L’albero della vita. Accogliamo ogni ‘noce’ come un dono

Sempre ascoltando solo i brani di Sanremo e andando alla ricerca dei significati di quelli che mi hanno colpita, propongo una rilettura e un pensiero sul resto di una delle prime canzoni classificate. L’albero delle noci, che dà il titolo al brano del cantautore calabrese, esiste realmente nel paese in cui vive Brunori,il quale dichiara che esso contiene tutte le canzoni che scrive. Il brano in questione, però ,racconta come è cambiata la sua vita con la nascita della figlia. Il cantautore commenta: “Si parla spesso della felicità di diventare genitori, ma io volevo anche condividere la paura di sentirsi inadeguati, incapaci di sostenerla”.
Spesso si trovano situazioni simili, egli non è l’unico ad avere paura, spesso capita di pensare cose tipo: si ammalerà, mangia abbastanza, si troverà bene a scuola? I genitori, a volte, non riescono a rilassarsi perché temono che per una disattenzione possa accadere qualcosa ai figli, che possano sbagliare, anche involontariamente, creando danni più o meno gravi. Si sentono stanchi e non godono del momento che tanto desideravano perché pieni di paure. Questo può davvero portare ad errori e a sensi di colpa che poi, nei tempi attuali, porta i figli a diventare sin dalla più tenera età, dei piccoli ‘imperatori’ a cui non puoi dire di no.
Come nulla di nuovo raccontano i brani sull’amore verso i figli, nulla di nuovo ci racconta quello in questione. Tutti i genitori con la G maiuscola, prima o poi, provano questi sentimenti del tutto normali. Qual è la novità di questo brano? Il coraggio ammettere che, nonostante le buone intenzioni, anche noi credenti, abbiamo paura di fare del male ai nostri figli. I doveri di cura del proprio bambino,quando si teme di non essere all’altezza, possono fare esplodere anche il più buono dei genitori.
Ma bisogna ricordare, come rammenta il pezzo, anche le piccole soddisfazioni che i nostri pargoli ci regalano in primis il dono di esserci, di fare parte della nostra vita. Non tutti sono così fortunati da avere figli o da averli subito. Quindi il primo passo è, quando ci sentiamo schiacciati dal compito che la vita ci ha affidato,ricordarci il dono che abbiamo ricevuto. Anche se non può parlare da subito, il bambino è riconoscente per le nostre cure perché dipende da noi.
Ogni cosa buona che faremo sarà utile alla creatura. Ogni bambino, sin dalle più tenera età, mostra segni di affetto verso chi lo cura e, più cresce, più intende. Quando il bambino è davvero molto piccolo, è davvero difficile gestire le proprie paure e sarebbe bello trovare qualcuno con cui confrontarsi. Normalmente si pensa al marito, alla moglie, la la mamma, la suocera, una sorella o un fratello, ma anche il suocero può essere d’aiuto.
Non tutti gli uomini sono incapaci di accudire un bambino e di capirne le necessità. Bisogna capire chi si ha intorno e con quali persone è possibile sfogarsi e spiegarsi. Certo, con le pagine online sembra più facile, ma non dobbiamo dimenticare che non sempre sono veritiere e non chiedono nulla in cambio in termini di tempo e, a volte, di soldi. Meglio condividere le proprie paure con una persona reale . Ovviamente ci sono le eccezioni e, certe amicizie a distanza, possono essere utili nel confrontare le esperienze e chiedere consiglio.
Uno psicologo di un vecchio numero di Famiglia Cristiana, consiglia alle mamme la compilazione del diario semiserio della mamma e del bebè di Shannon Cullen (De Agostini ed.) il cui sottotitolo è proprio come sopravvivere al primo anno di vita di tuo figlio. Infine, suggerisce di leggere insieme al coniuge uno dei seguenti titoli che possono aiutare a liberarsi dall’ansia: Impara a vivere. Come superare l’ansia e lo stress e ritornare alla felicità di Susan e Mats Billmark (Mondadori) e Fai quello che ami. Vivi di più, preoccupati di meno di Beth Kempton (Corbaccio ed.).
Ciò che consiglia la qui presente ‘Hope coach’ per famiglie con problemi è: scrivi il tuo diario, magari prepara delle lettere in cui racconti ciò che provi a tuo figlio. Sarebbe meglio scriverle su carta, ma se temi che vengano trovate e che ti deridano, scrivile sul cellulare. Non devono essere perfette, complesse e dettagliate a livello di lettera, devono semplicemente contenere ciò che vorresti dire. Crea un profilo doppio col nome che vuoi tu e invia messaggi audio sulla falsa riga della lettera, come se raccontassi a tuo figlio quello che provi. Quel profilo devi usarlo solo a questo scopo. Utilizza esclusivamente la parte dei messaggi.
Non usarlo per niente, se non come raccoglitore di esperienze e sfoghi Quando sarà in grado di capire,non devi per forza, mettere tuo figlio al corrente di tutto ciò. Puoi anche distruggere o cancellare il materiale una volta superata la fase critica, ma l’idea di potersi confidare e di poter già parlare dei problemi della vita con il proprio figlio può calmare perché è come se lui sentisse il bene e la paura. Liberando la paura, si è più tranquilli con il bambino che subirà, a sua volta, meno stress.
Già, prova a metterti dalla parte opposta. Il bambino capisce, non è del tutto incosciente. Sente il clima e si rende conto, a suo modo, se chi gli sta accanto è tranquillo o no. Se non ci si libera dell’ansia la si può portare avanti per tutta la vita del piccolo che, crescendo, sarà sempre più consapevole di questo. Potrebbe pensare, per errore, di essere poco amato o sentirsi ‘il problema’ e il vostro rapporto si rovinerebbe.
Per chi è credente è bene continuare a ricordare il fatto del dono, della nuova vita. Non bisogna avere paura, ma aprirsi al bello. Ne parla anche il card Trujllo in un discorso poi trascritto. L’attuale cultura che sempre più si incentra sulla modifica della famiglia ( alcuni cristiani potrebbero percepire alcuni cambiamenti come positivi e lo si vede tutti i giorni, il punto cruciale non è questo, ora) . Per chi è credente l’importante è ricordare che il dono più ‘bello e prezioso’ ‘è quello dei figli’.
La Costituzione pastorale ‘Gaudium et spes’ dice che i figli sono il dono ‘il più prezioso’ (GS 50): “Questa espressione è stata richiesta da Paolo VI e aggiunta al testo della Costituzione Pastorale durante il Concilio Vaticano II”. Cerchiamo, quindi, davanti alle culle, di ringraziare per la fortuna di aver potuto vedere nascere e crescere i nostri piccoli, stupendoci sempre di come la vita sia speciale, di come siano fragili e importanti queste creature. Ricordiamo la gioia che ci hanno dato e non ascoltiamo i pareri su chiunque.
Non tutti saranno d’accordo sull’educazione, soprattutto quella religiosa, che daremo ai nostri figli, ma non abbattiamoci. Agire sempre per il bene dei figli e non al posto loro è la cosa giusta. Si può agire al loro posto quando sono appena nati? In un certo senso si, cioè prendendosi cura delle loro necessità. Si può essere preoccupati e stanchi, ma il nostro credo ci impone anche la gioia di aver permesso ad una nuova vita di trascorrere serenamente un giorno in più. Si dice: quando i figli crescono, i primi momenti con loro mancano.
Ogni figlio è unico e diverso da tutti gli altri, ma ha una cosa in comune con il resto dei pargoli: essere frutto dell’amore tra i coniugi. Nessun figlio nasce per caso e tutti quei bambini che vengono al mondo ‘non voluti’, anche in situazioni che non dovrebbero verificarsi, perciò vengono abbandonati e, poi, fortunatamente adottati da persone chiamate ad essere genitori, sono frutto di amore. Sono venuti su questa terra proprio come un dono a quella coppia pronta ad avere figli, ma impossibilitata ad avene.
Una coppia aperta all’accoglienza di chi ha più bisogno di aiuto e che vuole dare un futuro migliore a chi nasce senza colpa. Il bambino viene al mondo con un compito preciso e le azioni scellerate come una violenza, relazioni sbagliate o malgestite ( penso ci capiamo anche se uso parole delicate) è un dono che viene per cancellare quell’errore, per dare una seconda opportunità a chi ha sbagliato e non abbandona il piccolo o a chi, vedendolo in stato di adottabilità lo prende con sé.
Tutti questi tipi di genitori hanno le stesse paure e si, anche chi sbaglia ma si prende le sue responsabilità, può essere un fratello o una sorella che smarrisce la via e poi la ritrova. Non si deve giudicare, ma aiutare a vivere i primi momenti con più serenità possibile. Anche chi adotta può avere paura proprio per il passato del bambino, vuole dargli un futuro migliore, ma magari lo sta già facendo e le paure sono inutili.
In Africa, quando nasce un bambino, c’è gioia. Quando questo torna dall’ospedale dopo il parto, ‘tutta la tribù fa festa’ gioiosamente. Il cardinale di qualche capoverso fa, ricorda di aver visto lo stesso accadere a Gerusalemme, tempo fa. Noi cristiani possiamo rifarci allo stesso Salmo 126 a cui fanno riferimento gli ebrei: ‘…Ecco, dono del Signore sono i figli e Sua grazia il frutto del grembo’.
Noi credenti, nel rispetto di tante situazioni che non spetta a noi giudicare, possiamo ancora vivere il modello della famiglia fondata sul matrimonio come comunità di amore tra un uomo e di una donna, esclusiva, fedele, aperta, sempre nella fedeltà, alla procreazione od all’adozione. Una famiglia in grado di vivere quei piccoli momenti difficili all’inizio dell’avventura genitoriale come un dono che non a tutti è concesso, anche se non è colpa loro, anche se sarebbero dei buoni genitori. Scopriamoci amati e degni di vivere il mistero della vita assieme ai nostri figli. E, perché no, in assenza di figure di aiuto in un momento di sfogo, cantiamo L’albero delle noci.