Il Cardinale Angelo Becciu come Dreyfus e Tortora?

Cardinal Becciu
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.03.2024 – Ivo Pincara] – Le novità nel caso Becciu degli ultimi giorni sono da una parte le nuove accuse ad Ozieri con la puntuale difesa del fratello del Cardinal Becciu, dall’altra parte il fortissimo Forum La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu, organizzato – come avevamo annunciato [QUI] – da Agenzia Radicale e Quaderni Radicali, giovedì 14 marzo 2024 a Roma.

I fatti degli ultimi giorni dimostrano che continua l’accanimento contro il Cardinal Becciu, la sua famiglia e la sua diocesi di origine, Ozieri. Puntuale come un orologio svizzero, a seguito del dossieraggio, intriso su tante questioni connesse anche con il caso Becciu, viene fuori che la magistratura italiana indaga, istigato dal Promotore di Giustizia vaticano, Prof. Avv. Alessandro Diddi.

Anche se non c’era dubbio che la colata di fango sarebbe ripresa in determinati momenti, per alimentare l’ignoranza di tante persone, su una storia assurda che non sarebbe mai dovuto iniziare. Chi ha ordinato e gestito il tutto, lì in capo alla piramide gestionale, ha il dovere alzare il dito, e – finalmente – mettere fine a tutto, ammettendo anche le proprie colpe e della sua manovalanza.

È manifesto dall’inizio del caso Becciu, che c’è una regia dietro alla diffusione delle notizie sulla questione di Ozieri, di cui si sapeva da un mese, ma fatto uscire nel momento “opportuno”. Un primo sentore si avvertiva lo scorse fine settimana con la ennesima parodia di Crozza a documentare il suo vuoto contenutistico. Il caso non esiste, ma va osservato in coincidenza con le notizie sul dossieraggio, che coinvolge anche persone coinvolte nel processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. E la pubblicazione avveniva alla vigilia dell’importante Convegno Radicale, in modo di arginare le notizie di malagiustizia vaticana, che afferiscono dal processo vaticano al Cardinal Becciu. È manifesto che hanno paura della verità che ne sarebbe uscita fuori.

La gran cassa dei telegiornali (in primis il Tg1) – che non informano ma fanno disinformazione – amplifica tutto – tranne la verità, quindi il nulla – ciò che riguarda il Cardinal Becciu. Poco importa se vengono calpestate delle persone oneste, come il fratello Tonino Becciu e il Vescovo di Ozieri, Mons. Corrado Melis, persone buone e per bene, al di sopra di ogni sospetto. Quando ci si arrampica agli specchi, inevitabilmente si scivola nell’inesistente. Colpire chi è innocente è facile. Non è soltanto tutto molto imbarazzanti, ma di più ancora schifosa è la becera strumentalizzazione di informazioni architettate per distruggere e calpestare la dignità di persone buone e per bene, che si mettono al servizio dei più deboli nelle periferie della società.

È certo che la verità trionferà prima o poi, ma quando la verità sarà ristabilita, molti che dovrebbero chinare il capo e sparire della circolazione, avranno perso la memoria e continueranno a mostrarci le loro facce di bronzo.

Di seguito entriamo nel dettaglio dei fatti recenti accennati prima:

  1. La notizia sulla “chiusura indagini” di Ozieri
  2. La notizia sul dossieraggio
  3. Il Forum La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu
  4. La disinformazione sistematica di RAI 1 sul caso Becciu (di Mario Becciu, 15 marzo 2024)

1. La notizia sula “chiusura indagini” di Ozieri

I legali del Cardinale Angelo Becciu, gli Avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, hanno dichiarato che il loro assistito è «estraneo a questa indagine di cui si è data notizia, ha sempre constatato la massima dedizione con cui la Diocesi e la Caritas di Ozieri hanno affrontato le diseguaglianze e le emarginazioni, attraverso numerose e meritorie iniziative caritative sul territorio. Siamo certi che, proprio attraverso la chiusura delle indagini, potrà essere ulteriormente dimostrato che nessuna finalità diversa dalla carità e dalla inclusione sociale delle persone svantaggiate sia stata perseguita. Piuttosto appaiono singolari la tempistica e le modalità di diffusione di questa chiusura indagini, non recente, proprio nelle ore in cui emergono informazioni di dossier e accessi indebiti su soggetti che hanno in comune l’essere stati indagati e poi imputati nel medesimo e noto processo in Vaticano. Di questo alcuni organi di informazione hanno dato recentemente conto. Sono notizie che, naturalmente, andranno opportunamente verificate e approfondite dalle autorità competenti».

Anche il fratello del Cardinale Angelo Becciu e di Antonino Becciu, Mario Becciu difende la sua famiglia con un post su Facebook: «La Spes non è di Tonino Becciu. È una cooperativa di tipo B. Istituita dal Vescovo di Ozieri Sanguinetti come “braccio operativo della Caritas”. Così come si evince dallo Statuto. Per la legge italiana il rappresentante legale non è il proprietario e gli utili non possono essere divisi tra i soci. Nel caso di fallimento, i soci hanno diritto al recupero della quota soci che nel caso in questione ammonta ad €25,00. Tonino è proprietario di ben 25,00 euro. Dalle indagini risulta che Tonino non si è appropriato di un solo euro. Tutti i soldi sono andati alla cooperativa per sostenere gli svantaggiati del territorio. Risulta, però, che è il fratello del Card. Becciu. Il Vescovo di Ozieri Mons. Melis ha testimoniato nel processo in Vaticano a favore del Cardinale smentendo tutte le accuse nei confronti di quest’ultimo. Il TG1 fa disinformazione. Aspettiamo fiduciosi il confronto con i giudici che nello Stato italiano equiparano l’accusa alla difesa».

2. La notizia sul dossieraggio

Andrea Gagliarducci è il primo [QUI] che ha fatto una ipotesi inquietante sul come mai il Cardinale Angelo Becciu sia finito a processo, seppur innocente. È molto plausibile che il tutto è farina – come già nelle circostanze che hanno portato ai processi Vatileaks 1 e 2 – dalla sinergia tra chi manovra all’interna alle mura dello Stato della Città del Vaticano per impedire che il Cardinal Becciu partecipa ad un futuro Conclave e i servizi italiani per i propri interessi.

In Vaticano dietro i dossier di Striano c’è la guerra tra IOR e Segreteria di Stato
Tra gli spiati anche esponenti della Santa Sede: accessi ai documenti, come quelli della commissione vaticana COSEA. da cui sono state tratte accuse anticipate sull’Espresso. Ma la gelosia investigativa della giustizia pontificia ha impedito ogni approfondimento sulla fuga di notizie
di Carlo Intrieri
Il Riformista, 14 marzo 2024

Nel florilegio di accessi “rubati” ai registri della Dna oltre a quelli degli arcinoti VIP ve ne sono una decina che riguardano nomi ignoti al grosso pubblico ma che sono stati protagonisti di un altro scandalo, quello culminato nel processo al Cardinale Becciu e ad altri otto cittadini italiani tutti condannati a pesanti pene per vari reati di peculato, estorsione e riciclaggio.

Un caso giudiziario ma va detto anche politico giacché come più volte sottolineato dai difensori e anche da organi di stampa internazionali e autorevoli giuristi esso investe i diritti di alcuni cittadini italiani privati senza colpa delle giuste garanzie costituzionali.

Di recente uno dei più autorevoli canonisti italiani, il prof. Paolo Cavana, ordinario della materia presso la prestigiosa università cattolica LUMSA, in un articolo sulla autorevolissima rivista Stato, Chiese e Pluralismo confessionale edita dall’Università Statale di Milano ha esposto una serie di dure critiche alle modalità di svolgimento del processo, sottolineando i limiti posti alle difese in ordine alla escussione di testi (tra cui lo stesso pontefice di cui è provata l’attiva presenza nei fatti oggetto della causa), accessi ai documenti (come quelli della commissione vaticana COSEA da cui sono state tratte prove d’accusa), modifiche procedurali sui diritti degli imputati (facoltà di arresto in mano alla pubblica accusa) introdotte solo ed esclusivamente per questo processo, inedite qualificazioni giuridiche di reati tratti dall’ordinamento canonico che può applicarsi solo ai membri della curia e dell’amministrazione della Santa Sede e non ai cittadini di stati esteri, come di fatto avvenuto.

A rendere più spinoso il caso, negli elenchi di soggetti oggetto delle presumibilmente illecite attenzioni del tenente Striano su cui sta indagando la procura di Perugia compaiono i nomi di Fabrizio Tirabassi, funzionario della segreteria di stato vaticana, dei finanzieri Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi, della sedicente agente dei servizi Cecilia Marogna (tutti condannati) e dell’architetto Luciano Capaldo, consulente della segreteria e teste di spicco nel processo.

Nei confronti di costoro l’ufficiale, in servizio presso la DNA è accusato di avere effettuato diversi accessi tutti peraltro nel mese di luglio del 2019. Ciò costituisce un singolare aspetto: tutte le interrogazioni verso Tirabassi e gli altri coinvolti nella vicenda Becciu si sono verificate all’interno di una vera e propria guerra “segreta” dentro il Vaticano, che ha coinvolto il presidente dello IOR Gian Franco Mammì ed il Sostituto della Segreteria di Stato Edgar Pena Parra nell’estate del 2019 che ha costituito “lo sparo di Serajevo” dell’inchiesta. Proprio nel mese di luglio Mammì aveva presentato una denuncia lamentando presunte anomalie e irregolarità della richiesta di finanziamento del cardinale venezuelano Pena Parra, regolarmente autorizzata dal numero due della gerarchia vaticana, il segretario di Stato Pietro Parolin, ed in un primo tempo promessa per consentire l’acquisto di un immobile londinese detenuto in un fondo immobiliare in cui la Segreteria aveva investito un’ingente somma.

A sua volta, come diffusamente esposto in dibattimento, il sostituto Pena Parra aveva. incaricato un investigatore privato di assumere informazioni sulle vere ragioni dell’improvviso voltafaccia dello Ior. Su tale vicenda è in corso un’indagine condotta dal Promotore di Giustizia vaticano. Non è dato capire, ad oggi, i motivi dell’iniziativa attribuita a Striano visto che all’epoca i soggetti “attenzionati” erano ignoti alle cronache e che l’indagine sugli investimenti della segreteria di stato contro Becciu e gli altri era allo stato embrionale e priva di riscontri e si concluderà dopo due anni. Tuttavia, già il primo ottobre 2019, due mesi dopo gli accessi, un articolo dell’Espresso a firma di Emiliano Fittipaldi forniva una completa ed esauriente anteprima di un’indagine “annunciata” ma ancora di là da venire, con tutti i particolari salienti.

I contenuti dell’inchiesta giornalistica peraltro coincidono con la deposizione resa in gran segreto dalla lobbista Francesca Immacolata Chaouqui, ex membro della Cosea, sedicente amica del Papa lo stesso mese di ottobre che richiama documenti riservati della commissione pontificia in suo possesso e che mai verranno allegati agli atti nonostante le richieste della difesa. Fittipaldi si è avvalso del segreto professionale sulle fonti del suo lungo reportage. Chaouqui dal suo canto è stata denunciata da uno dei testi principali del processo (Mons. Perlasca, già dirigente dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato) per un tentativo di influenzarne la deposizione, millantando la donna suoi stretti contatti con gli organi inquirenti vaticani. Anche su tale fatto il Promotore Vaticano ha aperto un fascicolo ancora pendente.

La gelosa autonomia giudiziaria coltivata dal Vaticano ha impedito ogni approfondimento su profili della vicenda Becciu, che potevano costituire fonte d’imbarazzo per la giustizia vaticana: considerato che giunge notizia di un altro fascicolo aperto dagli inquirenti del Papa è da augurarsi che l’indagine di Perugia faccia luce su quelle ingerenze. Va ricordato che ci sono cittadini italiani che ad oggi lamentano inascoltati la violazione dei loro diritti da parte di uno Stato che da sempre di essi si è fatto paladino, almeno sulla carta.

3. Il Forum La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu

Al Forum La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu sono intervenuti: l’organizzatore, Giuseppe Rippa, Direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale, storico dirigente del Partito Radicale e protagonista con Marco Pannella delle battaglie per Enzo Tortora; Camillo Maffia, scrittore e giornalista; Don Filippo Di Giacomo, vaticanista e docente di diritto canonico; Prof. Ernesto Galli Della Loggia; Otello Lupacchini, giusfilosofo, scrittore, ex magistrato; e Andrea Gagliarducci, vaticanista.

Radio Radicale – Registrazione video del Convegno “La giustizia nello Stato Città del Vaticano e il caso Becciu”. Durata: 1 ora e 33 minuti [QUI].

Tutte le anomalie del processo Becciu
di Mario Nanni
Beemagazine.it, 15 marzo 2024

Melluso e Perlasca, il primo accusatore di Tortora, il secondo accusatore di Becciu. Il cardinale come Dreyfuss. Il capitano francese sotto accusa non sapeva da dove veniva la tempesta, Becciu forse immagina da dove sono arrivati i siluri per tentare di eliminarlo.

Il catalogo delle anomalie, fino a usare perfino la parola “farsa” è stato composto e illustrato in un forum sulla giustizia vaticana e sul processo Becciu, organizzato da Quaderni radicali – Agenzia radicale e coordinato dal direttore Giuseppe Rippa, storico dirigente del Pr e protagonista con Pannella delle battaglie per Enzo Tortora.

Ma quando si parla di anomalie, perché non sembri un’affermazione di principio, che cosa hanno inteso dire i partecipanti al Forum: il professor Ernesto Galli della Loggia, il vaticanista e docente di diritto canonico don Filippo Di Giacomo, il giusfilosofo e saggista Otello Lupacchini, il vaticanista Andrea Gagliarducci?

La prima anomalia la indica Galli della Loggia: il processo Becciu è un processo politico, la cui sentenza era stata già decisa prima della conclusione. Il cardinale, prima ancora che il tribunale si pronunciasse, è stato privato dal Papa di titoli e uffici, in parte restituiti, il che suscita la domanda (forse retorica, aggiungiamo noi) se il Vaticano sia uno Stato di diritto, se abbia cittadinanza il “giusto processo” che per esempio è previsto in Italia, se esista soprattutto la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva di condanna. Da come si sono svolti i fatti, parrebbe di no.

Altra anomalia: in quale Stato del mondo si cambiano le regole di un processo mentre è in corso? In Vaticano è successo: il papa le ha cambiate non una ma quattro volte, emanando ben quattro rescritti. E lo ha fatto – come hanno affermato alcuni dei partecipanti al forum (Della Loggia, Lupacchini) ogniqualvolta le accuse e le indagini sembravano perdere forze e quota.

Come mai il papa ha cambiato le regole in corso d’opera? In Vaticano c’è un faticoso e incerto percorso riformatore: sono 48 anni che sento parlare di riforme, ricorda don Filippo Di Giacomo, ma il Vaticano manca di una classe di giuristi e di avvocati (e li deve cercare… in Italia). Ma il Vaticano o la Santa Sede? E qui c’è pane per i denti dei giuristi, perché il discorso si va facendo complicato. Sul tema don Filippo Di Giacomo ha sganciato la bomba: assistiamo alla vaticanizzazione della Santa Sede. Al Congresso di Vienna – ha ricordato – il cardinale Consalvi riuscì a mettere d’accordo Talleyrand e Metternich per conferire alla Santa Sede un ruolo. Il Vaticano come staterello di 44 ettari e 500 abitanti era di là da venire, e comunque serve a garantire la libertà della Santa Sede, precisa Di Giacomo, che però aggiunge: sarebbe bene rinunciare al Concordato. E perché? Ma perché occorre porsi la domanda: un cardinale di Santa Romana Chiesa per avere giustizia deve ricorrere a un giudice italiano? E allora non è forse il momento che la Chiesa rinunci al Concordato e si affidi al diritto comune?

In quale tribunale, osserva il sacerdote – canonista – operatore del diritto, un promotore di giustizia dice a un cardinale: lei è una brutta persona, lei è un delinquente?

Un’altra anomalia l’ha segnalata il professor Galli Della Loggia, anzi due: “Il forte anticlericalismo, in forma banale e becera”, esistente nell’opinione pubblica italiana, che invece di stupirsi che un altissimo prelato fosse oggetto di accuse sembrava quasi compiacersene; in base forse alla presunzione che un uomo di Chiesa, specialmente se di alta levatura, debba essere un poco di buono.

Reazione forse rafforzata dalla convinzione che “il castigamatti della situazione era il Papa, il quale – osserva il professore- gode di una fama, non so quanto meritata, di voce della verità universale”.

L’altra anomalia è stata il ruolo della stampa, piuttosto schiacciata sulle tesi vaticane dell’accusa invece di andare a scavare, andare in fondo alle cose e farsi la domanda delle domande, andando oltre le apparenze: ma qual è la vera ragione di questo processo? E qui Galli della Loggia si produce in due incisivi raffronti: uno è tra il capitano francese Dreyfuss, protagonista dell’omonimo caso denunciato da Zola con il suo “J’accuse”, e il cardinale Becciu. Con la differenza che – secondo il professore – Dreyfuss non sapeva la ragione della tempesta abbattutasi su di lui; mentre Becciu probabilmente sa, o immagina con molta verosimiglianza, “da dove” venga il siluro; ma non lo dice, e ha tutto il diritto di non dirlo. Forse non lo sapremo mai.

L’altro raffronto è tra due accusatori: uno è Melluso, implacabile quanto falso accusatore di Tortora; e dalle sue dichiarazioni partì l’ingranaggio che stava per stritolare il presentatore; l’altro è mons. Perlasca, che da principale collaboratore di Becciu ne è diventato il principale accusatore con un memoriale scritto, lo ha confessato lo stesso monsignore al processo, quasi sotto dettatura, e comunque ispirato da un sedicente “anziano magistrato”; e poi si è scoperto che non era anziano, non era magistrato e non era nemmeno uomo (era una donna, dichiarata nemica del cardinale Becciu).

Ce n’è a sufficienza per affermare che le domande di Galli della Loggia non sono affatto peregrine ed evocano scenari di macchinazioni, e manovre orchestrate contro il cardinale. Quale sarà il movente di tanto accanimento, si domanda ancora il politologo. A effetti forti deve corrispondere una causa forte. Antipatie personali? Difficile crederlo. “Ci debbono essere allora dei retroscena di intrighi, coltellate, ambizioni sconcertanti”.

Entrando nel merito dello svolgimento del processo il giusfilosofo e già procuratore generale Otello Lupacchini, ma egli non ci tiene a menzionare quest’ultima qualifica, non ci va leggero. Leggendo le migliaia di pagine dei verbali di udienza, ha colto dei retroscena di una vicenda che definire kafkiana è un eufemismo, “perché fanno pensare piuttosto ai processi staliniani o a certe procedure dell’inquisizione”.

A parere di Lupacchini, si è trattato di un processo sostanzialmente sommario volto a distruggere un sistema asserito come marcio. Il tutto mentre avvenivano una serie di interventi correttivi da parte di chi è più di un monarca assoluto; questi interventi venivano fatti per aggiustare il tiro, ma così, denuncia Lupacchini, si violano tutti quelli che sono i principi minimi di un ordinamento civile. “Insomma, questo processo stride con la logica, con la terzietà di chi giudica, con la carità cristiana”.

Un’ultima osservazione, a proposito della vaticanizzazione della Santa Sede, l’ha fatta il vaticanista Andrea Gagliarducci, che ha seguito il 90 per cento delle udienze del processo. La Segreteria di Stato, che è stata il governo della Santa Sede, a causa dei rescritti pontifici, della vicenda processuale, è stata l’organo di Curia che ha perso la sua autonomia amministrativa e si è ritrovata a essere un dicastero tra i dicasteri. In quale Stato del mondo – si è domandato Gagliarducci – il governo è messo sotto tutela? La conclusione è che “la credibilità internazionale della Santa Sede è andata in fumo”.

Su un paesaggio già così fosco, si sono poi abbattute le ombre provenienti dalle notizie di questi giorni. Da due fronti diversi. L’uno si riferisce a quanto va emergendo sulle attività di dossieraggio che riguarderebbero anche investigazioni (operazioni sospette) riguardanti personaggi del processo Becciu. Attività risalenti addirittura al 2019.

L’altro fronte è giornalistico, e lo ha illustrato con accenti molto critici Giuseppe Rippa: il telegiornale della rete ammiraglia (“di quale flotta poi è da vedere”, ha osservato) ha dato con enfasi la notizia di “chiusura delle indagini” della procura di Sassari riguardanti la Caritas, la diocesi e la cooperativa di Ozieri. Indagini a cui il cardinale Becciu si è affrettato a precisare di essere estraneo, pur esprimendo apprezzamento per il vescovo indagato. Ebbene, ha denunciato Rippa, sullo schermo del telegiornale campeggiava la foto del Cardinale Becciu, che non c’entrava per niente con quella notizia. Perciò abbiamo fatto questo Forum, ha concluso Rippa, per una controffensiva di verità, come facemmo con Tortora e su questa vicenda stiamo preparando un instant book. I lavori del Forum sono stati ripresi in diretta da Radio Radicale.

4. La disinformazione sistematica di RAI 1 sul caso Becciu
di Mario Becciu
15 marzo 2024

Da ben tre anni il servizio pubblico fa da megafono all’accusa . Emblematico l’ultimo servizio prolungatosi per ben due giorni sui Tg e sulla stampa allineata solo per dire che si sono concluse le indagini sulla Spes di Ozieri a cui il cardinale è del tutto estraneo.

Proviamo nel nostro piccolo a dare alcune utili informazioni per capire cosa realmente è accaduto.

Due milioni di euro dai fondi dell’8 per mille alla cooperativa del fratello del Card Becciu.

La grancassa mediatica suonata dal TG1 riesce a convincere anche il piú innocentista degli spettatori. In realtà, il capo d’accusa è una sola ipotesi investigativa che si basa su presupposti altamente confutabili. Dalle indagini emerge chiaramente che i soldi non sono mai transitati nella disponibilità privata di Tonino Becciu, già presidente della cooperativa Spes. Poiché Tonino non si è intascato nemmeno un euro, su cosa si basa l’accusa? Sul fatto che i soldi della Cei siano andati alla Spes.

Ma la Spes è il braccio operativo della Caritas di Ozieri la quale, in quanto ente pastorale, non può essere un soggetto economico in grado di presentare progetti da finanziare. Per questo, tutte le Caritas diocesane d’Italia si servono di cooperative, imprese sociali, fondazioni per lavorare nell’inclusione, nell’accoglienza, nel contrasto alla povertà.

Ad es., la Caritas di Roma si serve della Cooperativa Roma Solidarietà che ‘gestisce i servizi educativi, sociali e sanitari promossi dalla Caritas diocesana di Roma’.

Le indagini affermano che la Spes, come braccio operativo della Caritas diocesana, abbia gestito in 10 anni 2 milioni. Una media di 200 mila euro all’anno. Per chi lavora in questi ambiti è una cifra addirittura irrisoria. Ora il punto è: questi soldi li ha utilizzati Tonino per fini privati o sono stati utilizzati per le finalità insite nei progetti finanziati? Ha lavorato con l’accordo del direttore della Caritas e del Vescovo o in modo privatistico? Tutta la documentazione, le testimonianze di due Vescovi e dei sacerdoti ascoltati attestano che ciascun euro è stato speso per i poveri e gli svantaggiati del territorio.

Allora come mai tutto questo scandalo? Ovviamente, le autorità competenti hanno il dovere di indagare, ma non possono non accettare che la Spes è una emanazione legittima delle attività pastorali della Diocesi di Ozieri.

Se non si accettasse questo presupposto, tutti i Vescovi d’Italia, tutte le Diocesi, tutte le Caritas diocesane, tutte le cooperative ad esse collegate sono da porre sotto inchiesta da parte delle diverse procure della repubblica.

Siamo certi che la serenità di giudizio delle autorità italiane competenti non potrà non evidenziare che il presupposto fallace di tale ipotesi sostenuta dal Promotore di Giustizia nel processo di primo grado in Vaticano, non può resistere alla prova fattuale.

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