Al Giardino dei Giusti di Milano nuove targhe per gli sportivi

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Ieri a Milano si è svolta la Cerimonia di posa delle sei nuove targhe al Giardino dei Giusti ad atleti e personalità sportive, in occasione delle Olimpiadi invernali del prossimo anno, dedicate a Bronislaw Czech, Harry Seidel, Emil e Dana Zatopek, Antonio Maglio, e Khalida Popal, alla presenza della presidente del Consiglio comunale di Milano, Elena Buscemi, che ha sottolineato il significato dell’iniziativa:

“Mi fa sempre molto piacere essere al Giardino dei Giusti. Viviamo in un momento in cui la confusione regna sovrana e aumenta la paura delle persone per quello che potrebbe succedere a livello internazionale. Purtroppo, si stanno rimettendo in discussione i punti cardinali che si erano fissati nel dopoguerra, prevale la confusione tra il vero il falso, tra l’aggredito e l’aggressore. Penso che luoghi come questo facciano bene a tutti noi perché ci consentono di ritrovare appigli in questa confusione”.

Mentre il presidente della Fondazione Gariwo, Gabriele Nissim, ha sottolineato alcuni aspetti dell’importanza dell’appello Giusti nello Sport rivolto a tutte le società sportive: “Vogliamo alimentare speranza nel futuro dell’umanità. Ogni persona può sempre fare una piccola cosa per migliorare il mondo. Noi oggi lanciamo da Milano, che si appresta a vivere le prossime Olimpiadi, una grande sfida: lo sport ha un potenziale enorme, sa unire come sottolineava Mandela persone di ogni nazione, ogni genere, ogni provenienza.

Lo sport vero e genuino come dovrebbe essere la democrazia mette insieme le persone con lo scopo di migliorare le proprie prestazioni e non pensando che l’avversario sia un nemico. Lo sport ha una grande responsabilità in un mondo lacerato da guerre e persecuzioni, di fronte al diritto internazionale messo in discussione. La collaborazione tra esseri umani è un antidoto potente all’odio all’arroganza del più forte.

Come diceva anche Spinoza, la forza viene sempre dalla relazione con gli altri. Abbiamo una grande ambizione, vorremmo che da qui alle Olimpiadi tutte le associazioni sportive partecipassero a questo grande movimento dei valori dello sport. Auspichiamo che ci siano gare, manifestazioni, marce non competitive che siano dedicate a questi valori”.

Inoltre Giorgio Mortara, a nome di UCEI, ha evidenziato l’importanza dei valori che questi ‘giusti’ dello sport hanno perseguito: “Purtroppo, in queste ultime settimane assistiamo a prese di posizioni aberranti, è proprio in questi frangenti che risulta importante evidenziare l’insegnamento dei giusti e sottolineare i loro valori etici. Sono persone comuni che di fronte a ingiustizie e persecuzioni sono stati capaci di andare con coraggio in soccorso dei sofferenti, rompendo la catena del male. I giusti che ricordiamo oggi hanno in comune il fatto di essere stati anche degli atleti, possono essere un veicolo di essere in grado di trasmettere ai giovani i valori per combattere le ingiustizie”.

Per quanto riguarda la cerimonia Jozef Wancer, economista polacco e membro della Fondazione ‘Giardino dei Giusti’ di Varsavia, ha ricordato Bronislaw Czech: “Ha aiutato diversi soldati polacchi e diversi ebrei a trovare la libertà, in generale salvava chi aveva bisogno di essere salvato. E’ stato arrestato quando non c’erano ancora i campi di concentramento, i tedeschi gli chiesero di allenare i soldati tedeschi. Lui disse un chiaro no e fu arrestato e, quattro anni dopo, deportato ad Auschwitz morì sette mesi prima della liberazione. La sua storia è davvero incredibile, in Polonia è di grande ispirazione soprattutto per i giovani”.

Mentre Maria Stella Calà Maglio, moglie del dott. Antonio Maglio, medico che ha cambiato l’approccio alla disabilità in Italia negli anni ’50, ha evidenziato il suo sogno ‘visionario’: “Il messaggio che ci ha lasciato Antonio Maglio è stato quello non di una persona disabile, ma quello di una persona con parità di diritti e di doveri, che ha promosso non solo il diritto a fare sport, ma ha promosso la pratica sportiva come riabilitativa proprio per condurre una vita giusta. La sua visione è straordinariamente attuale: oggi, più che mai, è fondamentale garantire che le persone con disabilità possano partecipare attivamente alla vita socio-lavorativa, superando barriere fisiche e culturali. Ringrazio ancora Fondazione Gariwo e Comune di Milano per averlo ricordato”.

Mentre Marco Marchei, ex maratoneta e mezzofondista italiano, ha voluto ricordare la figura di Emil Zatopek: “Emil Zatopek è stato uno dei più grandi corridori fondisti del secolo scorso capace di vincere una medaglia d'oro e una di argento alle Olimpiadi del 1948 e 3 ori nelle olimpiadi successive, impresa mai riuscita a nessuno altro. E’ stato un innovatore, sia a livello tecnico con allenamenti inusuali, sia a livello di tecnica di corsa, apparentemente affaticata, macchinosa, aveva un modo di correre particolare, sbuffante, era chiamato la locomotiva umana.

Appese le scarpette al chiodo, è diventato colonnello dell’esercito e persona importante del partito comunista della Cecoslovacchia. Era un eroe per tutti i suoi connazionali. Quando decise di firmare esponendosi il manifesto delle 2000 parole che diede il via alla primavera di Praga, pagò subito questo suo intervento: perse il lavoro, fu epurato dal partito e isolata dalla società”.

Molto importante è stato l’intervento della calciatrice afgana Khalida Popal: “Oggi non sono qui solo a mio nome, ma rappresento tutte quelle donne straordinarie che nel mondo usano lo sport per combattere e come strumento per farsi sentire. Ho scoperto l’amore per il calcio nelle strade di Kabul in Afghanistan, dove alle le donne dicono che appartengono alla cucina e al servizio degli uomini, non alla società. Volevo cambiare quella narrazione e combattere per i miei diritti, per cambiare quella cultura.

Il calcio è stato un importante strumento con cui abbiamo unito tante ragazze, siamo state unite per combattere per i nostri diritti. All’inizio giocavamo di nascosto, poi, quando abbiamo raggiunto un numero di partecipanti sufficiente, abbiamo iniziato a far sentire la nostra voce, grazie al calcio ci siamo battute contro la violenza domestica e contro la discriminazione”.

Ed ha ricordato le difficoltà che le donne afgane devono affrontare: “Nel 2007 prima volta squadra nazionale calcio femminile e abbiamo rappresentato le donne anche fuori dal nostro paese. Non è stato un viaggio facile. Quando qualcuno ti dice che non puoi farcela è dura. Ma essere insieme alle mie sorelle mi ha aiutato a superare tutte le violenze e gli abusi che abbiamo dovuto subire. Noi non abbiamo mai rinunciato, non ci siamo mai arrese, siamo sempre state unite.

Purtroppo ho dovuto lasciare il mio paese per poter sopravvivere, da quando siamo cadute nelle mani dei talebani, che hanno cancellato le donne dalla società. Le donne non possono neppure parlare tra di loro in pubblico, sono state messe a tacere. Oltre 600 persone che facevano parte della nostra associazione calcistica sono state messe in sicurezza sono dovute scappare dall’Afganistan, ma noi continuiamo a fare sentire la nostra voce. Al di là delle differenze siamo tutti essere umani e lo sport ci insegna che uniti possiamo fare la differenza”.

(Foto: Gariwo)

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