pensiero è: amare e donare. Perciò quando Dio, con il suo Spirito consacra e pervade un cuore umano, lo fa perché questo cuore umano ami di più e si doni di più. Non, come pensiamo noi mondani, per metterlo sul piedistallo del potere. Se per combattere il clericalismo, desacralizziamo e sconsacriamo il nostro sacerdozio, non faremo altro che distruggere la nostra identità spirituale, senza aver sconfitto una più subdola logica di potere, che è la pianta maligna da cui germoglia ogni clericalismo, sia dei preti che dei laici”.
Mentre da Torino il card. Roberto Repole ha incentrato l’omelia sul ministero ‘cristico’: “Che cosa guarda Cristo del nostro ministero? Non i successi o gli insuccessi secondo le logiche funzionaliste del nostro mondo. L’unica cosa che guarda è che noi manteniamo con Lui e come Lui la libertà di donarci senza sosta, senza trattenere nulla, anche là dove troviamo degli ostacoli, anche là dove troviamo il rifiuto. Potremmo dire che il nostro ministero ecclesiale è un ministero autentico e fecondo, a misura che sia anche un ministero cristiano, cristico, pasquale.
Quello che conta agli occhi di Cristo è soltanto questo, è unicamente questo: che noi ci doniamo fino in fondo con estrema generosità, senza trattenere nulla, lasciando a Lui e soltanto a Lui di misurare l’efficacia del nostro ministero. E quando viviamo così, lo sappiamo molto bene, cadono tutti i motivi di piccole o grandi competizioni tra di noi. Quello che conta è l’amore con cui ci doniamo: è ciò che siamo invitati a vedere in questa Pasqua in Gesù ed è ciò che siamo invitati a vivere in questa Pasqua con Gesù”.
Dalla diocesi di Cremona mons. Antonio Napolioni ha ricordato il ‘valore’ dell’olio sacro ai “Sacerdoti del Signore, consacrati da un olio di letizia, di cui tutto il popolo attende di sentire e portare il profumo… La Pasqua non viene per darci un’illusoria pausa di spensieratezza primaverile, rispetto ai drammi e alle paure che ci affliggono. Viene piuttosto a ridestare ragioni di speranza, aprire vie di cambiamento, prospettive di vita nuova… Perciò la via da riprendere è quella del dialogo, non del monologo arrogante, ed è il rispetto delle diversità che accredita la diplomazia e rinsalda la democrazia. Stili che i cristiani riassumono oggi nella ‘sinodalità’, ossia nel camminare insieme, come popolo in cui anche i più piccoli e fragili hanno la medesima dignità, e diventano corresponsabili del bene e del futuro di tutti. In modo che nessuno si erga a padrone del mondo, spacciandosi per il suo salvatore”.
(Foto: diocesi di Milano)