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A Venezia la Biennale d’Arte: Stranieri Ovunque

Fino a domenica 24 novembre, ai Giardini e all’Arsenale di Venezia è ospitata la 60^ Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo ‘Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere’, a cura di Adriano Pedrosa e prodotta dalla Biennale di Venezia. Dal 2021 La Biennale ha avviato un percorso di rivisitazione di tutte le proprie attività secondo principi consolidati e riconosciuti di sostenibilità ambientale. Anche per il 2024 l’obiettivo è quello di ottenere la certificazione della ‘neutralità carbonica’, conseguita nel 2023 per tutte le attività programmate dalla Biennale: la 80^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, i Festival di Teatro, Musica e Danza ed, in particolare, la 18^ Mostra Internazionale di Architettura, che è stata la prima grande Mostra di questa disciplina a sperimentare sul campo un percorso tangibile per il raggiungimento della neutralità carbonica, riflettendo essa stessa sui temi di decolonizzazione e decarbonizzazione.

Il titolo ‘Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere’ è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Queste opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole ‘Stranieri Ovunque’. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni 2000 combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia, come ha spiegato Adriano Pedrosa:

“L’espressione ‘Stranieri Ovunque’ ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri”.

Il termine italiano ‘straniero’, il portoghese ‘estrangeiro’, il francese ‘étranger’ e lo spagnolo ‘extranjero’ sono tutti collegati sul piano etimologico rispettivamente alle parole ‘strano’, ‘estranho’, ‘étrange’ ed ‘extraño’, ovvero all’estraneo. Viene in mente ‘Das Unheimliche’ di Sigmund Freud, Il perturbante nell’edizione italiana, che in portoghese è stato tradotto con ‘o estranho’, lo strano che, nel profondo, è anche familiare. Secondo l’American Heritage e l’Oxford English Dictionary, il primo significato della parola ‘queer’ è proprio ‘strange’ (‘strano’), pertanto la Mostra si svilupperà e si concentrerà sulla produzione di ulteriori soggetti connessi: l’artista queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi ed è spesso perseguitato o messo al bando; l’artista outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il cosiddetto artista folk o popular; l’artista indigeno, spesso trattato come uno straniero nella propria terra. La produzione di questi quattro soggetti sarà il fulcro di questa edizione e andrà a costituire il Nucleo Contemporaneo”.

Inoltre il direttore ha sottolineato i due elementi fondamentali dell’esposizione: “Nel corso della ricerca sono emersi in modo piuttosto organico due elementi diversi ma correlati che sono stati sviluppati fino a imporsi come leitmotiv di tutta la Mostra. Il primo è il tessile, esplorato da molti artisti coinvolti, a partire da figure chiave nel Nucleo Storico, fino a molti autori presenti nel Nucleo Contemporaneo… Tali opere rivelano un interesse per l’artigianato, la tradizione e il fatto a mano, così come per le tecniche che, nel più ampio campo delle belle arti, sono state a volte considerate altre o straniere, estranee o strane… Un secondo elemento è rappresentato dagli artisti, molti dei quali indigeni, legati da vincoli di sangue… Anche in questo caso la tradizione gioca un ruolo importante: la trasmissione di conoscenze e pratiche da padre o madre a figlio o figlia oppure tra fratelli e parenti”.

La Mostra sarà affiancata da 88 Partecipazioni Nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 4 i Paesi presenti per la prima volta alla Biennale Arte: Repubblica del Benin, Etiopia, Repubblica Democratica di Timor Leste e Repubblica Unita della Tanzania. Nicaragua, Repubblica di Panama e Senegal partecipano per la prima volta con un proprio padiglione.

Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è a cura di Luca Cerizza, con il progetto Due qui / To hear dell’artista Massimo Bartolini, che include contributi appositamente ideati da musiciste/i e da scrittrici/scrittori.

Il Padiglione della Santa Sede, promosso dal Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, Cardinale José Tolentino de Mendonça, avrà luogo nella Casa di reclusione femminile di Venezia alla Giudecca. La mostra ha come titolo ‘Con i miei occhi’ ed è a cura di Chiara Parisi e Bruno Racine, con la collaborazione del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Il card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e Commissario del Padiglione, ha affidato la curatela di ‘Con i miei occhi’ a due dei più importanti curatori del panorama artistico internazionale, Chiara Parisi e Bruno Racine, che hanno chiamato a partecipare otto artisti: Maurizio Cattelan, Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret.

Il progetto espositivo, con l’allestimento e la produzione affidati allo studio COR arquitectos e Flavia Chiavaroli, si distingue per la convivenza di una comunità artistica che nasce sfidando le convenzioni, un’entità nuova che riflette la diversità e l’unità di vite lontane. Ogni iniziativa, dai workshop alle installazioni, dalla danza al cinema, dalla performance alla pittura, è espressione di questa energia condivisa, in linea con l’urgenza del dialogo poliedrico proposto da papa Francesco.

Le visite al Padiglione, su prenotazione, condotte dalle detenute-conferenziere, sfideranno il desiderio di voyeurismo e di giudizio verso artisti e detenute stesse, erodendo i confini tra osservatore e osservato, giudicante e giudicato, per riflettere anche sulle strutture di potere nell’arte e nelle istituzioni.

Per Chiara Parisi, la forza del progetto risiede nella sua idea di fondo: “In un angolo sorprendente del mondo, artisti e detenute uniscono le forze espressive in un’insolita collaborazione, la realtà penitenziaria e l’illimitata espressione artistica si incontrano e si seducono: questo è il cuore del Padiglione della Santa Sede alla Biennale Arte 2024, un progetto con un’incredibile narrazione visiva.

Con i miei occhi ci invita a esplorare le storie e i desideri di chi vive dentro il carcere attraverso progetti, workshop, opere, poesie, e spazi vitali come palestre e giardini… Il percorso attraverso il Padiglione, senza telefoni e senza documenti, permetterà alle detenute di guidare i visitatori ‘con i loro occhi’, rivelando come bellezza e speranza siano tessute nella vita quotidiana e come la necessità della libertà persista nella complessità e nella criticità della vita”.

Bruno Racine parte da una domanda che cerca risposta: “Come si può interpretare oggi il concetto di ‘padiglione nazionale’ storicamente tramandato? La peculiarità della Santa Sede, uno Stato singolare, privo di una scena artistica nazionale, ci ha spinto a sperimentare una formula nuova. La Casa di reclusione femminile della Giudecca è stata la risposta. La scelta del luogo, dunque, è un manifesto, uno statement. Artisti di varie origini e senza distinzioni di fede si uniscono in questo luogo per testimoniare un messaggio universale di inclusione, collaborando strettamente con le detenute e arricchendo il progetto con il loro lavoro artistico e relazionale.

Il visitatore è invitato a immergersi in questa esperienza poetica intensa, privato dei suoi dispositivi digitali e guidato da detenute formate, affrontando così un viaggio che sfida preconcetti e apre nuove prospettive sull’arte come mezzo di espressione e connessione umana. Anche se è vietato scattare fotografie, confidiamo che questa esperienza possa rimanere nella memoria del visitatore…con i suoi occhi”.

Infine il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria attraverso le parole del Capo Dipartimento Giovanni Russo ha espresso grande felicità per la collaborazione: “L’arte è un mezzo di comunicazione efficace e potente, capace di esplorare il linguaggio delle emozioni in tutte le sue sfumature; un mezzo di comunicazione sociale capace di veicolare una testimonianza della nostra umanità e della nostra diversità. L’innovativa idea della Santa Sede di allestire un Padiglione all’interno della Casa di reclusione femminile di Venezia rende orgogliosa tutta l’Amministrazione Penitenziaria, che si riconosce appieno nei valori espressi dalla Chiesa e nel suo impegno per la salvezza di ogni persona, orientando la sua bussola verso l’indirizzo e la formazione delle coscienze”.

(Foto: Marco Cremascoli)

Suor Oberto racconta i 100 anni delle Pie Discepole del Divin Maestro

“Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Pie Discepole di Divin Maestro, che celebrano il centenario di fondazione: possa questa ricorrenza essere uno stimolo per rinsaldare gli ideali religiosi e per esprimere in modo sempre più generoso la dedizione a Dio e ai fratelli”: così al termine dell’udienza generale dello scorso 7 febbraio papa Francesco ha espresso il desiderio che il centenario sia occasione di dedizione a Dio.

Le Pie Discepole del Divin Maestro sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio, fondato ad Alba (Cuneo) dal beato Giacomo Alberione (1884-1971): dopo aver istituito il ramo maschile e quello femminile dei paolini, volle dare inizio a un ramo di religiose di vita contemplativa che supportasse con la preghiera (soprattutto mediante l’adorazione eucaristica) l’apostolato dei padri e delle suore.

Il 10 febbraio 1924 il beato cuneese diede inizio alla congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro ed il 3 aprile 1947 mons. Luigi Maria Grassi, vescovo di Alba, eresse canonicamente le Pie Discepole in congregazione di diritto diocesano.

Quindi partendo dal saluto papale, a suor Marie Joseph Oberto, componente della congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro e referente dell’équipe della postulazione della famiglia paolina, chiediamo di spiegarci cosa significa dedicare la vita a Dio: “Quando papa Francesco ha augurato che il Centenario sia uno stimolo ‘per esprimere in modo sempre più generoso la dedizione a Dio e ai fratelli’, il pensiero è andato alla Dedicazione di una Chiesa: l’edificio diventa luogo per accogliere chi vuole incontrare Dio, comunicare con Dio. Quindi essere persone dedicate a Dio e ai fratelli è essere a tempo pieno la dimora di Dio, dialogare con Lui ed essere luogo di accoglienza, di contagio per chi avviciniamo”.

In quale modo comunicare l’amore di Dio attraverso la bellezza?

“Nella Genesi la creazione è danza della vita, una sinfonia scritta dalla Parola, ritmata dal ‘vide che era cosa bella/buona’! Dio Creatore è Bellezza e ‘il più bello tra i figli dell’uomo’, cantato dal salmo 44 è Gesù, il Verbo incarnato. Nella nostra missione valorizziamo la bellezza intesa come armonia della vita e via di evangelizzazione. E secondo la nostra Regola di vita ‘nel volto e nella voce del Signore Crocifisso e Risorto contempliamo la Bellezza che salva il mondo e non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e ascoltato, perciò comunichiamo l’amore incondizionato di Dio per l’umanità anche attraverso la via della bellezza che promuove l’incontro fra la fede cristiana e le culture del nostro tempo’”.

Nel messaggio quaresimale il papa ha scritto che azione è anche fermarsi in preghiera: come è possibile?

“Un contributo sulla ministerialità nella Chiesa di tutto il popolo di Dio e quindi anche della donna, è stata la proposta di un Convegno interdisciplinare, svoltosi dal 28 gennaio al 3 febbraio: ‘La voce della donna nei ministeri della Chiesa. Un dialogo sinodale’ con obiettivo di ascoltare, con attenzione e rispetto, la voce delle donne in una Chiesa ministeriale e missionaria, in stile sinodale e in dialogo con le altre confessioni cristiane; approfondire il tema e la prassi dei ministeri ecclesiali, in particolare quelli esercitati dalle donne nella Chiesa di ieri e di oggi, secondo gli specifici contesti culturali; avviare processi di trasformazione e generativi che favoriscano scelte coraggiose per la nostra missione nella vita della Chiesa”.

Dove si fonda la vostra spiritualità?

“Il Mistero pasquale del Signore Gesù è il cuore della nostra spiritualità apostolica. Lo viviamo in comunione con la Chiesa, nell’itinerario dell’anno liturgico e in tutti gli ambiti della vita quotidiana, alimentandoci alle sorgenti di una spiritualità radicata nell’ascolto della Parola di Dio, nel Mistero eucaristico e nella vita liturgica”.

Qual è l’eredità carismatica del beato Giacomo Alberione?

“Papa Francesco ha ricordato che ‘la differenza non è tra progressisti e conservatori, ma tra innamorati e abituati’. Il beato Giacomo Alberione nel 1924, aveva detto che le Pie Discepole sono nate per l’Adveniat regnum tuum e per vivere questo programma evangelico ha dato una luce valida anche per l’inculturazione nel tempo e nella storia, per non confondere il carisma con le opere di un determinato tempo storico: ‘Da un solo amore nascono i tre apostolati che sono diretti ad un unico fine: l’amore a Gesù che vive nell’Eucaristia, l’amore a Gesù che vive nel sacerdozio, l’amore a Gesù che vive nella Chiesa… e da Gesù Maestro sono illuminati, sono  nutriti, sono guidati’. E a chi chiedeva, dai vari luoghi di missione, che cosa si doveva fare, la risposta era: le invenzioni dell’Amore… inventare, moltiplicare le invenzioni dell’Amore”.

Chi era Madre Scolastica?

“Dal suo ingresso nella nascente Comunità paolina in Alba, Orsola Rivata, che nel 1924 prenderà il nome di suor Scolastica, è stata ‘collaboratrice in Cristo’ di don Alberione che l’ha gradualmente formata e coinvolta per dar vita alle Pie Discepole del Divin Maestro. E’ colei che ha creduto con tenacia e perseveranza quando ancora nulla si vedeva, è la ‘prima fra molte’ che nei 100 anni di storia hanno seguito e servito Gesù Maestro Via, Verità e Vita.

Madre Scolastica è una donna innamorata del Signore e quindi dei fratelli e delle sorelle, una donna che vive la sinfonia del silenzio, che ha imparato a tenere il mondo e tutte le sue vicende con le mani alzate, perché tutti abbiano la vita e la vita in abbondanza.

In occasione del centenario, si è realizzata (in via Portuense 739 – Roma) un’esposizione multimediale e interattiva: ‘Madre Scolastica un percorso oltre il tempo’, per farla sentire come proposta viva e possibile per la santità cristiana nell’oggi (si può visitare prenotando giorno e orario: percorsomadrescolastica@gmail.com). Inoltre, ispirato alla sua vita, è stato proposto l’Oratorio sacro: ‘Voce e silenzio’, con testi e musiche del maestro Marcello Bronzetti ‘ilFedeleAmato’ www.youtube.com/watch?v=UTJNT2LCWTE”.

In cosa consiste la mostra?

“La mostra si svolge in tre momenti. Nel primo incontriamo Orsola che non è ancora entrata nella famiglia paolina, nel secondo vediamo il suo incontro con don Alberione che la invita a fondare con lui una nuova famiglia. Ciò che guida Orsola, che nel frattempo è diventata suor Scolastica, è sempre questo sguardo fisso a Gesù. Una volta che la congregazione vive la sua cittadinanza nella chiesa, nel terzo momento, passiamo a contemplare quello che le Pie Discepole hanno compiuto nei loro cento anni di storia vivendo le direttive di suor Scolastica collaborando in Cristo con don Alberione”.

(Tratto da Aci Stampa)

A papa Francesco e a mons. Yoannis Lazhi Gaid dedicato il saggio ‘La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’

Nello shop on line della Casa Editrice TraccePerlaMeta https://shop.tracceperlameta.org/manualistica/la-comunicazione-creativa-per-lo-sviluppo-socio-umanitario-biagio-maimone-270.html, in tutti gli store online e nelle migliori librerie è disponibile il saggio di Biagio Maimone intitolato ‘La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’, che propone la necessità di un nuovo modello comunicativo che ponga al centro la relazione umana ed, ancor più, l’emancipazione morale ed umana della società odierna.

“Nel mio saggio ‘La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’ ho voluto porre in luce la necessità di creare un modello comunicativo che tenga conto  dell’importanza indiscutibile dell’uso appropriato della parola, superando quelle distorsioni, ormai consuete, che la rendono veicolo di offese, di menzogne, nonchè di calunnie, che ledono la dignità umana dell’interlocutore.

Umanizzare il linguaggio affinché sia veicolo della ‘Pedagogia della Vita’ definisce il significato autentico del mio impegno giornalistico, che sono certo possa essere condiviso da chi fa della comunicazione lo strumento mediante cui giungere al mondo interiore di chi ascolta, al fine di arricchirlo e non  impoverirlo attraverso un uso distorto e, pertanto, nocivo del linguaggio.

L’epoca contemporanea pone in luce un crescente smarrimento di naturale  spirituale e morale, che si riflette sulla relazione umana, sulle relazioni tra gli Stati e i Continenti dell’intero universo, generando conflitti e povertà morale e materiale. Ne è testimonianza l’insorgere continuo di conflitti in numerosi territori del mondo.

Quel che manca è la ‘Cultura Umana’, la ‘Cultura della Fratellanza Umana’ e la ‘Cultura’ intesa come conoscenza profonda della realtà e del significato autentico del valore dell’essere umano,  in quanto soggetto pensante, nel cui mondo interiore vivono i valori che gli  attribuiscono un valore regale rispetto a tutte le altre creature ed, ancor più, rispetto alle cose” ha dichiarato Biagio Maimone, il quale ha sottolineato:

“La cultura umana consente di cogliere la bellezza depositata nell’interiorità della persona, generata dallo splendore divino che alberga nell’animo umano. E’ compito di chi comunica porre al centro la ‘Cultura Umana’ ed, in tal modo, rimarcare il valore supremo dell’essere umano, che lo distingue dalle cose materiali.

In veste di Direttore della Comunicazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, fondata da mons. Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario personale di papa Francesco, ho avuto la possibilità di fare esperienza della bellezza interiore, cogliendola nell’impegno di coloro che si prodigano a favore dei bambini abbandonati e poveri, di coloro che vivono nella povertà, di quanti non godono i loro diritti sociali, umani e civili fondamentali.

Ho avuto modo e avrò modo di comunicare la solidarietà concreta  impegnandomi sul piano giornalistico a favore dei contenuti del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, sottoscritto, il 4 febbraio 2019, da Sua Santità Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb.

Il suddetto Documento  ha dato vita a numerosi frutti, dei quali ho avuto l’onore, grazie a mons. Yoannis Lahzi Gaid, che in me ha riposto fiducia, di poter scrivere, collaborando, in tal modo, nell’impegno di divulgazione. Ho avuto la possibilità anche di poter scrivere relativamente alla  realizzazione della Casa della Famiglia Abramitica, edificata nella città di Abu Dhabi, che è uno tra i progetti più rilevanti in quanto pone le basi del dialogo  interreligioso creando uno spazio fisico, un territorio comune su cui sono stati edificati tre luoghi di culto diversi (Chiesa, Sinagoga e Moschea), posti l’uno accanto all’altro, in ciascuno dei quali si praticano religioni diverse, le quali si interfacciano reciprocamente per dialogare su ogni tema della vita religiosa ed umana.

Altrettanto rilievo rivestono i seguenti progetti: l’Orfanotrofio ‘Oasi della Pietà’, i ‘Convogli medici’, l’Ospedale Pediatrico ‘Bambino Gesù del Cairo’, primo ‘Ospedale del Papa’ fuori dall’Italia, la ‘Scuola della Fratellanza Umana’ per le persone portatori di  disabilità, la Catena dei Ristoranti della Fraternità Umana ‘Fratello’, che offre pasti gratuiti alle famiglie bisognose egiziane. Anche di essi ho potuto scrivere ampiamente ed esserne molto felice.

Dedico il mio libro, pertanto, a Monsignor Gaid Yoannis Lahzi per la  fiducia che ha riposto in me e, nel contempo, a Sua Santità Papa Francesco, in quanto promotore della  realizzazione dei progetti, per i quali ho potuto collaborare nell’impegno di divulgazione, che ha visto l’opinione pubblica destinataria di un’informazione inerente all’impegno del dialogo interreligioso promosso, in via prioritaria, dalla Chiesa Cattolica e dalla religione musulmana sunnita.

Ritengo che comunicare la pedagogia dell’amore, del rispetto della dignità umana e del valore della vita spirituale sia compito primario dei mass media, degli operatori che in essi riversano le proprie energie. La dimensione socio-umanitaria della vita non può essere sottovalutata da una comunicazione priva di ‘anima’, in quanto la società rischia di regredire verso la barbarie, in cui dominerà  la violenza in tutte le sue forme. 

La vita non può essere un campo di battaglia, ma l’incontro amorevole e fraterno di ogni essere umano. Perché sia così è necessario veicolare messaggi che ricreino la consapevolezza smarrita del valore sacro di ogni persona. In tal modo la bellezza, intesa come espressione magnifica dei valori spirituali e morali,  tornerà – come ho scritto – ad illuminare ogni ambito dell’esistenza: la Bellezza – non vi è dubbio – tornerà ad essere il volto magnifico della vita.

La forza prorompente della Bellezza, che la Parola ha il dovere di trasmettere, sconfigge ogni male! E’ scritto nel Vangelo, è scritto nel cuore degli uomini di Buona Volontà ed è scritto nelle trame vitali dell’esistenza, che nessuno potrà mai distruggere perché esse appartengono alla Vita e la Vita è la ragione stessa dell’esistere umano”.

‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo socio-umanitario’ è il saggio  del giornalista Biagio Maimone

Nello shop on line della Casa Editrice TraccePerlaMeta

https://shop.tracceperlameta.org/manualistica/la-comunicazione-creativa-per-lo-sviluppo-socio-umanitario-biagio-maimone-270.html e, nei prossimi giorni, nelle migliori librerie e in tutti gli store online è disponibile il saggio di Biagio Maimone intitolato ‘La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’, che propone la necessità di un nuovo modello comunicativo che ponga al centro la relazione umana ed, ancor più, l’emancipazione morale ed umana della società odierna.

Sulla scorta della constatazione delle innumerevoli comunicazioni distorte veicolate dai media e da tutti i mezzi di comunicazione, compresi i social, foriere di sottocultura che non può essere consentita in quanto impoverisce la società civile deteriorando le relazioni umane, Biagio Maimone ritiene che non sia più rimandabile la necessità di far vivere un linguaggio scevro da menzogne, da offese e dal turpiloquio.

‘La Comunicazione diventa futuro’ è lo slogan che identifica l’impegno di Biagio Maimone. Egli ritiene, infatti,  che il futuro per essere finalizzato al progresso umano debba far propria una nuova modalità di comunicare che veicoli la pedagogia della vita, della pace, della fratellanza umana, della parola vitale che educa le coscienze dei singoli affinché essi si dirigano sulla strada della vera emancipazione umana, oltre l’impoverimento morale ed anche materiale.

Egli, pertanto, pone in risalto l’importanza della cultura umana da riversare nel contesto della comunicazione ampiamente intesa affinché si pongano le fondamenta di un nuova e migliorativa modalità di trasmettere informazioni affinché esse arricchiscano sempre più l’universo interiore di coloro che le recepiscono alimentandolo con verità e valori morali e spirituali, senza i quali l’essere umano viene deprivato di quei contenuti che ne fanno un soggetto pensante capace di costruire un mondo accogliente in cui viva la legalità e la fratellanza umana e quella bellezza che sgorga dall’animo di chi si è nutrito di cultura umana, unica cultura che consente il miglioramento delle relazioni umane e lo sviluppo socio-umanitario.

Per Biagio Maimone occorre superare  gli stereotipi che sorreggono la comunicazione, sia quella giornalistica, sia quella di ogni altro media, nonchè quella istituzionale, necessariamente legata ai vari ambiti della vita umana e sociale, al fine di creare un nuovo modello comunicativo che prenda le mosse dai suoni, dai colori e dalle voci legati al sentimento, scaturenti dall’interiorità e dalla spiritualità umana.

Dare voce agli infiniti linguaggi depositati nell’intimo di ognuno egli ritiene debba essere l’intento del nuovo comunicatore, animato dalla finalità primaria di educare all’apprendimento di un linguaggio che fondi le sue radici nei valori insiti nell’animo umano. Il linguaggio dovrà divenire, pertanto, vettore di valori e non di offese ed insulti, come sovente si verifica.

Partendo dal linguaggio, ripulito dal desiderio di ferire e ridimensionare l’altro, si potrà anche ricreare la relazione umana, rendendola scevra da conflitti lesivi della dignità dell’interlocutore per orientarla all’ascolto autentico, che è creativo di benefici reciproci. Non meno rilevante sarà la forma che tale nuovo linguaggio dovrà assumere per essere vera espressione del mondo interiore, in cui vivono i valori umani.

Tale forma non potrà che essere la forma che rimanda sia al suono musicale, in quanto esso crea il senso della melodia, intesa come coinvolgimento all’unisono delle varie sensibilità umane, forza reale del linguaggio penetrante e convincente, sia al suono della poesia, da intendersi come modalità sublime di quella dimensione altamente creativa, proprio in quanto sorretta dai valori umani,  che la comunicazione di elevato livello non può esimersi dal fare propria.

Biagio Maimone definisce tale processo comunicativo ‘Comunicazione creativa della dimensione socio-umanitaria’, che potrà essere utilizzato dagli operatori degli Uffici Stampa, dai giornalisti e da chiunque si prefigga l’obiettivo di  rendere la comunicazione una professione di elevato valore morale e sociale. Altisonante ed indicativa di un preciso  impegno concreto è la sua affermazione:

“La Bellezza – non vi è dubbio – tornerà ad essere il volto magnifico della vita. La forza prorompente della Bellezza, che la Parola ha il dovere di trasmettere, sconfigge ogni male! E’ scritto nel Vangelo, è scritto nel cuore degli uomini di Buona Volontà ed è scritto nelle trame vitali dell’esistenza, che nessuno potrà mai distruggere perché esse appartengono alla Vita e la Vita è la ragione stessa dell’esistere umano”.

Partendo da tali principi, riportati nel quarto di copertina del suo libro, Biagio Maimone si accinge a divulgare i contenuti della nuova corrente filosofica a cui egli ha voluto dar vita, denominata ‘Comunicazione socio-umanitaria’.

A Roma il XLIV Convegno Bachelet: per una (r)esistenza democratica

“Percorriamo un tornante della storia in cui certamente è necessario vigilare perché la democrazia continui ad esistere. Non possiamo viverla come un fatto scontato, instaurato una volta per tutte – così il presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto per lo studio dei problemi sociali e politici ‘Vittorio Bachelet’, Franco Miano.

La rivista ‘Sì alla Vita’ del Movimento per la Vita ha festeggiato 45 anni

“Ciò che non si comunica non esiste… Per questo il Movimento per la Vita punta tutto su questo giornale: è necessaria una voce che, regolarmente, porti in tante case l’informazione e l’interpretazione dei fatti che sulla frontiera della vita, giorno dopo giorno, in un crescendo vorticoso, accadono nel mondo. Questo è il Sì alla Vita”.

Mariella Matera: l’Intelligenza Artificiale apre alla pace

“La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano ‘saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro’… La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo”.

Papa Francesco chiede un’informazione coraggiosa

A 10 anni dal precedente incontro oggi papa Francesco ha incontrato i dirigenti e dipendenti di TV2000 e del circuito inBlu2000 in occasione del 25^ anniversario della nascita delle due realtà, ricordando che in questi anni il panorama ‘mediatico’ è molto cambiato:

“L’innovazione tecnologica ha trasformato le modalità di produzione dei contenuti, così come la loro fruizione; e ora l’intelligenza artificiale ‘sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile’. In questo vortice, che pare trascinare non solo gli operatori del settore ma un po’ tutti noi, ci sono tuttavia alcuni principi che restano fissi, come stelle alle quali guardare per orientarsi e non smarrire la rotta”.

In compenso avere bene in mente una ‘direzione’ precisa, in quanto appartenenti alla Cei, non è un limite: “Questo non è un limite, anzi è espressione di una grande libertà, perché ricorda che la comunicazione e l’informazione hanno sempre le radici nell’umano. Ed ancora, sottolinea l’importanza di incarnare la fede nella cultura, in particolare attraverso la testimonianza, narrando storie in cui il buio che è intorno a noi non spenga il lume della speranza. E’ fondamentale ricordare e vivere questa appartenenza. Per questo vorrei indicarvi tre parole per proseguire sulla strada del vostro lavoro”.

Anche in quest’occasione il papa ha consegnato tre parole chiave, iniziando dalla prossimità: “Ogni giorno (tramite la televisione o la radio) vi fate vicini a tante persone, che trovano in voi degli amici da cui ricevere informazioni, con cui trascorrere piacevolmente del tempo, o andare alla scoperta di realtà, esperienze e luoghi nuovi. E questa prossimità si estende anche ai territori e alle periferie dove la gente abita”.

Per il papa la prossimità è una ‘qualità’ di Dio, che diventa incoraggiamento: “A me piace pensare che la prossimità è una delle qualità di Dio che si è fatto prossimo a noi. Sono tre le cose che fanno vedere Dio: la prossimità: si fa prossimo; la tenerezza: Dio è tenero; la compassione: sempre perdona. Non dimenticatevi questo: prossimità, compassione e tenerezza. Vi incoraggio a continuare a creare reti, a tessere legami, a raccontare il bello e il buono delle nostre comunità, con prossimità, a rendere protagonisti quanti solitamente finiscono a fare le comparse o non vengono nemmeno presi in considerazione”.

E’ un invito ad andare ‘controcorrente’: “La comunicazione rischia di appiattirsi su alcune logiche dominanti, di piegarsi al potere o addirittura di costruire fake news. Non cadete nella tentazione di allinearvi, andate controcorrente, sempre consumando le suole delle scarpe e incontrando la gente. Solo così potete essere ‘autentici per vocazione’, come dice un vostro slogan. E non dimenticate mai quanti sono ai margini, le persone povere, le persone sole e, più brutto ancora, le persone scartate”.

Ed attraverso la vicinanza si arriva al cuore: “Potrebbe sembrare fuori luogo accostare il cuore al mondo tecnologico, come è ormai quello della comunicazione, invece tutto nasce da lì. Non si può osservare un fatto, non si può intervistare qualcuno, non si può raccontare qualcosa se non a partire dal cuore”.

Per questo la comunicazione è un’arte, che nasce dal cuore e diventa carità: “Infatti, il comunicare non si risolve nella trasmissione di una teoria o nell’esecuzione di una tecnica, ma è un’arte che ha al centro la ‘capacità del cuore che rende possibile la prossimità’. Ciò permette di fare spazio all’altro (restringendo un po’ quello dell’io), di liberarci dalle catene dei pregiudizi, di dire la verità senza separarla dalla carità. Mai separare i fatti dal cuore!”

Tale comunicazione rende coraggiosi di essere ‘alternativi’, in quanto tutto dipende dal cuore: “E poi, avere coraggio. Non è un caso che ‘coraggio’ derivi da cor. Chi ha cuore ha anche il coraggio di essere alternativo, senza però diventare polemico o aggressivo; di essere credibile, senza avere la pretesa di imporre il proprio punto di vista; di essere costruttore di ponti. E questo è molto importante: un comunicatore possiamo pensarlo come un ponte, perché il comunicatore necessariamente è un costruttore di ponti”.

Infine dal cuore dipende anche la responsabilità per informare bene: “Ognuno deve fare la propria parte per assicurare che ogni forma di comunicazione sia obiettiva, rispettosa della dignità umana e attenta al bene comune. In questo modo, potremo ricucire le fratture, trasformare l’indifferenza in accoglienza e relazione.

Il vostro è uno di quei mestieri che hanno il carattere della vocazione: siete chiamati a essere messaggeri che informano con rispetto, con competenza, contrastando divisioni e discordie. E sempre ricordando che al centro di ogni servizio, di ogni articolo, di ogni programma c’è la persona: non dimenticare questo. E’ proprio ciò che dà senso alla comunicazione”.

Mentre ricevendo i membri del Real Club de Real Barcelona papa Francesco si è congratulato con Sinner che ha vinto in Australia, sottolineando che il tennis implica un dialogo: “Sembrerebbe che la sfida tra giocatori abbia a che vedere soprattutto con il desiderio di prevalere sull’avversario. Tuttavia, guardando alla storia del vostro club, si può osservare che in realtà, fin dalla sua origine inglese, è espressione dell’apertura dei fondatori a ciò che di buono poteva venire dall’esterno e a un dialogo con altre culture, che ha permesso loro di dar vita a nuove realtà…

Nel tennis, come nella vita, non possiamo vincere sempre, ma sarà una sfida che arricchisce se, giocando in modo educato e secondo le regole, impareremo che non è una lotta ma un dialogo che implica il nostro sforzo e ci consente di migliorarci. Concepire un po’ lo sport non solo come una lotta, ma anche come dialogo. Si instaura un dialogo che, nel caso del tennis, molte volte riesce a diventare artistico”.

E’ un invito a prendersi cura dello sviluppo dei bambini: “E lo sport deve aiutare questo sviluppo, non essere il centro, ma aiutare questo. Perciò vi chiedo: prendetevi cura dei bambini, prendetevi cura di quanti possono beneficiare dei valori dello sport in ambiti sociali complessi, e anche di quanti potrebbero avere successo in competizioni di alto livello. Che non smettano di essere bambini!”

(Foto: Santa Sede)

Suor Giacomina Stuani racconta il centenario della rivista ‘Dalle api alle rose’

“Eccomi a voi, che tanto mi avete desiderato ed aspettato. Lo sapete, vengo dalla classica terra dell’Umbria, e propriamente dalla graziosa Cittadina, che tutta candida, si adagia a ridosso di un monte che si chiama Cascia. Là dorme da quattro secoli e mezzo la cara Salma di santa Rita l’Agostiniana, la Santa degli Impossibili, l’Avvocata dei casi disperati. Prima di venire a voi sono stato deposto sopra la Sua bell’Urna, e sono ancora olezzante di quel soave odore, che emana dal quel sacro Corpo. Vengo a diffonderlo nelle vostre case, fra le vostre famiglie,insieme alla benedizione della buona Santa”.

Papa Francesco: ‘I Care’ per raccontare la bellezza di Dio

Inizio settimana impegnativa per papa Francesco, che nella mattinata ha ricevuto in udienza i 150 membri dell’AIGAV (associazione internazionale dei giornalisti vaticanisti), ringraziandoli per l’informazione che forniscono sulla Chiesa, ben cosciente che essa è una missione e, quindi, una vocazione:

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