Papa Francesco invita a prendere il ‘largo’

Ancora una catechesi in udienza generale non in presenza, ma solo con la diffusione del testo di papa Francesco con una meditazione che riprende il tema giubilare della speranza, ‘Gesù Cristo nostra speranza’, concentrandosi sull’episodio evangelico del giovane ricco: “Questa volta però la persona incontrata non ha nome. L’evangelista Marco la presenta semplicemente come ‘un tale’. Si tratta di un uomo che fin da giovane ha osservato i comandamenti, ma che, malgrado questo, non ha ancora trovato il senso della sua vita. Lo sta cercando. Forse è uno che non si è deciso fino in fondo, nonostante l’apparenza di persona impegnata”.
Il papa si è soffermato sul ‘cuore’ del giovane, che non è capace di abbandonare le certezze: “Al di là, infatti, delle cose che facciamo, dei sacrifici o dei successi, ciò che veramente conta per essere felici è quello che portiamo nel cuore. Se una nave deve salpare e lasciare il porto per navigare in mare aperto, può anche essere una nave meravigliosa, con un equipaggio d’eccezione, ma se non tira su le zavorre e le ancore che la tengono ferma, non riuscirà mai a partire. Quest’uomo si è costruito una nave di lusso, ma è rimasto nel porto!”
E la ‘certezza’ che il giovane chiede è la vita eterna: “Mentre Gesù va per la strada, questo tale gli corre incontro, si inginocchia davanti a Lui e gli chiede: ‘Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?’. Notiamo i verbi: ‘Che cosa devo fare per avere la vita eterna’. Poiché l’osservanza della Legge non gli ha dato la felicità e la sicurezza di essere salvato, si rivolge al maestro Gesù. Quello che colpisce è che quest’uomo non conosce il vocabolario della gratuità! Tutto sembra dovuto. Tutto è un dovere. La vita eterna è per lui un’eredità, qualcosa che si ottiene per diritto, attraverso una meticolosa osservanza degli impegni. Ma in una vita vissuta così, anche certamente a fin di bene, quale spazio può avere l’amore?”
E’ questo l’essenziale: “Come sempre, Gesù va al di là dell’apparenza. Se da un lato quest’uomo mette davanti a Gesù il suo bel curriculum, Gesù va oltre e guarda dentro. Il verbo che usa Marco è molto significativo: ‘guardandolo dentro’. Proprio perché Gesù guarda dentro ognuno di noi, ci ama come siamo veramente… Vede la nostra fragilità, ma anche il nostro desiderio di essere amati così come siamo”.
Lo sguardo di Gesù è l’amore: “Gesù ama quest’uomo prima ancora di avergli rivolto l’invito a seguirlo. Lo ama così com’è. L’amore di Gesù è gratuito: esattamente il contrario della logica del merito che assillava questa persona. Siamo veramente felici quando ci rendiamo conto di essere amati così, gratuitamente, per grazia. E questo vale anche nelle relazioni tra noi: fin quando cerchiamo di comprare l’amore o di elemosinare l’affetto, quelle relazioni non ci faranno mai sentire felici”.
Tale amore di Gesù cambia la vita: “La proposta che Gesù fa a quest’uomo è di cambiare il suo modo di vivere e di relazionarsi con Dio. Gesù infatti riconosce che dentro di lui, come in tutti noi, c’è una mancanza. È il desiderio che portiamo nel cuore di essere voluti bene. C’è una ferita che ci appartiene come esseri umani, la ferita attraverso cui può passare l’amore”.
Questo amore proposto da Gesù chiede la libertà dal superfluo: “Per colmare questa mancanza non bisogna ‘comprare’ riconoscimenti, affetto, considerazione; occorre invece ‘vendere’ tutto quello che ci appesantisce, per rendere più libero il nostro cuore. Non serve continuare a prendere per noi stessi, ma piuttosto dare ai poveri, mettere a disposizione, condividere”.
E’ la proposta della sequela ed ad instaurare una relazione: “Infine Gesù invita quest’uomo a non rimanere da solo. Lo invita a seguirlo, a stare dentro un legame, a vivere una relazione. Solo così, infatti, sarà possibile uscire dall’anonimato. Possiamo ascoltare il nostro nome solo all’interno di una relazione, nella quale qualcuno ci chiama…
Forse oggi, proprio perché viviamo in una cultura dell’autosufficienza e dell’individualismo, ci scopriamo più infelici, perché non sentiamo più pronunciare il nostro nome da qualcuno che ci vuole bene gratuitamente”.
E’ l’invito a prendere il ‘largo’: “Quest’uomo non accoglie l’invito di Gesù e rimane da solo, perché le zavorre della sua vita lo trattengono nel porto. La tristezza è il segno che non è riuscito a partire. A volte pensiamo che siano ricchezze e invece sono solo pesi che ci stanno bloccando. La speranza è che questa persona, come ognuno di noi, prima o poi possa cambiare e decidere di prendere il largo”. Inoltre, salutando i pellegrini delle diocesi di Grosseto e Pitigliano-Sovana-Orbetello, nel messaggio ha chiesto perseverazione nella preghiera: “… viviamo questo tempo di prova contemplando il Signore Gesù sulla croce, fonte di consolazione e di salvezza. Davanti alle difficoltà che vediamo nel mondo e che sentiamo nel cuore, vi raccomando di perseverare nella preghiera, testimoniando ogni giorno quella speranza che ci fa sale della terra”.