Dichiarazione ‘Fiducia supplicans’: meditazioni giuridico-teologiche sullo stupore suscitato in tutto il mondo

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Proseguendo con la seconda fonte (Magistero) rileviamo che la CEI il 28 AGOSTO 1977 pubblicò “Evangelizzazione e ministeri- Documento pastorale”che sancisce i seguenti ruoli ed obblighi per Vescovi, Sacerdoti, Diaconi e ministri istituiti ( da me commentati negli articoli pubblicati da KORAZYM): I MINISTERI (Costituzione Conc. Vat. 2° S.C. n.10 e 28- NELLA CHIESA DI CRISTO OGGI)  49. Il ministero della Chiesa ripropone sacramentalmente il ministero di Cristo (“Quod Redemptoris nostri perspicuum fuit in sacramenta transivit”: S. Leone M., Serm. 74,2).

Di tale ministero ecclesiale, quale lo ritroviamo nella Chiesa primitiva, espresso e distribuito in tante forme, essenziali le une e accessorie le altre, vediamo ora l’attuazione varia, sacramentale e non sacramentale, che ne fa oggi la Chiesa, nella concorde varietà dei suoi servizi, uffici e prestazioni (Decr. “Apostolicam actuositatem”Vat.2°: apostolato dei laici, n. 28 formazione).


 I MINISTERI ORDINATI (Can. 1009 e ss.- Costituz. Conc. Vat. 2° LG 28 e 29-GS n. 43)

50. Nella Chiesa incontriamo anzitutto i ministeri ordinati, ossia i ministeri che derivano dal sacramento dell’Ordine (in 3 gradi). Sono stati tramandati dagli apostoli e dai loro successori, e costituiscono la gerarchia ecclesiastica. Per questo vengono detti anche ministeri gerarchici.
Essi, prima ancora che per coloro che li ricevono, sono, come sacramenti “voluti da Dio” (cf. Conc. Trid., De Sacr. Ordinis, cap. 2 e can. 6: DS 1765 e 1776; cf. anche LG 28), una grazia immensa per la vita e la missione di tutta la Chiesa  (Codice di Diritto canonico):

1) Il ministero del Vescovo ( cfr. Can. 375 e ss.- Decr. Vat.2° Christus Dominus)

2) Il ministero del Presbitero (cfr. Can. 519-521-545-553-556-564)

3)Il ministero del diacono perm.(cfr. Can. 236-1008-1009, CEI 1/6/1993,Congr.Ed.Catt.22/2/98)

4)I ministeri istituiti (cfr. Can. 230/1 e segg.)

5)I ministeri di fatto (Can. 230 par.2 e 3- Circol. 15/3/94 Cong. Culto Div.  e Discipl. Sacramenti).

Infine possiamo sottolineare che la terza fonte della Rivelazione è contemplata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica ai paragrafi 80-82 “ La Tradizione viene dal fondatore della Chiesa, ovvero viene da Cristo …”. Per Tradizione ( cfr. “Amici domenicani “:I fondatori del sito volentieri condividono i doni che gratuitamente hanno ricevuto per la misericordia del Signore) in senso teologico s’intende la trasmissione della Divina Rivelazione o della Parola di Dio in maniera non scritta. Questa trasmissione può essere attuata a viva voce oppure può essere vissuta magari anche inconsapevolmente dalla comunità cristiana.

Quando si dice che non è scritta non s’intende dire che non vi siano opere che ne parlino, ma che non è scritta direttamente nella Bibbia. Gesù vi allude in maniera chiara quando dice: “Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). I protestanti avendo stabilito come principio fondamentale che la Scrittura contiene tutta la rivelazione fatta da Dio, logicamente negano la Tradizione e si attengono alla Bibbia come ad unica regola di fede. Se non che nella Bibbia non è scritto da nessuna parte che si deve attenere al criterio della sola Scrittura. Anzi, il testo  di Gv 14,26 dice che lo Spirito Santo farà comprendere agli apostoli quanto Cristo ha detto. Del resto Giovanni stesso, al termine del suo Vangelo dice: “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Gv 21,25). 

Si parla di divina Tradizione se ci riferisce agli insegnamenti dati direttamente da Cristo oppure di Tradizione divino-apostolica se gli Apostoli non  l’appresero direttamente dalle labbra del Signore, ma da quanto lo Spirito Santo ha fatto loro capire. Circa l’importanza della Tradizione il Concilio Vaticano II dice: “È la stessa Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l’intero canone dei Libri Sacri, e in essa fa più profondamente comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse Sacre Lettere; così Dio, il quale ha parlato in passato, non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell’ Evangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti a tutta intera la verità e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza” (Dei Verbum, n. 8). 

Inoltre afferma che “la sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l’azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime” (1 delle 4 Costituz. Conc. Vat. 2° Dei Verbum, n. 10). Infatti la stessa accettazione dei libri Sacri non si rifà ad un criterio sancito dalla Bibbia stessa, ma alla Tradizione accolta e sancita attraverso l’autorevolezza del Magistero Chiesa. Questo Magistero,  a sua volta, è fondato nella Sacra Scrittura e confermato dalla Tradizione. Ci troviamo di fronte ad un circolo virtuoso.

Ed è per questo che il Concilio conferma che i tre elementi “sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere indipendentemente sussistere. In un mio articolo in Korazym  (https://l.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.korazym.org%2F82310%2Fil-dott-trombetta-illustra-alcuni-casi-riguardanti-la-nullita-matrimoniale%2F%3Ffbclid%3DIwAR3bmhtUyKk5S9Jg3QFHFVtAM-0MXXyILfVmhRStUcgByQP5BxVaBafAmWU&h=AT1khybR-CsimqtZBnbtQ4IRiP5fLpUgZ_r0cEi4bSnzxWlGGFliFzhnk10f3d2axW3IfDJC240O7EMLKW6oGb_rMrdQu-zECttNelH-2VlWXCGxDeObC1l2VJBIcBcMemZN ) ebbi a commentare tali fonti, precisando anche  che Il Catechismo della Chiesa cattolica chiarisce (CCC 1849) che il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana. E’ stato definito “una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna” [Sant’Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22: PL 42, 418; San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I-II, 71, 6].

Il peccato è un’offesa a Dio (CCC 1850): “Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” ( Sal 51,6 ). Il peccato si erge contro l’amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare “come Dio” ( Gen 3,5 ), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è “amore di sé fino al disprezzo di Dio” [Sant’Agostino, De civitate Dei, 14, 28]. Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all’obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [Cf Fil 2,6-9 ].

Com’è noto i peccati possono essere distinti secondo il loro oggetto, come si fa per ogni atto umano, oppure secondo le virtù alle quali si oppongono, per eccesso o per difetto, oppure secondo i comandamenti cui si oppongono. Si possono anche suddividere a seconda che riguardino Dio, il prossimo o se stessi; si possono distinguere in peccati spirituali e carnali, o ancora in peccati di pensiero, di parola, di azione e di omissione. La radice del peccato è nel cuore dell’uomo, nella sua libera volontà ( CCC nn.1855-1861 1874 ).

Il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell’uomo a causa di una violazione grave della Legge di Dio; distoglie l’uomo da Dio, che è il suo fine ultimo e la sua beatitudine, preferendo a lui un bene inferiore. Il peccato veniale lascia sussistere la carità, quantunque la offenda e la ferisca. (CCC, 1855). Il peccato mortale, in quanto colpisce in noi il principio vitale che è la carità, richiede una nuova iniziativa della misericordia di Dio e una conversione del cuore, che normalmente si realizza nel sacramento della Riconciliazione:

«Quando la volontà si orienta verso una cosa di per sé contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato, per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale […] tanto se è contro l’amore di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro, ecc., quanto se è contro l’amore del prossimo, come l’omicidio,  ecc. […] Invece, quando la volontà del peccatore si volge a una cosa che ha in sé un disordine, ma tuttavia non va contro l’amore di Dio e del prossimo — è il caso di parole oziose, di riso inopportuno, ecc. —, tali peccati sono veniali». (CCC, 1856). Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: una materia grave, la piena consapevolezza,il deliberato consenso».(CCC, 1857).La materia grave è precisata dai dieci comandamenti, secondo la risposta di Gesù al giovane ricco.«Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma  la bestemmia contro lo Spirito Santo (apostasia, commessa in vari modi legati ad eccessi carnali), non sarà perdonata » (Mt 12,31).

Pertanto, i citati esponenti della Chiesa cattolica hanno incarnato tali insegnamenti, da ciò deriva che qualsiasi attività dai medesimi esercitata ( per es. “la benedizione” ) presuppone necessariamente la previa osservanza di tali precetti, diversamente tradirebbero il loro ruolo. Proseguendo la nostra analisi in materia, adesso esploriamo un fatto molto rilevante !

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