P. Giuseppe Scalella: chi ci aiuta a vivere?

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“Lo disse Galileo quando scoprì con sorprendente evidenza che la terra girava intorno al sole e non il contrario. Fino ad allora (e siamo nel 1633) tutti credevano il contrario, tanto che i suoi calcoli scientifici gli costarono torture e condanne. La frase potrebbe essere usata ora. Ora che ci si attarda sul conservare abitudini e riti e non ci si accorge che il mondo gira in tutt’altra parte. Sono in tanti a sbraitare e a dire che il mondo di oggi è sordo ai richiami della fede. Io non sono per niente dell’avviso. Al contrario: credo che mai come oggi sia evidente un grido che sale dalla terra e diventa sempre più forte. Dall’altra parte, però, si è sordi ad ascoltarlo e ci si ostina a conservare quello che ormai non risponde più a quel grido. Queste piccole pagine possono aiutare a vincere quella sordità”.

Così inizia  l’opuscolo pro manuscripto, ‘Eppur si muove’, dell’agostiniano p. Giuseppe Scalella, che raccoglie alcuni articoli apparsi nei giornali, che affrontano il senso del cristianesimo nella società contemporanea, tra cui un saggio del 2006 scritto dal card. Joseph Ratzinger, ‘Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo’: “Forse, nella storia dell’autoemancipazione dell’uomo negli ultimi 150 anni vi furono realmente dei momenti in cui sorse irresistibile l’impressione che l’uomo potrebbe non curarsi del problema di Dio, senza per questo subire danno alcuno; potrebbe lasciarlo da parte, perché si tratta di una questione superflua”.

Partendo da questa ‘tesi’ chiediamo all’autore dell’opuscolo di spiegarci cosa si muove oggi: “Per i più distratti e indifferenti di fronte a quello che sta accadendo sembra che la vita e il mondo si siano fermati. Dal momento che non sanno darsi una spiegazione pensano che chi governa il mondo l’abbia messo in stand by, in attesa che qualcosa cambi in meglio. Intanto loro, i distratti e gli indifferenti, se ne stanno alla finestra a guardare.

Chi invece la vita e il mondo li vivono si accorgono del contrario: che, cioè, ci si sta muovendo verso una nuova epoca che, certamente, non ha ancora mostrato la sua vera identità, ma comunque mostra con evidenza i segni di un cambiamento. Forse la fatica più grossa che si fa è che i cambiamenti sono veloci, non lenti come ci si aspetterebbe, e questo non aiuta a capire bene. C’è però un’altra considerazione da fare: i cambiamenti ci sono ma i più fanno fatica ad adattarsi e allora, con una certa nostalgia, tentano di ritornare a un passato che non può più tornare, e questo crea non pochi problemi, anche a livello psicologico.

Non ritrovare quasi più un tempo in cui le cose non erano come sono adesso crea estraneità e indifferenza. Comunque il sentimento comune che domina non è bello perché tende a demonizzare il presente e a rifiutarlo, senza guardarci dentro. Bisogna guardare dentro la vita per capire il buono che c’è, non limitarsi a quello che appare. Io vedo attualmente un grande bisogno di umanità, che è un guardarsi e accogliersi per quello che si è, con molta libertà. Viviamo in un mondo finto e la gente, specie i più giovani, non lo sopportano.

Ho riscontrato più volte che spesso basta un abbraccio, un sorriso per dare serenità e libertà. C’è un enorme bisogno di essere ascoltati, accolti, amati per quello che si è. Molti pensano che questa sia un’epoca buia, triste, che va verso la rovina. È vero che i fatti ce lo dimostrano, ma dentro i fatti tristi che accadono io vedo un grande grido, una domanda di senso che diventa sempre più evidente. È grande e bella per questo”. 

Il mondo è sordo alla fede?

“Io non direi. Certo, la pratica religiosa sta crollando in modo vertiginoso. Se si guardano le statistiche si rimane davvero sconcertati. Ma è la pratica religiosa in difficoltà, non la fede. La fede non è la pratica religiosa. Troppo spesso le abbiamo identificate ma non è così. La fede fa parte dell’esperienza umana e nasce sempre dopo un incontro. Mai prima. La fede di quelli che seguivano Gesù è nata man mano che lo seguivano. Prima però c’è stato l’incontro con lui, poi la fede. Essa consiste nel dar credito a un incontro nel quale uno scopre se stesso, che cosa si agita nel suo cuore e per che cosa vale la pena vivere.

Quando uno, dentro quell’incontro, scopre che c’è una risposta alle domande della vita, allora scatta la fede. Bisogna dire che proprio questo dinamismo incontro-fede è scomparso quasi del tutto dal tessuto delle nostre comunità cristiane. Oggi andare in una chiesa o in una parrocchia vuol dire trovare tante cose che si praticano e che si ripetono tutti i giorni (la messa, le preghiere, la Caritas…) ma non sempre vuol dire fare un incontro. Non sempre chi fa parte di una comunità cristiana è capace e disposto ad ascoltare ed accogliere l’umanità di una persona che gli si presenta davanti.

La ragione della cosiddetta scristianizzazione io lo vedo solo lì. Non è vero che non si è più cristiani perché il mondo è ateo. Anche se oggi io preferirei definirlo pagano più che ateo. E l’esperienza di Paolo e dei primi cristiani non ci insegna più nulla? Loro sono andati tra i pagani e lì è iniziata l’esperienza del cristianesimo. I primi cristiani hanno avuto problemi con gli ebrei convertiti più che con i pagani, perché gli ebrei avevano già la loro religione da cui facevano fatica a staccarsi. Oggi si può dire la stessa cosa: i cristiani che vivono la missione si trovano in mezzo ai nuovi pagani, che non sono altro che i cristiani diventati pagani. Per questo la missione è difficile. Ma io non direi mai che il mondo è sordo alla fede. Direi piuttosto che è sordo a certe pratiche religiose che non dicono più nulla, ma non alla fede”.

I giovani hanno fame di Dio?

“Certo che ne hanno fame, come tutti. Basterebbe guardare non superficialmente quello che è accaduto a Lisbona ad agosto scorso. Più di 1.000.000 di giovani, accorsi lì da tutto il mondo, per ascoltare un vecchio papa ultraottantenne. E’ chiaro che la fame di Dio non si vede solo lì. Uno ha fame di Dio quando si accorge che la vita gli va stretta, anche se non lo capisce. Siamo soliti puntare il dito contro i giovani perché si drogano e vanno in cerca dello sballo: ma non è fame di Dio quella?

Il problema è che non trovano nessuno in grado di ascoltare quella fame e dare il nutrimento necessario. I giovani che abbandonano la scuola è in crescente aumento – almeno secondo le statistiche. Ci domandiamo mai perché? Non è forse perché non trovano adulti (genitori e insegnanti) capaci di ascoltarli e di amarli? Se io non ascolto un grido o faccio finta di non sentire, come posso rispondere?”

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